IMU: rinviata alla Consulta la questione relativa alla mancata esenzione per l'immobile occupato abusivamente

La Sezione Tributaria della Corte di Cassazione ha dichiarato rilevante e non manifestamente infondata, in riferimento all'articolo 3, comma 1, all'articolo 42, comma 2, ed all’articolo 53, comma 1, della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 9, comma 1, d.lgs. 14 marzo 2011, numero 23 nella sua formulazione originaria, applicabile ratione temporis , nella parte in cui non prevede l’esenzione d’imposta nell’ipotesi di occupazione abusiva dell’immobile che non possa essere liberato pur in presenza di denuncia agli organi istituzionali preposti.

Così le ordinanze interlocutorie nnumero 9956/2023 e 9957/2023. La disciplina. Il testo originario dell'articolo 13, comma 2, d.l. 6 dicembre 2011, numero 201 prevedeva quanto segue «l'imposta municipale propria ha per presupposto il possesso di immobili di cui all'articolo 2 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, numero 504». A sua volta il previgente articolo 9, comma 1, d.lgs. 14 marzo 2011, numero 23 disponeva che «soggetti passivi dell'imposta municipale propria sono il proprietario di immobili, inclusi i terreni e le aree edificabili, a qualsiasi uso destinate, ivi compresi quelli strumentali alla cui produzione o scambio è diretta l'attività di impresa, ovvero il titolare di diritto reale di usufrutto, uso, abitazione, enfiteusi, superficie sugli stessi, [ ] per gli immobili, anche da costruire o in corso di costruzione concessi in locazione finanziaria, soggetto passivo è il locatario a decorrere dalla data della stipula e per tutta la durata del contratto». Rispetto alla fattispecie sub iudice viene esclusa la rilevanza dell'articolo 1, comma 81, l. 29 dicembre 2022, numero 197, che, modificando l'articolo 1, comma 759, l. 27 dicembre 2019, numero 160 a decorrere dal 1° gennaio 2023, prevede oggi che «Sono esenti dall'imposta, per il periodo dell'anno durante il quale sussistono le condizioni prescritte [ ] g bis gli immobili non utilizzabili né disponibili, per i quali sia stata presentata denuncia all'autorità giudiziaria in relazione ai reati di cui agli articoli 614, secondo comma, o 633 del codice penale o per la cui occupazione abusiva sia stata presentata denuncia o iniziata azione giudiziaria penale» infatti tale norma non può considerarsi né retroattiva, ai sensi dell'articolo 11 delle Preleggi, in mancanza di indicazioni espresse in tal senso, né interpretativa, perché il contenuto precettivo di essa non si ricollega ad altra norma preesistente da chiarire o da precisare. La fattispecie concreta. Una società di capitali è proprietaria di un fabbricato, utilizzato per 40 anni come clinica in virtù di rapporti convenzionali con un ospedale pubblico e successivamente rimasto vuoto nel 2011. Nel dicembre del 2012 l'immobile viene occupato con la forza da un centinaio di persone e adibito a finalità abitative. La società contribuente presenta numerose denunce alle Forze di Polizia ed all'Autorità Giudiziaria, segnalando la violazione del suo diritto di proprietà, chiedendo lo sgombero dei locali e proponendo istanza di sequestro preventivo dell'immobile. Il sequestro viene disposto dall'Autorità Giudiziaria, ma non viene eseguito dalle autorità amministrative perché non sarebbe possibile trovare nuovi alloggi per gli occupanti sfrattati. Preso atto della mancata esecuzione del provvedimento di sequestro, la società contribuente propone ricorso innanzi alla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, che, con la sentenza numero 67944/13/2019, condanna lo Stato italiano al risarcimento del danno in favore di quest'ultima. Nel 2015 la società contribuente presenta istanza di rimborso relativa all'IMU versata per il periodo d'imposta 2013 e impugna il silenzio-rifiuto formatosi su tale istanza, eccependo l'insussistenza del presupposto d'imposta in conseguenza della perdita del possesso quale materiale disponibilità dell'immobile, nonché dell'impossibilità di ripristinarlo a causa dell'occupazione abusiva e dell'inerzia delle Autorità preposte allo sgombero. Riformando parzialmente la pronuncia di primo grado, la Commissione Tributaria Regionale accoglie le doglianze della società contribuente, dichiarando l'insussistenza del presupposto impositivo. Il diritto vivente esclude la possibilità di individuare una interpretazione costituzionalmente orientata. Ricostruendo l'esegesi elaborata dalla giurisprudenza di legittimità, il Collegio osserva che, ai fini della configurabilità del c.d. ius possidendi, «il legislatore ha ritenuto rilevante ai fini impositivi, non già la detenzione materiale del bene bensì l'esistenza di un titolo legittimante il possesso o la detenzione dell'utilizzatore» «è stata quindi ritenuta irrilevante l'abusiva detenzione del bene da parte dell'utilizzatore che sia rimasto nel godimento del bene dopo la risoluzione del contratto, ancora una volta confermando la debenza del tributo IMU da parte del soggetto titolare del diritto di proprietà o di altro diritto reale». Con specifico riguardo all'occupazione abusiva, la Suprema Corte ha individuato il soggetto passivo dell'imposta nel titolare del diritto di proprietà, ritenendo irrilevante che fosse in atto un contenzioso che aveva ad oggetto non la titolarità del diritto reale bensì un'occupazione abusiva del terreno da parte di terzi cfr. Cass. nnumero 7800 del 2019, 29658 e 29868 del 2021, 1596 del 2022 . Le questioni non sono manifestamente infondate. Il Collegio ritiene che, in punto non manifesta infondatezza, sussistano consistenti dubbi di incompatibilità della norma - oggetto di interpretazione che rappresenta “diritto vivente” - con quanto prescritto dagli articolo 53 e 3 Cost. per le annualità d'imposta in cui permane l'occupazione abusiva per scelte degli organi amministrativi preposti allo sgombero degli immobili. Se «a mente di quanto statuito dall'articolo 8 d.lgs. numero 23/2011 il presupposto dell'IMU è da individuarsi nel «possesso» di immobili diversi dall'abitazione principale come dianzi delineato, occorre al contempo evidenziare che il possesso legittimante il sorgere della soggettività passiva ai fini IMU, per essere effettivo, presuppone che la cosa rientri materialmente nella disponibilità individuale del possessore di talché quest'ultimo possa esercitare le prerogative discendenti dal diritto ricadente sul bene» «nelle ipotesi, come quella in esame, in cui il contribuente sia sprovvisto sia della disponibilità materiale del bene, sia della possibilità di esercitare qualsivoglia diritto sulla cosa, sorge allora fondatamente il dubbio che l'originaria ricorrente non avrebbe dovuto essere considerata soggetto passivo ai fini IMU, stante l'assenza dei requisiti minimi acché potesse configurarsi una situazione possessoria e, conseguentemente, una capacità a contribuire individuale». Nel caso di specie, «assume invero precipuo rilievo la circostanza, giuridicamente rilevante, dell'accertata perdita del possesso in correlazione con le dichiarazioni degli organi di Polizia che attestano l'impossibilità di sgomberare l'immobile e quindi, da parte dei proprietari, di entrare nel possesso della loro proprietà» «se gli organi istituzionali preposti Prefetture, Polizia di Stato, ecc. non possono difendere i diritti di proprietà, costituzionalmente sanciti, per motivi di ordine politico sociale, il proprietario, di riflesso, rimane senza tutela e quindi senza possesso e senza detenzione, né diretta né indiretta”. Nella descritta situazione patologica, il c.d. “possessore spogliato” «può rimanere anche in caso di ius possidendi sempre possessore solo se la tutela dei propri diritti possessori è attivabile, ma senza l'attivazione dei diritti possessori, il diritto di proprietà è svuotato proprio dello ius possidendi, il quale non è più esercitabile per volontà non del proprietario, e che, per contro, viene assunto a presupposto della tassazione». Diversamente opinando si produrrebbero conseguenze irragionevoli, inidonee quindi a superare il vaglio di compatibilità con l'articolo 3 Cost., e altresì lesive della proprietà privata, tutelata dall'articolo 42 Cost. e dall'articolo 1 del Protocollo1CEDU «un'occupazione abusiva comporta l'esercizio di azioni a tutela della proprietà o del possesso cui si accompagna l'intervento della Pubblica amministrazione volto allo «sgombero» dell'immobile, ma se l'intervento dell'Autorità non risulta essere risolutivo, con conseguente permanenza dello stato di illiceità, ed il diritto di proprietà non riceve tutela da parte dell'amministrazione pubblica, quest'ultima ritrarrebbe un vantaggio, rappresentato dalla riscossione di un tributo, in virtù di una situazione illecita da essa «tollerata» a detrimento del diritto di proprietà del contribuente».