Non versa il mantenimento per le figlie: basso reddito, alcolismo e tossicodipendenza non sono una giustificazione

Il dato reddituale non è sufficiente, secondo i Giudici, per ritenere che l’uomo abbia agito in buona fede, destinando alle figlie solo quanto possibile. A inchiodare l’uomo sono il lavoro come cuoco e la costosa dipendenza da alcol e sostanze stupefacenti.

Nessuna via di fuga per il padre che non versa all’ex moglie il mantenimento destinato alle figlie minorenni e si giustifica mettendo sul tavolo un reddito annuo che non arriva neanche a 10mila euro. A fronte del dato reddituale, difatti, a inchiodare l’uomo sono il suo lavoro come chef, valutato dai Giudici come assai retributivo, e la sua dipendenza dall’alcol e dalla droga. A finire sotto processo è un uomo, accusato di non avere provveduto minimamente, né a livello materiale né a livello morale, alle sue due figlie minorenni, costrette a fare affidamento solo e soltanto sulla madre, che, dal canto proprio, si è prima ritrovata disoccupata e poi è riuscita a trovare lavoro come donna delle pulizie e non ha mai smesso di fare affidamento sul sostegno economico dei genitori. Il quadro è chiarissimo, secondo i giudici di merito ecco spiegata la condanna, sia in primo che in secondo grado, dell’uomo, ritenuto colpevole di avere fatto mancare per diversi anni i mezzi di sussistenza alle figlie minorenni. Di parere opposto, ovviamente, il legale che difende l’uomo puntando sul «magro reddito», pari a poco più di 8mila euro nel 2019, percepito dal suo cliente e «corrispondente al cosiddetto minimo vitale, qualificato dalla Corte Costituzionale nella sentenza numero 97/1968 come ciò che è sufficiente a soddisfare i bisogni elementari della vita, e la cui entità varia annualmente in corrispondenza della quantificazione dell’assegno sociale». Secondo il legale, quindi, l’uomo «ha dunque dimostrato di avere contribuito nei limiti di quanto poteva», con «adempimenti parziali» attestanti «la volontà di corrispondere il dovuto». Per quanto concerne, poi, la posizione economica dell’uomo, il legale ritiene illogico «qualificare», come fatto invece in Appello, «come lauto lo stipendio di cuoco», e non a caso l’uomo «è stato ammesso al patrocinio a spese dello Stato», conclude il legale. Chiara la linea difensiva. L’uomo, pur a fronte di «due figlie minorenni» e di «una moglie rimasta disoccupata» a lungo, ritiene di «avere ottemperato al proprio obbligo genitoriale con il versamento di sporadiche e minimali somme, in assenza di propri sufficienti mezzi economici che consentissero il versamento del dovuto». A questa visione i Giudici di Cassazione ribattono osservando che «nel lungo periodo preso in considerazione, i versamenti operati dall’uomo in favore delle figlie» sono valutabili come «del tutto insufficienti rispetto alla cifra fissata dall’autorità giudiziaria civile – nello specifico, in quasi due anni ha versato solo 550 euro –», anche tenendo presente che «l’uomo è obbligato, oltre a corrispondere l’assegno di mantenimento, a contribuire per il 50 per cento alle spese straordinarie» per le figlie minorenni. A completare il quadro, poi, la constatazione che «nel periodo dell’inadempimento l’uomo ha svolto l’attività di cuoco, sia in Italia che in Germania, e, a fronte delle legittime e doverose richieste della madre delle bambine di provvedere ai suoi obblighi di padre, egli l’ha insultata e l’ha definita “pezzente”, così dimostrando», osservano i Giudici, «di disconoscere la necessità di contribuzione e di sottrarvisi deliberatamente». Più in particolare, l’uomo «ha corrisposto, solo parzialmente e a proprio piacimento, il dovuto, senza mai giustificarsi o preoccuparsi per il mantenimento delle sue bambine nonostante dell’assegno disposto dal giudice civile non risulti essere stata mai chiesta la riduzione», e nonostante «la donna fosse disoccupata e, successivamente, fosse stata costretta a svolgere una modesta attività di pulizie». Allo stesso tempo, «l’uomo non ha fornito la prova di versare in una situazione di impossibilità oggettiva, perdurante, assoluta e incolpevole di far fronte al proprio obbligo genitoriale a favore delle figlie minorenni», anzi, al contrario, si è appurato «l’uomo è tossicodipendente ed alcolista e, dunque, in grado di fare fronte economicamente a detta sua costosa condizione» e ha «ha svolto l’attività di cuoco, notoriamente ben retribuita, ma, nonostante ciò, non ha versato quanto dovuto per il mantenimento delle bambine, rimaste sempre a totale carico della madre che ha avuto bisogno del sostegno dei propri genitori». Tirando le somme, «è il complesso delle condotte inadempienti dell’uomo, protrattesi per anni senza soluzione di continuità, unitamente all’essersi disinteressato della vita delle figlie sotto il profilo dell’istruzione, dell’educazione e della loro stessa crescita e all’avere ingiuriato la loro madre per il solo fatto che lo mettesse di fronte alle sue responsabilità di padre, a comprovare che la sua omissione» in materia di mantenimento delle due figlie «non sia dipesa da impossibilità incolpevole». Al contrario, ci si trova di fronte, secondo i Giudici, ad «una precisa ed ostinata deliberazione dell’uomo, che nulla ha a che vedere né con la sua condizione di tossicodipendenza, che non gli ha precluso di lavorare come cuoco e di rifornirsi di quanto necessario per assecondarla, né con l’avere ottenuto l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato in forza della mera autodichiarazione di un reddito di 8mila euro circa, dato a fronte del quale non risulta essere stato operato alcun controllo e che, per questo, costituisce un dato meramente formale». In questo quadro i Giudici aggiungono un’ulteriore sottolineatura, osservando che «l’uomo, anziché addurre elementi di fatto volti a dimostrare di avere tentato quanto possibile per contribuire interamente al dovuto e fruire di ulteriori fonti di reddito ad esempio, anche presentando domande di lavoro o chiedendo aiuto ad amici e parenti o vendendo propri beni per adempiere in qualsiasi modo ai propri obblighi genitoriali, come fatto invece dalla madre delle bambine, e anziché giustificare la sua assenza, anche morale con le sue figlie, è arrivato al punto di ingiuriare la donna e di rivendicare il proprio minimale ed inadeguato apporto persino come sufficiente», condotte, queste, che valutabili come prova certa che l’uomo «non si trovasse in una condizione assimilabile all’indigenza», tale, cioè, da escluderne la responsabilità penale per il mancato versamento del mantenimento destinato alle due figlie. Evidente, infine, la gravità della condotta tenuta dall’uomo, il quale «non solo ha fatto mancare i mezzi di sussistenza alle due figlie minorenni, pur svolgendo un’attività di lavoro particolarmente remunerativa» ma ha anche «insultato la ex moglie quando avanzava le proprie richieste, così mostrando di disconoscere i propri doveri ed imponendole notevoli sacrifici ed apprensione».

Presidente Di Stefano – Relatore Travaglini Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza sopra indicata la Corte di appello di Genova ha confermato la pronuncia con la quale il Tribunale di Savona aveva condannato C.A., per il reato di cui all'articolo 570, comma 2, numero 2 c.p., per avere fatto mancare i mezzi di sussistenza alle figlie minorenni dal settembre 2017. 2. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso l'imputato, con atto sottoscritto dal difensore, deducendo i seguenti motivi. 2.1. Violazione di legge in relazione all' articolo 27 Cost. e articolo 6, comma 2, CEDU per avere la Corte di appello accertato la responsabilità penale del ricorrente ritenendo che non avesse fornito la dimostrazione di versare in condizioni di assoluta impossibilità di adempiere così imponendo una prova diabolica, invertendo l'onere probatorio gravante sul pubblico ministero e violando la presunzione di non colpevolezza. Infatti, C., aveva dimostrato gli adempimenti parziali e dunque la volontà di corrispondere il dovuto. 2.2. Vizio di motivazione della sentenza impugnata che ha valorizzato gli insulti del ricorrente nei confronti della persona offesa a fronte delle sue richieste di denaro che, invece, esprimevano soltanto il rancore per la fine della relazione. Inoltre, la Corte di appello ha qualificato come lauto lo stipendio di cuoco di C., circostanza smentita dall'essere stato ammesso al patrocinio a spese dello Stato. 2.3. Violazione di legge in quanto gli importi versati sono del tutto coerenti con il magro reddito percepito dal ricorrente, pari ad Euro 8223,07 nel 2019, corrispondente al cosiddetto minimo vitale, qualificato dalla Corte costituzionale nella sentenza numero 97 del 1968 come ciò che è sufficiente a soddisfare i bisogni elementari della vita, e la cui entità varia annualmente in corrispondenza della quantificazione dell'assegno sociale nei termini di cui all'articolo 545 c.p.p., comma 7. Il ricorrente ha dunque dimostrato di avere contribuito nei limiti di quanto poteva tanto da escludersi il dolo richiesto dalla norma. 2.4. Vizio di motivazione in ordine all'applicazione dell'articolo 131-bis c.p., in quanto la Corte di appello ha omesso la pronuncia in ordine alla sussistenza della causa di non punibilità richiesta. 3. Il giudizio di cassazione si è svolto con trattazione scritta, ai sensi del D.L. numero 137 del 2020, articolo 23, comma 8, convertito dalla L. numero 176 del 2020. Considerato in diritto 1. Il ricorso deve essere rigettato. 2.11 primo motivo, sull'assoluta incapacità economica ad adempiere del ricorrente, è infondato. Le censure, oltre a replicare quelle già-rimesse all'esame della Corte di appello, che le ha analizzate e disattese con corretti e puntuali argomenti, sono destituite di fondamento. Il ricorrente, infatti, a fronte di due figlie minorenni e di una moglie rimasta disoccupata sino all'aprile del 2020, ritiene di avere ottemperato al proprio obbligo genitoriale con il versamento di sporadiche e minimali somme in assenza di propri sufficienti mezzi economici che consentissero il versamento del dovuto. Del tutto errata è la lettura offerta dal C. non solo della fattispecie penale, ma anche degli obblighi su di sé gravanti in qualità di padre tenuto, per ciò solo, al mantenimento delle figlie minorenni. E' incontroverso che nel lungo periodo preso in considerazione dall'imputazione dal settembre 2017 i versamenti operati dal ricorrente a favore delle figlie fossero del tutto insufficienti rispetto alla cifra fissata dall'autorità giudiziaria civile da settembre 2017 ad aprile 2019 aveva versato Euro 550 , anche tenendo presente che C. è obbligato, oltre a corrispondere l'assegno di mantenimento, a contribuire per il 50 % alle spese straordinarie. I giudici di merito, infatti, con una puntuale argomentazione, di cui non sono stati in alcun modo prospettati elementi di illogicità o incompletezza, hanno chiarito come il ricorrente nel periodo dell'inadempimento avesse svolto l'attività di cuoco, sia in omissis che in omissis , e, a fronte delle legittime e doverose richieste della madre delle bambine di provvedere ai suoi obblighi di padre, la insultasse e la definisse pezzente , così dimostrando di disconoscere e sottrarsi deliberatamente alla necessità di contribuzione. Del tutto eccentrico, e totalmente disancorato dal pacifico orientamento di questa Corte oltre che dal precetto costituzionale che all'articolo 30 Cost., comma 1, impone a ciascun genitore di corrispondere il dovuto, il motivo proposto relativo all'onere della prova gravante sul pubblico ministero di dimostrare la capienza economica dell'imputato che si sottrae agli obblighi previsti. L'impossibilità del minorenne di provvedere a sé stesso in modo autonomo, stante il dovere costituzionale del genitore di mantenerlo rende l'inadempimento sempre integrativo del reato di cui all'articolo 570 c.p. a meno che l'imputato non dimostri di essere nell'impossibilità assoluta di provvedervi. Il ricorrente ha corrisposto, solo parzialmente e a proprio piacimento il dovuto, senza mai giustificarsi o preoccuparsi per il mantenimento delle sue bambine nonostante a dell'assegno disposto dal giudice civile non risulti essere stata mai chiesta la riduzione b la madre fosse disoccupata e, successivamente, fosse stata costretta a svolgere una modesta attività di pulizie. La sentenza impugnata, con argomenti logici e aderenti alla giurisprudenza di questa Corte, ha esaminato in modo completo le circostanze indicate nel ricorso che, in questa sede, vengono riproposte in modo reiterativo. C., non ha fornito la prova di versare in una situazione di impossibilità oggettiva, perdurante, assoluta e incolpevole di far fronte al proprio obbligo genitoriale a favore delle figlie minorenni. Infatti, dalla sentenza risulta che il ricorrente, tossicodipendente ed alcolista, dunque in grado di fare fronte economicamente a detta sua costosa condizione, avesse svolto l'attività di cuoco, notoriamente ben retribuita, e ciononostante non avesse versato quanto dovuto per il mantenimento delle bambine, rimaste sempre a totale carico della madre che aveva avuto bisogno del sostegno dei propri genitori. E', dunque, il complesso delle condotte inadempienti di C., protrattesi per anni senza soluzione di continuità, unitamente all'essersi disinteressato della vita delle figlie sotto il profilo dell'istruzione, dell'educazione e della loro stessa crescita e dell'avere ingiuriato la loro madre per il solo fatto che lo mettesse di fronte alle sue responsabilità di padre, a comprovare che la sua omissione non sia dipesa da impossibilità incolpevole. Si tratta, infatti, di una precisa ed ostinata deliberazione che nulla ha a che vedere né con la sua condizione di tossicodipendenza, che non gli ha precluso di lavorare come cuoco e di rifornirsi di quanto necessario per assecondarla, né con l'avere ottenuto l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato in forza della mera autodichiarazione di un reddito di Euro 8223,07, a fronte del quale non risulta essere stato operato alcun controllo che costituisce, per questo, un dato meramente formale. E' opportuno richiamare il pacifico orientamento di questa Corte secondo cui l'assoluta incapacità economica dell'obbligato, quando derivi da una sua colpevole scelta di vita, a partire dal non attivarsi per trovare un lavoro per adempiere ai propri obblighi genitoriali, non è idonea ad escludere la configurabilità del reato Sez. 6, numero 49979 del 09/10/2019, G., Rv. 277626 Sez. 6, numero 41697 del 15/09/2016, B., Rv. 268301 . Il fatto che C., anziché addurre elementi di fatto volti a dimostrare di avere tentato quanto possibile per contribuire interamente al dovuto e fruire di ulteriori fonti di reddito ad esempio anche presentando domande di lavoro o chiedendo aiuto ad amici e parenti o vendendo propri beni per adempiere in qualsiasi modo ai propri obblighi genitoriali, come fatto invece dalla madre delle bambine, e anziché giustificare la sua assenza, anche morale con le sue figlie, è arrivato al punto di ingiuriare la donna e di rivendicare il proprio minimale ed inadeguato apporto persino come sufficiente, condotte che hanno costituito, correttamente, per i giudici di merito, la prova che il ricorrente non si trovasse in una condizione assimilabile all'indigenza ed escludere la responsabilità Sez. 6, numero 13144 del 01/03/2022, R., Rv. 283055 . 3. Il terzo motivo di ricorso è infondato. Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte non è censurabile in sede di legittimità la sentenza che non motivi su una specifica deduzione prospettata con l'appello quando ne risulti il rigetto dalla motivazione complessivamente considerata Sez. 4, numero 5396 del 15/11/2022, dep. 2023, Lakrafy, Rv. 284096 . Tale assunto vale anche rispetto alla richiesta di riconoscimento della causa di non punibilità di cui all'articolo 131-bis c.p., da ritenersi implicitamente disattesa dal giudice quando richiami elementi idonei ad escludere una valutazione del fatto in termini di particolare tenuità Sez. 3, numero 43604 del 08/09/2021, Cincolà, Rv. 282097 e valorizzi indici del disvalore significativo della vicenda criminosa, pur in mancanza di espresso riferimento a tale causa di non punibilità Sez. 2, numero 41544 del 15/07/2022, Deng, non massimata . Alla luce di detti principi, la Corte territoriale ha evidenziato che non solo l'imputato ha fatto mancare i mezzi di sussistenza alle due figlie minorenni, pur svolgendo un'attività di lavoro particolarmente remunerativa, ma ha insultato la ex moglie quando avanzava le proprie richieste, così mostrando di disconoscere i propri doveri, ed imponendole notevoli sacrifici ed apprensione pagg. 4-5 della sentenza . A fronte di un tale giudizio, volto ad escludere in radice la tenuità e la minima offensività della condotta, eventuali considerazioni difensive, a prescindere dalla loro fondatezza o meno, non potevano comunque trovare accoglimento. A ciò si aggiunge che l'atto di appello aveva chiesto in termini generici e privi di qualsiasi motivazione l'applicazione della menzionata causa di non punibilità, tale da non adempiere all'onere di specificità posto a carico dell'appellante nei termini indicati da Sez. U, numero 8825 del 27/10/2016, Galtelli. 4. Dagli argomenti che precedono consegue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.