La decadenza di cui all'articolo 25 d.P.R. numero 602/1973 non ha valenza generale, potendo essa trovare applicazione soltanto in relazione alle pretese erariali e non già in ogni ipotesi di riscossione a mezzo ruolo.
Nel 2019 Equitalia Giustizia S.p.A. notifica una cartella esattoriale per spese di giustizia derivanti da un procedimento penale. Il Tribunale adito accoglie l'opposizione e annulla l'atto per intervenuta decadenza, mentre la Corte di Appello, riformando la pronuncia di prime cure, rigetta le doglianze, ritenendo non applicabili né l'articolo 25 d.P.R. 29 settembre 1973, numero 602, né l'articolo 227-ter, d.P.R. 30 maggio 2002, numero 115. Nell'ordinanza numero 12614/2023 la Terza Sezione Civile della Corte di Cassazione ritiene che non sussista la violazione di norme di diritto denunciata ex articolo 360, comma 1, numero 3, c.p.c. La decadenza ex articolo 25 d.P.R. numero 602/1973 opera solo per le pretese erariali. Il Collegio esclude che la decadenza di cui all'articolo 25 d.P.R. numero 602/1973 abbia valenza generale, ritenendo che essa possa trovare applicazione soltanto in relazione alle pretese erariali e non già in ogni ipotesi di riscossione a mezzo ruolo. In motivazione viene richiamata la massima secondo la quale l'esecuzione forzata intrapresa sulla base di ordinanza ingiunzione per la riscossione di sanzioni amministrative, benché si svolga secondo le norme previste per l'esazione delle imposte dirette in ragione del rinvio ad esse contenuto nell'articolo 27, comma 1, l. numero 689/1981 , non è soggetta alla decadenza stabilita, dall'articolo 25 d.P.R. numero 602/1973, per l'iscrizione a ruolo dei crediti tributari ma soltanto alla prescrizione quinquennale dettata dall'articolo 28 della citata l. numero 689/1981, giacché «soltanto per la riscossione delle entrate erariali tributarie sussiste l'esigenza, che giustifica il regime di decadenza, della fissazione di un termine ultimo entro cui il contribuente deve venire a conoscenza delle pretese del fisco» Cass., 8 novembre 2018, numero 28529 . Tale principio di diritto è stato fatto proprio dalla Corte di Cassazione anche in un precedente relativo al recupero esattoriale di spese penali di giustizia Cass., 21 luglio 2021, numero 20856 . Il rinvio dell'articolo 223 d.P.R. numero 115/2002 è meramente ricettizio. Secondo la Suprema Corte, il rinvio all'articolo 25, commi 1, 2 e 3, d.P.R. numero 602/1973 operato dall'articolo 223 d.P.R. numero 115/2002 è meramente ricettizio o fisso ciò vuol dire che la prima norma richiama il testo della seconda vigente all'epoca della propria entrate in vigore 1° luglio 2002 , restando irrilevanti le modifiche successive. Il Collegio esclude infatti che la ratio del rinvio de quo sia quella di informare quanto più tempestivamente possibile il destinatario della pretesa di cui all'articolo 223 d.P.R. numero 115/2002. È opportuno ricordare che, al momento dell'entrata in vigore dell'articolo 223 d.P.R. numero 115/2002, l'articolo 25 d.P.R. numero 602/1973 disponeva quanto segue «1. Il concessionario notifica la cartella di pagamento al debitore iscritto a ruolo o al coobbligato nei confronti dei quali procede. 2. La cartella di pagamento, redatta in conformità al modello approvato con decreto del Ministero delle finanze, contiene l'intimazione ad adempiere l'obbligo risultante dal ruolo entro il termine di sessanta giorni dalla notificazione, con l'avvertimento che, in mancanza, si procederà ad esecuzione forzata. […] 3. Ai fini della scadenza del termine di pagamento il sabato è considerato giorno festivo». Ricostruite le modifiche apportate all'articolo 25 d.P.R. numero 602/1973 in materia di decadenza, il Collegio ribadisce che la decadenza è del tutto avulsa rispetto al recupero del credito per spese di giustizia, come confermato che dal riferimento testuale alla “riscossione di crediti tributari”, nei confronti del “contribuente” infatti «non è dubbio che le spese di giustizia penali abbiano, invece, natura non tributaria, tanto che le relative controversie appartengono alla giurisdizione del giudice ordinario» per tutte, Cass., Sez. Unumero , numero 3008/2008 .
Presidente De Stefano - Relatore Saija Fatti di causa G.C. con atto dell'8.8.2019 propose opposizione avverso la cartella esattoriale numero Omissis , notificatale il 20.7.2019, con cui le si intimava il pagamento della somma di Euro 40.101,53, relative a spese di giustizia derivanti da un procedimento penale, oltre spese di registrazione ed accessori. Nel contraddittorio con Equitalia Giustizia s.p.a., Ministero della Giustizia e Agenzia delle Entrate-Riscossione AdER , sede di Omissis , l'adito Tribunale di Avellino, con sentenza del 28.1.2020, accolse l'opposizione, annullando la cartella per intervenuta decadenza. Equitalia Giustizia propose appello, resistito dalla sola G., che pure propose appello incidentale in relazione ai denunciati vizi della cartella dichiarati assorbiti quindi, la Corte d'appello di Napoli, con sentenza del 4.2.2021, accolse l'appello di Equitalia Giustizia e, in riforma della sentenza impugnata, rigettò l'opposizione della G In particolare, il giudice d'appello ritenne non applicabile la decadenza D.P.R. numero 602 del 1973, ex articolo 25 in subiecta materia, né configurabile quella denunciata ai sensi del D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 227-ter e rigettò tutte le eccezioni della stessa G. rimaste assorbite in primo grado. Avverso detta sentenza, ricorre ora per cassazione G.C., affidandosi a sette motivi, illustrati da memoria, cui resiste con controricorso Equitalia Giustizia s.p.a. Agenzia delle Entrate-Riscossione e il Ministero della Giustizia non hanno svolto difese. Ai sensi dell'articolo 380-bis.1 c.p.c., comma 2, il Collegio ha riservato il deposito dell'ordinanza nei sessanta giorni successivi all'odierna adunanza camerale. Ragioni della decisione 1.1 - Con il primo motivo si lamenta la nullità della sentenza per difetto di integrità del contraddittorio in grado d'appello, in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 4, per aver la Corte d'appello ritenuto validamente notificato il gravame ad AdER, ancorché Equitalia Giustizia lo avesse inviato ad indirizzo PEC Omissis non risultante da pubblici registri. La ricorrente aggiunge che ciò vale tanto più che nel giudizio d'appello avrebbe dovuto evocarsi la struttura territoriale di AdER. 1.2 - Con il secondo motivo si lamenta irragionevolezza, illogicità ed insufficienza della motivazione, in violazione dell'articolo 132 c.p.c., comma 2, numero 4, e dell'articolo 111 Cost., comma 6, in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 4 Si censura l'impugnata decisione per aver la Corte d'appello ritenuto che il D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 223 nel rinviare al D.P.R. numero 602 del 1973, articolo 25 andasse riferito al testo vigente all'epoca dell'entrata in vigore della prima disposizione 1.7.2022 , senza adeguatamente spiegarne le ragioni, e rendendo anzi una motivazione illogica ed incoerente, anche laddove si è affermato che la notifica della cartella, in subiecta materia, non è soggetta a termini di decadenza. 1.3 - Con il terzo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 223 e 227-ter, D.P.R. numero 602 del 1973, articolo 25 in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 3. La ricorrente censura la sentenza impugnata in relazione alla questione di cui al motivo precedente, ma sotto il profilo della violazione di norma di diritto. 1.4 - Con il quarto motivo si denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 227-ter, del D.P.R. numero 602 del 1973, articolo 49 in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 3. Si censura la sentenza impugnata per aver ritenuto che la prima norma rubricata non fissi un termine di decadenza in ordine all'iscrizione a ruolo, effettuata dopo il termine di trenta giorni dalla definitività della sentenza penale, termine invece erroneamente ritenuto di natura ordinatoria ciò a fronte di una iscrizione a ruolo avvenuta dopo oltre sette anni dalla definitività del provvedimento penale da cui ha avuto origine il credito. 1.5 - Con il quinto motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli articolo 167-198 c.p., in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 3, per non aver la il giudice d'appello tenuto conto che il reato per cui essa ricorrente era stata condannata in sede penale si era estinto ex articolo 167 c.p., come dichiarato dalla Corte d'appello di Milano. Ciò avrebbe dovuto condurre all'accoglimento dell'opposizione, giacché la condanna alle spese ha natura di sanzione accessoria. 1.6 - Con il sesto motivo si denuncia omessa pronuncia, nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, in violazione degli articolo 132 e 112 c.p.c., in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 4 Si lamenta il vizio motivazionale e di omessa pronuncia in relazione alla questione di cui al motivo precedente. 1.7 - Con il settimo motivo, infine, si denuncia violazione e falsa applicazione della L. numero 241 del 1990, articolo 3, degli articolo 3 e 24 Cost., ed ancora illogicità ed incoerenza della motivazione, in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 4 Si censura la sentenza impugnata per non aver rilevato la nullità della cartella per vizio di motivazione. 2.1 - Preliminarmente, dev'essere disattesa l'eccezione di inammissibilità del controricorso di Equitalia Giustizia, sollevata in memoria dalla G., che ciò rileva in quanto l'atto non riporta i motivi, né gli atti processuali, né tantomeno i documenti su cui gli stessi sono fondati, né infine il loro contenuto rilevante. Invero, l'articolo 370, comma 2, nel definire il contenuto del controricorso, stabilisce che all'atto si applicano le norme degli articolo 365 e 366, in quanto è possibile . Detta disposizione è costantemente interpretata, nella giurisprudenza di questa Corte, nel senso che La parte contro la quale il ricorso è diretto, se intende contraddirvi, deve farlo mediante controricorso contenente, ai sensi dell'articolo 366 c.p.comma richiamato dall'articolo 370 c.p.c., comma 2 , l'esposizione delle ragioni atte a dimostrare l'infondatezza delle censure mosse alla sentenza impugnata dal ricorrente così la recentissima Cass. numero 4049/2023 conf. Cass. numero 6222/2012 si è anche precisato che Nel giudizio di cassazione, il controricorso - ai fini del rispetto del requisito di cui all'articolo 366 c.p.c., comma 1, numero 3, richiamato dall'articolo 370 c.p.c., comma 2, in quanto è possibile - assolvendo alla sola funzione di contrastare l'impugnazione altrui, deve contenere l'autonoma esposizione sommaria dei fatti della causa soltanto nel caso in cui con esso venga proposta impugnazione incidentale, stante l'autonomia di questa rispetto all'impugnazione principale tuttavia, qualora il controricorrente, pur senza proporre impugnazione incidentale, sollevi eccezioni sull'ammissibilità del ricorso che implichino una valutazione del materiale documentale delle fasi di merito, il controricorso deve contenere una sufficiente ed autonoma esposizione dei fatti di causa inerenti a dette eccezioni, in modo da consentire alla Corte di verificarne la portata, dalla sola lettura dell'atto Cass. numero 1150/2019, Rv. 652710-01 . In definitiva, con il controricorso - se privo di impugnazione incidentale, giacché in caso contrario deve necessariamente rispettare i requisiti di contenuto-forma di cui all'articolo 366 c.p.comma v. Cass. numero 18483/2015 - la parte che intende contraddire, destinataria dell'impugnazione, non è tenuta a replicare pedissequamente la struttura del ricorso per cassazione come, ad es., i motivi , solo occorrendo che, con detto atto, essa prenda posizione specificamente sulle censure mosse da controparte, fermo restando che il contenuto dell'atto stesso deve essere calibrato, con la necessaria autosufficienza e specificità, in ragione delle eccezioni e difese con esso propugnate. Il controricorso di Equitalia Giustizia è del tutto conforme a quanto precede, giacché con esso si sono analiticamente e specificamente contestate le singole doglianze della G., offrendo al giudizio - e a questa Corte - argomenti di segno contrario e funzionale al rigetto del ricorso avversario, senza al contempo proporre impugnazione incidentale. 3.1 - Ciò posto, il primo motivo è infondato, in tutte le sue articolazioni. Regolando la giurisdizione in relazione a contestazione circa la validità dell'indirizzo PEC del soggetto mittente, le Sezioni Unite di questa Corte hanno tra l'altro affermato che una maggiore rigidità formale in tema di notifiche digitali è richiesta per l'individuazione dell'indirizzo del destinatario, cioè del soggetto passivo a cui è associato un onere di tenuta diligente del proprio casellario, ma non anche del mittente Cass., Sez. Unumero , numero 15959/2022 . Con detto arresto, dunque, si è voluto evidenziare che il rigoroso rispetto delle regole in tema di notifica degli atti processuali a mezzo PEC vale specialmente in relazione alla posizione del destinatario della notifica, per le ragioni evidenziate la questione posta col mezzo in esame - ferma restando l'indiscussa riferibilità dell'indirizzo PEC in discorso ad AdER - è dunque senz'altro rilevante, posto che essa concerne proprio la pretesa violazione delle disposizioni concernenti l'indirizzo PEC del destinatario. Ora, come anche evidenziato dalla controricorrente Equitalia Giustizia, la regola di riferimento, sul tema in questione, è dettata dal D.L. numero 179 del 2012, articolo 16-ter, comma 1, conv. in L. numero 221 del 2012, a mente del quale A decorrere dal 15 dicembre 2013, ai fini della notificazione e comunicazione degli atti in materia civile, penale, amministrativa, contabile e stragiudiziale si intendono per pubblici elenchi quelli previsti dal D.Lgs. 7 marzo 2005, numero 82, articolo 6-bis, 6-quater e 62, dall'articolo 16, comma 12, del presente decreto, dal D.L. 29 novembre 2008, numero 185, articolo 16, comma 6, convertito con modificazioni dalla L. 28 gennaio 2009, numero 2, nonché il registro generale degli indirizzi elettronici, gestito dal Ministero della giustizia . Inoltre, a far data dal 17.7.2020, in relazione alle notificazioni di atti processuali da effettuarsi nei confronti di una pubblica amministrazione, trova anche applicazione il disposto dell'articolo 16-ter cit., comma 1-ter comma introdotto dal D.L. numero 76 del 2020, articolo 28 conv. in L. numero 120 del 2020 , che pure consente l'utilizzo dell'indirizzo PEC inserito nell'elenco di cui al D.Lgs. numero 82 del 2005, articolo 6-ter in caso di mancata indicazione nell'elenco di cui allo stesso D.L. numero 179 del 2012, articolo 16, comma 12. Ciò posto - premesso che l'appello venne notificato a tutte le parti, compresa AdER seppur con le contestate modalità , in data 3.3.2020, sicché non viene qui in rilievo, ratione temporis, la possibilità di considerare l'elenco di cui al D.Lgs. numero 82 del 2005, articolo 6-ter ossia dell'Indice dei domicili digitali delle PP.AA. c.d. Registro IPA -, ai sensi del D.L. numero 179 del 2012, citato articolo 16-ter, comma 1, e avuto riguardo alla disciplina applicabile ratione temporis, il reperimento dell'indirizzo PEC della destinatario dell'atto processuale può essere effettuato mediante ricorso 1 al Registro INI-PEC 2 al Registro INAD Indice nazionale dei domicili digitali delle persone fisiche e degli altri enti di diritto privato, non tenuti all'iscrizione in albi professionali o nel registro delle imprese 3 all'Anagrafe della popolazione residente ANPR , istituita presso il Ministero dell'Interno 4 al Registro delle PP.AA. presso il Ministero della Giustizia 5 al Registro delle Imprese ed infine, 6 al REGINDE, tenuto presso il Ministero della Giustizia. Ebbene, come risulta dalla relata di notifica dell'appello qui prodotta dall'odierna ricorrente sub. docomma 15 , Equitalia Giustizia notificò il gravame ad AdER presso l'indirizzo Omissis , assumendo essere stato tratto dal Registro della PP.AA. presso il Ministero della Giustizia, ossia quello che poc'anzi indicato sub 4 . Premesso, dunque, che la notifica ben avrebbe potuto effettuarsi a detto indirizzo PEC, se ed in quanto inserita nell'indicato Registro, la ricorrente ha inteso dimostrare che lo stesso non vi risultasse censito, producendo a sostegno del mezzo, in questa sede, un abstract inesistenza indirizzo telematico nel PPAA sub docomma 5 . In realtà, il cennato documento è tratto dal Registro IPA, gestito dall'Agenzia per l'Italia Digitale AgID , sicché l'affermazione è rimasta del tutto indimostrata, in quanto avrebbe eventualmente dovuto prodursi, all'uopo, documentazione tratta proprio dal Registro delle PP.AA. gestito dal Ministero della Giustizia, ossia quello indicato nella relata della notifica dell'appello. Ne' la ricorrente può invocare, al riguardo, la mancata dimostrazione dell'assunto, da parte di Equitalia Giustizia, circa l'iscrizione del detto indirizzo nell'indicato Registro, come argomentato in memoria infatti, in forza della regola di cui all'articolo 2697 c.c., comma 2, il relativo onere non può che gravare sulla parte che solleva l'eccezione, che avrebbe agevolmente potuto supportarsi mediante idonea documentazione, evidentemente diversa da quella qui prodotta, nonché acquisibile con minima diligenza. 3.2 - In relazione all'ulteriore profilo di censura, è sufficiente qui evidenziare che l'indirizzo PEC che, a dire della ricorrente, avrebbe indefettibilmente dovuto utilizzarsi ai fini della notifica all'articolazione territoriale dell'agente della riscossione, è tratto dal Registro IPA, che - per quanto già detto v. par. 3.1 - non può venire in rilievo nella specie, ratione temporis. E tanto esime da ogni ulteriore approfondimento sulla possibilità di estendere all'Agenzia delle Entrate - Riscossione le conclusioni della giurisprudenza di questa Corte sul difetto di autonoma personalità giuridica delle articolazioni territoriali delle Agenzie fiscali per l'Agenzia delle Entrate, v., tra le altre, Cass. numero 22434/2016 le quali consentirebbero di apprezzare l'infondatezza nel merito della censura. 4.1 - Il secondo e il terzo motivo possono esaminarsi congiuntamente, perché concernenti la medesima questione, seppur sotto diverse angolazioni essi sono infondati. Anzitutto, può sgombrarsi il campo dalla questione circa il preteso vizio motivazionale, in quanto la Corte d'appello, nel ritenere l'inapplicabilità del D.P.R. numero 602 del 1973, articolo 25 alla materia della riscossione delle spese penali di giustizia, ha reso una motivazione ampia, argomentata e certamente ben superiore al minimo costituzionale , ex articolo 111 Cost., comma 6, v. Cass., Sez. Unumero , numero 8053/2014 , oltre che corretta in iure come si dirà tra breve . Il giudice del merito, infatti, ha analiticamente spiegato le ragioni per cui, in subiecta materia, l'unico profilo che può venire in rilievo sul piano della tempestività dell'azione di recupero è quello relativo alla prescrizione, non essendovi alcuno spazio per la decadenza ciò ha fatto con argomenti certamente idonei a palesare l'iter motivazionale seguito, per nulla illogico o contraddittorio. 4.2.1 - La decisione sul punto, inoltre, è assolutamente ineccepibile, non essendo configurabile la denunciata violazione di norme di diritto. Infatti, è anzitutto ben noto che la decadenza di cui all'articolo 25 cit. non abbia valenza generale, trovando applicazione soltanto in relazione alle pretese erariali e non già in ogni ipotesi di riscossione a mezzo ruolo, posto che soltanto per la riscossione delle entrate erariali tributarie sussiste l'esigenza, che giustifica il regime di decadenza, della fissazione di un termine ultimo entro cui il contribuente deve venire a conoscenza delle pretese del fisco Cass. numero 28529/2018 . Peraltro, proprio richiamando tale arresto, la recente Cass. numero 20856/2021 non massimata ha anche escluso che, in tema di recupero esattoriale di spese penali di giustizia, possa farsi ricorso alla decadenza di cui al D.P.R. numero 602 del 1973, articolo 25. 4.2.2 - A ciò si aggiunga che, come correttamente evidenziato dalla Corte napoletana, il rinvio operato dal D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 223 al D.P.R. numero 602 del 1973, articolo 25, commi 1, 2 e 3, va inequivocabilmente inteso quale rinvio recettizio o fisso , avuto dunque riguardo al testo di dette disposizioni vigente all'epoca dell'entrata in vigore dello stesso articolo 223, ossia alla data del 1.7.2002, restando irrilevanti le successive modifiche apportatevi. E d'altra parte, la ratio del rinvio in questione, cui occorre pur sempre far riferimento onde discernere se si tratti di rinvio recettizio o non recettizio v. Corte Cost., numero 80/2013 , esclude senz'altro che l'intento del legislatore sia da individuare nella necessità di informare quanto più tempestivamente possibile il destinatario della pretesa di cui al D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 223. 4.2.3 - In proposito, va evidenziato che l'istituto della decadenza nell'esecuzione esattoriale - che la ricorrente pretenderebbe tout court applicabile nella vicenda che occupa - è stato oggetto di intense vicende, soprattutto sul finire del secolo scorso e all'inizio del corrente infatti, nell'impianto originario del D.P.R. numero 602 del 1973 seppur con prescrizioni via via più ampie e articolate nel tempo, specie a seguito del riordino del sistema di riscossione mediante ruolo di cui al D.Lgs. numero 46 del 1999 , l'articolo 17 disciplinava la decadenza da tardiva iscrizione a ruolo dell'imposta, mentre l'articolo 25 regolava i termini entro cui dapprima l'esattore, e poi il concessionario per la riscossione, avrebbe ro dovuto procedere alla notifica della cartella di pagamento termini anch'essi ritenuti perentori dalla giurisprudenza di questa Corte - v. Cass. numero 10/2004, Cass. numero 5097/2005 e Cass. numero 16435/2009 peraltro, il termine in discorso venne espressamente qualificato come posto a pena di decadenza a seguito della riformulazione del D.P.R. numero 602 del 1973, articolo 25, comma 1, operata dalla L. numero 311 del 2004, articolo 1, comma 417 . Senonché, la soppressione dei termini di notifica della cartella di pagamento di cui all'articolo 25 cit. - disposta dal D.Lgs. numero 193 del 2001 nell'ambito del correttivo al riordino della riscossione - aveva posto il contribuente sostanzialmente in balia del fisco, il che non risultava escluso neanche dalla cennata riformulazione dello stesso articolo 25 operata dalla L. numero 311 del 2004, che invece aveva reintrodotto un termine per la notifica della cartella, a pena di decadenza, senza però individuare compiutamente il dies a quo. Intervenne così la Corte costituzionale, che, con sentenza 15.7.2005, numero 280, dichiarò l'illegittimità costituzionale dell'articolo 25 cit., per contrasto con l'articolo 24 Cost. Conseguentemente, in ossequio alla sollecitazione della Consulta, il vuoto normativo venne colmato con il D.L. numero 106 del 2005, articolo 1, comma 5-bis, conv. in L. numero 156 del 2005, a mente del quale Al fine di garantire l'interesse del contribuente alla conoscenza, in termini certi, della pretesa tributaria derivante dalla liquidazione delle dichiarazioni e di assicurare l'interesse pubblico alla riscossione dei crediti tributari, la notifica delle relative cartelle di pagamento è effettuata, a pena di decadenza . , entro termini variamente stabiliti, a seconda dell'epoca di presentazione della dichiarazione nonché con l'articolo 1, comma 5-ter, che In conseguenza di quanto previsto dal comma 5-bis e al fine di conseguire, altresì, la necessaria uniformità del sistema di riscossione mediante ruolo delle imposte sui redditi e dell'imposta sul valore aggiunto , ha soppresso il D.P.R. numero 602 del 1973, articolo 17 con eliminazione, dunque, della decadenza da tardiva iscrizione a ruolo , riscrivendo ex novo il successivo articolo 25, in relazione alle fattispecie maturate dopo l'entrata in vigore della detta modifica 10.8.2005 . Nella sostanza, l'articolo 1, comma 5-bis, cit., ha dettato la disciplina transitoria, per far fronte alle incertezze derivanti dal vuoto normativo, mentre il comma 5-ter ha fissato a regime la nuova disciplina della decadenza, stabilmente ed unicamente collegata al mancato rispetto dei termini di notifica della cartella di pagamento v. amplius, Cass. numero 10875/2019 . Il D.P.R. numero 602 del 1973, articolo 25 è stato poi oggetto di ulteriori modifiche normative ad opera del D.L. numero 223 del 2006, articolo 37, comma 40, conv. in L. numero 248 del 2006, nonché del D.Lgs. numero 159 del 2015, articolo 4 ed infine della L. numero 197 del 2022, articolo 1, comma 158. Questo, dunque, il quadro normativo che concerne, propriamente, il tema della decadenza ancor oggi invocata dall'odierna ricorrente, ad ampio spettro. 4.2.4 - Come è dunque evidente, il tema è del tutto avulso rispetto al recupero del credito che qui occupa, e ciò anche avuto riguardo alla formulazione letterale delle disposizioni concernenti la decadenza, nelle vicende normative susseguitesi all'esito del descritto intervento della Consulta, ove è inequivoco il riferimento alla riscossione di crediti tributari , nei confronti del contribuente non è dubbio che le spese di giustizia penali abbiano, invece, natura non tributaria, tanto che le relative controversie appartengono alla giurisdizione del giudice ordinario per tutte, Cass., Sez. Unumero , numero 3008/2008 . Il rinvio operato dall'articolo 223 cit., pertanto, non può che riferirsi al testo dell'articolo 25 cit. vigente all'epoca della sua entrata in vigore nel testo risultante, dunque, per effetto del correttivo del D.Lgs. numero 193 del 2001 , con esso volendo solo stabilirsi che 1 il concessionario notifica la cartella di pagamento, al debitore iscritto a ruolo o al coobbligato nei confronti dei quali procede 2 la cartella di pagamento, conforme al modello ministeriale, contiene l'intimazione ad adempiere l'obbligo risultante dal ruolo entro il termine di sessanta giorni dalla notificazione, con l'avvertimento che, in mancanza, si procederà ad esecuzione forzata ed infine, 3 ai fini della scadenza del termine di pagamento il sabato è considerato giorno festivo. Il che è quanto, correttamente, statuito dalla Corte territoriale. E, per concludere sul punto, è significativo elemento ermeneutico testuale, ad ulteriore conforto di tale ricostruzione, che il D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 227-ter, comma 2, ult. periodo, come modificato dalla L. numero 69 del 2009, articolo 67 disciplinando l'azione di recupero dell'agente della riscossione per le spese penali di giustizia, rinvii ancora al D.P.R. numero 602 del 1973, articolo 25, solo comma 2 che ancora regola il contenuto della cartella di pagamento poc'anzi indicato sub 2 , disposizione che è rimasta immutata sin dalla sua adozione, operata dal D.Lgs. numero 46 del 1999. Il D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 227-ter, comma 1, ut supra modificato, stabilisce che entro un mese dalla data del passaggio in giudicato della sentenza o dalla data in cui è divenuto definitivo il provvedimento da cui sorge l'obbligo o, per le spese di mantenimento, cessata l'espiazione in istituto, l'ufficio ovvero . la società Equitalia Giustizia Spa procede all'iscrizione a ruolo . Ebbene, il suddetto termine di un mese per procedere all'iscrizione a ruolo, decorrente dalla definitività dell'obbligo di pagamento delle spese di giustizia, non è previsto a pena di decadenza e non è dunque considerabile perentorio. Sulla portata del D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 227-ter nella giurisprudenza di questa Corte si rinvengono, in verità, pochi precedenti, che però non hanno affrontato funditus la questione che qui interessa. In particolare, si è anzitutto affermato che l'iscrizione a ruolo del credito, effettuata dopo il 4.7.2009 data di entrata in vigore della cennata modifica non deve essere preceduta dalla notificazione dell'invito al pagamento, già previsto dal D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 212 dovendo ritenersi abrogata quest'ultima previsione a seguito della modifica del citato articolo 227 ter Cass. numero 21178/2017 inoltre, si è anche escluso che la stessa formazione del ruolo, oltre che la notifica della cartella di pagamento, debbano essere precedute dalla notifica dei provvedimenti giurisdizionali da cui sorge il credito, posto che la notificazione della detta cartella, nella quale siano riportati gli elementi minimi per consentire all'obbligato di individuare la pretesa impositiva e di difendersi nel merito, costituisce notificazione di un omologo del precetto riferito ad un titolo esecutivo rappresentato, a sua volta, dal sotteso ruolo Cass. numero 2553/2019 . A ciò può anche aggiungersi anche la già citata Cass. numero 20856/2021, che, in motivazione, ha affermato - sul piano generale - che la decadenza invocata è riferibile solo alle pretese tributarie per cui è stata dettata, dovendo quindi constatarsi limitato funzionalmente il richiamo infatti al D.P.R. numero 602 del 1973, articolo 25, comma 2 operato dal D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 227 ter cfr. Cass., 08/11/2018, numero 28529 . In ogni caso - ferma la necessità di procedere mediante notificazione della cartella di pagamento, che è meramente riproduttiva del ruolo Cass. numero 8329/2020 - può senz'altro escludersi che, in subiecta materia, l'iscrizione a ruolo delle somme debba essere eseguita, entro il termine di un mese dal definitivo accertamento del credito, a pena di decadenza ciò in considerazione sia della mancanza di esplicita previsione normativa circa la perentorietà del termine in questione, sia dell'assenza di uno spazio operativo funzionale per l'istituto della decadenza, nella materia che occupa questione di cui si è ampiamente detto supra . Pertanto - sul piano della tempestività della relativa azione di riscossione - non può che venire in rilievo il solo termine di prescrizione, come correttamente ritenuto dal giudice d'appello. 6.1 - In relazione alle questioni poste dal quinto e dal sesto motivo, invece, la sentenza impugnata è cassata senza rinvio, ex articolo 382 c.p.c., comma 3, perché la causa non poteva proporsi dinanzi al giudice civile, come ha fatto la G Al riguardo, viene in rilievo il principio secondo cui In tema di opposizione a cartelle di pagamento per spese di giustizia, cui siano sottesi provvedimenti adottati dal giudice penale, sono riservate alla cognizione del giudice civile le contestazioni riguardanti o aspetti squisitamente contabili o la riconducibilità di talune voci al perimetro di applicabilità della condanna, sempre che non vi siano dubbi sulla definizione del detto perimetro e si verta, quindi, solo sul concreto rispetto di esso in sede di quantificazione. Qualora, viceversa, si discuta della reale definizione del perimetro e, pertanto, della portata della stessa statuizione penale, la questione appartiene alla cognizione del giudice dell'esecuzione penale Cass. numero 14598/2020 . Detta statuizione si pone dichiaratamente in linea con l'insegnamento di Cass., Sez. Unumero penumero , numero 491/2011, Pislor, così massimata La domanda del condannato che, senza contestazione della condanna al pagamento delle spese del procedimento penale, deduca sia quanto al calcolo del concreto ammontare delle voci di spesa, sia quanto alla loro pertinenza ai reati cui si riferisce la condanna l'errata quantificazione, va proposta al giudice civile nelle forme dell'opposizione ex articolo 615 c.p.c. non rilevando a tal fine l'attribuibilità alla statuizione di detta condanna della natura di sanzione economica accessoria alla pena . 6.2 - In base a detti principi, dunque, occorre stabilire quale sia il contenuto della domanda dell'opponente destinatario della cartella, la cognizione essendo devoluta al giudice penale ove volta a contestare la determinazione della condanna alle spese, in relazione alla effettiva individuazione dei reati per i quali l'opponente stesso aveva riportato la condanna. 6.3 - Va anche precisato che la recente Cass., Sez. Unumero , numero 38596/2021 che ha affermato la non configurabilità di una questione di competenza in subiecta materia, rispetto all'ordinanza con cui il giudice civile rimetta la questione al giudice penale appartenente al medesimo ufficio giudiziario , non è pertinente nella specie, giacché la condanna penale è stata irrogata alla G. dalla Corte d'appello di Milano, mentre l'opposizione alla cartella è stata proposta dinanzi al Tribunale di Avellino la diversità dei due uffici giudiziari, dunque, non consente neppure in astratto la prospettazione della questione in termini di attribuzione degli affari interni a singoli giudici, appartenenti al medesimo ufficio la quale è la sola fattispecie esaminata dalla richiamata pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte, che lascia impregiudicata appunto proprio l'ipotesi in cui l'affare non sia devoluto ad altro ufficio giudiziario. 6.4 - Ciò posto, ritiene la Corte come la G., con i mezzi in esame, con cui appunto deduce l'erroneità della decisione e comunque l'omessa pronuncia circa l'estinzione del reato per cui era stata irrogata la condanna penale, e quindi lo stesso presupposto del credito per cui è processo, finisca per attingere al tema devoluto al giudice penale, avendo messo in discussione proprio il reale perimetro della condanna. La domanda in discorso, dunque, non poteva essere proposta dalla G. in sede civile, sicché la Corte d'appello di Napoli non avrebbe dovuto neppure esaminarla, ma rilevare invece l'esclusiva spettanza della relativa cognizione al giudice dell'esecuzione penale. Pertanto, la sentenza impugnata, sul punto, è cassata senza rinvio, ex articolo 382 c.p.c., comma 3, impregiudicata restando la facoltà di proposizione della questione dinanzi al giudice penale, da parte della G., ove ancora in termini ai sensi della disciplina processualpenalistica. 7.1 - Il settimo motivo, infine, è in parte inammissibile ed in parte infondato. Circa i vizi formali della cartella di cui la Corte del merito avrebbe erroneamente negato l'esistenza, deve però in primo luogo osservarsi che il loro esame era rimasto assorbito in primo grado, sicché la Corte d'appello li ha ritenuti oggetto di riproposizione ex articolo 346 c.p.c., benché avanzati dalla G. con appello incidentale su detta questione, l'odierna controricorrente non ha a sua volta proposto impugnazione in questa sede, così esimendo la Corte dal verificare la correttezza di una tale soluzione, tenuto conto che, ai sensi dell'articolo 618 c.p.c., u.c., il giudizio concernente l'opposizione agli atti esecutivi, ex articolo 617 c.p.comma nel cui ambito ricade senz'altro la contestazione sulla nullità della cartella di pagamento per difetto di motivazione , si svolge in unico grado di merito. 7.2 - Ciò posto, deve poi rilevarsi che la ricorrente non riporta in ricorso la trascrizione della motivazione della cartella che pure contesta, né almeno un adeguato suo riassunto v. Cass., Sez. Unumero , numero 8950/2022 , così non consentendo a questa Corte di valutare, dalla mera lettura del ricorso, la potenziale decisività della censura, in violazione dell'articolo 366 c.p.c., comma 1, numero 3, nel testo vigente ratione temporis. 7.3 - In ogni caso, avuto riguardo alla individuazione dei pretesi vizi, come operata dalla G., va qui anzitutto ribadito che la cartella di pagamento concernente il recupero di spese penali di giustizia non deve essere preceduta dalla notifica di atti prodromici, né dei titoli da cui esse derivano v. supra, par. 5.1 inoltre, va anche evidenziato che la questione circa la solidarietà tra coimputati attiene specificamente a profili da far valere dinanzi al giudice dell'esecuzione penale si veda ampiamente, sul punto, Cass. numero 23775/2022, in motivazione, ed ivi richiami . In secondo luogo, si osserva che la Corte territoriale ha accertato che le ragioni del credito preteso erano senz'altro evincibili dalla cartella impugnata, che indicava specificamente la partita di credito e la sentenza da cui essa scaturiva, tanto più che il criterio di liquidazione delle spese è predeterminato ex lege, e che le spese ripetibili sono quelle annotate nel c.d. foglio notizie di cui al D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 280 il cui originale rimane nel fascicolo d'ufficio del procedimento penale e ben può essere consultato dalle parti. Su tali premesse, il giudice del merito ha quindi ritenuto che la cartella stessa abbia consentito alla destinataria di aver piena contezza della causale del credito da essa portato, tanto che la stessa G. ha contestato il merito, seppur infondatamente. Pertanto, contrariamente all'assunto della ricorrente che, a ben vedere, neppure ha specificamente censurato tale ultimo accertamento , la motivazione della cartella in questione, seppure per relationem, è risultata adeguatamente motivata, né occorreva allegare ad essa alcun documento presupposto essendo gli elementi esterni alla cartella stessa conosciuti o conoscibili dalla destinataria - v. supra , donde l'infondatezza del mezzo in esame. 8.1 - In definitiva, la sentenza impugnata è cassata senza rinvio, ex articolo 382 c.p.c., comma 3, in relazione alle questioni di cui al quinto e al sesto motivo, restandone conseguentemente e correlativamente travolta anche la sentenza di primo grado v. Cass. numero 10093/2008 nel resto, il ricorso è rigettato. Resta fermo il regolamento delle spese di lite concernenti il giudizio di merito, non incidendo la diversa statuizione che avrebbe dovuto rendersi sulle questioni di cui al quinto ed al sesto motivo inammissibilità delle relative doglianze, per doversi le stesse proporre dinanzi al giudice dell'esecuzione penale sull'esito finale della lite, cui va riferito il criterio della soccombenza Cass. numero 13356/2021 da ultimo, Cass. numero 4277/2023 , la quale resta in ogni caso integralmente riferibile alla destinataria della relativa condanna. Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza nei rapporti tra la ricorrente ed Equitalia Giustizia nulla va disposto nel resto, gli altri intimati non avendo svolto difese. In relazione alla data di proposizione del ricorso successiva al 30 gennaio 2013 , può darsi atto dell'applicabilità del D.P.R. 30 maggio 2002, numero 115, articolo 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, numero 228, articolo 1, comma 17 , se ed in quanto dovuto. P.Q.M. La Corte, pronunciando sul quinto e sul sesto motivo del ricorso, cassa senza rinvio la sentenza impugnata, nonché, in parte qua, la sentenza di primo grado, nei termini di cui in motivazione rigetta il ricorso nel resto. Condanna la ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità in favore della controricorrente, che liquida in Euro 4.300,00 per compensi, oltre Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario spese generali in misura del 15%, oltre accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, numero 115, articolo 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis se ed in quanto dovuto.