Reato di omesso versamento delle ritenute: disciplina dichiarata incostituzionale

La disciplina penale che punisce l’omesso versamento delle ritenute dovute sulla base della dichiarazione annuale di sostituto di imposta per un ammontare superiore alla soglia di punibilità fissata in 150.000 euro per ciascun periodo d’imposta è già stata dichiarata incostituzionale per eccesso di delega. Lo ha rilevato la Corte Costituzionale, con l’ordinanza n. 86, pubblicata il 4 maggio 2023.

Ritenute non versate reato esteso anche a quelle non certificate ma comunque dovute La pronuncia in commento trae origine dalle questioni di legittimità costituzionale dell' art. 7 d.lgs. n. 158/2015 Revisione del sistema sanzionatorio, in attuazione dell' art. 8, comma 1, l. n. 23/2014 , nella parte in cui ha modificato l'art. 10- bis d.lgs. n. 74/2000 Nuova disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, a norma dell' art. 9 l. n. 205/1999 introducendo nella rubrica, dopo la parola ritenute ”, le seguenti dovute o ” nonché introducendo nel primo comma, dopo la parola ritenute ”, le seguenti dovute sulla base della stessa dichiarazione o ”. Le censure del rimettente Ad avviso del giudice a quo , l'ampliamento della fattispecie incriminatrice in relazione alla condotta dell'omesso versamento delle ritenute dovute sulla base della dichiarazione modello 770” costituisce il frutto di una non corretta attività di completamento e sviluppo delle scelte del legislatore delegante, posto che, dai principi e criteri direttivi contenuti nella norma delegante, non si trae alcuna indicazione circa la possibile estensione delle condotte integranti la fattispecie di cui all'art. 10- bis d.lgs. n. 74/2000 pertanto, il contrasto tra norma delegata e norma delegante, per inosservanza dei principi e criteri direttivi, si tradurrebbe in una violazione dell' art. 76 Cost. In particolare, il giudice a quo osserva che se, da un lato, la scelta di innalzare le soglie di punibilità da 50.000 a 150.000 euro è coerente con la delega, in quanto mira a restringere la rilevanza criminale delle condotte del sostituto, dall'altro, l'intervento legislativo opera in senso espansivo, in quanto l'introduzione nel computo dell'imposta non versata delle imposte dovute sulla base della dichiarazione del sostituto” modello 770” allarga lo spettro delle condotte punibili, estendendolo alle ritenute non certificate, ma semplicemente dovute. Tale ampliamento, inoltre, sarebbe in contrasto anche con l' art. 3 Cost. , essendo irragionevole – secondo il giudice a quo – che per l'omesso versamento di ritenute dovute sulla base della mera dichiarazione del sostituto di imposta si preveda una sanzione penale, mentre la falsificazione e l'infedele predisposizione di tale dichiarazione sono penalmente irrilevanti. Il quadro normativo La prima disciplina organica del sistema sanzionatorio penale tributario risale al decreto-legge n. 429/1982 , convertito, con modificazioni, nella l. n. 516/1982 . In particolare, con riguardo alle condotte illecite attribuibili al sostituto di imposta, accanto alle contravvenzioni di omessa e infedele dichiarazione del sostituto di imposta, veniva sanzionato con la reclusione e con la multa chiunque non avesse versato all'erario le ritenute effettivamente operate a titolo di acconto o di imposta sulle somme pagate. Su tale assetto sanzionatorio – nel frattempo novellato dal decreto-legge n. 83/1991 – è, poi, intervenuto il d.lgs. n. 74/2000 , che, in via generale, ha limitato la rilevanza penale delle fattispecie in materia tributaria alle sole condotte caratterizzate da un comportamento fraudolento, richiedendo un quid pluris rispetto al semplice sottrarsi all'obbligazione tributaria. Tale più mite disciplina, per gli illeciti commessi dal sostituto di imposta, è rimasta inalterata fino a quando il legislatore è tornato a prevedere la sanzione penale con la legge n. 311/2004 , che ha, in sostanza, reintrodotto, sia pure con alcune modifiche, il delitto di omesso versamento di ritenute certificate, lasciando però immuni da sanzione penale i casi di mancato versamento all'erario di ritenute che non fossero state certificate. Successivamente, con la legge n. 23/2014 , il Parlamento ha conferito un'ampia delega al Governo finalizzata a ridisegnare l'ordinamento tributario per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita. In attuazione della legge delega, il d.lgs. n. 158/2015 ha modificato la previsione di cui all'art. 10- bis d.lgs. n. 74/2000, punendo con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versi entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta ritenute dovute sulla base della stessa dichiarazione o risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti, per un ammontare superiore a centocinquantamila euro per ciascun periodo d'imposta. La disciplina censurata è stata già dichiarata parzialmente incostituzionale Successivamente all'ordinanza di rimessione, la Consulta ha adottato una pronuncia di illegittimità costituzionale della disciplina censurata in senso conforme a quanto richiesto dal rimettente Corte Cost., n. 175/2022 . In quella occasione, il giudice delle leggi ha osservato che, nella materia penale, è più elevato il grado di determinatezza richiesto per le regole fissate nella legge delega, posto che il controllo del rispetto, da parte del Governo, dei princìpi e criteri direttivi, è anche strumento di garanzia della riserva di legge e del rispetto del principio di stretta legalità, spettando al Parlamento l'individuazione dei fatti da sottoporre a pena e delle sanzioni loro applicabili cfr. Corte Cost., n. 174/2021 , n. 127/2017 e n. 5/2014 . La disciplina impugnata ha, per l'appunto, introdotto una nuova fattispecie di reato, nel senso che ha previsto come condotta penalmente perseguibile ciò che prima costituiva un illecito amministrativo tributario l'omesso versamento, entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta, delle ritenute dovute sulla base della stessa dichiarazione per un ammontare superiore a una determinata soglia di punibilità fissata in 150.000 euro per ciascun periodo d'imposta . Con la citata pronuncia n. 175/2022 cit., la disposizione censurata è stata, quindi, dichiarata costituzionalmente illegittima in quanto lesiva dei princìpi e dei criteri direttivi della legge delega, nonché del principio di legalità. A fronte della menzionata decisione della Consulta, la questione di legittimità costituzionale sollevata, ora, dal giudice a quo è divenuta priva di oggetto ed è, pertanto, manifestamente inammissibile cfr., ad esempio, Corte Cost., n. 204/2022 , n. 102/2022 e n. 184/2021 .

Presidente Sciarra - Relatore Amoroso Ritenuto che con ordinanza del 7 aprile 2022, il Tribunale ordinario di Vicenza, sezione penale, in composizione monocratica, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 25, 76 e 77, primo comma, della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 7 del decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 158 Revisione del sistema sanzionatorio, in attuazione dell’articolo 8, comma 1, della legge 11 marzo 2014, n. 23 , nella parte in cui modifica l’art. 10-bis del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74 Nuova disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, a norma dell’articolo 9 della legge 25 giugno 1999, n. 205 introducendo nella rubrica, dopo la parola ritenute , le seguenti dovute o nonché introducendo nel comma 1, dopo la parola ritenute , le seguenti dovute sulla base della stessa dichiarazione o che il rimettente riferisce di procedere nei confronti di una persona imputata, tra gli altri, di più fatti di cui al reato previsto e punito dall’art. 10-bis del d.lgs. n. 74 del 2000 che all’udienza del 23 settembre 2021 la difesa dell’imputato ha eccepito l’illegittimità costituzionale della disposizione di cui all’art. 7, comma 1, lettere a e b , del d.lgs. n. 158 del 2015, in riferimento agli artt. 3 e 76 Cost. che il giudice a quo evidenzia che le questioni sono state già sollevate dal Tribunale ordinario di Monza con ordinanza del 27 maggio 2021 che, in punto di rilevanza, il rimettente afferma che, in caso di dichiarazione di illegittimità costituzionale della disposizione censurata, l’imputato andrebbe prosciolto ex art. 129 del codice di procedura penale, in relazione alle contestazioni di cui all’art. 10-bis del d.lgs. n. 74 del 2000, per non essere il fatto più previsto come reato che, in punto di non manifesta infondatezza, il giudice a quo evidenzia che l’ampliamento della fattispecie incriminatrice in relazione alla condotta dell’omesso versamento delle ritenute dovute sulla base della dichiarazione modello 770” costituisce il frutto di una non corretta attività di completamento e sviluppo delle scelte del legislatore delegante che le disposizioni contenute nella legge di delega concorrono a formare, quali norme interposte, il parametro di costituzionalità dei decreti legislativi delegati, con la conseguenza che il contrasto tra norma delegata e norma delegante, per inosservanza dei principi e criteri direttivi, si traduce in violazione dell’art. 76 Cost. che in materia penale i principi sopra enunciati si pongono in modo ancora più stringente, atteso che l’art. 25 Cost. riserva al Parlamento le scelte incriminatrici che il rimettente sostiene che il legislatore delegato avrebbe esorbitato dal perimetro tracciato dall’art. 8 della legge 11 marzo 2014, n. 23 Delega al Governo recante disposizioni per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita , atteso che dai principi e criteri direttivi contenuti nella norma delegante non si trae alcuna indicazione circa la possibile estensione delle condotte integranti la fattispecie di cui all’art. 10-bis del d.lgs. n. 74 del 2000 che il reato in questione e quello di cui all’art. 10-ter del d.lgs. n. 74 del 2000 rientrerebbero tra le fattispecie meno gravi in relazione alle quali la delega non prevedeva anche la possibilità di ampliarne la tipicità che il giudice a quo osserva che se, da un lato, la scelta di innalzare le soglie di punibilità da 50.000 a 150.000 euro è coerente con la delega, in quanto mira a restringere la rilevanza criminale delle condotte del sostituto, dall’altro, l’intervento legislativo opera in senso espansivo, in quanto l’introduzione del sintagma che inserisce nel computo dell’imposta non versata le imposte dovute sulla base della dichiarazione del sostituto modello 770” allarga lo spettro delle condotte punibili, estendendolo alle ritenute non certificate, ma semplicemente dovute che tale ampliamento è, altresì, in contrasto con l’art. 3 Cost., in quanto appare irragionevole che per l’omesso versamento di ritenute dovute sulla base della mera dichiarazione del sostituto di imposta si preveda una sanzione penale, mentre la falsificazione e l’infedele predisposizione di tale dichiarazione sono penalmente irrilevanti che, inoltre, l’estensione della tipicità operata dalla disposizione censurata finisce con l’affidare allo stesso contribuente la determinazione dell’imposta evasa, così da porsi come un incentivo alla presentazione di modelli 770 con indicazione di importi sotto la soglia di punibilità, nell’assenza di una norma che punisca la dichiarazione fraudolenta che, con atto del 5 luglio 2022, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, è intervenuto nel presente giudizio di legittimità costituzionale, evidenziando che le questioni sono già state sottoposte al vaglio di questa Corte che, con atto del 4 luglio 2022, si è costituita la parte formulando argomentazioni a sostegno della illegittimità costituzionale. Considerato che, successivamente all’ordinanza di rimessione, questa Corte con la sentenza n. 175 del 2022 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 7, comma 1, lettera b , del d.lgs. n. 158 del 2015, nella parte in cui ha inserito le parole dovute sulla base della stessa dichiarazione o nel testo dell’art. 10-bis del d.lgs. n. 74 del 2000 e dello stesso art. 10-bis del d.lgs. n. 74 del 2000 limitatamente alle parole dovute sulla base della stessa dichiarazione o che, in via consequenziale, ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87 Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale , ha, altresì, dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 7, comma 1, lettera a , del d.lgs. n. 158 del 2015 e dell’art. 10-bis del d.lgs. n. 74 del 2000 limitatamente alle parole dovute o contenute nella rubrica della disposizione che, dunque, questa Corte ha già adottato la pronuncia di illegittimità costituzionale della disposizione censurata in senso conforme al petitum del rimettente che, quindi, la questione di legittimità costituzionale è divenuta priva di oggetto ed è pertanto manifestamente inammissibile ex multis, ordinanze n. 204 e n. 102 del 2022, n. 184 e n. 47 del 2021, n. 91 del 2019, n. 137, n. 38 e n. 34 del 2017 . Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 11, comma 2, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale. Per Questi Motivi la Corte Costituzionale dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 7 del decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 158 Revisione del sistema sanzionatorio, in attuazione dell’articolo 8, comma 1, della legge 11 marzo 2014, n. 23 , nella parte in cui modifica l’art. 10-bis del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74 Nuova disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, a norma dell’articolo 9 della legge 25 giugno 1999, n. 205 , sollevate, in riferimento agli artt. 3, 25, 76 e 77, primo comma, della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Vicenza, sezione penale, in composizione monocratica, con l’ordinanza indicata in epigrafe.