Automobilista in retromarcia colpisce un pedone che cade a terra e muore: è omicidio colposo

Impossibile ridimensionare la gravità del comportamento superficiale tenuto dalla conducente. Irrilevante il riferimento al fatto che l’anziana signora abbia attraversato la strada fuori dalle strisce pedonali e sia spuntata all’improvviso dietro al veicolo in marcia.

Automobilista colpevole se effettua con superficialità la manovra di retromarcia e così centra un pedone che attraversa la strada e lo fa cadere, dando così il via alla catena di eventi che ne causa la morte. Impossibile ridimensionare l’addebito mosso all’automobilista, pur essendo emerso che il pedone aveva attraversato fuori dalle strisce e che la vettura procedeva a velocità ridotta. Scenario del tragico episodio è la provincia emiliana. A finire sotto accusa è una donna che, alla guida della propria vettura, ha compiuto un’azzardata manovra di retromarcia e ha centrato un’anziana signora che, per questo, è finita rovinosamente a terra, riportando lesioni che ne hanno poi provocato la morte. Ricostruiti i fatti in dettaglio, l’automobilista viene condannata, sia in primo che in secondo grado, per il reato di omicidio colposo ai danni di una anziana signora che attraversava la sede stradale transitando dietro il veicolo che, impegnato in una manovra di retromarcia , colpiva la donna provocandone la caduta in terra, caduta da cui derivavano lesioni personali cui conseguiva la morte . All’automobilista viene contestato di avere agito con imprudenza e negligenza, omettendo di sincerarsi della presenza di pedoni che interferissero con la manovra di retromarcia e di non avere adottato le cautele necessarie atte a prevenire l’interferenza potenzialmente pericolosa da parte di pedoni o anche di altri veicoli. Nello specifico, i giudici di Appello evidenziano i profili di colpa nella condotta di guida della conducente, la quale avrebbe dovuto monitorare attentamente l’eventuale passaggio di pedoni dietro il proprio veicolo, anche mediante l’impiego degli specchietti retrovisori laterali e l’assistenza del passeggero . Irrilevante, poi, il riferimento alla abnormità della condotta del pedone e alla brevità del tempo a disposizione della conducente per evitare la collisione . Su questi fronti, difatti, i giudici osservano che l’attraversamento da parte del pedone non era stato improvviso ma, al contrario, pure in ragione dell’età della anziana poi deceduta, l’automobilista aveva avuto sufficiente tempo per evitare la collisione , anche perché il pedone era rimasto nel campo visivo della conducente per alcuni secondi ed ella avrebbe avuto perciò la possibilità di arrestare la marcia del veicolo con ampio anticipo . Col ricorso in Cassazione il legale che rappresenta l’automobilista sotto accusa sostiene che la sua cliente aveva mantenuto una accorta condotta di guida, sia in ragione della velocità a passo d’uomo mantenuta, sia per avere fatto uso degli specchietti retrovisori e per essersi voltata per assicurarsi che l’area alle sue spalle fosse libera da pedoni e aggiunge poi che l’incidente era dipeso dal fatto che l’anziana signora era comparsa all’improvviso dietro al veicolo, fuoriuscendo dall’ingombro rappresentato dalla presenza di altri autoveicoli in sosta . In sostanza, secondo il legale l’impatto tra la vettura e il pedone non era comunque evitabile, in ragione dei limitati spazi di arresto per la conducente del veicolo . In ultima battuta, infine, il legale ritiene non sia addebitabile alla sua cliente il reato di omicidio colposo, poiché la morte del pedone era stata conseguenza della caduta a terra, dopo avere urtato con la parte posteriore del veicolo, caduta che non era evitabile da parte dell’automobilista. Alle obiezioni difensive i Giudici di Cassazione ribattono ricordando, innanzitutto, che la manovra di retromarcia determina una situazione di speciale pericolosità e osservando che, nell’episodio oggetto del processo, la automobilista aveva omesso di eseguire la manovra con massima attenzione e cautela, tenuto conto del fatto che la visuale le era in parte ostruita dalla presenza di altri veicoli . Inoltre, l’avvicinamento del pedone si era realizzato con una andatura lenta, che avrebbe consentito alla conducente, qualora avesse mantenuto un costante monitoraggio della sede stradale alle sue spalle, ovvero se si fosse fatta coadiuvare nella suddetta manovra, di evitare il contatto con l’anziana , aggiungono i Giudici. Impossibile, poi, fare riferimento al comportamento del pedone per mettere in dubbio l’accusa a carico della automobilista. Su questo fronte i Giudici ricordano che in tema di omicidio colposo, per escludere la responsabilità del conducente per l’investimento di un pedone è necessario che la condotta di quest’ultimo si ponga come causa eccezionale ed atipica, imprevista e imprevedibile, dell’evento, e che sia stata da sola sufficiente a produrlo . Invece, nell’episodio oggetto del processo non vi sono i presupposti, secondo i Giudici, per riconoscere la repentinità e la assoluta imprevedibilità della condotta della persona offesa , la quale percorreva, pur muovendosi al di fuori di un attraversamento pedonale, un tratto stradale ampio, posto al centro dell’area cittadina in pieno giorno . E in questo contesto la ricorrenza di coni d’ombra lungo la direttrice dell’incrocio avrebbe imposto un monitoraggio ancora più attento e accurato della sede stradale da parte della conducente , aggiungono ancora i Giudici. Nessun dubbio, quindi, sulla condanna della automobilista. A questo proposito, poi, la circostanza che il decesso della anziana sia derivato dalla caduta a terra piuttosto che dall’urto diretto con la parte posteriore del veicolo risulta elemento del tutto neutro ai fini del decorso causale, tenuto conto che l’urto ci fu e non fu particolarmente violento ma, in ogni caso, fu idoneo a determinare la perdita di equilibrio del pedone e la conseguente caduta in terra con lesioni tali da provocarne infine il decesso.

Presidente Ciampi – Relatore Bellini Ritenuto in fatto 1.L.G. ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello di Bologna che ha confermato la decisione del Tribunale di Bologna che la aveva riconosciuta colpevole del reato di omicidio colposo ai danni di anziana pedone che attraversava la sede stradale transitando dietro il veicolo della imputata impegnata in manovra di retromarcia, provocandone la caduta in terra da cui derivavano lesioni personali cui conseguiva la morte. 2. All'imputata veniva contestata la colpa generica e la violazione dell' art. 191 comma 3 C.d.S. per avere agito con imprudenza e negligenza, omettendo di sincerarsi della presenza di pedoni che interferissero con la manovra di retromarcia e di non avere adottato le cautele necessarie atte a prevenire la suddetta interferenza. 3. La Corte di appello riconosceva profili di colpa nella condotta di guida della conducente la quale avrebbe dovuto monitorare attentamente l'eventuale passaggio di pedoni dietro il proprio veicolo, anche mediante l'impiego degli specchietti retrovisori laterali e l'assistenza del passeggero ed escludeva che ricorressero profili di interruzione del rapporto di causalità in ragione della abnormità della condotta del pedone e in ragione della brevità del tempo a disposizione del conducente per evitare la collisione. In particolare, assumeva che l'attraversamento non era stato improvviso ma che, al contrario, anche in ragione dell'età della persona offesa, l'imputata aveva avuto sufficiente tempo per evitare la collisione. Sul punto riconosceva la implausibilità del ragionamento del perito, che aveva ipotizzato che l'urto si sarebbe comunque verificato anche a fronte di una condotta di guida più consona e di una velocità di marcia inferiore, in ragione degli esigui spazi-tempi di avvistamento, rilevando che il pedone era rimasto nel campo visivo del conducente per alcuni secondi e che questo avrebbe avuto la possibilità di arrestare la marcia del veicolo con ampio anticipo. 4. Avverso la suddetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la difesa della L. articolando due motivi di ricorso. Con il primo deduce difetto di motivazione in ordine al riconoscimento di profili di colpa per non avere il conducente operato la manovra di retromarcia con accortezza e mantenendo un costante monitoraggio dell'area alle sue spalle. Assume la difesa ricorrente che la ricorrente aveva mantenuto una condotta di guida del tutto accorta, sia in ragione della velocità a passo d'uomo mantenuta, sia per avere fatto uso degli specchietti retrovisori e per essersi voltata per assicurarsi che l'area alle sue spalle fosse libera da pedoni, ma che l'interferenza era dipesa dal fatto che la donna era comparsa all'improvviso dietro al veicolo dalla stessa condotto, fuoriuscendo dall'ingombro rappresentato dalla presenza di altri autoveicoli in sosta. 4.1 Con una ulteriore articolazione assume difetto di motivazione in ordine al riconoscimento del rapporto di causalità materiale, laddove era emerso che la morte del pedone era conseguenza della caduta a terra, dopo avere urtato con la parte posteriore del veicolo, caduta che, secondo le conclusioni peritali non era comunque evitabile in ragione dei limitati spazi di arresto per il conducente del veicolo. Considerato in diritto 1.I motivi di ricorso sono manifestamente infondati in quanto generici e privi di confronto con gli argomenti della sentenza impugnata, del tutto carenti di analisi censoria in relazione agli argomenti sviluppati nella sentenza di appello sez.U, n. 8825 del 27/10/2016, Galtelli . La sentenza si presenta lineare e congrua, non presenta contraddizioni evidenti e pertanto non si presta di essere sottoposta al sindacato di legittimità, a fronte di argomenti di impugnazione del tutto generici e acritici. 2. Il giudice distrettuale ha in particolare evidenziato, con corretto e lineare ragionamento logico giuridico, che la manovra di retromarcia determina una situazione di speciale pericolosità e che la ricorrente aveva omesso di eseguirla con massima attenzione e cautela, tenuto conto del fatto che la visuale le era in parte ostruita dalla presenza di altri veicoli, ma che l'avvicinamento del pedone si era realizzato con una andatura lenta che avrebbe consentito al conducente, qualora avesse mantenuto un costante monitoraggio della sede stradale alle sue spalle, ovvero se si fosse fatta coadiuvare nella suddetta manovra, di evitare il contatto con l'anziana donna sez.4, n. 8591 del 7/11/2017, Carbone, Rv.272485 . In tema di omicidio colposo, per escludere la responsabilità del conducente per l'investimento del pedone è necessario che la condotta di quest'ultimo si ponga come causa eccezionale ed atipica, imprevista e imprevedibile, dell'evento, che sia stata da sola sufficiente a produrlo sez.4, n. 37622 del 30/09/2021, Landi, Rv.281920 . La Corte di appello ha logicamente rappresentato come nella specie non ricorressero i presupposti per riconoscere la repentinità e la assoluta imprevedibilità della condotta della persona offesa la quale, pur muovendosi al di fuori di un attraversamento pedonale, attraversava un tratto stradale ampio, posto al centro dell'area cittadina in pieno giorno e che la ricorrenza di coni d'ombra lungo la direttrice dell'incrocio avrebbe imposto un monitoraggio ancora più attento e accurato della sede stradale da parte del conducente. 3. A fronte di tali considerazioni, si appalesa manifestamente infondata anche la seconda articolazione che afferisce alla sussistenza del rapporto di causalità laddove, una volta esclusa la causa indipendente, da solo sufficiente a determinare l'evento, in considerazione della assenza di eccezionalità nell'attraversamento del pedone, la circostanza che il decesso della donna sia derivato dalla caduta a terra piuttosto che dall'urto diretto con la parte posteriore del veicolo, risulta elemento del tutto neutro ai fini del decorso causale, tenuto conto che l'urto ci fu e non fu particolarmente violento ma, in ogni caso idoneo a determinare la perdita di equilibrio del pedone e la conseguente caduta in terra. 4. Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell' art. 616 c.p.p. , non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000 , alla condanna di parte ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.