Ruba un cellulare e una bici fuori dalla struttura sportiva: riconosciuta l’aggravante dell’esposizione alla pubblica fede

I Giudici rendono definitiva la condanna per l’uomo finito sotto processo dopo avere provato inutilmente a rubare un cellulare e una bici. Impossibile parlare di furto solo tentato, poiché i beni sono usciti, seppur solo per poco tempo, dalla disponibilità del legittimo proprietario.

Confermata anche l’aggravante della esposizione dei beni alla pubblica fede. Ciò grazie al riferimento alla nozione di consuetudine corrispondente alla pratica di fatto, rientrante negli usi e nelle abitudini sociali di un determinato luogo, di lasciare incustodite certe cose in determinate circostanze. Condanna più severa per il ladro che prova - senza esito positivo, alla fine - a sfruttare la passione sportiva e l’ingenuità del ragazzino che, una volta arrivato al campo da calcio, lascia appoggiati fuori lo zaino e la bici per corre prontamente sul terreno di gioco. Il ladro ha, difatti, dapprima prelevato dallo zaino un cellulare, che poi è stato costretto a restituire, e successivamente ha anche provato a darsi alla fuga con la bici, venendo, però, rapidamente bloccato anche in questo caso. Scenario della vicenda oggetto del processo è la provincia umbra. A finire sotto processo è un uomo, accusato di due episodi di furto, ai danni della stessa persona, messi a segno solo per poco tempo e, comunque, nel breve volgere di qualche minuto. Vittima è un ragazzino che non ha neanche 18 anni e che ingenuamente ha lasciato fuori dalla struttura dove si era recato per giocare a calcio uno zaino contenente anche il cellulare preda del ladro e una bicicletta, anch’essa prelevata in modo rapace dal ladro. I dettagli sono inequivocabili, secondo i giudici d’Appello, i quali sanciscono la condanna dell’uomo sotto processo, sanzionandolo con diciotto mesi di reclusione e 200 euro di multa. Di parere opposto, ovviamente, l’avvocato che rappresenta l’uomo sotto accusa e che sostiene, innanzitutto, si debba parlare di mero «tentativo di furto» poiché «il cellulare e della bici sono stati immediatamente recuperati» dal legittimo proprietario. Allo stesso tempo, il legale ritiene non si possa riconoscere, in questo specifico caso, «la circostanza aggravante dell'esposizione alla pubblica fede, in quanto la persona offesa ha abbandonato i beni - telefono cellulare in uno zaino a bordo campo prima di giocare a calcio e bicicletta, appoggiata ad un muro, immediatamente fuori dal campo - in assenza di minimali presidi di sicurezza e comunque li ha lasciati alla mercè di terzi, al di fuori di ogni consuetudine di vita». Per i Giudici di Cassazione, però, checché ne dica la difesa, non ci sono dubbi sulla valutazione da dare alle condotte tenute dall’uomo sotto processo. In prima battuta, viene ricordato che «in tema di furto, ai fini dell'impossessamento e della sottrazione di un bene è sufficiente che esso sia passato - anche per breve tempo e nello stesso luogo in cui la sottrazione si è verificata - sotto il dominio esclusivo del soggetto non proprietario». Ebbene, alla luce di questa prospettiva, va tenuto presente, aggiungono i Giudici, che nella vicenda oggetto del processo «l’uomo sotto processo si è impadronito - prima - del telefono cellulare, che ha custodito per un certo tratto sulla propria persona e quando si era già allontanato dal luogo dell’asportazione, estraendolo dalla tasca solo dopo essere stato scoperto dalla vittima, che lo ha indotto a restituirlo, e -dopo - ha asportato, dandosi con essa alla fuga, la bicicletta della persona offesa». In entrambi i casi, quindi, «l’uomo sotto processo ha acquisito piena signoria sulle cose sottratte, il cui successivo recupero» da parte del legittimo proprietario «non ha influito sull’avvenuta consumazione dei furti». Per quanto concerne la questione della esposizione dei beni alla pubblica fede, i Giudici richiamano quella che è l’interpretazione tradizionale, secondo cui «il fondamento giuridico della più profonda tutela delle cose esposte per necessità o per consuetudine o per destinazione alla pubblica fede è rappresentato proprio dall’allentamento della custodia da parte del proprietario, che, in determinate situazioni, è obbligato o quantomeno facoltizzato a sostituire l’apprestamento di presidi individuali con il diritto di confidare nel senso di rispetto da parte degli altri consociati». Difatti, «la pubblica fede, nell’evocare il principio dell’affidamento posto nei terzi a che sia rispettato il diritto di proprietà o il possesso di un bene, rappresenta esplicazione del più generale principio di buonafede e di correttezza nei rapporti giuridici tra privati e non è tanto rivolto a vincolare chi ne sia titolare ad una sempre più scrupolosa attivazione di meccanismi di vigilanza sulla cosa, quanto - piuttosto - ad imporre agli altri il dovere di non profittare indebitamente di una più agevole possibilità di sottrazione, determinata proprio da un’assenza di custodia generalmente giustificata dal contesto». Passando dalla teoria alla pratica, ossia alla vicenda oggetto del processo, i Giudici ritengono corretto applicare «l’aggravante della esposizione alla pubblica fede» ad entrambi «i furti in sequenza», essendo logico il riferimento alla «nozione di consuetudine corrispondente alla pratica di fatto, rientrante negli usi e nelle abitudini sociali di un determinato luogo, di lasciare incustodite certe cose in determinate circostanze». E con tale scenario «sono pienamente compatibili la collocazione ai margini del campo di calcio dello zaino, contenente gli effetti personali necessari, tra cui il telefono cellulare, prima di giocare con gli amici, e la sistemazione temporanea della bicicletta, usata per recarvisi, fuori dal perimetro dell’area sportiva».

Presidente De Marzo – Relatore Masini Ritenuto in fatto La sentenza impugnata è della Corte d'appello di Perugia del 14 marzo 2022, che - in riforma della sentenza assolutoria del tribunale monocratico di Terni e sull'appello del Procuratore Generale della Repubblica - ha condannato B.G. alla pena di anni uno, mesi sei di reclusione ed Euro 200 di multa per due episodi di furto aggravato, ritenuta la continuazione ed applicato l'aumento per la recidiva specifica, reiterata, infraquinquennale a lui contestata. Avverso detta sentenza ha promosso ricorso per cassazione il B., che ha articolato sette motivi di ricorso, qui enunciati nei limiti di cui all'articolo 173 disp. att. c.p.p. 1. Il primo motivo si duole dell'inosservanza della legge penale, dell'inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità e del vizio di motivazione per violazione del principio di correlazione tra l'accusa e la sentenza, a causa della indicazione di una circostanza aggravante diversa - e ritenuta contestata in fatto - rispetto a quella formalmente contestata di cui all'articolo 625, comma 1, numero 2, c.p. la Corte d'appello avrebbe condannato il B. per furto aggravato dall'esposizione della cosa alla pubblica fede, circostanza non espressamente contestata e, dunque, in violazione del diritto di difesa del ricorrente. 2. Il secondo motivo lamenta inosservanza della legge penale e vizio di motivazione, per mancata derubricazione della condotta contestata nei due capi d'imputazione come furto tentato anziché consumato, in quanto la persona offesa, F.L., non avrebbe mai perso la disponibilità di fatto del proprio telefono cellulare e della bicicletta, immediatamente recuperati. 3. Il terzo motivo lamenta violazione di legge penale e vizio di motivazione per l'insussistenza della circostanza aggravante dell'esposizione alla pubblica fede, in quanto la persona offesa avrebbe abbandonato i beni - telefono cellulare in uno zaino a bordo campo prima di giocare a calcio e bicicletta, appoggiata ad un muro, immediatamente fuori dal campo - in assenza di minimali presidi di sicurezza e comunque li avrebbe lasciati alla mercè di terzi al di fuori di ogni consuetudine di vita. 4. Il quarto motivo lamenta vizi motivazionali e violazione di legge, rilevando che sarebbe sufficiente la prova dell'attribuibilità dei fatti all'imputato, ritenuto responsabile dei reati sulla scorta di un riconoscimento fallace, tramite la consultazione dei socia/ network. 5. Il quinto motivo invoca, in relazione alla violazione di legge e al vizio di motivazione, la mancata applicazione della condizione di non punibilità di cui all'articolo 131 bis c.p 6. Il sesto motivo si duole, sempre in relazione ai medesimi vizi, del mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, che avrebbero potuto essere concesse per la non grave connotazione dei reati e per il buon comportamento, anche processuale, del B. 7. L'ultimo motivo - rimarcando il vizio di violazione di legge e quello di motivazione - si concentra sul mancato riconoscimento del beneficio della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale. In ultimo, in calce ai motivi di ricorso, la difesa del ricorrente ha dichiarato di reiterare la eccezione di tardività ed inammissibilità dell'appello proposto dalla Procura Generale presso la Corte d'appello di Perugia, con ogni conseguenza . 8. Il procedimento è stato trattato in forma cartolare, ai sensi dell'articolo 23, comma 8, D.L. numero 137 del 2020, convertito con modificazioni dalla L. 18 dicembre 2020, numero 176, e dell'articolo 16, comma 1, D.L. 30 dicembre 2021, numero 228, convertito dalla L. 25 febbraio 2022, numero 15. Il Procuratore Generale della Corte di Cassazione, Dott.ssa Kate Tassone ha depositato conclusioni scritte, con cui ha chiesto, in relazione ai motivi di ricorso nnumero 1, 2, 3 e 7, annullamento con rinvio della sentenza impugnata. 9. Il difensore dell'imputato ha fatto pervenire una memoria difensiva con cui ha insistito per l'accoglimento del ricorso. Considerato in diritto 1. Il motivo di impugnazione, posposto alla struttura espositiva dei singoli motivi di censura relativo ad una presunta tardività e dunque inammissibilità del gravame promosso dal Procuratore generale avverso la sentenza di primo grado - presta il fianco, in primo luogo, ad un evidente difetto di specificità, in quanto limitato al richiamo lapidario dell'identica eccezione sollevata nel giudizio d'appello, disattesa dalla Corte territoriale. L'appello proposto dal Procuratore Generale è comunque ammissibile e tempestivo, in quanto presentato il 31 luglio 2018 - tale è la data di spedizione della raccomandata, contenente l'atto di gravame, trasmessa al Tribunale di Terni, nel rispetto dell'articolo 583, comma 2, c.p.p. all'epoca vigente - ovvero entro i quindici giorni previsti dalla legge, decorrenti dalla data di comunicazione dell'avviso di deposito della sentenza di primo grado - depositata dal giudice in udienza, con motivi contestuali - al Procuratore Generale presso la Corte d'appello di Perugia, avvenuta il 16 luglio 2018, mediante posta elettronica certificata articolo 585, comma 1, lett. a e comma 2, lett. d , c.p.p. . La questione è dunque anche manifestamente infondata. 2. Il primo motivo di ricorso è generico e manifestamente infondato. L'aggravante dell'esposizione alla pubblica fede è stata contestata espressamente e chiaramente nei due capi d'imputazione con aggravante del fatto commesso su cose esposte per necessità e consuetudine a pubblica fede , formalizzati sin dal processo di primo grado a carico dell'imputato. Tanto esclude qualsiasi equivoco derivante dal formale richiamo che, invece, ha svolto la contestazione all'articolo 625, comma 1, numero 2, c.p., trattandosi di un mero errore materiale nell'indicazione dell'articolo di legge. È giurisprudenza consolidata della Corte di Cassazione che in tema di contestazione dell'accusa, si deve avere riguardo alla specificazione del fatto più che all'indicazione delle norme di legge violate, per cui ove il fatto sia descritto in modo puntuale, la mancata o erronea individuazione degli articoli di legge violati è irrilevante e non determina nullità, salvo che non si traduca in una compressione dell'esercizio del diritto di difesa v., di recente, Sez. 1, numero 30141 del 5/4/2019, Poltrone, Rv. 276602 . Sicché - avuto riguardo al tenore testuale dell'imputazione - deve anche ritenersi che sia stato puntualmente rispettato il canone della prevedibilità della contestazione, tratto dalla giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell'uomo sin dal caso Drassich contro Italia del 11 dicembre 2007, nel senso che la decisione non venga adottata a sorpresa , senza consentire alla difesa dell'imputato di interloquire sulla questione, perché non altrimenti conosciuta nè prevedibile, nonché di esercitare eventualmente, a riguardo, i diritti difensivi derivanti dal profilo di novità così introdotto tra le molte, Sez. U numero 31617 del 26/06/15, Lucci, Rv. 264438 Sez. 6, numero 422 del 19/11/2019, Petittoni Charly, Rv. 278093 Sez. 2, numero 15585 del 23/02/2021, Casamonica, Rv. 28118 . Nè il ricorrente ha specificamente indicato, sul punto, quali facoltà difensive egli non avrebbe potuto legittimamente esercitare nel corso del processo. 3. Il secondo motivo è manifestamente infondato. In tema di furto, ai fini dell'impossessamento e della sottrazione è sufficiente che la cosa sottratta sia passata - anche per breve tempo e nello stesso luogo in cui la sottrazione si è verificata - sotto il dominio esclusivo dell'agente Sez. 2 numero 9446 del 1/6/1989, Secchi, Rv. 184768 più di recente, Sez. 5 numero 36022 del 14/07/2022, Borisov, Rv. 283649 - 0 . B. si è impadronito - prima - del telefono cellulare, che ha custodito per un certo tratto sulla persona e quando si era già allontanato dal luogo dell'asportazione, estraendolo dalla tasca solo dopo essere stato scoperto dalla vittima, che lo ha indotto a restituirlo e dopo - ha asportato, dandosi con essa alla fuga, la bicicletta della persona offesa. In entrambi i casi egli ha fuor di dubbio acquisito piena signoria sulle cose sottratte, il cui successivo recupero non ha influito sull'avvenuta consumazione dei furti. 4. Il terzo motivo è infondato. Va premesso che nel fascicolo processuale vi è denuncia-querela presentata dal genitore del minore cui i beni erano stati sottratti, a sua volta presente alla redazione dell'atto. Il collegio ritiene di condividere, in tema di sussistenza della circostanza aggravante dell'esposizione alla pubblica fede, l'interpretazione tradizionale, secondo la quale il fondamento giuridico della più profonda tutela delle cose esposte per necessità o per consuetudine o per destinazione alla pubblica fede è rappresentato proprio dall'allentamento della custodia da parte del proprietario, che, in determinate situazioni, è obbligato o quantomeno facoltizzato a sostituire l'apprestamento di presidi individuali con il diritto di confidare nel senso di rispetto da parte degli altri consociati. La pubblica fede , nell'evocare il principio dell'affidamento posto nei terzi a che sia rispettato il diritto di proprietà o il possesso di un bene, rappresenta esplicazione del più generale principio di buona fede e di correttezza nei rapporti giuridici tra privati e non è tanto rivolto a vincolare chi ne sia titolare ad una sempre più scrupolosa attivazione di meccanismi di vigilanza sulla cosa o di assicurazione della cosa, quanto - piuttosto - ad imporre agli altri il dovere di non profittare indebitamente di una più agevole possibilità di sottrazione, determinata proprio da un'assenza di custodia generalmente giustificata dal contesto. Ed è sulla base di tale ratio, incentrata su quel senso del rispetto da parte di terzi e sul senso di affidamento verso la proprietà altrui su quest'ultimo punto, cfr. Cass. Sez. 4, numero 12196 del 11/01/2017, Cuomo, Rv.269393 , che si ritiene di convenire con l'opzione della Corte territoriale, la quale, nell'applicare ai due furti in sequenza l'aggravante di cui all'articolo 625, comma 1, numero 7, c.p., si è evidentemente riferita a una nozione di consuetudine rilevante per il caso di specie - corrispondente alla pratica di fatto, rientrante negli usi e nelle abitudini sociali di un determinato luogo, di lasciare incustodite certe cose in determinate circostanze Sez. 2, numero 12014 del 21/04/1976, Rv. 134784 - 01 recentemente, sez. 5, numero 37288 del 07/072022, Tripodo, non massimata e con tale scenario sono pienamente compatibili la collocazione ai margini del campo di calcio dello zaino, contenente gli effetti personali necessari, tra cui il telefono cellulare, prima di giocare con gli amici, e la sistemazione temporanea della bicicletta, usata per recarvisi, fuori dal perimetro dell'area sportiva. 5. Il quarto motivo è generico e comunque manifestamente infondato. La Corte territoriale ha esplicitato, con motivazione lineare e immune da censure, le ragioni che consentono, oltre ogni ragionevole dubbio, di attribuire all'imputato la responsabilità dei reati commessi. La persona offesa ha visto bene, in viso, a breve distanza e per un tempo apprezzabile, l'autore del furto, di cui - in un secondo tempo, tramite confidenze di conoscenti - ha appreso il probabile cognome, B. , soggetto del resto noto nella collettività del luogo perché aduso a commettere reati contro il patrimonio navigando sul web, ne ha tratto il profilo social e lo ha riconosciuto senza esitazioni. Solo congetturali ed esplorativi appaiono i rilievi, formulati nel ricorso, in ordine ad un eventuale furto d'identità che l'imputato potrebbe aver subito nella esposizione del profilo Facebook nè rileva che gli amici della persona offesa, che avrebbero informato quest'ultima delle probabili generalità del responsabile dei furti, non siano stati sentiti nel corso del processo, perché, per un verso, sarebbe stato onere della parte, trattandosi di testimoni di riferimento, richiederne la citazione, senza che la loro mancata audizione possa influire sull'utilizzabilità delle dichiarazioni del teste de relato per tutte, Sez. 6, numero 12982 del 20/2/2020, L., Rv. 279259 e perché, per altro verso, la loro testimonianza è superflua in quanto deve ritenersi superata dal riconoscimento fotografico effettuato, in termini di certezza, dalla persona offesa. 6. Il quinto motivo di ricorso è dedotto in modo del tutto generico e si palesa comunque manifestamente infondato. Secondo la giurisprudenza di questa Corte ai fini dell'applicabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall'articolo 131-bis c.p., il giudizio sulla tenuità dell'offesa dev'essere effettuato con riferimento ai criteri di cui all'articolo 133, comma 1, c.p., ma non è necessaria la disamina di tutti gli elementi di valutazione previsti, essendo sufficiente l'indicazione di quelli ritenuti rilevanti sez. 6, numero 55107 del 8/11/18, Milone, Rv. 274647 Sez. 7, numero 10481 del 2022, Deplano, Rv. 283044 . Ebbene, il fatto è stato razionalmente ritenuto dalla Corte territoriale come di discreta gravità, perché sono stati perpetrati due furti in rapida successione, l'imputato si è dato alla fuga dopo essersi sottratto alla vittima, non senza intimidirla con il lancio di uno zaino contro un ostacolo fisso B., inoltre, è persona pregiudicata anche per delitto specifico. 7. Il sesto motivo di ricorso, che contesta la mancata applicazione delle circostanze attenuanti generiche, non è consentito in sede di legittimità ed è manifestamente infondato in presenza si vedano pag. 7 e 8 della sentenza impugnata di una motivazione esente da evidenti illogicità, anche considerato il principio affermato da questa Corte, secondo cui non è necessario che il giudice di merito, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione Sez. 2, numero 3609 del 18/01/2011, Sermone, Rv. 249163 Sez. 6, numero 34364 del 16/06/2010, Giovane, Rv. 248244 . 8. Il settimo motivo è manifestamente infondato, in quanto, in disparte la stessa genericità della richiesta rivolta alla Corte territoriale, la pronuncia di diniego del beneficio previsto dall'articolo 175 c.p. è argomentata implicitamente attraverso la motivazione con cui il giudice ritiene di dover applicare la recidiva contestata all'imputato, dal momento che il legislatore fa dipendere la concessione della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale dalla valutazione degli elementi indicati dall'articolo 133 c.p. Sez. 3, numero 19648 del 27/02/2019, Pescoller Andreas, Rv. 275748 sez. 2, numero 11992 del 18/02/2020, Nether, Rv. 278572 . 9. Al rigetto del ricorso consegue, ai sensi dell'articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.