Nessuna sanzione per il cacciatore che modifica il proprio fucile per dotarlo di un led a raggi infrarossi

Impossibile, secondo i Giudici, parlare di arma alterata. Inoltre, la condotta tenuta dal cacciatore è anche ritenuta, in concreto, priva di rilievo penale in quanto inidonea a determinare una maggiore offensività dell'arma in relazione all'offesa alle persone, avendone maggiorato l'efficacia rispetto alla sola attività venatoria.

Nessun addebito penale a carico del cacciatore che ha modificato il proprio fucile aggiungendovi una staffa atta a munire l'arma di un led a raggi infrarossi, finalizzato ad aumentarne la potenzialità per la caccia notturna, che, peraltro, è vietata. A salvare il cacciatore finito sotto processo sono, in prima battuta, i giudici del Tribunale. Acclarata la condotta tenuta dal cacciatore, e consistita nell'alterare un fucile da caccia apponendovi una staffa atta a munire l'arma di un led a raggi infrarossi , finalizzato ad aumentarne la potenzialità per la caccia notturna, i giudici ritengono impossibile parlare di alterazione di arma, poiché la normativa sanziona chi altera, in qualsiasi modo, le caratteristiche meccaniche o le dimensioni di un'arma, quando tali alterazioni comportino però una maggiore offensività dell'arma o una agevolazione nel suo uso . In sostanza, a fronte di alterazioni non tassativizzate ossia non meccaniche o dimensionali dell'arma, allora non si può parlare di arma alterata , proprio come avvenuto nel caso oggetto del processo, poiché l'alterazione è consistita nell'inserimento di una staffa per l'innesto del led , precisano i giudici. Per chiudere il cerchio, infine, la condotta tenuta dal cacciatore è anche ritenuta, in concreto, priva di rilievo penale in quanto inidonea a determinare una maggiore offensività dell'arma in relazione all'offesa alle persone, avendone maggiorato l'efficacia rispetto alla sola attività venatoria, con conseguente venir meno del pericolo per l'incolumità pubblica , precisano ancora i giudici. Sulla stessa linea del Tribunale si attesta anche la Cassazione, respingendo il ricorso proposto dalla Procura e mirato a sottolineare l'oggettiva trasformazione dell'arma, trasformazione idonea a determinarne un'agevolazione nell'uso , alla stregua di qualsiasi altra modifica in grado di potenziarne l'offensività e a precisare che il potenziamento dell'offensività del fucile non può essere negata per il fatto che si tratta di un'arma da caccia, non potendosi escludere l'offesa alle persone anche nel contesto venatorio, ad esempio in seguito ad una lite . I Magistrati di Cassazione osservano che due dati hanno salvato il cacciatore finito sotto processo in primo luogo, l'alterazione dell'arma, pur funzionale ad agevolarne l'utilizzazione, non è stata ritenuta tale da averne modificato le caratteristiche meccaniche e le dimensioni in secondo luogo, la condotta è stata giudicata carente del requisito dell'offensività in concreto in quanto la modifica è stata ritenuta tale da non determinare una maggiore offensività dell'arma in concreto per l'offesa alle persone , essendo state le modifiche volte ad aumentare l'efficienza del fucile per finalità venatorie, con conseguente venir meno di ogni pericolo per la pubblica incolumità . In premessa, i Giudici di terzo grado sottolineano che la normativa per il controllo delle armi sanziona la condotta di chi, alterando in qualsiasi modo le caratteristiche meccaniche o le dimensioni di un'arma, ne aumenti la potenzialità di offesa, ovvero ne renda più agevole il porto, l'uso o l'occultamento . Di conseguenza, mentre l'alterazione dell'arma può avvenire con modalità non tipizzate, l'oggetto della modifica, per perfezionare la fattispecie penale, deve riguardare le caratteristiche meccaniche o le dimensioni dell'arma, rimanendo penalmente irrilevanti quelle modifiche dell'arma che non riguardano tali specifici aspetti . In sostanza, l'alterazione delle caratteristiche meccaniche dell'arma ossia di quelle che attengono al suo concreto funzionamento può avvenire anche mediante modificazioni reversibili, ma pur sempre effettive , se e in quanto esse abbiano concretamente conseguito uno degli obbiettivi che l'ordinamento ha inteso espressamente scongiurare , ossia l'aumento di potenzialità di offesa o l'accentuata agevolezza del porto, dell'uso o dell'occultamento . Passando dal quadro generale ai dettagli del caso oggetto del processo, i Magistrati sottolineano che l'apposizione della staffa è stata correttamente ritenuta non integrante la modificazione o l'alterazione penalmente rilevanti in ragione del fatto che essa si è sostanziata nell'aggiunta di un elemento esterno non idoneo ad alterare l'aspetto funzionale effettivo dell'arma, diversamente da quanto accade nel caso , ad esempio, dell'apposizione di un silenziatore . Peraltro, il concetto di maggiorata offensività non deve identificarsi soltanto con un aumento della potenza e della precisione dell'arma, bensì deve ritenersi riferibile anche a quelle situazioni di potenziale impiego nelle quali la disponibilità di un'arma modificata costituisce un obiettivo incentivo all'adozione di comportamenti antigiuridici . Corretta, perciò, la decisione assolutoria presa dal Tribunale, essendo acclarata la mancanza del requisito dell'offensività in concreto della condotta , poiché la staffa è stata apposta su un fucile da caccia rinvenuto nella disponibilità del cacciatore in un contesto del tutto lecito quale quello dell'esercizio dell'attività venatoria e non desumendosi da alcun elemento la possibilità di formulare, alla luce delle modalità della condotta, un giudizio probabilistico di uso dell'arma per finalità diverse .

Presidente Mogini – Relatore Galati Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 10 giugno 2022 il Tribunale di Firenze, all'esito di giudizio abbreviato, ha assolto B.F. dal reato di cui alla L. n. 110 del 1975, art. 3 ascrittogli per avere alterato un fucile da caccia apponendovi una staffa atta a munire l'arma di un led a raggi infrarossi, finalizzato ad aumentarne la potenzialità per la caccia vietata notturna. Il giudice di merito ha ritenuto l'insussistenza del fatto partendo dall'esegesi letterale della norma incriminatrice che sanziona la condotta di chi altera, in qualsiasi modo, le caratteristiche meccaniche o le dimensioni di un'arma quando tali alterazioni comportino una maggiore offensività della stessa o una agevolazione nel porto, uso o occultamento. Laddove si contestano alterazioni non tassativizzate ossia non meccaniche o dimensionali non vengono integrati gli elementi costitutivi del reato. Ciò è avvenuto nel caso di specie, nel quale l'alterazione è consistita nell'inserimento di una staffa per l'innesto del led. La condotta è stata anche ritenuta, in concreto, priva di rilievo penale in quanto inidonea a determinare una maggiore offensività dell'arma in relazione all'offesa alle persone, avendone maggiorato l'efficacia rispetto alla sola attività venatoria, con conseguente venir meno del pericolo per l'incolumità pubblica quale bene giuridico tutelato dalla norma incriminatrice contestata . 2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per saltum il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Firenze articolando due motivi. 2.1. Con il primo ha eccepito la violazione di legge in relazione alla L. n. 110 del 1975, art. 3 esponendo che, ferma restando la ricostruzione del fatto di cui alla sentenza, il Tribunale avrebbe operato una sorta di trasformazione di un elemento meramente descrittivo del fatto reato in un elemento costitutivo dello stesso. In sostanza, il riferimento alla finalità venatoria di cui alla rubrica imputativa non integrava un elemento costitutivo del reato, ma solo un dato descrittivo utile a fornire una completa definizione del fatto. Nel caso di specie, la rilevanza avrebbe dovuto essere confinata alla sola oggettiva trasformazione dell'arma che è stata ritenuta sussistente e che era idonea a determinare un'agevolazione nell'uso della stessa alla stregua di qualsiasi altra modifica in grado di potenziarne l'offensività. Tale ultima evenienza non avrebbe potuto essere negata per il fatto che si trattava di un'arma da caccia, non potendosi escludere l'offesa alle persone anche nel contesto venatorio ad esempio in seguito ad una lite . 2.2. Con il secondo motivo è stata dedotta violazione di legge per la mancata applicazione della confisca obbligatoria in materia di armi di cui alla L. n. 152 del 1975, art. 6 . Il ricorrente ha sostenuto che in questo caso, alla condanna, avrebbe dovuto far seguito il sequestro e la confisca dell'arma invece non disposti . 3. Il Procuratore generale ha chiesto il rigetto del ricorso. Il difensore dell'imputato ha depositato memoria con la quale ha, preliminarmente, eccepito l'inammissibilità del ricorso perché non articolato per violazione di legge e, nel merito, chiesto il rigetto dello stesso aderendo alle conclusioni del Procuratore generale. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato. 2. La sentenza del Tribunale di Firenze presenta una duplice ratio decidendi in quanto, da un lato, ha ritenuto insussistente il reato contestato poiché l'alterazione dell'arma, pur funzionale ad agevolarne l'utilizzazione, non era tale da averne modificato le caratteristiche meccaniche e le dimensioni. Inoltre, la condotta è stata giudicata carente del requisito dell'offensività in concreto in quanto la modifica è stata ritenuta tale da non determinare una maggiore offensività dell'arma in concreto per l'offesa alle persone, essendo stato il reato contestato in relazione a modifiche volte ad aumentare l'efficienza del fucile per finalità venatorie con conseguente venir meno di ogni pericolo per la pubblica incolumità. Il ricorso del Pubblico ministero, coinvolge, con il primo motivo, entrambe le ragioni della decisione sostenendo che la modifica apportata all'arma rientri nell'ampia nozione di alterazione delle caratteristiche meccaniche di cui alla L. n. 110 del 1975, art. 3 e che il ragionamento svolto dal giudice di merito sia viziato per avere operato la trasformazione di un elemento meramente descrittivo della fattispecie concreta modifica apportata ad un fucile da caccia in elemento costitutivo del reato. 2.1. Il motivo è infondato, in primo luogo, dovendosi ritenere che la motivazione della sentenza impugnata sia esente dal lamentato vizio di violazione di legge. La L. 18 aprile 1975, n. 110, art. 3 sanziona la condotta di chiunque, alterando in qualsiasi modo le caratteristiche meccaniche o le dimensioni di un'arma, ne aumenti la potenzialità di offesa, ovvero ne renda più agevole il porto, l'uso o l'occultamento . Mentre l'alterazione dell'arma, quindi, può avvenire con modalità non tipizzate, l'oggetto della modifica, per perfezionare la fattispecie penale, deve riguardare le caratteristiche meccaniche o le dimensioni dell'arma, rimanendo penalmente irrilevanti quelle modifiche dell'arma che non riguardano tali specifici aspetti. È stato affermato e viene qui condiviso che l'alterazione delle caratteristiche meccaniche dell'arma ossia di quelle che attengono al suo concreto funzionamento possa avvenire, con la conseguente integrazione della fattispecie incriminatrice, nel pieno rispetto del principio di offensività in qualsiasi modo stabilendo la disposizione , anche mediante modificazioni reversibili, ma pur sempre effettive, se e in quanto esse abbiano concretamente conseguito uno degli obbiettivi che l'ordinamento ha inteso espressamente scongiurare l'aumento di potenzialità di offesa o l'accentuata agevolezza del porto, dell'uso o dell'occultamento Sez. 1, n. 8351 del 27/10/2021, dep. 2022, Longo, in motivazione . Nel caso di specie, l'apposizione della staffa, è stata correttamente ritenuta non integrante la modificazione o l'alterazione penalmente rilevanti in ragione del fatto che essa si è sostanziata nell'aggiunta di un elemento esterno non idoneo ad alterare l'aspetto funzionale effettivo dell'arma, diversamente da quanto accade nel caso dell'apposizione di un silenziatore. Peraltro, anche quest'ultima, è stata ritenuta condotta da valutare nel contesto in cui tale condotta è stata posta in essere, tenuto conto del fatto che, proprio per il generale principio di offensività, occorre esaminare la condotta in relazione alla sua concreta possibilità di recare pregiudizio al bene giuridico tutelato dalla norma incriminatrice. È stato precisato, infatti, che il concetto di maggiorata offensività non deve identificarsi soltanto con un aumento della potenza e della precisione dell'arma, bensì deve ritenersi riferibile anche a quelle situazioni di potenziale impiego nelle quali la disponibilità di un'arma silenziata costituisce un obiettivo incentivo all'adozione di comportamenti antigiuridici Sez. 1, n. 23348 del 26/09/2017, dep. 2018, Chiappa, non mass. Sez. 1, n. 5381 del 18/04/1997, Parolari, Rv. 207819 - 01 in tal senso anche Sez. 7, ord., n. 33331 del 05/06/2019, Sotgia, non mass. Sez. 1, n. 3127 del 12/01/2011, Paladini, non mass. Sez. 1, n. 8639 del 27/11/2008, dep, 2009, Tonacci, non mass., tutte richiamate da Sez. 1, n. 8351 del 2022 cit. . È pertanto esente da vizi anche la seconda parte della motivazione della sentenza che, nel ritenere la mancanza del requisito dell'offensività in concreto della condotta, ha operato in termini ineccepibili avendo considerato che, in effetti, la staffa era stata apposta su un fucile da caccia rinvenuto nella disponibilità dell'imputato in un contesto del tutto lecito quale quello dell'esercizio dell'attività venatoria, non desumendosi da alcun elemento la possibilità di formulare, alla luce delle modalità della condotta, un giudizio probabilistico di uso dell'arma per finalità diverse. 3. Il secondo motivo di ricorso deve ritenersi assorbito dal rigetto del primo avendo ad oggetto la confisca dell'arma che non può essere disposta nel caso di sentenza assolutoria. Infatti, la misura di sicurezza patrimoniale della confisca è imposta per tutti i reati concernenti le armi ed è obbligatoria anche in caso di proscioglimento dell'imputato per particolare tenuità del fatto ai sensi dell' art. 131-bis c.p. , restando esclusa soltanto nell'ipotesi di assoluzione nel merito per insussistenza del fatto Sez. 1, n. 54086 del 15/11/2017, Loukili, Rv. 272085 . Tale tipo di pronuncia, quindi, preclude la possibilità di ordinare la confisca. Peraltro, in materia di armi, la L. 22 maggio 1975, n. 152, art. 6 rende applicabile l' art. 240, comma 2, c.p. ma, anche a tale proposito, la disposizione non trova applicazione nel caso di assoluzione per insussistenza del fatto. È condivisibile e va ribadito che la misura di sicurezza patrimoniale della confisca è imposta per tutti i reati, anche contravvenzionali, concernenti le armi, ed è obbligatoria anche in caso di estinzione del reato, restando esclusa solo nel caso di assoluzione nel merito e in quello di appartenenza dell'arma a persona estranea al reato Sez. 1, n. 1264 del 10/11/2006, dep. 2007, Pisciotta, Rv. 235854 conformi, fra le altre, Sez. 1, n. 1806 del 04/12/2012, dep. 2013, Scotti, Rv. 254213 , Sez. 1, n. 49969 del 09/10/2015, Costantini, Rv. 265409 . 4. Conclusivamente il ricorso deve essere rigettato senza alcuna pronuncia sulle spese, trattandosi di un ricorso della parte pubblica. P.Q.M. Rigetta il ricorso.