I termini entro cui il correntista può richiedere alla banca la documentazione del c/c

Oggetto della controversia in esame sono le conseguenze di una richiesta ex art. 119, comma 4, TUB, inviata alla banca dal correntista, dopo che quest'ultimo ha introdotto il giudizio contro la prima ed al netto dell'osservanza dell'art. 163, nn. 3 e 4, c.p.c. , ma anteriormente allo spirare del termine per il deposito della seconda memoria istruttoria ex art. 183, comma 6, c.p.c. richiesta cui la banca ha dato seguito rispettando il termine assegnato, ma in un momento in cui, per la parte attrice, erano spirati i termini per le preclusioni istruttorie di cui alla menzionata disposizione codicistica.

Per dirimere il conflitto in esame, il Collegio esprime il seguente principio di diritto in tema di conto corrente bancario , la scelta del correntista circa il momento - anteriore all'instaurazione del giudizio da promuoversi contro la banca con le eventuali conseguenze sull'istanza ex art. 210 c.p.c. se formulata, ricorrendone i presupposti, nel medesimo giudizio o in pendenza dello stesso - in cui esercitare la facoltà di richiedere all'istituto di credito la consegna di documentazione ex art. 119, comma 4, del d.lgs. n. 385 del 1993 , deve tenere conto , necessariamente, al fine del successivo, tempestivo deposito di detta documentazione, oltre che del termine novanta giorni spettante alla banca per dare seguito alla ricevuta richiesta, di quello , diverso e prettamente processuale , sancito, per le preclusioni istruttorie, dall' art. 183, comma 6, c.p.c. , con le relative conseguenze ove esso rimanga inosservato, fatta salva, tuttavia, in quest'ultima ipotesi, la possibilità di valutare, caso per caso, se la condotta del correntista possa considerarsi meritevole di tutela mediante l'istituto della rimessione in termini .

Presidente Scotti - Relatore Campese Fatti di causa 1. Con atto notificato il 24 febbraio 2014, la Zincometal s.r.l., C.S. e C.G., la prima quale debitrice principale ed i secondi quali suoi fideiussori, citarono la Banca di Credito Sardo s.p.a. poi incorporata, per fusione, da Intesa Sanpaolo s.p.a. innanzi al Tribunale di Cagliari, per sentire dichiarare illegittimi gli addebiti asseritamente operati dal menzionato istituto di credito - a titolo di interessi ultralegali non pattuiti, interessi usurari ed anatocistici, commissione di massimo scoperto ed altri oneri parimenti non concordati - sui conti correnti nn. Omissis e Omissis , intestati alla prima. Formularono, inoltre, domanda di ripetizione di indebito in relazione alle somme indebitamente percepite dalla banca. 1.1. Costituitasi la convenuta, che eccepì il difetto di legittimazione attiva di C.S. e C.G., nonché la prescrizione, quinquennale o decennale, di ogni diritto e/o azione di controparte, di cui contestò pure la fondatezza, l'adito tribunale, dopo aver disatteso una richiesta di rimessione in termini degli attori, dichiarò inammissibili, per difetto di legittimazione ad agire, le domande proposte da S. e C.G. e respinse quelle della Zincometal s.r.l. perché rimaste sfornite di prova. In particolare, ritenne di non poter verificare la presenza, o meno, di pattuizioni assunte in violazione di norme imperative, stante la mancata produzione, ad opera di parte attrice, dei contratti di conto corrente in contestazione, né di poter procedere alla rideterminazione finale del saldo dei conti correnti predetti non essendone stati prodotti tutti gli estratti conto. 2. Il gravame promosso dalla sola Zincometal s.r.l., medio tempore posta in liquidazione, avverso questa decisione fu rigettato dalla Corte d'appello di Cagliari, con sentenza del 16 gennaio 2018, n. 23, resa nel contraddittorio con Intesa Sanpaolo s.p.a 2.1. Per quanto qui di residuo interesse, quella corte confermò l'infondatezza delle ribadite richieste di rimessione in termini e di ordine di esibizione ex art. 210 c.p.c. , formulate dalla società attrice/appellante nel corso del giudizio di primo grado, in ragione della sua colpevole negligenza, avendo proceduto a richiedere all'istituto di credito convenuto la necessaria documentazione contrattuale dopo oltre un anno dalla notificazione dell'atto di citazione. Assumendo, poi, di dover decidere la causa unicamente sulla scorta di quanto validamente depositato in atti, respinse le domande volte alla rideterminazione dei saldi dei menzionati conti correnti attesa la mancata produzione dei corrispondenti contratti e di parte dei loro estratti conto. 3. Per la cassazione di questa sentenza ha proposto ricorso la Zincometal s.r.l. in liquidazione, affidandosi a due motivi. Ha resistito, con controricorso, Intesa Sanpaolo s.p.a Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 380-bis.1 c.p.c. Ragioni della decisione 1. E' opportuno premettere che l'avvenuta proposizione, da parte di Zincometal s.r.l. in liquidazione, anteriormente all'odierno ricorso, di una impugnazione per revocazione, ex art. 395 c.p.c. , comma 1, n. 4, della descritta sentenza della corte cagliaritana non influisce sulla decisione rimessa a questa Corte. Difatti, il testo vigente dell' art. 398 c.p.c. , u.c. ha escluso che la proposizione della revocazione possa automaticamente sospendere il termine per proporre il ricorso per cassazione o il relativo procedimento, richiedendosi allo scopo un apposito provvedimento del giudice innanzi al quale è stata promossa la revocazione ne consegue che, in mancanza di tale provvedimento, i due giudizi procedono in via autonoma, potendo il ricorso per cassazione essere discusso anche prima che giunga la decisione sull'istanza di sospensione ex art. 398 c.p.c. , u.c. cfr. Cass. n. 21830 del 2021 Cass., SU, n. 9776 del 2020 Cass. n. 22902 del 2005 . In senso sostanzialmente conforme, si vedano anche Cass., SU, n. 21874 del 2019 e Cass. n. 18913 del 2020 . 2. Fermo quanto precede, il primo motivo di ricorso denuncia la Violazione e falsa applicazione, ai sensi dell' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 3, dell'art. 119 Testo Unico Bancario, degli artt. 1175 e 1375 c.c. e dell'art. 153 c.p.c. , per avere la corte d'appello ritenuto tardiva la richiesta stragiudiziale, inviata dalla società correntista all'istituto di credito dopo circa un anno dalla proposizione del giudizio, di consegna della documentazione, contrattuale e contabile, necessaria ai fini dell'accoglimento della domanda di accertamento del saldo del conto corrente n. Omissis . Si assume, in particolare, che l' art. 119 T.U.B . attribuisce al correntista una facoltà, ossia quella di richiedere alla banca la documentazione inerente a singole operazioni poste in essere negli ultimi dieci anni, che deve essere esercitata entro il termine di decadenza proprio della fase istruttoria, come effettivamente avvenuto nella specie, in cui la richiesta è stata trasmessa all'istituto creditizio circa un mese prima dello spirare del termine per il deposito della memoria ex art. 183 c.p.c. , comma 6, n. 2. Da ciò viene fatta discendere non solo l'ammissibilità della invocata rimessione in termini ex art. 153 c.p.c. , comma 2, per il deposito della documentazione, contrattuale e contabile, consegnata dalla banca in riscontro a quella richiesta, ma anche la possibilità, per la società correntista, di ottenere tale documentazione attraverso un ordine di esibizione ai sensi dell' art. 210 c.p.c. , così come domandato, nel caso di specie, già nell'atto introduttivo del giudizio. Si aggiunge che l'onere della banca di consegnare al correntista i documenti contrattuali richiesti deriverebbe pure dai principi generali di buona fede e correttezza di cui agli artt. 1175 e 1375 c.c. , con conseguente inapplicabilità del termine dilatorio di novanta giorni previsto dal citato art. 119 T.U.B . qui spirato successivamente al termine ultimo di preclusione istruttoria . Si deduce, infine, che, dall'esame del contratto del suddetto conto corrente n. Omissis del Omissis , emerge che lo stesso è privo di una valida clausola di pattuizione degli interessi passivi, peraltro pure capitalizzati trimestralmente in violazione dell' art. 1283 c.c. . 2.1. Tale doglianza si rivela complessivamente insuscettibile di accoglimento alla stregua delle dirimenti considerazioni di cui appresso. 2.2. Giova premettere che la corte distrettuale, al fine di disattendere la ivi ribadita istanza di rimessione in termini della Zincometal s.r.l. in liquidazione, ha rimarcato la poca diligenza che ha connotato l'attività preliminare a quella processuale da parte dell'appellante , descrivendone la condotta cfr. amplius, pag. 7-9 della sentenza impugnata e giungendo alla conclusione che l'attrice ha provveduto a dare avvio al giudizio con citazione notificata il 24.02.2014 deducendo nullità, inesistenza di contratti e invalidità di clausole contrattuali senza neppure procedere alla preliminare acquisizione dei contratti, che la convenuta ha con diligenza consegnato, una volta ritualmente richiesti. Emerge con palmare evidenza la colpevole negligenza dell'attrice che non poteva richiedere di essere rimessa in termini per la produzione di documenti che ella avrebbe potuto e dovuto avere molto prima della scadenza dei termini perentori concessi . 2.2.1. Quel giudice, dunque, ha respinto la suddetta richiesta di rimessione in termini perché, sostanzialmente, ha ritenuto tardiva la richiesta stragiudiziale ex art. 119, comma 4 T.U.B ., formulata dalla società correntista all'istituto di credito solo in pendenza di giudizio, di consegna della documentazione, contrattuale e contabile, necessaria ai fini dell'accoglimento della domanda di accertamento del saldo del conto corrente n. Omissis . Documentazione, poi, consegnata dalla banca ben prima della scadenza del termine di novanta giorni di cui al citato art. 119, comma 4 T.U.B , ma quando ormai era già spirato, per l'attrice/appellante, quello per le preclusioni istruttorie di cui all' art. 183 c.p.c. , comma 6. 2.2.2. E' innegabile, quindi, che, sebbene implicitamente, la corte cagliaritana tenne conto pure di quanto disposto dall' art. 119, comma 4 T.U.B ., - sicché non merita seguito l'assunto della odierna controricorrente circa l'inammissibilità delle argomentazioni della controparte riguardanti l'interpretazione proprio di quest'ultima norma - atteso che, da un lato, valutò corretto il comportamento della banca che, ancor prima della scadenza del termine di cui alla citata norma, consegnò alla correntista la documentazione richiestale dall'altro, ritenne negligente la condotta di quest'ultima perché avvalsasi della facoltà riconosciutale dalla medesima norma solo in pendenza di giudizio, negandole, così, la invocata rimessione in termini per depositare quanto ricevuto dalla banca dopo lo spirare del termine per le preclusioni istruttorie di cui all' art. 183 c.p.c. , comma 6. 2.3. Fermo quanto precede, osserva il Collegio che questa Corte, con la sentenza resa da Cass. n. 24641 del 2021 , si è occupata, funditus, dei rapporti tra l' art. 119, comma 4 T.U.B ., norma di carattere sostanziale, e l' art. 210 c.p.c. , avente, invece, natura processuale, confutando specificamente le argomentazioni di Cass. n. 11554 del 2017 oggi invocata dalla ricorrente a sostegno della censura in esame e giungendo, dopo un'ampia ed articolata motivazione cui si rinvia, ex art. 118 disp. att. c.p.c. , perché pienamente condivisa , ad affermare il principio per cui Il diritto spettante al cliente, a colui che gli succede a qualunque titolo o che subentra nell'amministrazione dei suoi beni, ad ottenere, a proprie spese, copia della documentazione inerente a singole operazioni poste in essere negli ultimi dieci anni, ivi compresi gli estratti conto, sancito dal D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 119, comma 4, può essere esercitato in sede giudiziale attraverso l'istanza di cui all' art. 210 c.p.c. , in concorso dei presupposti previsti da tale disposizione, a condizione che detta documentazione sia stata precedentemente richiesta alla banca e quest'ultima, senza giustificazione, non abbia ottemperato . 2.3.1. In detta pronuncia, peraltro, si è puntualizzato cfr. p. 12.10 della motivazione che . il cliente può, se lo ritiene, e se . ne ha l'esigenza, chiedere direttamente alla banca, e non per il tramite del giudice, la consegna degli estratti conto dell'ultimo decennio una volta inoltrata la richiesta, la banca è obbligata ad effettuare la consegna entro il termine previsto. E la norma così congegnata, in difetto di alcuna previsione normativa in tal senso, non impatta affatto né sul riparto degli oneri probatori, né sulla disciplina processuale applicabile. Non è forse superflua qui una ulteriore precisazione, a scanso di pur improbabili equivoci. Quanto precede non sta a significare che il cliente, una volta introdotta la causa in veste di attore, non possa più avvalersi dell'art. 119, u.c. non può farlo invocando indiscriminatamente l'intervento del giudice, il che stravolgerebbe le regole processuali invece operanti, a meno che la banca non si sia resa inadempiente dell'obbligo che su di essa incombe ma nulla esclude, viceversa, che il cliente, introdotta la lite ed al netto dell'osservanza dell' art. 163 c.p.c. , nn. 3 e 4 , possa rivolgersi direttamente alla banca per farsi consegnare la documentazione di cui ha bisogno si immagini il caso di una istanza avanzata nelle more del secondo termine di cui all' art. 183 c.p.c. , comma 6 . 2.3.2. In senso sostanzialmente analogo, poi, la successiva Cass. n. 23861 del 2022 , dopo aver ripercorso, per ampi tratti, i passaggi motivazionali di Cass. n. 24641 del 2021 , ha parimenti precisato che Non e', dunque, necessario - . - che la richiesta sia avanzata in epoca antecedente all'instaurazione del giudizio nell'ambito del quale l'istanza ex art. 210 c.p.c. è proposta, essendo sufficiente, sotto il profilo temporale in esame, che, al momento della formulazione di tale istanza, il cliente abbia chiesto copia della documentazione e che siano decorsi novanta giorni dalla richiesta - tale è il termine assegnato alla banca dall'art. 119, comma 4 t.u.b. per ottemperare alla richiesta - senza che la banca medesima abbia proceduto alla consegna della documentazione, a meno che non sia dimostrata l'esistenza di idonea giustificazione dell'inadempimento . 2.4. Nessuno dei due riportati arresti, tuttavia, affronta, specificamente il tema - invece rilevante nell'odierna fattispecie sotto il profilo della rimessione in termini invocata dall'appellante, oggi ricorrente - delle conseguenze di una richiesta ex art. 119, comma 4 T.U.B . inviata alla banca dal correntista, dopo che quest'ultimo abbia introdotto il giudizio contro la prima ed al netto dell'osservanza dell' art. 163 c.p.c. , nn. 3 e 4 , ma anteriormente allo spirare del termine per il deposito della seconda memoria istruttoria ex art. 183 c.p.c. , comma 6 richiesta cui la banca abbia dato seguito rispettando il termine ad essa assegnato dall'art. 119 predetto, ma in un momento in cui, per la parte attrice, erano spirati i termini per le preclusioni istruttorie di cui alla menzionata disposizione codicistica. 2.4.1. Orbene, ad avviso del Collegio, dovendosi in una siffatta ipotesi certamente escludere la possibilità di configurare un inadempimento colpevole della banca, la soluzione all'interrogativo predetto va ricercata, non già nell' art. 210 c.p.c. proprio perché non ricorrerebbero i presupposti a tal fine richiesti dalle menzionate pronunce di legittimità, avendo la banca tempestivamente ottemperato alla richiesta ricevuta , bensì nella disciplina della rimessione in termini di cui all' art. 153 c.p.c. , comma 2. 2.4.2. Giova, allora, ricordare che, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, la concreta applicazione dell'istituto della rimessione in termini passa attraverso l'espletamento di due necessarie verifiche. La prima attiene alla presenza, in fattispecie, di un fatto ostativo che risulti oggettivamente estraneo alla volontà della parte che l'applicazione della rimessione chiede e che dalla stessa non risulti governabile, neppure con difficoltà cfr. Cass. n. 22342 del 2021 Cass., SU, n. 27773 del 2020 Cass. n. 27726 del 2020 Cass., SU, n. 4135 del 2019 . L'altra condizione attiene alla cd. immediatezza della reazione , da intendere come tempestività del comportamento della parte di fronte al verificarsi del fatto ostativo in sé rilevante nella prontezza dell'attivarsi, appunto, per superarlo o comunque per porre rimedio alla situazione che si è così venuta a determinare cfr., Cass. n. 22342 del 2021 Cass. n. 21304 del 2019 Cass., SU, n. 4135 del 2019 . 2.4.3. Nella vicenda in esame, la prima delle descritte verifiche conduce, del tutto ragionevolmente, ad un esito negativo. 2.4.3.1. Se è vero, infatti, che nulla imponeva alla correntista di avanzare la richiesta di consegna di documentazione ex art. 119, comma 4 T.U.B . in epoca antecedente all'instaurazione del giudizio poi intrapreso contro la banca salve le eventuali conseguenze sull'istanza ex art. 210 c.p.c. poi proposta nel giudizio stesso , è altrettanto innegabile che la scelta, da parte della medesima correntista, del concreto momento in cui avvalersi di quella facoltà avrebbe dovuto tenere conto, necessariamente, oltre che del termine 90 giorni spettante alla banca per dare seguito alla ricevuta richiesta, di quello, evidentemente diverso e squisitamente processuale, per le preclusioni istruttorie di cui all' art. 183 c.p.c. , comma 6, con le relative conseguenze ove rimasto inosservato. 2.4.3.2. Si vuol dire, cioè, che la correntista, libera di scegliere il momento in cui esercitare la facoltà riconosciutale dalla menzionata norma del T.U.B ., non può, per ciò solo, ritenersi dispensata dall'osservanza del termine per le preclusioni istruttorie di cui alla citata norma codicistica. Opinare diversamente, infatti, significherebbe, sostanzialmente, rimettere il concreto maturare di queste ultime alla mera scelta di una delle parti del processo, conclusione chiaramente inaccettabile. 2.4.3.3. Torna, allora, in gioco la possibilità di valutare, caso per caso, se una siffatta condotta della correntista possa considerarsi meritevole di tutela mediante l'istituto della rimessione in termini. 2.4.3.4. Orbene, nella concreta vicenda in esame, la corte distrettuale ha rimarcato la poca diligenza che ha connotato l'attività preliminare a quella processuale da parte dell'appellante , descrivendone la condotta cfr., amplius, pag. 7-9 della sentenza impugnata, in cui si è dato atto, tra l'altro, del notevole intervallo temporale intercorso tra l'instaurazione del giudizio da parte della Zincometal s.r.l. - avvenuta con citazione notificata il 24 febbraio 2014 - ed il momento in cui detta società aveva inoltrato la richiesta ex art. 119, comma 4 T.U.B . alla banca, individuato nel 23 aprile 2015, data della corrispondente istanza allegata alla sua seconda memoria ex art. 183 c.p.c. , comma 6 del fatto che, medio tempore, si era pure svolto, con esito negativo, un tentativo di conciliazione innanzi all'Organismo Media ed Arbitra s.r.l. di Omissis della circostanza che la banca, una volta richiestane ex art. 119, comma 4 T.U.B ., aveva consegnato la documentazione ad essa domandata ancor prima della scadenza dei novanta giorni di cui alla norma da ultimo indicata e giungendo alla conclusione che l'attrice ha provveduto a dare avvio al giudizio con citazione notificata il 24.02.2014 deducendo nullità, inesistenza di contratti e invalidità di clausole contrattuali senza neppur procedere alla preliminare acquisizione dei contratti, che la convenuta ha con diligenza consegnato, una volta ritualmente richiesti. Emerge con palmare evidenza la colpevole negligenza dell'attrice che non poteva richiedere di essere rimessa in termini per la produzione di documenti che ella avrebbe potuto e dovuto avere molto prima della scadenza dei termini perentori concessi . 2.4.3.5. Trattasi, come è evidente, di una valutazione fattuale, che la ricorrente censura, sostanzialmente, invocandone una diversa, benché sotto la formale rubrica di vizio di violazione di legge. Così operando, però, la stessa dimentica che i il vizio di cui all' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 3, non può essere mediato dalla riconsiderazione delle risultanze istruttorie, ma deve essere dedotto, a pena di inammissibilità del motivo giusta la disposizione dell' art. 366 c.p.c. , n. 4, non solo con la indicazione delle norme assuntivamente violate, ma anche, e soprattutto, mediante specifiche argomentazioni intelligibili ed esaurienti intese a motivatamente dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie o con l'interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità, diversamente impedendosi alla Corte regolatrice di adempiere al suo istituzionale compito di verificare il fondamento della lamentata violazione cfr. Cass. n. 7993 del 2023 Cass. n. 35041 del 2022 ii il ricorso per cassazione non rappresenta uno strumento per accedere ad un terzo grado di giudizio nel quale far valere la supposta ingiustizia della sentenza impugnata, spettando esclusivamente al giudice di merito il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l'attendibilità e la concludenza e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente prevalenza all'uno o all'altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge cfr., ex multis, anche nelle rispettive motivazioni, Cass. n. 7993 del 2023 Cass. n. 35041 del 2022 Cass., SU, n. 34476 del 2019 Cass. n. 27686 del 2018 Cass., Sez. U, n. 7931 del 2013 Cass. n. 14233 del 2015 Cass. n. 26860 del 2014 . Alteris verbis, il giudizio di legittimità non può essere surrettiziamente trasformato in un nuovo, non consentito, ulteriore grado di merito, nel quale ridiscutere gli esiti istruttori espressi nella decisione impugnata, non condivisi e, per ciò solo, censurati al fine di ottenerne la sostituzione con altri più consoni alle proprie aspettative cfr. Cass. n. 21381 del 2006 , nonché, tra le più recenti, Cass. n. 8758 del 2017 , Cass., SU, n. 34476 del 2019 e Cass. n. 32026 del 2021 Cass. n. 40493 del 2021 Cass. n. 1822 del 2022 Cass. n. 2195 del 2022 Cass. n. 3250 del 2002 Cass. n. 5490 del 2022 Cass. n. 9352 del 2022 Cass. 13408 del 2022 Cass. n. 15237 del 2022 Cass. n. 21424 del 2022 Cass. n. 30435 del 2022 Cass. n. 35041 del 2022 Cass. n. 35870 del 2022 Cass. n. 1015 del 2023 Cass. n. 7993 del 2023 . 2.5. Resta solo da dire, infine, che tutte le considerazioni svolte dalla ricorrente quanto all'asserita violazione del principio di buona fede di cui artt. 1175 e 1375 c.c. e, nella parte finale del motivo, in ordine al contenuto del contratto di conto corrente di cui si discute n. Omissis del Omissis , sono, rispettivamente, irrilevanti, posto quanto si è appena detto circa la negata rimessione in termini dell'appellante, ed inammissibili, perché investono un documento mai validamente prodotto nei precedenti gradi di merito. 2.6. In definitiva, va enunciato il seguente principio di diritto In tema di conto corrente bancario, la scelta del correntista circa il momento - anteriore all'instaurazione del giudizio da promuoversi contro la banca con le eventuali conseguenze sull'istanza ex art. 210 c.p.c. se formulata, ricorrendone i presupposti, nel medesimo giudizio o in pendenza dello stesso - in cui esercitare la facoltà di richiedere all'istituto di credito la consegna di documentazione D.Lgs. n. 385 del 1993, ex art. 119, comma 4, deve tenere conto, necessariamente, al fine del successivo, tempestivo deposito di detta documentazione, oltre che del termine novanta giorni spettante alla banca per dare seguito alla ricevuta richiesta, di quello, diverso e prettamente processuale, sancito, per le preclusioni istruttorie, dall' art. 183 c.p.c. , comma 6, con le relative conseguenze ove esso rimanga inosservato, fatta salva, tuttavia, in quest'ultima ipotesi, la possibilità di valutare, caso per caso, se la condotta del correntista possa considerarsi meritevole di tutela mediante l'istituto della rimessione in termini . 3. Il secondo motivo di ricorso, recante la Violazione e falsa applicazione, ai sensi dell' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 3 dell'art. 1283 c.c. , censura la sentenza impugnata per non avere accertato l'illegittimità della pratica anatocistica sul conto corrente n. Omissis , aperto il Omissis , che la ricorrente ritiene essere stata posta in essere dall'istituto di credito per tutto la durata del rapporto. Si assume che, trattandosi di conto corrente aperto prima dell'entrata in vigore della Delib. CICR 9 febbraio 2000, l'illegittimità degli addebiti effettuati dalla banca a titolo di capitalizzazione trimestrale degli interessi debitori discenderebbe, non già dalla mancata pattuizione di apposita clausola, ma dalla diretta violazione dell' art. 1283 c.c. , quale norma imperativa inderogabile tra le parti, con conseguente rideterminazione del saldo di conto corrente pur in mancanza della produzione in giudizio del relativo contratto di conto corrente. 3.1. Questa doglianza merita accoglimento. 3.2. Invero, la corte distrettuale, una volta disattesa l'istanza di rimessione in termini dell'appellante, ha ritenuto di dover decidere la causa unicamente sulla scorta della documentazione validamente depositata in atti, sicché ha respinto le domande volte alla rideterminazione del saldo del menzionato conto corrente attesa la mancata produzione del corrispondente contratto e di parte dei suoi estratti conto. Un siffatto modus procedendi si rivela, però, non coerente con la più recente giurisprudenza di legittimità consolidatasi in fattispecie analoghe. 3.3. Infatti, giova immediatamente rimarcare, in linea generale, che il correntista ha comunque un interesse di sicura consistenza a che si accerti, pure prima della chiusura del conto, la nullità o validità delle clausole anatocistiche, l'esistenza, o meno, di addebiti illegittimi operati in proprio danno e, da ultimo, l'entità del saldo parziale ricalcolato, depurato delle appostazioni che non potevano aver luogo cfr. Cass. n. 7697 del 2023 Cass. n. 21646 del 2018 . Tale interesse rileva, sul piano pratico, almeno in tre direzioni quella della esclusione, per il futuro, di annotazioni illegittime quella del ripristino, da parte del correntista, di una maggiore estensione dell'eventuale affidamento a lui concesso, siccome eroso da addebiti contra legem quella della riduzione dell'importo che la banca, una volta rielaborato il saldo, potrà pretendere a seguito della cessazione del rapporto allorquando, cioè, dovranno regolarsi tra le parti le contrapposte partite di debito e credito . Sotto questi tre profili, la domanda di accertamento di cui si dibatte prospetta, dunque, per il soggetto che la propone, un sicuro interesse, in quanto è volta al conseguimento di un risultato utile, giuridicamente apprezzabile, che non può attingersi senza la pronuncia del giudice cfr. Cass. n. 7697 del 2023 . 3.3.1. Come lucidamente osservato dalle Sezioni Unite di questa Corte, il correntista, fin dal momento dell'annotazione in conto di una posta, avvedutosi dell'illegittimità dell'addebito, ben può agire in giudizio per far dichiarare la nullità del titolo su cui quell'addebito si basa e, di conseguenza, per ottenere una rettifica in suo favore delle risultanze del conto stesso e potrà farlo, ove al conto accede un'apertura di credito bancario, proprio allo scopo di recuperare una maggiore disponibilità di credito entro i limiti del fido concessogli cfr., anche nelle rispettive motivazioni, Cass., SU, n. 24418 del 2010 Cass. n. 798 del 2013 Cass. n. 7697 del 2023 . 3.4. Fermo quanto precede, la sentenza impugnata ha ritenuto necessaria - per la domanda di accertamento e rettifica del saldo predetto, il cui onere della prova era a carico esclusivo della parte attrice/appellante - la produzione oltre che del contratto della serie integrale degli estratti conto, sicché l'accertata loro incompletezza ha determinato il rigetto di quella domanda. 3.4.1. Orbene, osserva il Collegio che la giurisprudenza di legittimità ha avuto modo di affermare, ripetutamente, che, nell'ipotesi in cui come nella specie è il cliente ad agire nei confronti della banca per la rideterminazione del saldo del proprio conto corrente e la ripetizione di quel danaro dato alla banca dall'inizio del corrispondente rapporto fino alla sua cessazione sul presupposto di dedotte nullità di clausole del contratto di conto corrente relativa alla misura degli interessi ed al massimo scoperto, di applicazione di interessi in misura superiore a quella del tasso soglia dell'usura presunta come determinato in base alle disposizioni della L. n. 108 del 1996 , nonché di addebiti di danaro non previsti dal contratto, è il cliente medesimo che deve provare, innanzitutto mediante il deposito degli estratti di conto corrente, in applicazione dell' art. 2697 c.c. , la fondatezza dei fatti e delle domande di accertamento costituenti il presupposto anche dell'accoglimento della domanda di ripetizione di indebito oggettivo con la conseguenza che, in mancanza di taluni estratti di conto corrente, egli perde semplicemente la possibilità di dimostrare il fondamento della domanda di restituzione di danaro da lui dato alla banca per effetto di addebiti da questa operati nel solo periodo di tempo compreso fra l'inizio del rapporto e quello cui si riferiscono gli estratti di conto corrente depositati ben potendo il giudice accertare, di regola mediante consulenza tecnica d'ufficio, se vi siano addebiti alla banca non dovuti, secondo la prospettazione dell'attore, in quanto risultanti dagli estratti di conto da questi depositati cfr., anche nelle rispettive motivazioni, Cass. n. 35979 del 2022 Cass. n. 7697 del 2023 . 3.4.2. Tale affermazione costituisce esplicitazione del principio, affatto consolidato, secondo cui il correntista che agisca in giudizio per la rideterminazione del saldo del proprio conto corrente e/o per la ripetizione dalla banca dell'indebito è tenuto a fornire la prova sia degli avvenuti pagamenti che della mancanza, rispetto ad essi, di una valida causa debendi egli, quindi, ha l'onere di documentare l'andamento del rapporto con il deposito di tutti quegli estratti conto che evidenziano le singole rimesse suscettibili di ripetizione in quanto riferite a somme di danaro non dovute cfr. Cass. n. 7697 del 2023 Cass. n. 30822 del 2018 Cass. n. 24948 del 2017 Cass. n. 7501 del 2012 Cass. n. 3387 del 2001 Cass. n. 2334 del 1998 Cass. n. 7027 del 1997 Cass. n. 12897 del 1995 . 3.4.3. Questa Corte, dunque, è costante nell'affermare che, in fattispecie come quella oggi in esame, il mancato adempimento, da parte dell'attore correntista, all'onere di dare prova, mediante deposito degli estratti periodici di conto, tanto dei pagamenti che dell'assenza di valida causa debendi in riferimento ad un determinato periodo di durata del rapporto, non comporta punto che, per il periodo successivo, in cui i pagamenti risultano invece documentati da tali estratti il primo dei quali evidenziante un saldo a debito del cliente in riferimento al periodo precedente di svolgimento del rapporto non documentato , si debba partire da un saldo pari a zero sul semplice rilievo dell'artificiosa amputazione, priva di base normativa, dell'andamento di rapporto nel tempo effettivamente svoltosi dovendo, invece, il sollecitato accertamento del dare e dell'avere fra le parti del cessato rapporto essere effettuato dal giudice di merito partendo dal primo saldo a debito del cliente documentalmente riscontrato dall'attore ovvero dall'adempimento della banca a ordine di esibizione a lei impartito dal giudice di merito cfr. Cass. n. 11543 del 2019 Cass. n. 30822 del 2018 Cass. n. 28945 del 2017 Cass. n. 500 del 2017 . 3.3.4. Alla luce di quanto sin qui evidenziato, quindi, deve essere ribadito il principio di diritto già enunciato da Cass. n. 35979 del 2022 e ripreso, successivamente, da Cass. n. 7697 del 2023 , secondo cui, Nei rapporti di conto corrente bancario, il correntista che agisce in giudizio per la ripetizione dalla banca di danaro che afferma essere stato a costei indebitamente dato nel corso dell'intera durata del rapporto sul presupposto di dedotte nullità di clausole del contratto di conto corrente relative alla misura degli interessi e al massimo scoperto, di applicazione di interessi in misura superiore a quella del tasso soglia dell'usura presunta, per come determinato in base alle disposizioni della L. n. 108 del 1996 , nonché di addebiti di danaro non previsti dal contratto, è onerato della prova degli avvenuti pagamenti e della mancanza di una valida causa debendi mediante deposito degli estratti periodici di tale conto corrente riferiti all'intera durata del rapporto con la conseguenza che, qualora egli depositi solo alcuni di tali estratti periodici di conto corrente, egli, da un lato, non adempie a detto onere per la parte di rapporto non documentata e, dall'altro, l'omissione non costituisce fatto impediente il sollecitato accertamento giudiziale del dare e dell'avere fra le parti del cessato rapporto a partire dal primo saldo nella specie, a debito dal cliente documentalmente riscontrato . 3.3.5. A conclusioni sostanzialmente analoghe, del resto, è pervenuta anche la successiva Cass. n. 37800 del 2022 pure ribadita dalla già menzionata Cass. n. 7697 del 2023 , la quale ha puntualizzato, affatto opportunamente, che l'estratto conto, . , non costituisce l'unico mezzo di prova attraverso cui ricostruire le movimentazioni del rapporto. Esso consente di avere un appropriato riscontro dell'identità e della consistenza delle singole operazioni poste in atto e, tuttavia, in assenza di un indice normativo che autorizzi una diversa conclusione, non può escludersi che l'andamento del conto possa accertarsi avvalendosi di altri strumenti rappresentativi delle intercorse movimentazioni. In tal senso, a fronte della mancata acquisizione di una parte dei citati estratti, il giudice del merito potrebbe valorizzare, esemplificativamente, le contabili bancarie riferite alle singole operazioni o, a norma degli artt. 2709 e 2710 c.c. , le risultanze delle scritture contabili ma non l'estratto notarile delle stesse, da cui risulti il mero saldo del conto Cass. 10 maggio 2007, n. 10692 e Cass. 25 novembre 2010, n. 23974 e, per far fronte alla necessità di elaborazione di tali dati, quello stesso giudice può avvalersi di un consulente d'ufficio, essendo sicuramente consentito svolgere un accertamento tecnico contabile al fine di rideterminare il saldo del conto in base a quanto comunque emergente dai documenti prodotti in giudizio Cass. 1 giugno 2018, n. 14074 , ove il richiamo a Cass. 15 marzo 2016, n. 5091 nel medesimo senso, Cass. 3 dicembre 2018, n. 31187 v. altresì Cass. 2 maggio 2019, n. 11543 . Rilevano, altresì, la condotta processuale della controparte ed ogni altro elemento idoneo a costituire argomento di prova, ai sensi dell' art. 116 c.p.c. . Ne deriva che l'incompletezza della serie degli estratti conto si ripercuote comunque sul cliente, gravato dall'onere della prova degli indebiti pagamenti in quanto, a quel punto, si comincia volta a volta dal saldo a debito , risultante dal primo estratto conto disponibile o da quelli intermedi dopo intervalli non coperti oppure, ove lo deduca la stessa banca, si potrà partire dal cd. saldo zero . In mancanza di elementi nei due sensi indicati, dovrà assumersi, come dato di partenza per la rielaborazione delle successive operazioni documentate, il predetto saldo iniziale degli estratti conto acquisiti al giudizio, che, nel quadro delle risultanze di causa, è il dato più sfavorevole allo stesso attore . 3.4. Alla stregua dei principi tutti fin qui esposti, ne deriva, allora, che, nella specie, sebbene la ripartizione dell'onere probatorio come effettuata dalla corte di merito sia stata conforme alla descritta giurisprudenza di legittimità, non altrettanto è a dirsi quanto alla sua conclusione circa la ritenuta necessità, per la domanda di accertamento e rideterminazione dei saldi, della produzione del contratto di conto corrente e della serie integrale degli estratti conto, diversamente non potendosi addivenire ad una tale rideterminazione. 3.4.1. In parte qua, invero, la decisione si rivela non coerente, oltre che con il ribadito principio enunciato al precedente p. 3.3.4., come opportunamente e complessivamente puntualizzato da Cass. n. 37800 del 2022 , richiamata nel successivo p. 3.3.5, anche con quanto sancito, con specifico riferimento alle conseguenze dell'omessa produzione del contratto di conto corrente, dalla recente Cass. n. 9213 del 2023 alla cui motivazione, per la parte qui di interesse, può farsi rinvio ex art. 118 disp. att. c.p.c. , la quale, riaffermato che deve ritenersi gravante sull'attore, che agisca per l'accertamento del corretto saldo di un conto corrente e per la restituzione di quanto versato in forza di clausole comunque invalide, la prova dell'inesistenza di una giusta causa dell'attribuzione patrimoniale compiuta in favore del convenuto, ancorché si tratti di prova di un fatto negativo, ha rimarcato che, nelle azioni suddette, colui che agisce allega la dazione senza causa di una somma di danaro non come adempimento di un negozio giuridico ma come spostamento patrimoniale privo di causa, sicché può assolvere l'onere della prova di questo fatto al di fuori dei limiti probatori previsti per i contratti, atteso che detti limiti sono applicabili solo al pagamento dedotto come manifestazione di volontà negoziale e non a quello prospettato come fatto materiale estraneo alla esecuzione di uno specifico rapporto giuridico. Invero, secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa Corte, i limiti legali di prova di un contratto per il quale sia richiesta la forma scritta ad substantiam o ad probationem - così come i limiti di valore previsti dall' art. 2721 c.c. per la prova testimoniale - operano esclusivamente quando il suddetto contratto sia invocato in giudizio come fonte di reciproci diritti ed obblighi tra le parti contraenti, e non anche quando se ne evochi l'esistenza come semplice fatto storico influente sulla decisione del processo cfr. Cass. n. 5880 del 2021 Cass. n. 3336 del 2015 Cass. n. 566 del 2001 , vieppiù allorquando, come concretamente accaduto nella odierna fattispecie, venga prospettata la mancata stipulazione ab origine di qualsivoglia specifica pattuizione circa la debenza di interessi ultralegali per quelli anatocistici, invece, varrebbe comunque la disciplina di cui all' art. 1283 c.c. , come interpretato, in ambito di conto corrente bancario, dall'ormai consolidatasi giurisprudenza di legittimità tra le parti in lite . 3.5. Pertanto, il descritto convincimento ed i principi giurisprudenziali di cui si è precedentemente dato conto - che questo Collegio condivide ed intende ribadire - sono idonei, di per sé stessi, a giustificare l'accoglimento del motivo in esame, atteso che, come si è già riferito, la corte territoriale ha sostanzialmente disatteso la domanda della Zincometal s.r.l. in liquidazione di rideterminazione del saldo del conto corrente n. Omissis , previa eliminazione del solo anatocismo, sul presupposto della mancata produzione, da parte di quest'ultima, del relativo contratto che, tuttavia, essendo anteriore alla Delib. C.I.C.R. 9 febbraio 2000, mai avrebbe potuto giustificare una deroga pattizia al divieto di cui all' art. 1283 c.c. e di parte dei suoi estratti conto. 4. In definitiva, quindi, il ricorso proposto dalla menzionata società deve essere accolto in relazione al suo secondo motivo, respinto il primo, e la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio della causa Corte di appello di Cagliari, in diversa composizione, per il corrispondente nuovo esame e per la regolazione delle spese di questo giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso della Zincometal s.r.l. in liquidazione, respingendone il primo. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di appello di Cagliari, in diversa composizione, per il corrispondente nuovo esame e per la regolazione delle spese di questo giudizio di legittimità.