La CEDU con la sentenza in esame risolve una peculiare applicazione del GDPR i Testimoni di Geova ed i predicatori porta a porta in genere per poter svolgere la loro evangelizzazione al di fuori degli edifici di culto devono avere il consenso informato dei terzi interessati. Infatti il solo suonare il campanello viola la serenità dell’interessato e della sua famiglia e nel raccogliere dati presso i domicili per archivi personali operano come responsabili del trattamento dei dati.
Il divieto di fare proselitismo porta a porta senza il consenso informato degli importunati, imposto dalle autorità finlandesi, è dunque lecito e non viola la libertà religiosa dei predicatori. La vicenda È quanto deciso il 9 maggio dalla CEDU nel caso Testimoni di Geova comma Finlandia ricomma 31172/19 . Nel 2000 il difensore civico per la tutela della privacy finlandese emise un parere secondo cui l'attività di predicazione porta a porta de facto comportava la creazione di un archivio di dati personali, perciò non poteva essere svolta senza il consenso informato dei terzi interessati. Infatti, come del resto prevede la legge interna che introduceva questo divieto, era stato notato che i predicatori annotavano manualmente nome ed indirizzo delle persone “visitate” oltre ad altri dati personali come “sordo”, “straniero” etcomma compilando un c.d. modulo. «Per quanto riguarda il modulo S-43, è stato spiegato che la congregazione agiva come un sistema di posta informale in quanto un anziano della congregazione inoltra[va] le note personali di una persona sul modulo S-43 a un altro Testimone di Geova. L'anziano della congregazione e la [comunità richiedente] non hanno conservato copie delle informazioni né utilizzato i dati personali in alcun modo Il modulo [era] inviato direttamente dal Testimone contattante o tramite un anziano della congregazione ». In breve, già l'atto di suonare il campanello, inviare materiale pubblicitario per posta o depositarlo direttamente nella cassetta o telefonare a terzi era di per sé una violazione della privacy, tanto più se il soggetto aveva risposto al citofono di non essere interessato o come spesso accade messo avviso attaccato al campanello od alla buca delle lettere equivaleva ad un diniego di trattamento dei propri dati. La Congregazione/Comunità religiosa e due testimoni impugnavano questo parere ed il relativo divieto indicando che queste contestate attività erano strettamente necessarie alla loro attività evangelica e che, se fosse stato mantenuto il divieto, sarebbe stata una grave ingerenza nella loro libertà religiosa. Vani i ricorsi interni e anche la CEDU, per i motivi in parte esplicati in epigrafe, ha escluso ogni lesione dell'articolo 9 nonché dell'articolo 6 Cedu. Suonare il campanello altrui per prediche non richieste viola la privacy dell'importunato Il GDPR nel caso in specie viene analizzato su due piani distinti e che s'intersecano tra loro da un lato l'attività di predicazione comporta la creazione di un database privato ad uso personale della Comunità/Congregazione usando illecitamente dati senza il consenso dell'interessato e dall'altro i suoi diritti al riposo ed a non subire predicazioni “selvagge” porta a porta, tramite telefonate od invio di materiale di propaganda. Sono molestie alla serenità ed alla quiete del terzo e della sua famiglia. La CGUE si era già pronunciata su questo specifico caso nell'escludere che la predicazione porta a porta effettuata da un privato rientrasse nelle esimenti ex articolo 3 Direttiva 95/96 del tutto sovrapponibile all'attuale GDPR ed alle Convenzioni 108 e 108+ del COE ha chiarito che «l'articolo 2, lettera c , della direttiva 95/46 deve essere interpretato nel senso che la nozione di «archivio», di cui a tale disposizione, include l'insieme di dati personali raccolti nell'ambito di un'attività di predicazione porta a porta, contenente nomi, indirizzi e altre informazioni riguardanti le persone contattate porta a porta, allorché tali dati sono strutturati secondo criteri specifici che consentono, in pratica, di recuperarli facilmente per un successivo impiego. Affinché il suddetto insieme rientri in tale nozione, non è necessario che esso comprenda schedari, elenchi specifici o altri sistemi di ricerca» neretto,nda . Lo stesso letto alla luce dell'articolo 10 Carta di Nizza «dev'essere interpretato nel senso che esso consente di considerare una comunità religiosa, congiuntamente ai suoi membri predicatori, quale responsabile dei trattamenti di dati personali effettuati da questi ultimi nell'ambito di un'attività di predicazione porta a porta organizzata, coordinata e incoraggiata da tale comunità, senza che sia necessario che detta comunità abbia accesso a tali dati o che si debba dimostrare che essa ha fornito ai propri membri istruzioni scritte o incarichi relativamente a tali trattamenti» EU C 2018 551 nel quotidiano del 10/7/18, neretto, nda . Diritto all'autodeterminazione informativa La CEDU efficacemente parla di «diritto a una forma di autodeterminazione informativa, che consenta alle persone di far valere il loro diritto alla vita privata per quanto riguarda i dati che, sebbene neutri, sono raccolti, trattati e diffusi collettivamente e in una forma o in modo tale che i loro diritti di cui all'articolo 8 possano essere esercitati» v. EU C 2008 727 che si riferisce al caso Satakunnan Markkinapörssi Oy e Satamedia Oy [GC] del 27/6/17, si veda anche rassegna del 21/7/15 sulla decisione delle sez. semplici della CEDU . Queste prediche moleste a domicilio possono indurre i malcapitati a fornire, obtorto collo, dati sensibili sulle proprie convinzioni religiose atei, agnostici, altri credi . Il divieto è quindi lecito e necessario in una società democratica non è violato l'articolo 9 Cedu. Assorbite le censure sulla presunta deroga all'articolo 8 ed al divieto assoluto di discriminazione artt.14 e 1 protocollo 12 Cedu . Essendo state presentate diverse testimonianze scritte dei predicatori e di altri membri della congregazione ed acquisite agli atti è stata rigettata anche la censura sulla deroga all'articolo 6 perché le giurisdizioni interne avevano voluto tenere l'udienza a porte chiuse e non avevano ascoltato i ricorrenti che pur hanno potuto difendersi. Rettifica Si pubblica la richiesta di rettifica, ai sensi dell’articolo 8 L. 47/1948 sulla stampa e articolo 42 L. 416/81, avanzata dalla Congregazione Cristina dei Testimoni di Geova. In riferimento all’articolo “Il GDPR mette alla porta il predicatore molesto niente evangelizzazione senza il consenso dell’interessato” a firma di Giulia Milizia, pubblicato il 9 maggio 2023, nel quale viene erroneamente affermato che “i Testimoni di Geova per poter svolgere la loro evangelizzazione al di fuori degli edifici di culto devono avere il consenso informato dei terzi interessati” teniamo a precisare che la recente sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha confermato che l’attività di predicazione porta a porta dei Testimoni di Geova è un diritto fondamentale protetto dall'articolo 9 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. La sentenza ha altresì confermato che la raccolta di dati personali nel corso di un’opera di evangelizzazione è del tutto lecita purché vi sia il consenso espresso delle persone interessate e che tali limitazioni a tutela della privacy si applicano a tutte le confessioni religiose. Inoltre, la sentenza della CEDU è rivolta al nostro ente giuridico che rappresenta la confessione, non ai singoli Testimoni di Geova, e il caso considerato dalla Corte è relativo all’anno 2000. Possiamo confermare che il nostro ente di culto ormai da diversi anni non riceve, raccoglie o elabora dati personali relativi all'attività di predicazione porta a porta dei singoli Testimoni di Geova. L’informativa sulla privacy nel pieno rispetto del GDPR è disponibile sul nostro sito JW.ORG [link].
CEDU, sentenza 9 maggio 2023, caso Testimoni di Geova comma Finlandia ricomma 31172/19