Stop alla piattaforma elevatrice per abbattere le barriere architettoniche se reca disagio agli altri condòmini

Accolte le obiezioni critiche mosse da un condòmino che ha sin da subito contestato il progetto. Decisivo per i giudici il riferimento soprattutto alla riduzione dello spazio disponibile per il passaggio lungo le rampe della scala.

Stop alla realizzazione di una piattaforma elevatrice all’interno dello stabile se l’obiettivo prefissato, cioè abbattere le barriere architettoniche che penalizzano un condòmino, rischia di creare problemi di sicurezza e di arrecare disagio agli altri condòmini. Scenario della battaglia è un condominio nel Milanese. Pomo della discordia è il progetto mirato alla realizzazione di una piattaforma elevatrice , interna al vano scale del fabbricato, per l’abbattimento delle barriere architettoniche. A impugnare le relative delibere assembleari è un condòmino, il quale sostiene che esse sono destinate a rendere inservibili le scale comuni all’uso ed al godimento anche di un solo condomino e a rendere impossibile il passaggio di due persone affiancate, il passaggio di barelle per il soccorso di emergenza, l’evacuazione rapida dell’edificio con conseguente pregiudizio alla sicurezza del palazzo . In aggiunta, poi, il condòmino lamenta anche il deprezzamento di valore dell’appartamento di sua proprietà in caso di realizzazione della piattaforma elevatrice. Per i giudici è necessario valutare innanzitutto l’ incidenza dell’opera sul valore economico della unità immobiliare del condòmino, poiché il Codice Civile vieta ogni tipo di innovazione che, indipendentemente dalla sua finalità di abbattimento delle barriere architettoniche, pregiudichi la proprietà esclusiva del condòmino. In un contesto, peraltro, ove, in particolare, l’elevatore inserito nel vano scale non finirebbe , osservano i giudici, con l’abbattere le barriere architettoniche dell’edificio nel suo complesso, rendendosi a tal fine necessaria una ulteriore opera, diversa ed autonoma, sulla rampa di accesso al palazzo . E la diminuzione di valore, seppure di minima percentuale, non verrebbe compensata in un’ottica di bilanciamento con l’utilità generale, poiché l’opera in sé considerata non apporta una utilità adeguata , emergendo, invece, l’incidenza del minor pregio del vano scale sull’unità immobiliare del condòmino. Per quanto concerne i potenziali rischi per la sicurezza dell’edificio e delle persone e i potenziali disagi in caso del passaggio di una barella, i giudici rilevano che è ipotizzabile una sensibile riduzione della larghezza delle rampe, e quindi l’inserimento dell’elevatore comporterebbe un obiettivo peggioramento di un passaggio sulle rampe delle scale già angusto, con conseguente incidenza negativa sulle condizioni di sicurezza. A proposito, poi, del passaggio di barelle e di oggetti ingombranti, il consulente tecnico d’ufficio ha osservato che l’elaborato grafico allegato evidenzia una riduzione nei punti di passaggio tra le rampe della scala e i pianerottoli di accesso, restringimento disagevole ma che non sembra impedire il passaggio di una barella, e che le bare potrebbero transitare in posizione quasi verticale tramite gli appositi carrelli saliscale , ma tale descrizione, pur rappresentando la possibilità di un passaggio di barelle e oggetti ingombranti come le bare, ne evidenzia, nella sostanza ed in concreto, l’estrema difficoltà, e non un semplice disagio, sia per le manovre e le posizioni che si renderebbero necessarie nei punti di passaggio che per la necessità di ricorrere a strumenti specifici. Ciò comporta, da un lato, un peggioramento obiettivamente rilevante delle condizioni attuali, anche in questo caso non compensato dai vantaggi che l’opera in sé considerata produce in quanto non idonea a soddisfare ogni esigenza dell’edificio di abbattimento delle barriere, e, dall’altro, un peggioramento delle condizioni di sicurezza , in particolare dovuto alle manovre per superare il disagevole passaggio delle barelle, comprese quelle di dimensioni più ridotte rispetto alle dotazioni delle ambulanze, e dovute ad una evacuazione ancor più rallentata dall’edificio in caso di emergenza . Legittimo, quindi, secondo i giudici, ipotizzare un rischio concreto per la sicurezza dell’edificio . Ecco perché va bloccata l’opera, concludono i giudici, i quali ricordano che l’innovazione è consentita se comporti solo per uno dei condòmini un pregiudizio limitato ma rechi utilità ai restanti condòmini mentre, invece, in questo caso, l’opera innovativa realizzata all’interno del vano scale pregiudicherebbe la proprietà del singolo condòmino senza arrecare un vantaggio adeguato ai restanti condòmini, i quali verrebbero a subire la riduzione della larghezza delle rampe interne delle scale ben al di sotto dei valori-limite e delle misure attuali, ed inoltre senza abbattere completamente le barriere architettoniche, rendendosi necessaria una ulteriore opera per la prima rampa di scale esterne, non garantendo la cabina e la porta il passaggio delle sedie a rotelle, e diminuendo apprezzabilmente la sicurezza dell’edificio, in ragione, appunto, dell’eccessiva riduzione della larghezza delle rampe esistenti .

Giudice Formaggia Motivi in fatto e diritto della decisione Con atto di citazione notificato a mezzo PEC in data 2.11.2021 al CONDOMINIO DI VIA omissis di seguito per brevità anche solo CONDOMINIO” , il sig. C.M. di seguito per brevità anche solo C.M. ha proposto appello avverso la sentenza numero 6312/2021 emessa in data 16.7.2021, pubblicata in data 20.7.2021, con la quale il Tribunale di Milano, in parziale accoglimento della domanda attorea avente ad oggetto l'impugnazione delle delibere assembleari 1 , 3 , 4 , 5 , 6 e 7 adottate in occasione dell'assemblea condominiale del 10 gennaio 2018 e relative all'installazione di una piattaforma elevatrice interna al vano scale del fabbricato per l'abbattimento delle barriere architettoniche, ha annullato la delibera condominiale numero 1 , ha rigettato l'impugnazione avverso la delibera numero 3 , ha dichiarato il difetto di interesse del C.M. ad impugnare le delibere nnumero 4 , 5 , 6 e 7 , ha compensato tra le parti le spese di lite e posto i costi della CTU su ciascuna delle parti per la metà. Come puntualizzato dal primo Giudice, con l'atto introduttivo di primo grado, C.M. aveva impugnato le predette delibere aventi specificamente ad oggetto numero 1 la conferma del progetto di installazione di una piattaforma elevatrice interna al vano scale dell'edificio, redatto nel 2013, previo il rilascio del titolo edilizio/autorizzazione”, già oggetto di diniego comunale, impugnato innanzi al giudice amministrativo numero 3 l'approvazione, stante la massima urgenza”, di un nuovo progetto, senza rinunzia al precedente progetto né al giudizio amministrativo numero 4 la presentazione della relativa pratica all'autorità amministrativa numero 5 la valutazione delle offerte per la realizzazione delle opere numero 6 la ripartizione delle spese numero 7 la gestione tecnica e amministrativa del progetto. Aveva dedotto la violazione dell' articolo 1120 c.comma , e che le delibere adottate rendevano inservibili le scale comuni all'uso ed al godimento anche di un solo condomino rendevano impossibile il passaggio di due persone affiancate, il passaggio di barelle per il soccorso di emergenza, l'evacuazione rapida dell'edificio arrecavano pregiudizio alla sicurezza dell'edificio e ne alteravano il decoro architettonico. Aveva ulteriormente rilevato la violazione dei parametri normativi di settore indicati nella L. numero 13/1989 e D.M. numero 236/1989 , il mancato superamento della barriera architettonica rappresentata dalla scala posta all'esterno dell'edificio, la violazione della normativa regionale L. numero 6/1989, del Regolamento edilizio e del Regolamento di igiene del Comune di San Donato Milanese con riguardo al mancato rispetto dei limiti minimi di larghezza delle scale condominiali e delle porte interne che devono consentire il passaggio di due persone contemporaneamente ed il passaggio di una barella con un'inclinazione massima del 15%. Aveva allegato, a supporto della propria tesi, il duplice provvedimento di diniego emesso dal Comune, per contrasto con la normativa di settore, del permesso di costruire, quest'ultimo richiesto con istanza presentata in data 2.10.2013 e successive integrazioni, per la realizzazione della predetta piattaforma elevatrice. Il CONDOMINIO si era costituito sostenendo la legittimità della delibera impugnata. In particolare, aveva dedotto con riguardo alla violazione dell' articolo 1120 c.comma , la non sussistenza di pregiudizi alla stabilità e sicurezza dello stabile sulla base delle risultanze della CTU del precedente giudizio incardinato nel 2013 la non sussistenza di pregiudizio al decoro architettonico, trattandosi di intervento interno al fabbricato la non sussistenza dell'inservibilità del bene, atteso che l'uso della scala non era precluso al singolo condòmino l'insussistenza del danno all'unità immobiliare del sig. C.M., considerando che nessuna modifica o diminuzione di luminosità, ariosità o soleggiamento avrebbe subìto l'appartamento dello stesso e l'insussistenza di un pregiudizio alla salute ed alla sicurezza pertanto, riprendendo la CTU espletata nella causa del 2013, aveva sostenuto che la soluzione paventata, in mancanza di una norma nazionale univoca in tema di larghezza scale, non avrebbe inciso sulla salute e sulla sicurezza. Il Tribunale, decidendo la causa sulla base della disposta c.t.u. volta a verificare la sussistenza delle circostanze allegate dall'attore e sulla base della documentazione in atti, ha accolto parzialmente la domanda di C.M. annullando la delibera numero 1 assunta in data 10.1.2018 dall'assemblea condominiale, ha rigettato l'impugnazione avverso la delibera numero 3 e dichiarato il difetto di interesse dell'attore ad impugnare le delibere nnumero 4 , 5 , 6 e 7 . Ha precisato, in particolare, che l' articolo 2 della L.numero 13/1989 , come modificato dall' articolo 10 comma 3 del D.L.numero 76/2020 c.d. Decreto Semplificazioni” , prevede quale unico limite alle innovazioni finalizzate all'abbattimento delle barriere architettoniche il pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato, essendo venuto meno il limite del rispetto del decoro architettonico e della necessità di assicurare l'uso ed il godimento delle parti comuni anche da parte di un solo condòmino, e che ciò comportava la perdita di rilievo delle doglianze prospettate dall'attore relativamente alla lesione del decoro architettonico ed all'inservibilità delle parti comuni per l'uso ed il godimento anche di un solo condòmino, avendo il legislatore rimosso tali limiti previsti dal codice civile. Ha analizzato quindi le doglianze dell'attore rilevando -rapportandosi alle conclusioni del consulente tecnico d'ufficio che faceva proprie che -in relazione al presunto pregiudizio per la sicurezza dell'edificio, dalla realizzazione del progetto non si ravvisava un rischio riguardante né la sicurezza dell'edificio né delle persone dovuto all'asserita impossibilità del passaggio di due persone affiancate e di barelle per il soccorso di emergenza, né si ravvisavano maggiori difficoltà nell'evacuazione rapida dell'edificio, anche perché, considerato il basso numero di persone che lo abitava, pure in situazioni di emergenza non appariva poter sussistere un concreto rischio di pericolosi rallentamenti nell'evacuazione conseguenti all'impossibilità, per due persone, di uscire contemporaneamente affiancate, mentre il passaggio con le barelle non sarebbe stato precluso ma solo più disagevole nei punti di intersezione tra scale e pianerottoli -in relazione al presunto danno all'unità immobiliare di proprietà esclusiva del C.M., l'installazione della nuova opera non avrebbe comportato alcuna variazione per l'aria e la luce con riguardo ai portoncini d'ingresso dell'appartamento presenti sul vano scale in quanto già attualmente ciechi -in relazione all'asserita violazione di norme imperative, in particolare del Regolamento comunale, del Regolamento di igiene e della normativa regionale, la violazione di norme urbanistiche ed edilizie comportava conseguenze solo di carattere amministrativo, mentre la violazione delle norme civilistiche in materia di distanze consentiva di chiedere la riduzione in pristino -l'inosservanza delle prescrizioni contenute nel D.M. numero 236/1989 si era verificata unicamente con riguardo al progetto del 2013, che non rispettava le dimensioni minime stabilite dall'articolo 8.1.12 lett. c -contrariamente a quanto sostenuto dall'attore, non sarebbe stato invece applicabile alla fattispecie in esame l'articolo 8.1.12 lett. b , poiché relativo ad edifici di nuova costruzione e non già ad adeguamento di edifici preesistenti, secondo l'ambito di applicazione della lettera c -in relazione alla presunta inutilità dell'opera, derivante dal mancato superamento della barriera architettonica rappresentata dall'esistenza di scale esterne all'edificio, il CONDOMINIO aveva superato il problema proponendo l'installazione di una rampa di scale mobile o fissa -difettava l'interesse ad impugnare le restanti delibere in quanto, in relazione alla numero 4 , che atteneva alla presentazione del nuovo progetto del 2018 al Comune, questo era già stato presentato al Comune al momento della proposizione del giudizio mentre per le delibere 5 , 6 , 7 , relative all'aspetto economico, il difetto d'interesse derivava dall'insussistenza di pregiudizio nei confronti di C.M. atteso il proprio esonero dalla partecipazione delle spese. Da tali considerazioni ha tratto la nullità della sola delibera numero 1 relativa al progetto del 2013 rigettando per il resto la domanda attorea. Avverso la sentenza ha proposto appello principale C.M. con atto di citazione notificato al CONDOMINIO DI VIA omissis a mezzo PEC in data 2.11.2021 al fine di ottenerne una parziale riforma. Ha chiesto, in particolare, nel merito, che venissero dichiarate nulle e/o annullate anche le delibere assunte dall'assemblea nell'adunanza del 10.1.18, ai punti 3 , 4 , 5 , 6 e 7 dell'ordine del giorno e, in via istruttoria, l'ammissione delle istanze istruttorie non ammesse e/o rigettate in primo grado e, specificamente, la rinnovazione delle indagini peritali in ordine ai punti del quesito formulato dal Giudice con l'ordinanza del 20.5.19. Si è costituito il CONDOMINIO DI omissis con comparsa depositata in data 2.12.2021, deducendo l'inammissibilità e/o infondatezza dell'appello in fatto e diritto e chiedendone il rigetto con conseguente conferma della sentenza impugnata ad eccezione del capo riguardante la delibera numero 1, oggetto di appello incidentale, e chiedendo che venisse accertata e dichiarata la validità anche della predetta delibera. Sulle conclusioni precisate dalle parti in via telematica come consentito dalla normativa sulla pandemia Covid, la causa è stata decisa in camera di consiglio dopo la scadenza dei termini concessi per il deposito degli atti conclusivi. È opportuno rilevare, in premessa, come il primo Giudice abbia dato atto di aderire alle conclusioni della disposta c.t.u., specificamente nei punti richiamati. Ma si osserva come per taluni aspetti le conclusioni del C.T.U. considerate dal primo Giudice non siano allineate agli accertamenti di fatto premessi mentre questi sono frutto di indagini tecniche appropriate ed esaustive rispetto al quesito posto e si fondano su rilievi obiettivi che trovano riscontro nello stato di fatto accertato e negli elementi doviziosamente descritti e oggettivamente verificabili, le conclusioni, così come alcune espressioni contenute nella relazione, esprimono talvolta soltanto opinioni deduttive e frutto di valutazioni personali che in alcuni punti non collimano con le premesse e con i dati tecnici in esse appurati. A fronte della richiesta dell'appellante che, ponendo in rilievo le incongruenze di alcune affermazioni, insiste per il rinnovo della c.t.u., l'appellato CONDOMINIO svolge una ferma opposizione, adducendo quanto sia evidente la pretestuosità … della richiesta di rinnovazione della C.T.U. essendosi svolta nell'ambito del quesito del Giudice e in base a quanto effettivamente e concretamente verificabile” pag.43 comparsa di risposta in appello . Si condivide in proposito l'assunto del CONDOMINIO sulla pertinenza ed esaustività di quanto verificato dal C.T.U. però con la puntualizzazione che, se ciò consente di ritenerne la sufficienza ed adeguatezza ai fini della decisione e di aderirvi quindi pienamente negli accertamenti di fatto, suffragati dal supporto tecnico derivante dalle conoscenze e ambito di competenze del consulente che ha pienamente e motivatamente risposto al quesito, comporta tuttavia di non considerare le espressioni usate e quelle parti delle conclusioni che si traducono in opinioni meramente valutative non strettamente aderenti agli accertamenti tecnici compiuti, non richieste e non dovute dal Consulente, e in alcuni punti contraddittorie rispetto alle premesse e alle motivazioni in queste contenute. Pertanto, ritenendosi sufficienti e completi gli accertamenti tecnici esperiti, e tali da consentire una rappresentazione dei fatti completa e utile per giungere a decidere la controversia, non si ritiene di dover esperire altra consulenza he finirebbe per prolungare la pendenza del processo, ben potendosi la decisione assumere sulla base degli elementi già acquisiti in causa. Ciò posto, procedendosi all'esame dei motivi dell'appello principale, che concerne le delibere 3, 4, 5, 6, 7, riguardanti il progetto del 2018, e di quello incidentale, che concerne la delibera 1 riguardante il richiamato progetto del 2013, si rileva che, con il primo motivo, C.M. deduce 1. ERRONEA INTERPRETAZIONE DELLE RISULTANZE ISTRUTTORIE. OMESSA, CARENTE O ILLOGICA MOTIVAZIONE. ERRONEA APPLICAZIONE DELL'articolo 1120 C.C. E DELL'articolo 2 DELLA LEGGE numero 13/1989 , CON RIFERIMENTO ALLLA LESIONE DEL DIRITTO DI PROPRIETÀ ESCLUSIVA DELL'APPELLANTE DEPREZZAMENTO DELL'UNITÀ IMMOBILIARE ”. L'appellante censura la sentenza impugnata nella parte in cui il primo Giudice ha ritenuto infondato il motivo relativo al deprezzamento di valore dell'appartamento del sig. C.M. conseguente alla realizzazione del progetto oggetto della delibera del 10.2.18, respingendo la domanda di annullamento del punto 3 della stessa sulla base di un'erronea interpretazione delle censure dell'attore, delle risultanze della CTU, del quadro istruttorio e della normativa anche sopravvenuta vigente. Il deprezzamento dell'unità immobiliare, quale lesione del diritto di proprietà esclusiva dell'appellante, e non l'alterazione del decoro architettonico delle parti comuni, come ritenuto erroneamente dal primo Giudice, sarebbe stato confermato dal CTU al punto 8 della perizia giurata in cui si legge L'eventuale riduzione di valore dell'immobile potrebbe essere correlata al solo minor pregio visivo del vano scale condominiale. Tale riduzione di valore sarebbe comunque stimabile in qualche punto percentuale.” Con tale affermazione il Consulente ha invero confermato il minor pregio visivo del vano scale” conseguente all'opera deliberata, e che il suo minor pregio si tradurrebbe, in termini economici e di valore, solo in una percentuale minima. Trattasi di un aspetto che non riguarda il decoro architettonico dell'edificio -ed è perciò considerabile pur tenendo conto della norma, richiamata in sentenza, di cui al c.3 dell'articolo 10 del D.L. numero 76/2020 cd. Decreto semplificazioni” convertito in L.numero 120/2020 che ha integrato l' articolo 2 L. numero 13/1989 ma l'incidenza dell'opera sul valore economico della unità immobiliare del C.M., in effetti tutelata dall' articolo 1120 c.comma , che vieta ogni tipo di innovazione, indipendentemente dalla sua finalità di abbattimento delle barriere architettoniche, che pregiudichi la proprietà esclusiva del condòmino. In un contesto peraltro ove, in particolare, l'elevatore inserito nel vano scale non finirebbe con l'abbattere le barriere architettoniche dell'edificio nel suo complesso, rendendosi a tal fine necessaria una ulteriore opera, diversa ed autonoma, sulla rampa di accesso all'edificio. La diminuzione di valore dunque, seppure di minima percentuale, non verrebbe compensata in un'ottica di bilanciamento con l'utilità generale, perché l'opera in sé considerata non ne apporta una adeguata. Il fatto che dai portoncini di ingresso non entrasse né aria né luce, non esclude dunque che l'installazione dell'opera introdurrebbe obiettivamente una variazione, quella data dal deprezzamento, pur minimo, riscontrato dal C.T.U., con riguardo all'incidenza del minor pregio del vano scale sull'unità immobiliare del C.M. La censura dell'appellante è pertanto fondata, e non può essere considerata inammissibile, come eccepisce il CONDOMINIO, posto che anche il riferimento del C.M. ai suoi portoncini riguardava nel complesso il minor pregio del pianerottolo e della rampa di scale che servono l'unità immobiliare dello stesso. Con il secondo motivo, C.M. deduce ERRONEA INTERPRETAZIONE DELLE RISULTANZE ISTRUTTORIE. OMESSA, CARENTE O ILLOGICA MOTIVAZIONE. CARENZA DI ISTRUTTORIA, OMESSA DISAMINA DI UN MOTIVO DI IMPUGNAZIONE ED ERRONEA INTERPRETAZIONE E APPLICAZIONE DELL'articolo 1120 C.C., DELL'articolo 1 DELLA LEGGE numero 13/1989 E DELL'articolo 4.1.10 DEL D.M. numero 236/1989 CON RIFERIMENTO ALLA SICUREZZA DELL'EDIFICIO”. Con il terzo motivo, ricollegato al precedente, deduce 3. SEGUE OMESSA, CARENTE O ILLOGICA MOTIVAZIONE. CARENZA DI ISTRUTTORIA, OMESSA DISAMINA DI UN MOTIVO DI IMPUGNAZIONE –ERRONEA MISURA DELLE SCALE UTILIZZATA DALLA CTU E DAL GIUDICE DI PRIME CURE L'appellante ha nello specifico censurato l'assunto del primo Giudice secondo cui non si ravvisano rischio per la sicurezza dell'edificio e delle persone dalla realizzazione del progetto” e quello secondo cui Quanto al passaggio delle barelle, esso non sarebbe precluso, ma solo reso più disagevole nei punti di intersezione tra le scale ed i pianerottoli.” Secondo C.M. il disegno su cui si sarebbero fondati il CTU ed il primo Giudice conterrebbe numerose imprecisioni, ed in particolare non avrebbe considerato la presenza del corrimano e configurerebbe posizioni e manovre irrealistiche dei soccorritori inoltre farebbe riferimento a barelle di dimensione massima di 180x50 cm quando la misura standard delle barelle in dotazione delle ambulanze sarebbe di 185x56 cm ed ancora, era stato lo stesso CTP del CONDOMINIO ad ammettere che il passaggio di una barella, all'esito dell'intervento edilizio, sarebbe indubbiamente” difficoltoso e non soltanto disagevole” il tutto in un contesto normativo, applicabile agli edifici preesistenti, ove la larghezza delle rampe e dei pianerottoli deve permettere il passaggio contemporaneo di due persone ed il passaggio orizzontale di una barella con una inclinazione massima del 15% lungo l'asse longitudinale” riferendosi all'articolo 4.1.10 del D.M. 236/1989 . Inoltre, il primo Giudice avrebbe omesso di considerare che la larghezza reale fruibile delle scale prevista dal progetto approvato con il punto 3 dell'ordine del giorno non è al netto del corrimano, sicché l'installazione obbligatoria per legge anche di un secondo corrimano articolo 4.1.10 numero 3 del D.M . 236/1989 e 3 . 4 .78 del Regolamento Locale di Igiene ridurrebbe ulteriormente la larghezza delle rampe. Si osserva che il C.T.U., a proposito del passaggio di persone, ha verificato che allo stato attuale solo la rampa che collega l'ingresso al piano rialzato larga 200 cm consentiva il passaggio di due persone affiancate, mentre le altre, di 100 o 90 cm , già non lo consentivano occorrendo una larghezza di 120 cm al netto dei corrimani . Non vi è dubbio, dunque, che l'inserimento dell'elevatore avrebbe comportato un obiettivo peggioramento di un passaggio sulle rampe delle scale già angusto, con conseguente incidenza negativa sulle condizioni di sicurezza. A proposito delle barelle, e degli oggetti ingombranti, il C.T.U. osserva che l'elaborato grafico allegato evidenzia una riduzione nei punti di passaggio tra le rampe scala e i pianerottoli di accesso, restringimento disagevole” ma che non sembra impedire il passaggio di una barella, e che le bare potrebbero transitare in posizione quasi verticale tramite gli appositi carrelli saliscale”. La descrizione data dal C.T.U., pur rappresentando la possibilità di un passaggio di barelle e oggetti ingombranti come le bare, ne evidenzia, nella sostanza ed in concreto, l'estrema difficoltà, e non un semplice disagio”, sia per le manovre e posizioni che si renderebbero necessarie nei punti di passaggio descritti che per la necessità di ricorrere a strumenti specifici. Ciò comporta, da un lato, un peggioramento obiettivamente rilevante delle condizioni attuali, anche in questo caso non compensato dai vantaggi che l'opera in sé considerata produce in quanto non idonea a soddisfare ogni esigenza dell'edificio di abbattimento delle barriere e comporta, d'altro canto, peggioramento delle condizioni di sicurezza, in particolare dovute alle manovre per superare il disagevole passaggio delle barelle, comprese quelle di dimensioni più ridotte rispetto alle dotazioni delle ambulanze, e dovute ad una evacuazione ancor più rallentata dall'edificio in caso di emergenza. Se si aggiunge che le misure rilevate sono al netto del corrimano, la situazione, pur in presenza di un solo corrimano, è ancora più pericolosa per la complessiva sicurezza dell'edificio. Le considerazioni svolte portano a riscontrare, sulla base degli elementi obiettivi descritti dal C.T.U., un rischio concreto per la sicurezza dell'edificio ed inducono a discostarsi dalle considerazioni finali in alcuni passaggi contraddittorie con i rilievi e gli accertamenti descritti da questi svolte e fatte proprie dal primo Giudice. Il rilievo è assorbente rispetto alle altre censure, oggetto del quarto motivo d'appello, che sono volte a mettere in evidenza come l'opera progettata comporti la violazione della Legge regionale numero 6/1989, dei regolamenti edilizi e di igiene del Comune di San Donato Milanese, del D.M. numero 246/1987 , plurime violazioni del D.M. numero 236/1989 . Ad ogni modo, a questo proposito, non è condivisibile quanto ritenuto dal primo Giudice riguardo alla violazione delle norme urbanistiche, perché quelle riguardanti la sicurezza sono imperative, indisponibili ed inderogabili dai privati in quanto poste a tutela di interessi generali. La soluzione adottata dal primo Giudice, che ha ritenuto inderogabile soltanto la normativa in materia di barriere architettoniche, e perciò nulla solo la delibera numero 1, è dunque contraddittoria, perché al pari di questa, anche la normativa sulla sicurezza risponde alla tutela di interessi generali. L'ulteriore restringimento delle scale, già di misura inferiore a quella regolamentare in materia di sicurezza, derivante dall'opera di cui al progetto 2018, oggetto del punto 3 della delibera condominiale, avrebbe dovuto comportare, del pari, la nullità anche di tale delibera, valendo anche a questo proposito quanto già osservato, e cioè che una rilevante modificazione peggiorativa delle condizioni attuali di sicurezza, non compensata dai vantaggi che l'opera produce essendo essa di per sé non idonea a soddisfare -da sola e per come progettata ogni esigenza dell'edificio di abbattimento delle barriere architettoniche, comporta una inammissibile modificazione innovativa in pejus. In più, il progetto 2018 era già privo di alcuni requisiti richiesti dalla normativa, come evidenziato a pag.35 della c.t.u., con riferimento al disegno presentato dal CTP del condominio ove si evidenzia che per la messa a norma dell'impianto occorre un allungamento dell'impianto di 67 mm, e come attesta il fatto che la richiesta di autorizzazione è consistita in un permesso di costruire in deroga”, che ha comportato il diniego del Comune anche proprio perché la riduzione della larghezza delle rampe esistenti andava oltre i limiti di sicurezza normativamente imposti, e stante la concreta praticabilità di soluzioni alternative. Neppure ha rilievo nella specie l'osservazione secondo cui la Corte di Cassazione avrebbe riconosciuto la legittimità della riduzione del passaggio ribadendo il principio che l'innovazione è consentita se comporti solo per uno dei condòmini un pregiudizio limitato ma rechi utilità ai restanti condomini. Infatti, come in altri punti già sottolineato, l'opera innovativa realizzata all'interno del vano scale pregiudica la proprietà del C.M. senza arrecare un vantaggio adeguato ai restanti condòmini, i quali verrebbero a subire la riduzione della larghezza delle rampe interne delle scale ben al di sotto dei valori-limite e delle misure attuali, ed inoltre non abbatte completamente le barriere architettoniche, rendendosi necessaria una ulteriore opera per la prima rampa di scale esterne, non garantendo la cabina e la porta il passaggio delle sedie a rotelle, diminuendo apprezzabilmente la sicurezza dell'edificio, in ragione, appunto, dell'eccessiva riduzione della larghezza delle rampe esistenti. A proposito delle questioni sorte tra le parti sulle soluzioni alternative, che prevedono l'installazione della piattaforma elevatrice all'esterno dell'edificio, è appurato che ve ne sono, e che si tratta di soluzioni concretamente percorribili sul piano tecnico e idonee a contemperare al meglio le contrapposte esigenze delle parti, ossia di realizzare un impianto di sollevamento …col minor sacrificio per la collettività condominiale” così relazione c.t.u. pag.45 . Infatti, il C.T.U. ne descrive i vantaggi, sul piano tecnico, logistico ed esecutivo, oltre che per la possibilità di avere l'accesso dell'ascensore alla quota del cortile con conseguente soluzione del problema della rampa d'ingresso all'edificio, senza esborsi maggiori pagg.24-27 relazione c.t.u. . Gli ostacoli frapposti dal Condominio alla realizzazione della soluzione alternativa esterna e le osservazioni del C.T.P. si sono focalizzati sui costi e sul fatto che se gli appartamenti fossero stati divisi in più unità immobiliari l'ascensore esterno avrebbe potuto servire solo una unità. Si tratta di argomenti infondati. La seconda osservazione riguarda invero una circostanza non attuale e del tutto ipotetica la prima non è fondata perché secondo i calcoli del C.T.U. la soluzione esterna comporterebbe anzi una spesa lievemente inferiore. Inoltre, un progetto di ascensore esterno era già stato deliberato dal Supercondominio Lotto F” prima dello scioglimento e distacco del CONDOMINIO convenuto, sicché, contrariamente a quanto questi rileva, l'ostacolo della necessità di approvazione da parte del Supercondominio appare tutt'altro che insuperabile. Quanto al vincolo paesistico ambientale, al parere della Soprintendenza e al permesso del Comune, non avendo il CONDOMINIO appellato percorso la soluzione alternativa non vi sono elementi per ritenere che un adeguato progetto esterno possa essere bloccato da alcun veto. Tutto quanto osservato è assorbente sia rispetto alle altre questioni compresa quella di legittimità costituzionale sollevate negli ulteriori motivi dell'appello principale sia rispetto all'appello incidentale, posto che il primo progetto del 2013, oggetto della delibera numero 1, era pacificamente ancora più peggiorativo, rispetto a quello del 2018 oggetto della delibera numero 3, delle condizioni attuali del Condominio, con particolare riguardo alle scale e alla loro praticabilità secondo le norme di sicurezza. Conclusivamente, in accoglimento dell'appello principale e rigettato l'appello incidentale, in conseguente parziale riforma della sentenza appellata, va annullata anche la delibera numero 3 adottata dall'assemblea del CONDOMINIO di Via omissis di Milano, mentre nessuna pronuncia è dovuta sulle delibere nnumero 4, 5, 6 e 7, in relazione alle quali non vi sono state nella causa petendi specifiche censure sulla pronuncia del Tribunale che ha dichiarato il difetto di interesse del C.M. ad impugnare. Per il principio della soccombenza sancito dall' articolo 91 c.p.comma , le spese dei due gradi vengono poste a carico del CONDOMINIO e liquidate come in dispositivo, avuto riguardo ai criteri indicati dal vigente D.M. numero 147/2022 , essendosi conclusa l'attività difensiva con il deposito delle memorie di replica successivamente alla sua entrata in vigore, con riferimento al valore della controversia, indeterminabile di complessità bassa, e, attesa la media difficoltà delle questioni trattate, al valore medio per le tre fasi, esclusa per il grado d'appello quella istruttoria di fatto non svoltasi. Si dà atto, ai sensi dell' articolo 13, comma 1–quater, D.P.R. numero 115/2002 , della sussistenza dei presupposti per il versamento, a carico del CONDOMINIO appellato-appellante incidentale, dell'ulteriore importo pari al contributo unificato versato. P.Q.M. La Corte d'Appello di Milano, definitivamente pronunciando sull'appello principale proposto da C.M. contro il CONDOMINIO DI VIA omissis di Milano, appellato-appellante incidentale, avverso la sentenza del Tribunale di Milano numero 6312/2021 pubblicata il 20.7.202 1, ogni altra e diversa istanza, eccezione e deduzione disattesa, così provvede in accoglimento dell'appello principale, ed in conseguente riforma per quanto di ragione della sentenza impugnata, annulla la delibera numero 3 adottata dall'assemblea del CONDOMINIO di Via omissis di Milano rigetta l'appello incidentale condanna il CONDOMINIO DI VIA omissis di Milano al pagamento, in favore di C.M., delle spese del presente grado di giudizio, che si liquidano, quanto al giudizio di primo grado, in complessivi Euro 7.616,00, di cui Euro 1.701,00 per la fase studio, Euro 1.204,00 per la fase introduttiva, Euro 1.806,00 per la fase istruttoria ed Euro 2.905,00 per la fase decisionale, e, quanto al presente grado, in complessivi Euro 6.946,00, di cui Euro 2.058,00 per la fase studio, Euro 1.418,00 per la fase introduttiva ed Euro 3.470,00 per la fase decisionale, il tutto oltre rimborso forfettario spese generali del 15% ed oltre I.V.A. e C.P.A. secondo legge dà atto, ai sensi dell 'articolo 13, comma 1–quater, D.P.R. numero 115/200 2, come modificato dall'articolo 1 c.17 L. numero 228/2021, della sussistenza dei presupposti per il versamento, a carico del CONDOMINIO DI VIA omissis di Milano, dell'ulteriore importo pari al contributo unificato versato.