Stalking da minorenne e dopo la maggiore età: la condanna non viola il ne bis in idem

Il decreto di archiviazione per il delitto di stalking emesso relativamente ai primi atti persecutori non preclude la celebrazione del giudizio per la medesima fattispecie astratta di reato allorquando si siano aggiunte ulteriori condotte persecutorie che abbiano generato uno o più degli eventi tipici della fattispecie.

La Corte d'Appello di Bologna confermava la condanna di due imputati per il reato di stalking e per uno di essi anche per violenza privata. I fatti contestati si riferivano alle condotte prevaricatrici e aggressive tenute dagli imputati in ambito scolastico e protrattesi successivamente per alcuni anni. La difesa ha proposto ricorso in Cassazione con il quale viene sostanzialmente contestata la fondatezza delle accuse. Il Collegio ritiene fondati i ricorsi, ma prima ancora sottolinea l'intervenuta prescrizione dei reati già in epoca antecedente alla pronuncia della sentenza d'appello. La sentenza merita quindi l'annullamento senza rinvio non sussistendo elementi che depongano per l'immediata pronuncia assolutoria degli imputati ai sensi dell' art. 129 c.p.p. Quanto agli effetti civili della condanna, il ricorso proposto nell'interesse di uno degli imputati contesta l'assenza del requisito della reiterazione degli atti persecutori, posto che, al di fuori di un episodio contestato, i precedenti episodi darebbero riferibili in realtà ad altri soggetti fermo restando che essi sono stati oggetto di archiviazione nell'ambito del procedimento penale presso il Tribunale per i minorenni . La pronuncia ricorda che il principio del ne bis in idem opera solo nel caso in cui la seconda iniziativa penale abbia ad oggetto il medesimo fatto storico-naturalistico , considerato in tutti i suoi elementi costitutivi e nelle circostanze di tempo, luogo e persona. Nel caso di specie, il procedimento, a differenza di quello oggetto di archiviazione, ha ad oggetto episodi di stalking commessi successivamente e, nello specifico, dopo il raggiungimento della maggiore età da parte degli imputati. Ritenendo dunque inammissibile la censura, viene affermato il principio di diritto secondo cui il decreto di archiviazione per il delitto di cui all'art. 612- bis c.p. emesso relativamente ai primi atti persecutori non preclude la celebrazione del giudizio per la medesima fattispecie astratta di reato allorquando si siano aggiunte ulteriori condotte persecutorie che abbiano generato uno o più degli eventi tipici dello stalking , non sussistendo in tal caso identità del fatto storico rilevante per la violazione del divieto di bis in idem secondo l'interpretazione data dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 200/2016 .

Presidente Guardiano Relatore Sessa Ritenuto in fatto 1.Con sentenza de 27.10.2020 la Corte di Appello di Bologna ha confermato la pronuncia emessa in primo grado nei confronti di B.R. e di S.G. , che li aveva dichiarati colpevoli, entrambi, del reato di cui all' art. 612 bis c.p. capo A e il solo S.G. anche del reato di violenza privata di cui al capo B , in concorso con R.D.M. . 2.Ricorrono per cassazione entrambi gli imputati, tramite i rispettivi difensori di fiducia. 3. Il ricorso proposto nell'interesse di B. deduce quattro motivi di seguito enunciati nei limiti di cui all' art. 173, comma 1, disp. att. c.p.p. . 3.1.Col primo motivo deduce l'erronea applicazione dell' art. 612-bis c.p. ravvisato in buona sostanza sulla base di due episodi quello del omissis e quello del omissis assunti ad emblema di una condotta prevaricatrice ed aggressiva in ambito scolastico protrattasi nell'arco di un solo anno - tra la fine del omissis e il omissis , laddove peraltro le condotte diverse da quella del omissis sono attribuite specificamente sole agli altri due imputati 3.2.Col secondo motivo deduce l'erronea applicazione dell' art. 649 c.p.p. rispetto ai fatti originariamente attribuiti al ricorrente che sono stati oggetto di archiviazione da parte del g.i.p. presso il tribunale per i minorenni pur a seguito di opposizione della persona offesa, fatti che sono stati, ciò nonostante, citati dal giudice nel presente procedimento, come commessi genericamente in anni precedenti, per supportare la reiterazione degli atti persecutori. 3.3.Col terzo motivo si duole del fatto che al ricorrente sia stata applicata la medesima pena irrogata nei confronti deì coimputati condannati anche per il reato di cui al capo B, come dedotto in appello e non considerato dalla sentenza impugnata. 3.4.Col quarto motivo deduce l'erronea applicazione della legge penale e processuale con riferimento all' art. 157 c.p. e all' art. 129 c.p.p. Anche volendo conteggiare la sospensione di giorni 69 prevista dal D.L. n. 18-20, art. 83, comma 9, il reato si è prescritto il 24.10.2020 ossia in data antecedente alla sentenza di appello pronunciata il 27.10.2020. 4, II ricorso proposto nell'interesse di S. deduce quattro motivi di seguito enunciati nei limiti di cui all' art. 173, comma 1, disp, att. c.p.p. . 4.1.Col primo motivo lamenta la mancata assunzione di una prova decisiva ovvero la riassunzione della prova testimoniale della persona offesa, il cui esame era stato già sollecitato in primo grado ai sensi dell' art. 507 c.p.p. , in relazione al messaggio inviato da M. , la persona offesa, ad altro compagno di scuola dal quale emerge come questa non sia attendibile avendo ammesso in tale messaggio di aver detto delle falsità delle cazzate contro i compagni di scuola, minacciando di fare la stessa cosa al suo interlocutore . Niente affatto convincente è la spiegazione di tipo psicologico fornita dai giudici di merito al riguardo. 4.2.Col secondo motivo deduce l'erronea applicazione dell' art. 612-bis c.p. e la contraddittorietà ed illogicità della motivazione. Dalla deposizione di alcuni dei testi escussi, posti a base della conferma dell'affermazione di responsabilità da parte della corte territoriale, e dallo stesso racconto reso dalla persona offesa nella denuncia-querela e nel verbale di sommarie informazioni non emerge mai un riferimento alla persona del ricorrente che non può quindi ritenersi coinvolto nella vicenda in esame. 4.3.Col terzo motivo deduce la contraddittorietà e manifesta illogicità della sentenza impugnata in relazione alla valutazione della persona offesa, a fronte delle conclusioni dello psichiatra infantile. 4.4.Col quarto motivo deduce anch'egli l'intervenuta prescrizione del reato. Considerato in diritto 1.1 ricorsi sono fondati agli effetti penali, essendo maturato il termine di prescrizione dei reati in data antecedente alla pronuncia della sentenza di secondo grado. Ed invero, il reato di cui all' art. 612-bis c.p. , che risulta commesso fino al omissis - laddove quello ascritto al solo s.G. si è consumato ancor prima ovvero il omissis - si è prescritto in data 21.10.2020 - prima della pronuncia della sentenza di appello risalente al 2710.2020 pur considerando i 64 giorni di sospensione previsti dalla disciplina emergenziale nel periodo pandemico da covid ai termine di prescrizione massima pari ad anni sette e mesi sei, ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 157 e 161 c.p. , decorrente dal omissis , decorso il 17.10.2020, aggiunti i 64 giorni indicati si giunge al 21.10.2020 . Donde, in ossequio al dictum delle Sezioni Unite n. 12602 del 17/12/2015 - dep. 25/03/2016, Ricci, Rv. 266818, che ha riconosciuto l'ammissibilità del ricorso per cassazione col quale si deduca, anche con un unico motivo, l'intervenuta estinzione del reato per prescrizione maturata prima della sentenza impugnata ed erroneamente non dichiarata dal giudice di merito - atteso l'obbligo della immediata declaratoria di determinate cause di non punibilità ex art. 129 c.p.p. , che impone al giudice di merito di adottare il provvedimento consequenziale, anche in assenza di eccezione di parte -, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio perché i reati come rispettivamente ascritti agli imputati sono estinti per intervenuta prescrizione, in mancanza di elementi che depongano per l'immediata pronuncia assolutoria degli imputati ai sensi dell' art. 129 c.p.p. , non evincibili nel caso di specie si rammenta che in presenza di una causa di estinzione del reato, secondo i principio, affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte, il giudice è legittimato a pronunciare sentenza di assoluzione a norma dell' art. 129 comma 2, c.p.p. soltanto nei casi in cui le circostanze idonee ad escludere l'esistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte dell'imputato e la sua rilevanza penale emergano dagli atti in modo assolutamente non contestabile, così che la valutazione che il giudice deve compiere al riguardo appartenga più al concetto di constatazione , ossia di percezione ictu oculi, che a quello di apprezzamento e sia quindi incompatibile con qualsiasi necessità di accertamento o di approfondimento, Sez. U, n. 35490 del 28/05/2009, Tettamenti, Rv. 244274, ipotesi non ricorrenti nel caso di specie pertanto, in presenza di una causa di estinzione del reato, non sono rilevabili in sede di legittimità vizi di motivazione della sentenza impugnata in quanto il giudice del rinvio avrebbe comunque l'obbligo di procedere immediatamente alla declaratoria della causa estintiva, Sez. U, testè richiamata . Consegue che il terzo motivo di ricorso di B. vertente sulla pena è assorbito dalla declaratoria di prescrizione del reato. 2. I ricorsi vanno dichiarati inammissibili agli effetti civili scaturenti dalla sentenza impugnata. Verranno di seguito esaminati i motivi di cui ai rispettivi ricorsi che assumono rilievo ai fini civili. 3. Il ricorso nell'interesse di B. . 3.1. I primi due motivi - gli unici che hanno rilievo agli effetti civili - possono essere trattati congiuntamente contestandosi in buona sostanza attraverso di essi la ricorrenza del requisito della reiterazione degli atti persecutori si assume che nel caso di specie sia attribuito al ricorrente al più l'episodio del omissis , laddove e altre condotte sarebbero riferite specificamente solo agli altri imputati, e che in ogni caso non possano considerarsi gli atti pregressi che sono stati oggetto di archiviazione nell'ambito del procedimento penale presso il Tribunale dei minorenni. Innanzitutto, deve osservarsi che il principio del ne bis in idem preclude una seconda iniziativa penale solo ove questa abbia ad oggetto il medesimo fatto storico-naturalistico, considerato in tutti i suoi elementi costitutivi condotta, evento, nesso causale e con riguardo alle circostanze di tempo, di luogo e di persona Sez. 1, n. 42630 del 27/04/2022, Rv. 283687 - 01, Sez. 6, n. 16846 del 01/03/2018, Rv. 273010 - 01, Sez. U, n. 34655 del 28/06/2005, Rv. 231799 - 01 , non essendo sufficiente la generica identità della sola condotta Sez. 2, n. 52606 del 31/10/2018, Rv. 275518 - 02 e che ai fini del divieto di bis in idem , l'identità del fatto deve essere valutata in relazione al concreto oggetto del giudicato e della nuova contestazione, senza confrontare gli elementi delle fattispecie astratte di reato Sez. 2, n. 1144 del 06/12/2018 Ud. dep. 11/01/2019 , Rv. 275068 - 01 laddove nel caso di specie il presente procedimento, a differenza di quello oggetto di archiviazione, ha ad oggetto condotte che ineriscono al periodo successivo al raggiungimento della maggiore età da parte degli imputati, nè può affermarsi che le pronunce di merito abbiano posto a base della sussistenza del reato di atti persecutori - solo - le condotte pregresse, antecedenti all'ottobre del 2011, essendo stato ciò espressamente escluso nella sentenza impugnata segnatamente a pag. 12 . Sicché i motivi che fanno leva sull'assunto contrario peccano in definitiva di aspecifictà, avendo la corte di appello, da un lato, già spiegato come le dichiarazioni rese dai testi e dalla stessa persona offesa non avessero mai circoscritto le condotte umilianti e violente degli imputati al periodo antecedente all' omissis , quando ancora gli stessi erano minorenni, evidenziando come esse, anzi, fossero riferibili proprio al periodo oggetto di contestazione nel presente procedimento nel quale si verificarono gli episodi del omissis e quelli ad esso antecedente precisando che la stessa teste della difesa circoscrive le condotte che riferisce all'anno scolastico omissis , dall'altro, altresì posto in rilievo come il requisito dell'abitualità emergesse - a differenza di quanto sostenuto già in quella sede dal ricorrente - dalle stesse espressioni dei test e della persona offesa che tratteggiano situazioni che si verificavano normalmente e con assidua frequenza nell'ambito scolastico, con la logica conseguenza che i fatti non potessero in alcun modo essere circoscritti agli episodi specificamente indicati in ricorso. D'altra parte, seppure vi fosse stato un accenno anche alle condotte oggetto di archiviazione, ragionando alla stregua dei principi suindicati affermati da questa Corte in materia di bis in idem', qui condivisi, e di quanto osservato nelle sentenze di questa sezione, Sez. 5, n. 20859 del 17/03/2021, Rv. 281267, Sez. 5, n. 22043 del 30/06/2020, Rv. 279357, pronunciate proprio in tema di stalking secondo le quali la pronunzia assolutoria per il delitto di cui all' art. 612-bis c.p. , passata in giudicato, non preclude la celebrazione del giudizio per il reato di minaccia - o secondo la seconda sentenza quello di violazione di domicilio - che ne costituisca una porzione di condotta, quando gli atti persecutori si siano sostanziati, oltre che ne profferire frasi intimidatorie, anche in ulteriori comportamenti molesti e minatori determinanti uno o più degli eventi tipici dello stalking , non sussistendo identità del fatto storico rilevante per la violazione del divieto di bis in idem , secondo l'interpretazione data dalla sentenza della Corte costituzionale n. 200 del 2016 si dovrebbe comunque concludere per la inconfigurabilità del bis in idem , dal momento che sarebbe, in ogni caso, stata la prosecuzione delle originarie condotte a determinare gli eventi integrativi della fattispecie criminosa contestata nel presente giudizio. Si può quindi enucleare il seguente principio di diritto Ii decreto di archiviazione per il delitto di cui all' art. 612-bis c.p. emesso relativamente ai primi atti persecutori non preclude la celebrazione del giudizio per la medesima fattispecie astratta di reato allorquando si siano aggiunte ulteriori condotte persecutorie che abbiano generato uno o più degli eventi tipici dello stalking , non sussistendo in tal caso identità del fatto storico rilevante per la violazione del divieto di bis in idem , secondo l'interpretazione data dalla sentenza della Corte costituzionale n. 200 del 2016 . 4. Il ricorso nell'interesse di s.G. . 4.1. Il primo motivo con cui si lamenta la mancata rinnovazione dibattimentale in appello che, se accolta, avrebbe portato ad un'acquisizione probatoria di asserito rilievo è manifestamente infondato. Al riguardo si deve rammentare che, in tema di rinnovazione dell'istruzione dibattimentale, nelle ipotesi di cui ai commi 1 richiesta di riassunzione di prove già acquisite e di assunzione di nuove prove e 3 rinnovazione ex officio dell' art. 603 c.p.p. è necessaria la dimostrazione, in positivo, della necessità assoluta nel caso del comma 3 del mezzo di prova da assumere, onde superare la presunzione di completezza del compendio probatorio cfr. tra le altre Sez. 3, n. 13888 del 27/01/2017, Rv. 269334 - 01 . Si è, altresì, affermato al riguardo che in tema di ricorso per cassazione, può essere censurata la mancata rinnovazione in appello dell'istruttoria dibattimentale qualora si dimostri l'esistenza, nell'apparato motivazionale posto a base della decisione impugnata, di lacune o manifeste illogicità, ricavabili dal testo del medesimo provvedimento e concernenti punti di decisiva rilevanza, che sarebbero state presumibilmente evitate se si fosse provveduto all'assunzione o alla riassunzione di determinate prove in appello Sez. 5, Sentenza n. 32379 del 12/04/2018, Rv. 273577 - 01 in tal caso il vizio deducibile è quello di motivazione oppure quello di cui all'art. 606, comma 1, lett. d c.p.p. nel solo caso di prove sopravvenute o scoperte dopo la sentenza di primo grado Sez. 1, n. 40705 del 10/01/2018, Rv. 274337 - 01 , laddove, come emerge dalla sentenza impugnata, tale evenienza neppure ricorre nel caso di specie. II ricorso, dal canto suo, si limita ad assumere genericamente la rilevanza della prova omessa - che consiste peraltro nella riassunzione della deposizione della persona offesa alla luce dei tenore e del rilievo che la difesa attribuisce al messaggio citato - ai fini della decisione adducendola a sostegno della tesi difensiva dell'inattendibilità della persona offesa, tesi che però trova confutazione nella sentenza impugnata attraverso la valutazione di diversi convergenti elementi tale valutazione non si esaurisce nella spiegazione di tipo psicologico, contestata dalla difesa, pure adeguatamente fornita a tale specifico riguardo, avendo il giudice di merito proceduto a una compiuta verifica della credibilità del racconto della vittima alla stregua di plurimi aspetti. D'altra parte costituisce principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte quello secondo cui il giudice d'appello ha l'obbligo di motivare espressamente sulla richiesta di rinnovazione del dibattimento solo nel caso di suo accoglimento, laddove, ove ritenga di respingerla, può anche motivarne implicitamente il rigetto, evidenziando la sussistenza di elementi sufficienti ad affermare o negare la responsabilità del reo ex multis, Sez. 3, n. 24294 del 07/04/2010, Rv. 247872 - 01 il rigetto dell'istanza di rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale in appello si sottrae al sindacato di legittimità quando la struttura argomentativa della motivazione della decisione di secondo grado si fonda su elementi sufficienti per una compiuta valutazione in ordine alla responsabilità Cass. 2 Sez. 6, Sentenza n. 2972 del 04/12/2020 Sez. 3, Sentenza n. 24294 del 07/04/2010 , che nel caso di specie passa attraverso la puntuale valutazione delle dichiarazioni della persona offesa e dei riscontri diretti esistenti a suo sostegno, valutazione che giustamente non è scevra da annotazioni relative alla situazione psicologica della giovane vittima dal momento che, come sottolinea la sentenza impugnata, sono proprio le patologiche condizioni di base del M. a fornire alle circostanze ed agli altri elementi che la difesa ritiene sintomatici di inattendibilità spiegazioni ben diverse, in tal modo rafforzando la tesi accusatoria anziché indebolirla, come vorrebbe la difesa e con riferimento specifico al messaggio in questione la corte territoriale non ha mancato di osservare come da esso emerga piuttosto l'esasperazione e la rabbia profonda della persona offesa per essere stata per anni vilipesa e la sua ferma intenzione di non subire più ancorché accompagnata da rivendicazioni non propriamente ortodosse per il caso in cui tali comportamenti non fossero cessati e l'ammonizione che M. fa allo z. vuoi che lo faccia anche a te riferita a quello che ha fatto a B. e agli altri riguarda, secondo l'interpretazione resa dal giudice di merito - come detto qui non sindacabile per le ragioni esposte - evidentemente la denuncia-querela sporta contro gli attuali imputati, quindi una legittima reazione consentita dall'ordinamento ad un fatto penalmente rilevante. Nel caso di specie, le ragioni del rigetto, oltre che evincibili dal contesto della motivazione, sono state anche oggetto di specifica indicazione, sicché in definitiva rigetto della richiesta integrativa rimane qui non sindacabile avendo la corte territoriale posto a base di essa argomenti non affetti da illogicità manifesta nè da contraddittorietà, essendo più che plausibile che la giovane vittima - come motiva la corte di appello a riguardo - avesse, dopo aver sporto denuncia, acquisito una maggiore sicurezza di sé e consapevolezza dei torti subiti per anni con conseguente acquisizione del senso dell'ingiustizia di quanto subito e di sviluppo dei sentimenti di rabbia e di rivalsa prima soffocati dalle fragilità e dai sensi di inferiorità. 4.2. Il secondo motivo prospetta, a sua volta, aspetti non deducibili nella presente sede di legittimità, dal momento che esso, nel lamentare in buona sostanza l'estraneità del ricorrente ai fatti, propone una diversa lettura dei dati processuali, che è al di fuori del perimetro di valutazione della Cassazione, la quale non può censurare quegli apprezzamenti di fatto compiuti dal giudice che attengono ai merito della causa - nel caso di specie svolti con puntualità da entrambi i giudici di merito nelle pronunce di primo e secondo grado, che in quanto conformi costituiscono un unico corpo motivazionale, sottolineando come la persona offesa avesse anche in sede di sommaria informazioni, oltre che in dibattimento, sempre affermato che le situazioni da lui denunciata erano attuate da B. unitamente, tra gli altri, a S.G. - trattandosi di valutazione che è sottratta al controllo di legittimità se immune - come è agevolmente riscontrabile nel caso in esame da vizi logici e giuridici e non violi altrimenti norme giuridiche. 4.3. Il terzo motivo è aspecifico. In relazione ad esso si deve innanzitutto rinviare a tutto quanto già indicato a proposito delle valutazioni svolte nella pronuncia impugnata con riferimento alla confermata attendibilità della persona offesa, ribadendo che la corte di appello ha piuttosto ritenuto un elemento di riscontro i problemi psicologici di cui era affetta la persona offesa, escludendo che essi abbiano potuto incidere negativamente sul racconto della vittima inficiandolo, racconto che ha peraltro trovato riscontro anche in altre testimonianze oltre che negli stessi atteggiamenti della persona offesa come descritti dai testi. 5. Dalle ragioni sin qui esposte deriva che la sentenza impugnata deve essere annullata agli effetti penali per essere i reati prescritti agli effetti civili i ricorsi devono invece essere dichiarati inammissibili alla declaratoria di inammissibilità dei ricorsi agli effetti civili consegue la condanna dei ricorrenti, in solido, alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile liquidate in complessivi Euro 3686, 00, come richiesto, oltre accessori di legge. In caso di diffusione del presente provvedimento devono essere omesse le generalità e gli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52 in quanto imposto dalla legge. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata agli effetti penali, perché i reati sono estinti per prescrizione. Dichiara inammissibili i ricorsi agli effetti civili e condanna gli imputati, in solido tra loro, alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile che liquida in complessivi Euro 3686,00, oltre accessori di legge. In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere le generalità e gli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 5 2 in quanto imposto dalla legge.