Aggressivo nei confronti dell’ex fidanzata per riavere il cane che le aveva regalato: legittima la condanna

Impossibile ridimensionare la condotta tenuta dall’uomo sotto processo. Legittimo, secondo i Giudici, parlare di violenza privata. Esclusa la possibilità di catalogare l’episodio come mero esercizio arbitrario delle proprie ragioni.

Catalogabile come violenza privata la condotta aggressiva e violenta compiuta da un uomo ai danni della ex fidanzata per riavere il cane che le aveva regalato negli ormai passati tempi belli della coppia. Decisiva la ricostruzione dell’episodio oggetto del processo. All’uomo - Tizio - sotto accusa viene addebitato, in sostanza, di «avere posto in essere atti idonei, diretti in modo non equivoco, a costringere l’ex fidanzata e il padre di lei a consegnargli un cane di razza chihuahua, minacciandoli gravemente e colpendo violentemente al capo l’uomo, provocandogli gravi lesioni personali che lo costringevano al ricovero in ospedale con prognosi riservata per una emorragia subaracnoidea». A rendere ancora più esecrabile il comportamento dell’uomo sono, secondo i giudici di merito, i futili motivi che lo hanno spinto ad aggredire l’ex fidanzata, Caia, e il padre di lei, ossia il voler tornare in possesso del cagnolino che lui aveva regalato alla ragazza quando erano una coppia. Per i giudici di merito non ci sono dubbi sacrosanta, quindi, sia in primo che in secondo grado, la condanna di Tizio, ritenuto colpevole di tentata violenza privata e di lesioni aggravate. Col ricorso in Cassazione il legale che difende Tizio prova a proporre una differente chiave di lettura della vicenda. In questa ottica egli sottolinea che il suo cliente «era comproprietario di fatto della cagnolina della quale aveva preteso la restituzione, sicché la condotta» tenuta nei confronti dell’ex fidanzata e del padre di lei «deve essere ritenuta inquadrabile» come «esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza sulle persone» e quindi va considerata, secondo il legale, «non punibile per la particolare tenuità del fatto». A fronte della obiezione difensiva, i Giudici di Cassazione ricordano, in premessa, che «il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza o minaccia alle persone e quello di estorsione si differenziano tra loro in relazione all'elemento psicologico». Ma nella vicenda oggetto del processo «il cagnolino del quale Tizio aveva preteso violentemente la restituzione era stato da lui regalato alla ex compagna ed era a lei intestato», sicché «non vi era in capo a Tizio alcun diritto tutelabile per via giudiziaria». Impossibile, in sostanza, mettere in discussione la condanna di Tizio. Così come è impossibile, aggiungono i Giudici, escludere «la circostanza aggravante dei futili motivi», circostanza che è palese ove «la determinazione criminosa sia stata indotta da uno stimolo esterno di tale levità, banalità e sproporzione, rispetto alla gravità del reato, da apparire, secondo il comune modo di sentire, assolutamente insufficiente a provocare l'azione criminosa, tanto da potersi considerare, più che una causa determinante dell'evento, un mero pretesto per lo sfogo di un impulso violento». In sostanza, «l'intento che ispirava la condotta di Tizio, ovvero il possesso del cagnolino» ha rappresentato «un movente del tutto inidoneo a giustificare la violenza» compiuta.

Presidente Rosi – Relatore Recchione Ritenuto in fatto 1.La Corte di appello di Messina confermava la condanna di M.F. per il delitto di tentata violenza privata e lesioni aggravate. Si contestava allo stesso di avere posto in essere atti idonei, diretti in modo non equivoco, a costringere M.A. e M.C. a consegnargli un cane di razza chihuahua di proprietà di M.C., minacciandoli gravemente e colpendo violentemente al capo M.A. , provocandogli gravi lesioni personali che lo conducevano ad essere ricoverato con prognosi riservata per una emorragia subaracnoidea. La condotta di lesioni veniva ritenuta aggravata dai motivi futili, dalla recidiva e dall'aggravante teleologica, in quanto funzionale alla violenza provata. 2. Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore che deduceva 2.1. violazione di legge articolo 56, 393 c.p. e vizio di motivazione in ordine alla qualificazione giuridica della condotta si allegava che il ricorrente era comproprietario di fatto della cagnolina della quale aveva preteso la restituzione, sicché la condotta avrebbe dovuto essere ritenuta inquadrabile nella fattispecie prevista dagli articolo 56 e 393 c.p., che avrebbe dovuto considerarsi non punibile per la particolare tenuità del fatto 2.2. violazione di legge articolo 52 e 59 c.p. e vizio di motivazione in ordine al mancato riconoscimento della legittima difesa putativa o quantomeno dell'eccesso colposo in legittima difesa il M., avendo denunciato una estorsione, era stato vittima di gravi violenze ed era cosciente del fatto che M.A., che aveva osteggiato la relazione con la figlia, lo contrastasse la reazione violenta nei confronti di M. sarebbe stata dunque generata dal timore per la propria incolumità 2.3. violazione di legge articolo 61 nnumero 1 e 2 c.p. e vizio di motivazione in ordine sia in ordine al riconoscimento dell'aggravante c.d. teologica , della quale mancherebbe l'elemento soggettivo, che di quella dei futili motivi si deduceva, inoltre, che la condotta contestata sarebbe stata consumata in uno stato di alterazione emotiva, il che avrebbe dovuto condurre e concedere le attenuanti generiche. Da ultimo si deduceva che sarebbe illegittimo il diniego della sospensione condizionale della pena. Considerato in diritto 1.II primo motivo di ricorso è manifestamente infondato. Il collegio riafferma che II reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza o minaccia alle persone e quello di estorsione si differenziano tra loro in relazione all'elemento psicologico, da accertarsi secondo le ordinarie regole probatorie. Sez. U -, numero 29541 del 16/07/2020, Filardo, Rv. 280027 - 02 . Nel caso in esame la Corte d'appello rilevava come il cagnolino del quale M. aveva preteso violentemente la restituzione era stato da lui regalato alla ex compagna ed era intestato alla stessa, sicché non vi era in capo al ricorrente alcun diritto tutelabile per via giudiziaria, in ipotesi idoneo a sostenere l'invocato inquadramento giuridico. 1.2. Il secondo motivo di ricorso funzionale a contestare il mancato riconoscimento della legittima difesa putativa non supera la soglia di ammissibilità in quanto si risolve nella richiesta di rivalutazione della capacità dimostrativa delle prove, attività esclusa dal perimetro che circoscrive la competenza del giudice di legittimità. In materia di estensione dei poteri della Cassazione in ordine alla valutazione della legittimità della motivazione si riafferma che la Corte di legittimità non può effettuare alcuna valutazione di merito in ordine alla capacità dimostrativa delle prove, o degli indizi raccolti, dato che il suo compito è limitato alla valutazione della tenuta logica del percorso argomentativo e della sua aderenza alle fonti di prova che, ove si ritenessero travisate devono essere allegate - o indicate - in ossequio al principio di autosufficienza tra le altre Sez. 6 numero 13809 del 17/03/2015,0., Rv. 262965 . Nel caso in esame, con motivazione che non si presta ad alcuna censura, nè ad alcuna rivalutazione, la Corte d'appello rilevava che era del tutto priva di pregio la richiesta di applicazione della legittima difesa putativa , essendo emerso che l'imputato - con inusitata determinazione, palesata anche dinanzi agli operanti - aveva agito con violenza per appropriarsi del cagnolino, mentre le affermazioni inerenti un presunto ostacolo frapposto da M.A. alla relazione sentimentale con la figlia M.C. non avevano trovato alcun riscontro probatorio pag. 7 della sentenza impugnata . 1.3. Non superano la soglia di inammissibilità, in quanto anch'esse si risolvono la richiesta di rivalutazione della capacità dimostrativa delle prove, le doglianze rivolte nei confronti della riconoscimento dell'aggravante teleologica e dell'aggravante dei futili motivi. Il collegio ribadisce che la circostanza aggravante dei futili motivi sussiste ove la determinazione criminosa sia stata indotta da uno stimolo esterno di tale levità, banalità e sproporzione, rispetto alla gravità del reato, da apparire, secondo il comune modo di sentire, assolutamente insufficiente a provocare l'azione criminosa, tanto da potersi considerare, più che una causa determinante dell'evento, un mero pretesto per lo sfogo di un impulso violento Sez. 5, numero 25940 del 30/06/2020, M., Rv. 280103 - 02 . Si riafferma, inoltre, che in materia di circostanze aggravanti, il motivo abietto non si identifica nel fine di commettere un altro reato e può concorrere con l'aggravante del nesso teleologico quando gli elementi costitutivi di quest'ultima consentano di qualificare come abietto il movente del reato mezzo Sez. 1, numero 7918 del 01/02/2022, Modica, Rv. 282947 - 01 Sez. 5, numero 41052 del 19/06/2014, Barnaba, Rv. 260360 - 01 . Nel caso di specie, con motivazioni ineccepibile, in quanto aderente alle emergenze processuali e priva di fratture logiche, la Corte d'appello rilevava come l'intento che ispirava la condotta di M., ovvero il possesso del cagnolino, costituiva un movente del tutto inidoneo a giustificare la violenza agita. Non vi erano inoltre dubbi in merito alla finalità teleologica delle gravi lesioni inferte ad M.A. pag. 7 della sentenza impugnata . 2.Alla dichiarata inammissibilità del ricorso consegue, per il disposto dell'articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che si determina equitativamente in Euro tremila. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.