Con circolare numero 13/2023, avente ad oggetto la disciplina delle azioni rappresentative a tutela degli interessi collettivi dei consumatori che ricalca in gran parte la disciplina dei procedimenti collettivi previsti dal c.p.c. , Assonime ha messo in luce alcune perplessità e criticità comuni alla disciplina della class action nazionale, tra cui il sistema di adesioni “a doppio turno” sia dopo l’ordinanza di ammissibilità, sia dopo la pronuncia della sentenza , e l’obbligo per il professionista soccombente di versare all’avvocato della controparte e al rappresentante comune degli aderenti compensi ulteriori rispetto alle somme dovute ai singoli a titolo di risarcimento e restituzione.
Oggetto della suddetta circolare è il d.lgs. numero 28/2023, di attuazione della direttiva UE 2020/1828, che ha introdotto nel Codice del consumo la disciplina delle azioni rappresentative, «che consentono la tutela degli interessi collettivi dei consumatori nei casi di violazioni di determinate norme del diritto europeo commesse da professionisti». Questo nuovo strumento processuale «potrà essere utilizzato da associazioni consumeristiche e altri organismi specificamente individuati per ottenere dal giudice la cessazione della condotta illecita e/o rimedi di tipo compensativo a favore dei consumatori danneggiati». Ciò che però desta perplessità, secondo Assonime, sono le previsioni in tema di disclosure, «che non consentono anche al professionista convenuto in giudizio di avvalersi di tale modalità di accesso alla prova, non risultano conformi alla direttiva e al principio di parità delle armi e richiederanno un ripensamento». Anche la definizione di criteri di legittimazione degli enti diversi a seconda che si tratti di azioni rappresentative nazionali o transfrontaliere «non appare giustificata e aggiunge complessità al quadro normativo». Assonime si auspica che tale problematica venga superata «in favore di regole unitarie e coerenti con il modello europeo, specialmente riguardo all'impegno degli enti legittimati a rendere pubbliche con mezzi appropriati le informazioni sulle proprie fonti di finanziamento». Infine, viene sottolineata anche la scelta di includere tra gli enti legittimati qualora ne facciano richiesta anche le autorità amministrative indipendenti preposte all'applicazione delle norme a tutela dei consumatori. Ciò comporterebbe «un'inappropriata sovrapposizione tra i canali del public e del private enforcement, che dovrebbero invece restare distinti sia pure con adeguati meccanismi di coordinamento , in ragione della diversa funzione che svolgono nel sistema». Per un maggiore approfondimento, vedi anche “Class action il decreto in G.U.”.