Chiede soldi a due donne per non diffondere loro foto intime: legittima la condanna per estorsione

Impossibile ridimensionare le condotte tenute in due distinte occasioni da un uomo che, fintosi imprenditore in grado di dare lavoro, ha circuito due donne, presentatesi per un colloquio virtuale, ottenendo alcune foto di loro a seno nudo, e poi ha chiesto loro denaro per continuare a tenere solo per sé quelle immagini.

Sacrosanto parlare di estorsione a fronte della condotta tenuta da un uomo che, fintosi imprenditore in grado di dare lavoro, prima ha ottenuto foto a seno nudo di due donne, presentatesi per un colloquio on line, e poi ha chiesto loro denaro e una telefonata hot per non diffondere quelle immagini. Scenario della triste storia è la Campania. Protagonista negativo è un uomo che, fintosi imprenditore pronto ad assumere, ha preso di mira due donne in cerca di un impiego. A seguito di colloqui virtuali, l’uomo è entrato in confidenza con le due donne ed è riuscito a farsi inviare alcune loro foto a seno nudo. A quel punto, però, l’uomo ha compiuto il passo successivo, cioè ha minacciato le due donne di diffondere le loro immagini hot e ha chiesto loro denaro e una telefonata a carattere sessuale per continuare a tenere per sé quelle foto. Ricostruita nei dettagli la vicenda, i giudici di merito ritengono sacrosanta, sia in primo che in secondo grado, la condanna dell’uomo, colpevole di estorsione , tra l’altro, e punito con quattro anni di reclusione e 2mila euro di multa. Sulla stessa linea dei giudici di merito si attestano anche i magistrati di Cassazione, i quali confermano in via definitiva la condanna dell’uomo. In premessa, i magistrati chiariscono che il criterio distintivo tra il delitto di estorsione mediante minaccia e quello di truffa cosiddetta vessatoria consiste nel diverso atteggiarsi del pericolo prospettato, sicché si ha truffa aggravata quando il danno viene prospettato come possibile ed eventuale e mai proveniente direttamente o indirettamente dal soggetto che compie la truffa, di modo che la persona offesa non è coartata nella sua volontà ma si determina all’azione o all’omissione versando in stato di errore, mentre ricorre il delitto di estorsione quando viene prospettata l’esistenza di un pericolo reale di un accadimento il cui verificarsi è attribuibile, direttamente o indirettamente, al soggetto che compie l’estorsione ed è tale da non indurre la persona offesa in errore, ma, piuttosto, nell’alternativa ineluttabile di subire lo spossessamento o di incorrere nel danno minacciato . Tirando le somme, mentre gli elementi caratterizzanti la condotta estorsiva sono la violenza e la minaccia, quelli qualificanti il comportamento truffaldino – anche nell’ipotesi aggravata della prospettazione di un pericolo immaginario – sono, pur sempre, gli artifizi e i raggiri , e in quest’ultima ipotesi la minaccia, poiché riguarda un male non reale ma immaginario, assume i contorni dell’inganno perché contribuisce all’induzione in errore della parte offesa del reato attraverso la prospettazione di un falso pericolo . Passando dal quadro generale al dettaglio della vicenda oggetto del processo, i magistrati sottolineano che l’uomo ha prospettato alle due persone offese un pericolo che era senz’altro reale , quello della diffusione delle fotografie che le ritraevano a seno nudo, e il cui verificarsi era attribuibile direttamente, in un caso, o anche indirettamente, in un altro caso, all’uomo, il quale poteva diffondere o meno le predette foto e far diffondere o impedire che esse fossero diffuse da terze persone . Ciò significa che le due donne erano poste nell’ineluttabile alternativa di fare pervenire all’uomo il denaro da lui richiesto o di subire il male da lui minacciato della diffusione delle fotografie compromettenti per la loro reputazione .

Presidente De Santis – Relatore Nicastro Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 15/03/2022, la Corte d'appello di Ancona confermava la sentenza del 04/12/2018 del Tribunale di Ascoli Piceno di condanna di H.B. per il reato di ricettazione di sigarette e di tabacco provenienti dal delitto di furto. 2. Avverso l'indicata sentenza della Corte d'appello di Ancona, ha proposto ricorso per cassazione, per il tramite del proprio difensore, H.B., affidato a un unico motivo, con il quale deduce, in relazione all' art. 606 c.p.p. , comma 1, lett. b ed e , la violazione dell' art. 175 c.p. e dell'art. 121 c.p.p. e art. 597 c.p.p. , comma 5, nonché l'omessa motivazione della sentenza impugnata relativamente alla propria richiesta del beneficio della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale che aveva avanzato con la memoria difensiva ex art. 121 c.p.p. che aveva trasmesso il 14 marzo 2022 a mezzo della pec all'indirizzo istituzionale della Corte d'appello di Ancona depositoattipenali2.ca.ancona.giustiziacert.it indirizzo che, sulla base del protocollo adottato dal Presidente della Corte d'appello di Ancona, risultava essere, appunto, quello al quale dovevano essere indirizzate le memorie difensive ex art. 121 c.p.p. . Il ricorrente premette che, nella specie, sussistevano le condizioni per la concessione del beneficio, atteso che a gli era stata inflitta congiuntamente una pena detentiva non superiore a due anni e una pena pecuniaria che, ragguagliata a norma dell' art. 135 c.p. e cumulata alla pena detentiva, lo avrebbe privato complessivamente della libertà personale per un tempo non superiore a trenta mesi b dal proprio certificato del casellario giudiziale risultava solo un decreto penale di condanna a Euro 5.000,00 di multa divenuto esecutivo il 13/02/2013, condanna i cui effetti penali si erano però estinti ai sensi dell' art. 460 c.p.p. , comma 5. Premessa, perciò, la sussistenza dell'astratta possibilità di usufruire della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale, il ricorrente deduce che, a fronte della sollecitazione, a mezzo della menzionata memoria difensiva, della concessione del predetto beneficio, con l'indicazione degli elementi di fatto in base ai quali esso avrebbe potuto essere ragionevolmente riconosciuto, la Corte d'appello di Ancona non avrebbe potuto - come invece ha fatto - non motivare al riguardo. Considerato in diritto 1. L'unico motivo è fondato. Le Sezioni unite della Corte di cassazione hanno chiarito che il mancato esercizio con esito positivo o negativo del potere-dovere del giudice di appello di applicare di ufficio i benefici di legge, non accompagnato da alcuna motivazione che renda ragione di tale non decisione , non può costituire motivo di ricorso per cassazione per violazione di legge o difetto di motivazione, se l'effettivo espletamento del medesimo potere-dovere non sia stato sollecitato da una delle parti, almeno in sede di conclusioni nel giudizio di appello, ovvero, nei casi in cui intervenga condanna la prima volta in appello, neppure con le conclusioni subordinate proposte dall'imputato nel giudizio di primo grado Sez. U., n. 22533 del 25/10/2018, dep. 2019, Salerno, Rv. 275376-01, in motivazione . Nel caso di specie, dall'esame degli atti di causa risulta che l'imputato - con una memoria ex art. 121 c.p.p. trasmessa dal proprio difensore, a mezzo della pec, all'indirizzo istituzionale della Corte d'appello di Ancona depositoattipenali2.ca.ancona.giustiziacert.it indirizzo che, sulla base del protocollo adottato dal Presidente della Corte d'appello di Ancona, risultava essere quello al quale dovevano essere indirizzate le memorie difensive ex art. 121 c.p.p. - aveva sollecitato l'espletamento, da parte della stessa Corte d'appello di Ancona, del potere-dovere previsto dall' art. 597 c.p.p. , comma 5, chiedendo, in particolare, l'applicazione del beneficio della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale e indicando, altresì, gli elementi in base ai quali riteneva che il giudice di appello avrebbe potuto esercitare positivamente il proprio menzionato potere-dovere. Posto che, pertanto, l' H. si deve ritenere senz'altro legittimato a dolersi, con il ricorso per cassazione, del mancato esercizio di tale potere-dovere, si deve rilevare come la sentenza impugnata risulti effettivamente priva di qualsiasi motivazione in ordine alla mancata concessione del richiesto beneficio della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale, con la conseguente sussistenza dei denunciati vizi di violazione di legge e mancanza di motivazione. 2. Pertanto, la sentenza impugnata deve essere annullata limitatamente al punto del beneficio di cui all' art. 175 c.p. , con rinvio per nuovo giudizio alla Corte d'appello di Perugia. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata limitatamente al punto del beneficio di cui all 'art. 175 c.p ., con rinvio per nuovo giudizio alla Corte d'appello di Perugia. Dichiara irrevocabile l'affermazione di responsabilità dell'imputato. Sentenza a motivazione semplificata.