L’agente di Polizia tenta di perquisire un’auto ma il proprietario lo spintona: condannato per resistenza a pubblico ufficiale

Una lite ha causato l’intervento delle forze dell’ordine. Un agente di Polizia ha provato a perquisire la vettura di uno dei due soggetti coinvolti per accertare la presenza di uno sfollagente metallico. Inequivocabile l’opposizione da parte del proprietario del veicolo.

Vale una condanna per resistenza a pubblico ufficiale la condotta consistita nello spintonare un agente di Polizia per impedirgli di perquisire una vettura. Scontro. Processo originato dallo scontro verbale e fisico tra un uomo e l'ex marito della sua nuova compagna. Il primo minaccia il secondo brandendo uno sfollagente metallico e rivolgendogli l'inequivocabile frase non scappare ora ti ammazzo e ti lascio per terra . Inevitabile, alla luce dell'episodio, l'intervento delle forze dell'ordine. Obiettivo è evitare che le cose degenerino ulteriormente ed accertare la dinamica dei fatti. Ed in quest'ottica un agente di Polizia si avvicina alla vettura dell'imputato e si prepara a perquisire il veicolo per accertare la presenza dello sfollagente. A quel punto, però, arriva la reazione rabbiosa dell'uomo che spintona l'agente di Polizia. Per i giudici di merito non ci sono dubbi il comportamento deve essere catalogato come resistenza a pubblico ufficiale. Perquisizione. Con il ricorso in Cassazione, però, la difesa prova a ridimensionare il comportamento tenuto nei confronti dell'agente di Polizia e lo presenta come una semplice reazione estemporanea e, comunque, non idonea, e neanche rivolta, a impedire l'attività di perquisizione della vettura. Questa visione buonista non convince però i giudici di Cassazione, i quali confermano la condanna. In sostanza, è sacrosanto parlare di resistenza a pubblico ufficiale , poiché l'imputato per impedire la perquisizione della sua autovettura ha posto in essere una opposizione fisica e verbale verso l'agente di Polizia. Condotta, questa, inequivocabile, anche alla luce del principio secondo cui integra il delitto di resistenza l'azione di colui che mediante spintoni contro il pubblico ufficiale operante mira a ostacolare il compimento di un atto di ufficio .

Presidente Petruzzellis Relatore Costanzo Ritenuto in fatto 1. Con sentenza n. 3550 del 2022 la Corte d'appello di Torino ha confermato la condanna inflitta dal Tribunale di Torino a T.D. ex art. 612, comma 2, in relazione all'art. 339, cod. pen per avere minacciato un danno ingiusto a C.G. brandendo uno sfollagente metallico e minacciandolo con la frase non scappare ora ti ammazzo e ti lascio per terra e ex art. 337 c.p. capo A e per essersi opposto con violenza e minaccia ai pubblici ufficiali che intendevano perquisire l'autovettura da lui usata nella quale egli deteneva lo sfollagente spingendo energicamente con le mani l'agente di Polizia C.L. e rivolgendo agli altri agenti la frase sono un collega poi facciamo i conti, lo vi pago lo stipendio, dovete ascoltare anche la mia campana ricordate che vi pago lo stipendio quindi dico e faccio quello che voglio capo C . 2. Con il ricorso presentato dal suo difensore T. chiede l'annullamento della sentenza impugnata deducendo che essa contiene travisamenti delle prove. 2.1. Per quanto riguarda il capo A, si assume che è stato creduto quanto dichiarato dai testi C.G. padre e C.L. figlio senza adeguatamente vagliare la deposizione del testimone oculare S.T. ex-moglie del predetto C. e attuale compagna dell'imputato , la quale ha affermato di non ricordare di avere sentito e tantomeno visto T. minacciare con qualcosa il suo ex-marito pur essendo scesa in strada subito dopo avere notato dal balcone di casa i due uomini litigare. Si argomenta che il fatto che C. ha saputo descrivere lo sfollagente di T. non dimostra che egli lo abbia effettivamente visto perché che l'imputato tenesse nell'auto lo sfollagente era noto a C.L. , peraltro contrario alla nuova relazione della madre. 2.2. Per quanto riguarda il capo C, si osserva che il gesto di allontanare spingendolo con le mani il pubblico ufficiale e le espressioni rivolte agli agenti costituirono una semplice reazione estemporanea inidonea e neanche rivolta a impedire l'attività di perquisizione. Considerato in diritto 1. Il primo motivo è manifestamente infondato perché propone una ricostruzione alternativa dei fatti senza evidenziare manifeste illogicità nel ragionamento svolto nella sentenza impugnata, convergente con quello della sentenza di primo grado, che non omette di vagliare le dichiarazioni della S. ma le valuta non decisive anche osservando, come già il Tribunale, che la S. ben può non essersi accorta dello sfollagente perché impegnata a spostare e calmare T. e così illustrando la non incompatibilità del suo ricordo con le dichiarazioni accusatorie di C.G. che ha affermato che T. estrasse dall'abitacolo della sua vettura uno sfollagente nero aprendo la portiera del lato del guidatore e che poi lo brandì contro di lui. 2. Anche il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato. La Corte d'appello ha correttamente ravvisato il reato ex art. 337 c.p. . perché l'imputato per impedire la perquisizione della sua autovettura attuò la opposizione fisica e verbale descritta nell'imputazione e deve ribadirsi che integra il delitto di resistenza l'azione di colui che mediante spintoni contro il pubblico ufficiale operante mira a ostacolare il compimento di un atto di ufficio fra le altre Sez. 6, n. 1464 del 14/12/1993, dep. 1994, Granata, Rv. 197184 Sez. 5, n. 715 del 13/12/1984, dep. 1985, Lazzaroni, Rv. 167552 . 3. Dalla inammissibilità del ricorso deriva la condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.