L’impugnazione ai soli effetti civili secondo la riforma Cartabia e il principio del tempus regit actum

In relazione all'art. 573, comma 1- bis , c.p.p., ai fini dell'individuazione del regime applicabile alle sentenze emesse prima dell'entrata in vigore della nuova disciplina, in caso di ricorso proposto ai soli effetti civili e di non inammissibilità dello stesso, difettando disposizioni transitorie, trova applicazione il principio tempus regit actum che impone di far riferimento al momento di emissione del provvedimento impugnato e non già a quello della proposizione dell'impugnazione, a garanzia del principio di affidamento, di parità delle armi ai sensi dell'art. 111, comma 2, Cost., e di effettività del ricorso ai sensi dell'art. 13 CEDU.

Così ha stabilito la Suprema Corte di Cassazione, Sezione Quinta Penale, con la sentenza n. 20381, depositata il 12 maggio 2023. La questione affrontata dalla Cassazione riguarda l'applicabilità dell'art. 573, comma 1- bis , c.p.p., introdotto con d.lgs. n. 150/2022 , alle impugnazioni ai soli effetti civili proposte prima della sua entrata in vigore. La novella di cui all'art. 573, comma 1- bis , e l'assenza di disciplina transitoria Ai sensi dell' art. 578 c.p.p. , il giudice di appello, nel dichiarare estinto per prescrizione il reato per cui in primo grado vi è stata condanna, anche al risarcimento dei danni, è tenuto ad esaminare allo stato degli atti i motivi di gravame proposti dall'imputato unicamente con riguardo alle disposizioni e ai capi della sentenza concernenti gli interessi civili. Occorre dunque porsi la questione se si debba fare applicazione dell'art. 573, comma 1- bis , c.p.p., introdotto dall 'art. 33, comma 1, lett. a , n. 2, d.lgs. n. 150/2022 , poiché l'impugnazione è stata proposta ai soli effetti civili. Il richiamato comma 1- bis regola il caso in cui la sentenza è impugnata per i soli interessi civili. In tal caso il giudice d'appello e la Corte di Cassazione, se l'impugnazione non è inammissibile, rinviano per la prosecuzione, rispettivamente, al giudice o alla sezione civile competente, che decide sulle questioni civili utilizzando le prove acquisite nel processo penale e quelle eventualmente acquisite nel giudizio civile . Ebbene, in relazione alla vigenza dell'art. 573, comma 1- bis , c.p.p., difetta del tutto una disciplina transitoria , cosicché il ricorrente, che ha proposto il rimedio prima dell'entrata in vigore della modifica normativa, si troverebbe, qualora vi fosse una immediata applicazione, di fronte a regole processuali diverse da quelle sulle quali aveva fatto affidamento nell'esercizio del proprio diritto di difesa e nella redazione dell'atto di impugnazione. L'assenza di disciplina transitoria, in relazione a modifiche che riguardano i criteri di valutazione dei motivi di impugnazione, risulta assolutamente peculiare nel caso che interessa, perché la transizione del giudizio dalla sede penale a quella di legittimità civile, implica regole di giudizio assolutamente diverse I principi di effettività della tutela giurisdizionale e dell'affidamento del ricorrente impongono il principio del tempus regit actum. La Corte rileva come, allorquando sono state modificate le regole relative alla individuazione dei motivi consentiti di ricorso, il legislatore abbia, diversamente dal caso in esame, predisposto una disciplina transitoria, sia in sede civile che penale. A tutela dell'affidamento della parte ricorrente, in occasione della modifica apportata dalla legge n. 134/2012 proprio all' art. 360, comma 1, n. 5 , c.p.p. , con l'eliminazione del motivo di ricorso riguardante l'insufficiente o contraddittoria motivazione”, residuando così il più limitato vizio motivazionale da omesso esame” circa un fatto decisivo, l'applicabilità della innovazione normativa fu prevista a partire dalle impugnazioni delle sentenze pubblicate dal trentesimo giorno successivo a quello della data di entrata in vigore della legge n. 134/2012 , che convertiva il decreto-legge n. 83/2012 , secondo quanto previsto dall' art. 54, comma 3 . All'introduzione del comma 1- bis dell' art. 573 c.p.p. , invece, non si accompagna né una disciplina transitoria dilatoria della vigenza, né misure transitorie che consentano il 'recupero' del ricorso in relazione alla diversità dei motivi di giudizio, bensì la sola necessità del vaglio di non inammissibilità. Nel caso in esame il trasferimento dalla sede penale a quella civile determina che il ricorso sarà valutato secondo quanto previsto dall' art. 360 c.p.c. , e non più dall' art. 606 c.p.p. , con le evidenti difformità specie in tema di vizio di motivazione. Sussiste, pertanto, l'esigenza di garantire un sostanziale diritto di difesa e l'accesso ad un ricorso effettivo, corollario dell'equità del processo, anche ai sensi dell' art. 13 CEDU , tenuto in conto che un ricorso è effettivo quando è disponibile sia in teoria che in pratica all'epoca dei fatti, vale a dire quando è accessibile e può offrire al ricorrente la riparazione delle violazioni denunciate e presenta ragionevoli prospettive di esito positivo. Tuttavia, nel caso in esame, le prospettive di esito positivo si riducono drasticamente solo per l'esposta diversità delle ragioni di ricorso in sede penale e civile, e ciò non per inerzia della parte o inidoneità del ricorso, bensì per factum principis , conseguente all'intervento del legislatore, che muta le regole di esercizio del diritto di accesso alla giustizia medio tempore, cosicché si rinviene una chiara lesione alla effettività del ricorso proprio nell'assenza di disciplina transitoria in caso di immediata vigenza. Le Sezioni Unite in altro caso di assenza della disciplina transitoria — quanto alla abrogazione dell' art. 577 c.p.p. che aveva consentito l'impugnazione, agli effetti penali, da parte della persona offesa costituita parte civile contro la sentenza emessa nei procedimenti relativi a reati di ingiuria e diffamazione — rilevavano come l'atto di impugnazione dovesse conservare la propria efficacia, stante l'assenza di una disciplina transitoria espressa. Ne conseguiva il generale principio di diritto per cui ai fini dell'individuazione del regime applicabile in materia di impugnazioni, allorché si succedano nel tempo diverse discipline e non sia espressamente regolato, con disposizioni transitorie, il passaggio dall'una all'altra, l' applicazione del principio tempus regit actum impone di far riferimento al momento di emissione del provvedimento impugnato e non già a quello della proposizione dell'impugnazione . Le Sezioni Unite rilevavano l'importanza della tutela dell'affidamento maturato dalla parte in relazione alla fissità del quadro normativo . L'affidamento, difatti, è valore essenziale della giurisdizione, che va ad integrarsi con l'altro - di rango costituzionale - della parità delle armi, soddisfa l'esigenza di assicurare ai protagonisti del processo la certezza delle regole processuali e dei diritti eventualmente già maturati, senza il timore che tali diritti, pur non ancora esercitati, subiscano l'incidenza di mutamenti legislativi improvvisi e non sempre coerenti col sistema, che vanno a depauperare o a disarticolare posizioni processuali già acquisite. Non vi è dubbio alcuno che nel caso in esame il mutamento, non regolamentato nel tempo, del processo di impugnazione, determini per le ragioni evidenziate il depauperamento di posizioni processuali già acquisite, geneticamente connesse ai motivi di ricorso in sede penale, a fronte della significativa diversità dei motivi di ricorso in sede civile. In tal senso va applicato nel caso in esame il principio fissato dalle Sezioni Unite il potere d'impugnazione trova la sua genesi proprio nella sentenza e al regime regolatore vigente in tale momento occorre fare riferimento, regime che rimane insensibile a eventuali interventi normativi successivi, non potendo la nuova legge processuale travolgere quegli effetti dell'atto che si sono già prodotti prima dell'entrata in vigore della medesima legge, né regolare diversamente gli effetti futuri dell'atto. L'inapplicabilità dell' art. 573, comma 1 -bis , c.p.p. alle impugnazioni proposte prima della sua entrata in vigore Per tali ragioni, la Suprema Corte afferma di non aderire all'orientamento che ritiene immediatamente applicabile l'art. 573, comma 1- bis , c.p.p., anche nei giudizi di impugnazione per i soli interessi civili relativi a sentenze precedenti alla sua entrata in vigore, bensì condivide il diverso orientamento per cui in assenza di disciplina transitoria, il regime delle impugnazioni debba essere determinato, conformemente alla regola di cui all' art. 11 disp. prel. cod. civ. , in base alla normativa vigente al momento della pronunzia della sentenza impugnata, posto che è in rapporto a tale atto e al tempo del suo perfezionarsi che devono essere valutati la facoltà di impugnazione, la sua estensione, nonché i modi e i termini del suo esercizio, ivi comprese le peculiarità che incidono sulla formulazione. Ne deriva il seguente principio di diritto, secondo cui, in relazione all'art. 573, comma 1- bis , c.p.p., ai fini dell'individuazione del regime applicabile alle sentenze emesse prima dell'entrata in vigore della nuova disciplina, in caso di ricorso proposto ai soli effetti civili e di non inammissibilità dello stesso, difettando disposizioni transitorie, trova applicazione il principio tempus regit actum che impone di far riferimento al momento di emissione del provvedimento impugnato e non già a quello della proposizione dell'impugnazione, a garanzia del principio di affidamento, di parità delle armi ai sensi dell' art. 111, comma 2, Cost. , e di effettività del ricorso ai sensi dell' art. 13 CEDU .

Presidente Catena – Relatore Cananzi Ritenuto in fatto 1. La Corte di appello di Ancona, con la sentenza emessa il 7 settembre 2022, riformava la sentenza del Tribunale di Fermo - che aveva accertato la responsabilità penale di I.L. per il delitto di diffamazione, in danno di T.G. - dichiarando in sede predibattimentale estinto il reato per prescrizione. 2. Il ricorso per cassazione proposto agli effetti civili nell'interesse di T.G. consta di due motivi, enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, secondo quanto disposto dall' art. 173 disp. att. c.p.p. . 3. Il primo motivo deduce mancanza di motivazione, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. e , c.p.p. in quanto la Corte di appello, a seguito della condanna al risarcimento del danno disposta dal Tribunale, avrebbe dovuto decidere sull'impugnazione agli effetti civili, mentre invece la Corte territoriale nulla ebbe a disporre in violazione dell' art. 578 c.p.p. . 4. Il secondo motivo deduce ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. c , in relazione agli artt. 127,469 e 578 c.p.p. , violazione del principio del contraddittorio e conseguente nullità della sentenza. Lamenta la ricorrente che nessun avviso alla parte civile costituita perveniva e la sentenza veniva pronunciata de plano, risultando invece solo nel dibattimento possibile la delibazione di merito relativamente ai capi della sentenza che concerno gli interessi civili. 5. Il Pubblico ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale, ha depositato requisitoria e conclusioni scritte - ai sensi dell'art. 23 comma 8, D.L. 127 del 2020 - in data 2022, con le quali ha chiesto ritenuto l'impugnazione, proposta ai soli effetti civili, fondata, giacché il giudice d'appello ha emesso sentenza dichiarativa della estinzione del reato per intervenuta prescrizione non pronunciandosi sugli effetti civili, così violando la disposizione di cui all' art. 578 c.p.p. , oltre che in violazione del principio del contraddittorio. 6. Il ricorso è stato trattato senza intervento delle parti, ai sensi dell' art. 23, comma 8, D.L. n. 137 del 2020 , disciplina prorogata sino al 31 dicembre 2022 per effetto dell' art. 7, comma 1, D.L. n. 105 del 2021 , la cui vigenza è stata poi estesa in relazione alla trattazione dei ricorsi proposti entro il 30 giugno 2023 dall'art. 94 del decreto legislativo 10 ottobre 2022, come modificato dall' art. 5-duodecies D.L. 31 ottobre 2022, n. 162 , convertito con modificazioni dalla L. 30 dicembre 2022, n. 199 . Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato. 2. Il primo e il secondo motivo strettamente connessi vanno trattati unitariamente. A ben vedere non vi è dubbio che vi sia mancanza di motivazione in relazione alle statuizioni civili, in ordine alle quali la Corte di appello nulla ha disposto, né la conferma né la revoca delle stesse, a fronte dell'appello proposto dall'imputato I. e dopo che lo stesso era stato condannato in primo grado anche al risarcimento del danno in favore della parte civile T Ai sensi dell' art. 578 c.p.p. il giudice di appello, nel dichiarare estinto per prescrizione il reato per cui in primo grado vi è stata condanna, anche al risarcimento dei danni, è tenuto ad esaminare allo stato degli atti i motivi di gravame proposti dall'imputato unicamente con riguardo alle disposizioni e ai capi della sentenza concernenti gli interessi civili Sez. 6, n. 46099 del 01/12/2021, Bonfigli, Rv. 282751 - 01 Sez. 2, n. 28959 del 10/05/2017, Rv. 270364 - 01 . Per altro deve trattarsi di una valutazione in ordine alla domanda di risarcimento del danno che richiede una piena cognitio sulla responsabilità dell'imputato, anche se la parte civile non abbia manifestato espressamente il proprio interesse alla trattazione del procedimento in appello e non vi abbia partecipato Sez. 5, n. 24469 del 09/04/2019, Fiore, Rv. 276513 - 01, fattispecie in cui la Corte ha annullato la sentenza che, dopo aver interpellato mediante comunicazione di cancelleria la parte civile perché manifestasse il proprio interesse alla celebrazione del processo, in assenza di risposta, aveva dichiarato la prescrizione del reato e revocato le statuizioni civili della sentenza di primo grado . Altrettanto pacifica è la violazione di legge in cui è incorsa la Corte territoriale, in quanto è affetta da nullità insanabile la sentenza predibattimentale con la quale il giudice di appello dichiari l'estinzione del reato per prescrizione, qualora in primo grado la parte civile abbia proposto richiesta di condanna dell'imputato al risarcimento dei danni, in quanto solo nel dibattimento può procedersi alla delibazione di merito relativamente ai capi della sentenza che concernono gli interessi civili, nel contraddittorio delle parti S ez. 2, n. 32477 del 25/09/2020, Garlisi, Rv. 280066 - 01 conf. N. 21172 del 2017 Rv. 270047 - 01, N. 42135 del 2011 Rv. 251707 - 01 . In sostanza la Corte di appello avrebbe dovuto per un verso procedere alla trattazione in udienza, dando avviso della stessa alla parte civile, per altro verso avrebbe dovuto valutare i motivi di appello proposti dall'imputato in relazione agli effetti civili, confermando o revocando le statuizioni relative al risarcimento del danno all'esito del giudizio di impugnazione. 3. Rilevata la fondatezza del ricorso, e dunque la non inammissibilità dello stesso per le ragioni fin qui esposte, occorre porsi la questione se vada pronunciato l'annullamento ai sensi dell' art. 622 c.p.p. , norma tuttora vigente, o si debba fare applicazione dell' art. 573, comma 1-bis, c.p.p. , introdotto dall'art. 33, comma 1, lett. a , n. 2, D.Lgs. n. 10 ottobre 2022 n. 150, poiché l'impugnazione è stata proposta ai soli effetti civili. 3.1 Il richiamato comma 1-bis regola il caso in cui la sentenza e' impugnata per i soli interessi civili . In tal caso il giudice d'appello e la Corte di cassazione, se l'impugnazione non è inammissibile, rinviano per la prosecuzione, rispettivamente, al giudice o alla sezione civile competente, che decide sulle questioni civili utilizzando le prove acquisite nel processo penale e quelle eventualmente acquisite nel giudizio civile . Nel caso in esame si verte certamente in caso di ricorso per i soli interessi civili , in quanto l'impugnazione in sede di legittimità è stata proposta dalla parte civile a seguito del proscioglimento per estinzione del reato a seguito di prescrizione in secondo grado nei confronti dell'imputato. E bene, in relazione alla vigenza dell' art. 573, comma 1-bis, c.p.p. difetta del tutto una disciplina transitoria, cosicché il ricorrente, che ha proposto il rimedio prima dell'entrata in vigore della modifica normativa, si troverebbe, qualora vi fosse una immediata applicazione, di fronte a regole processuali diverse da quelle sulle quali aveva fatto affidamento nell'esercizio del proprio diritto di difesa e nella redazione dell'atto di impugnazione. L'assenza di disciplina transitoria, in relazione a modifiche che riguardano i criteri di valutazione dei motivi di impugnazione, risulta assolutamente peculiare nel caso che interessa, perché la transizione del giudizio dalla Sede penale a quella di legittimità civile, implica regole di giudizio assolutamente diverse. Per altro va evidenziato come, allorquando sono state da ultimo modificate le regole relative alla individuazione dei motivi consentiti di ricorso, il legislatore abbia, diversamente dal caso in esame, predisposto una disciplina transitoria, sia in sede civile che penale. A tutela dell'affidamento della parte ricorrente, in occasione della modifica apportata dalla L. n. 134 del 2012 proprio all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 , con l'eliminazione del motivo di ricorso afferente l'insufficiente o contraddittoria motivazione , residuando così il più limitato vizio motivazionale da omesso esame circa un fatto decisivo, l'applicabilità della innovazione normativa fu prevista a partire dalle impugnazioni delle sentenze pubblicate dal trentesimo giorno successivo a quello della data di entrata in vigore della L. 7 agosto 2012, n. 134 , che convertiva il D.L. 22 giugno 2012, n. 83 , secondo quanto previsto dall'art. 54, comma 3. Certamente la modifica normativa era motivata dall'intenzione di garantire la funzione nomofilattica, riducendo quella strumentalizzazione ad opera delle parti che sta rendendo insostenibile il carico della Suprema Corte di cassazione così la relazione illustrativa . E però, a fronte di quella che la miglior dottrina ha definito essere una ‘amputazioné di gran parte del n. 5 dell' art. 360 c.p.c. , tanto che risultavano completamente escluse dal fuoco del ricorso le motivazioni gravemente insufficienti o illogiche, il legislatore ritenne di introdurre, data la ben più ridotta perimetrazione del motivo, la disciplina transitoria a salvaguardia delle ragioni del ricorrente. Anche per le modifiche apportate dall' art. 8, comma 1, della L. 20 febbraio 2006, n. 46 , all' art. 606, comma 1, c.p.p. , quanto ai motivi di ricorso in cassazione indicati dalle lett. d ed e , seppur non accompagnate da una disciplina transitoria, se per un verso ne fu prevista l'immediata vigenza, per altro l' art. 10, comma 1, L. n. 46 del 2006 consentiva di proporre nuovi motivi entro trenta giorni dall'entrata in vigore della legge medesima, ai sensi dell'art. 585, comma 4, nei limiti delle modificazioni apportate all' art. 606 c.p.p. così l' art. 10, comma 5, L. n. 46 del 2006 . In sostanza, attraverso questa ‘misurà transitoria, non si posticipava il momento di vigenza, ma era consentito al ricorrente di integrare il ricorso alla luce della nuova tipizzazione dei motivi. Infatti, si affermava che l'art. 10, comma 5, concede un termine dilatorio al ricorrente, per la presentazione di motivi basati sul nuovo testo dell' art. 606 c.p.p. , lett. d ed e . Ma tali motivi sono stati concepiti secondo lo schema dell' art. 585 c.p.p. , comma 4, espressamente richiamato dall'art. 10 cit. cioè come motivi ai quali si estende la eventuale inammissibilità di quelli originariamente proposti Sez. 5, n. 13680 del 23/03/2006, Valcavi, Rv. 233380 - 01 . Pertanto, se la disciplina transitoria consentiva il deposito ‘straordinariò di motivi aggiunti per adattare il ricorso al nuovo testo dell'art. 606, per altro verso, qualora il ricorso fosse stato inammissibile per ragioni diverse dalla modifica normativa, quindi, ad esempio, per manifesta infondatezza, veniva preclusa l'applicazione della disciplina transitoria contenuta nell'art. 10, comma 5, della citata legge, che prescriveva il rinvio della trattazione oltre il trentesimo giorno dalla data di entrata in vigore della legge - 9 marzo 2006 - per consentire la proposizione di motivi nuovi ex art. 585, comma 4, c.p.p. , dato che tale peculiare meccanismo presupponeva l'esistenza di un ricorso idoneo a costituire il rapporto processuale ed è incompatibile con l'inammissibilità genetica del ricorso, a cui segue l'inesistenza ab origine di un valido rapporto processuale Sez. 6, n. 14053 del 24/03/2006, Marini, Rv. 233453 - 01 conf. N. 10104 del 2006 Rv. 233450 - 01, N. 13680 del 2006 Rv. 233380 - 01, N. 15863 del 2006 Rv. 233451 - 01, N. 15864 del 2006 Rv. 233452 - 01, N. 16302 del 2006 Rv. 233456 - 01 . All'introduzione del comma 1-bis dell' art. 573 c.p.p. , invece, non si accompagna né una disciplina transitoria dilatoria della vigenza, né misure transitorie che consentano il ‘recuperò del ricorso in relazione alla diversità dei motivi di giudizio, bensì la sola necessità del vaglio di non inammissibilità. Questo Collegio è ben consapevole che nel caso in esame non è stata apportata una modifica alla tipizzazione dei motivi di ricorso, ma l'effetto che viene a prodursi è il medesimo il trasferimento dalla Sede penale a quella civile determina che il ricorso sarà valutato secondo quanto previsto dall' art. 360 c.p.c. , e non più dall' art. 606 c.p.p. , con le evidenti difformità specie in tema di vizio di motivazione, che si palesano nella comparazione fra la lettera e di quest'ultima norma - che con la L. n. 46 del 2006 ha visto ampliarsi il motivo di ricorso anche alla contraddittorietà della motivazione, oltre che al vizio rispetto agli altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame - e il n. 5 dell' art. 360 c.p.c. , che ha visto invece erodersi l'ambito del vizio deducibile, come riduzione al minimo costituzionale del sindacato di legittimità sulla motivazione , tanto che e' denunciabile in cassazione solo l'anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all'esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella mancanza assoluta di motivi sotto l'aspetto materiale e grafico , nella motivazione apparente , nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile , esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione Sez. U. civ., n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629831 - 01 . 3.2 Sussiste, pertanto, l'esigenza di garantire un sostanziale diritto di difesa e l'accesso ad un ricorso effettivo, corollario dell'equità del processo, anche ai sensi dell' art. 13 CEDU , tenuto in conto che un ricorso è effettivo quando è disponibile sia in teoria che in pratica all'epoca dei fatti, vale a dire quando è accessibile e può offrire al ricorrente la riparazione delle violazioni denunciate e presenta ragionevoli prospettive di esito positivo Akdivar e altri c. Turchia, 16 settembre 1996, p. 68, Recueil des arre'ts et de'cisions 1996-IV, e Demopoulos e altri c. Turchia dec. GC , nn. 46113/99, 3843/02, 13751/02, 13466/03, 10200/04, 14163/04, 19993/04 e 21819/04, p. 70, CEDU 2010 si veda anche Saba c. Italia, n. 36629/10, p. 43, 1 luglio 2014 . E bene, il principio delle ‘ragionevoli prospettive di un esito positivò, che riguarda l'effettività del ricorso ai sensi dell' art. 13 CEDU , va certamente inteso alla luce della considerazione che quando esiste un dubbio sull'efficacia e sulle possibilità di successo di un ricorso interno, quest'ultimo deve essere comunque tentato Voisine c. Francia, n. 27362/95, decisione della Commissione del 14 gennaio 1998, e Gurcegiz c. Turchia, n. 11045/07, p. 32, 15 novembre 2012 . E, però, nel caso in esame, le ‘prospettive di esito positivò si riducono drasticamente solo per l'esposta diversità delle ragioni di ricorso in sede penale e civile, e ciò non per inerzia della parte o inidoneità del ricorso, bensì per factum principis, conseguente all'intervento del legislatore, che muta le ‘regole' di esercizio del diritto di accesso alla giustizia medio tempore, cosicché si rinviene una chiara lesione alla effettività del ricorso proprio nell'assenza di disciplina transitoria in caso di immediata vigenza. 3.3 Pertanto, essendo stato proposto il ricorso in esame in data 13 ottobre 2022, avverso la sentenza del 7 settembre 2022, eventi entrambi antecedenti la vigenza dell'art. 573, comma 1-bis - decorrente dal 30 dicembre 2022 ex art. 6 D.L . 31 ottobre 2022, n. 162 , convertito con modificazioni, dalla L. 30 dicembre 2022, n. 199 - deve ritenersi applicabile al caso in esame il principio fissato da Sez. U, n. 27614 del 2 29/03/2007, Lista, Rv. 236537 - 01. Le Sezioni unite in altro caso di assenza della disciplina transitoria - quanto alla abrogazione dell'art. 577 che aveva consentito l'impugnazione, agli effetti penali, da parte della persona offesa costituita parte civile contro la sentenza emessa nei procedimenti relativi a reati di ingiuria e diffamazione, prima della data di entrata in vigore dell' art. 9 della L. 20 febbraio 2006 n. 46 . - rilevavano come l'atto di impugnazione dovesse conservare la propria efficacia, stante l'assenza di una disciplina transitoria espressa. Ne conseguiva il generale principio di diritto per cui ai fini dell'individuazione del regime applicabile in materia di impugnazioni, allorché si succedano nel tempo diverse discipline e non sia espressamente regolato, con disposizioni transitorie, il passaggio dall'una all'altra, l'applicazione del principio tempus regit actum impone di far riferimento al momento di emissione del provvedimento impugnato e non già a quello della proposizione dell'impugnazione . Le Sezioni Unite rilevavano l'importanza della tutela dell'affidamento maturato dalla parte in relazione alla fissità del quadro normativo . L'affidamento è valore essenziale della giurisdizione, che va ad integrarsi con l'altro - di rango costituzionale - della parità delle armi , soddisfa l'esigenza di assicurare ai protagonisti del processo la certezza delle regole processuali e dei diritti eventualmente già maturati, senza il timore che tali diritti, pur non ancora esercitati, subiscano l'incidenza di mutamenti legislativi improvvisi e non sempre coerenti col sistema, che vanno a depauperare o a disarticolare posizioni processuali già acquisite . Non vi è dubbio alcuno che nel caso in esame il mutamento, non regolamentato nel tempo, del processo di impugnazione, determini per le ragioni evidenziate il depauperamento di posizioni processuali già acquisite, geneticamente connesse ai motivi di ricorso in sede penale, a fronte della significativa diversità dei motivi di ricorso in sede civile. In tal senso va applicato nel caso in esame il principio fissato dalle Sezioni Unite il potere d'impugnazione trova la sua genesi proprio nella sentenza e al regime regolatore vigente in tale momento occorre fare riferimento, regime che rimane insensibile a eventuali interventi normativi successivi, non potendo la nuova legge processuale travolgere quegli effetti dell'atto che si sono già prodotti prima dell'entrata in vigore della medesima legge, né regolare diversamente gli effetti futuri dell'atto . Le Sezioni unite affrontano anche il tema del valore dell'atto di impugnazione e della sua ambiguità, che non è solo l'atto in sé, ma è il regime che ne consegue nella dimensione propria del ‘processò Se vero che questo, isolatamente considerato, ha carattere istantaneo e natura autoreferenziale, . non è men vero che l'atto d'impugnazione è la risultante di un'attività preparatoria più lunga, avviata col sorgere del diritto d'impugnare, che è strettamente collegato alla pronuncia della sentenza. Il quadro normativo delle impugnazioni deve, pertanto, essere ricostruito tenendo presente la disciplina del tempo in cui è sorto il relativo diritto . Ritiene pertanto il Collegio che tali principi debbano trovare applicazione non solo quando la modifica normativa intervenga sull'an del rimedio impugnatorio, ma anche quando incida sul quomodo del processo che ne consegue, con lesione dell'effettività del diritto di difesa. 3.4 D'altro canto, il principio enunciato da Sez. U., Lista ha avuto analoga autorevole applicazione in un altro caso di commistione fra le regole dei giudizi penali e civili, nonché di trasferimento della competenza, dalle Sezioni Unite civili a quelle penali, salvo il ritorno alla originaria competenza, in relazione alla impugnazione avverso le sentenze della Sezione disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura. Infatti, l' art. 60 del D.P.R. n. 16 settembre 1958, n. 916 prevedeva, come è noto, che i provvedimenti in materia disciplinare fossero impugnabili dinanzi alle sezioni unite civili della Corte di Cassazione, la cui individuazione quale giudice competente comportava un generalizzato rinvio alle norme che disciplinano il processo civile in sede di legittimità. Il d.Lgs. 23 febbraio 2006, n. 109 dettava la nuova disciplina degli illeciti disciplinari dei magistrati, prevedendo tra l'altro all'art. 24 che il ricorso per cassazione fosse proposto nei termini e con le forme previsti dal codice di procedura penale e che la Corte di cassazione dovesse decidere a Sezioni unite penali. Interveniva poi la L. 24 ottobre 2006, n. 269 , avente ad oggetto Sospensione dell'efficacia nonché modifiche di disposizioni in tema di ordinamento giudiziario , che fra l'altro modificava l'art. 24, comma 2, nel senso che la Corte di cassazione dovesse decidere non più a Sezioni unite penali ma nuovamente in Sede civile, in questo caso dettando la relativa disciplina transitoria, con la previsione, contenuta nell'art. 32-bis, comma 3, inserito nello stesso D.Lgs. n. art. 1, comma 3, lett. q , per cui i ricorsi proposti avverso le sentenze pronunziate dalla sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura pendenti presso le Sezioni unite penali della Corte di cassazione fossero trasferiti alle Sezioni unite civili della stessa Corte. A fronte di tali mutamenti, in un quadro normativo complesso e ‘mistò, in relazione alla prima modifica di competenza, si sono pronunciate Sez. U, n. 27172 del 20/12/2006, Rv. 593733, affermando che per la sentenza impugnata, pronunciata anteriormente al momento in cui il D.Lgs. n. 109 del 2006 aveva acquistato efficacia, pur se con termine di impugnazione scadente successivamente a tale momento, dovesse trovare applicazione ai fini della impugnazione la normativa vigente alla data della sentenza stessa, poiché la fattispecie generatrice del potere di impugnazione è costituita dalla sentenza, la cui forza giuridica - alla quale l'effetto della impugnabilità deve essere appunto ricondotto - è segnata dal momento in cui essa assume esistenza giuridica e resta definitivamente fissata in tale momento, e non può essere riguardata nella sua proiezione temporale, sino alla scadenza del termine per impugnare. Ne consegue che la facoltà di impugnativa ed i modi e i termini per esercitarla sono regolati dalla legge vigente all'epoca della sua pubblicazione e restano insensibili a successivi interventi normativi, non potendo la nuova legge processuale travolgere quegli effetti dell'atto processuale che si sono già prodotti al momento della sua entrata in vigore, né regolare diversamente gli effetti futuri dell'atto stesso nello stesso senso, Sez. U, n. 16627 del 27/07/2007, Rv. 598255 . Pertanto, anche in occasione della attribuzione della competenza da parte del legislatore alle Sezioni Unite penali, in assenza della disciplina transitoria, residuava la competenza in capo a quelle civili in ragione del principio tempus regit actum, ove l'actus veniva individuato nella sentenza impugnata, con conseguente applicabilità della disciplina vigente allora vigente. 4. Tali ultime considerazioni, tratte dai principi di affidamento e dalla necessità che debba trovare applicazione il regime delle impugnazioni e le regole processuali esistenti al momento della emissione della sentenza impugnata -come affermati dalle Sez. U, Lista, ma anche dall'omologo autorevole Consesso in sede civile, come finora osservato - estendono l'effetto della regola del tempus regit actum anche in relazione al caso di error in procedendo che determini la nullità della sentenza, come prospettato dal secondo motivo di ricorso, per cui al motivo dell'art. 606, comma 1, lett. c , c.p.p. deve corrispondere il vizio dedotto ex art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 4 Per le ragioni esposte fin qui, questo Collegio ritiene di non aderire all'orientamento che ritiene immediatamente applicabile l' art. 573, comma 1-bis, c.p.p. , anche nei giudizi di impugnazione per i soli interessi civili relativi a sentenze precedenti alla sua entrata in vigore Sez. 3, n. 7625 del 11/01/2023, Ambu, Rv. 284248 - 01 Sez. 4, n. 2854 del 11/01/2023, Fca Italy Spa, Rv. 284012 - 01 , bensì condivide il diverso orientamento per cui in assenza di disciplina transitoria, il regime delle impugnazioni debba essere determinato, conformemente alla regola di cui all'art. 11 preleggi, in base alla normativa vigente al momento della pronunzia della sentenza impugnata, posto che è in rapporto a tale atto e al tempo del suo perfezionarsi che devono essere valutati la facoltà di impugnazione, la sua estensione, nonché i modi e i termini del suo esercizio, ivi comprese le peculiarità che incidono sulla formulazione dell'atto impugnatorio Sez. 5, n. 3990 del 20/01/2023, Razzaboni, Rv. 284019 01 Sez. 5, n. 4902 del 16/01/2023, Cucinotta, Rv. 284121 - 01 . 5. Pertanto, per le esposte ragioni, nel caso di specie non trova applicazione per difetto della normativa transitoria la disciplina dell'art. 573, comma 1-bis. Va affermato il principio per cui, in relazione all' art. 573, comma 1-bis, c.p.p. , introdotto dall'art. 33, comma 1, lett. a , n. 2, D.Lgs. n. 10 ottobre 2022 n. 150, ai fini dell'individuazione del regime applicabile alle sentenze emesse prima dell'entrata in vigore della nuova disciplina, a decorrere dal 30 dicembre 2022 ex art. 6 D.L . 31 ottobre 2022, n. 162 , convertito con modificazioni, dalla L. 30 dicembre 2022, n. 199 , in caso di ricorso proposto ai soli effetti civili e di non inammissibilità dello stesso, difettando disposizioni transitorie, trova applicazione il principio tempus regit actum che impone di far riferimento al momento di emissione del provvedimento impugnato e non già a quello della proposizione dell'impugnazione, a garanzia del principio di affidamento, di parità delle armi ai sensi dell' art. 111, comma 2, Cost. , e di effettività del ricorso ai sensi dell' art. 13 CEDU . 6. A fronte della fondatezza dei motivi di ricorso, spetterà al giudice civile competente procedere garantendo il rispetto del principio del contraddittorio nonché alle conseguenti valutazioni in merito alle statuizioni civili. Ne consegue l'annullamento della sentenza, con rinvio ai sensi dell' art. 622 c.p.p. al giudice civile competente per valore in grado di appello, mentre per la liquidazione delle spese si provvederà al definitivo. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata agli effetti civili con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello. Spese al definitivo.