Foto porno inviate in chat a una ragazzina: la richiesta di esprimere compiacimento configura il reato di corruzione

Condanna definitiva per un uomo inchiodato dalla chat online con una ragazzina di neanche 14 anni. Irrilevante, checché ne dica la difesa, il fatto che egli si sia limitato a chiedere alla ragazzina di esprimere compiacimento per le foto inviatele.

Sacrosanta la condanna per corruzione di minorenne, a fronte dell’invio tramite chat, da parte di un uomo, di una foto pornografica , ritraente il proprio organo sessuale in erezione, a una ragazzina di neanche 14 anni. Inutile la sottolineatura difensiva in merito al fatto che l’uomo si sia limitato a chiedere alla ragazzina di esprimere compiacimento per la foto, senza spingerla a compiere a sua volta atti di carattere sessuale. Ricostruita la triste vicenda, svoltasi online nel contesto di una chat tramite Messenger, l’uomo sotto processo viene condannato, sia in primo che in secondo grado, a quindici mesi di reclusione per il reato di corruzione di minorenne , reato concretizzatosi con l’invio, tramite Messenger, a una ragazza con meno di 14 anni, di alcune fotografie dal contenuto pornografico , ossia immagini del proprio organo sessuale mentre si masturbava e con la successiva sollecitazione della ragazza a manifestare il proprio compiacimento . In Cassazione, però, il legale che rappresenta l’uomo prova a ridimensionare l’episodio oggetto del processo. Nello specifico, egli sostiene vi sia stata una errata interpretazione della norma poiché si è ritenuto sufficiente l’inoltro della fotografia, da parte dell’uomo, con l’esibizione del proprio organo genitale, alla minore senza valutare il carattere induttivo della condotta al compimento di un atto sessuale della minore stessa . In questa ottica il legale aggiunge che l’unico dato certo è rappresentato dalla mera richiesta di compiacimento avanzata dall’uomo nei confronti della ragazzina , richiesta non sufficiente, secondo il legale, a qualificare l’intero comportamento dell’uomo quale tentativo di spingere la persona offesa a compiere atti sessuali . Prima di esaminare in dettaglio il caso, i Giudici di Cassazione ribadiscono, in premessa che, in tema di corruzione di minorenne, anche le condotte poste in essere mediante comunicazione telematica sono riconducibili al reato di corruzione di minorenne, poiché il far assistere persona minore di 14 anni al compimento di atti sessuali o il mostrare alla medesima minore materiale pornografico al fine di indurla a compiere o a subire atti sessuali non richiede necessariamente la presenza fisica . Ciò detto, i Giudici respingono la tesi difensiva secondo cui è mancata la prova dell’ induzione della ragazzina al compimento di atti sessuali a fronte del comportamento tenuto in chat dall’uomo. Su questo fronte i Magistrati ribadiscono che l’esibizione di organi sessuali e di foto pornografiche esplicite con genitali in mostra e atti sessuali evidenti – come nel caso oggetto del processo – a persona di età inferiore di 14 anni, configura la condotta del reato di corruzione di minorenne, caratterizzato, stante il fine di indurre il minore a compiere o subire atti sessuali, dal dolo specifico , la cui sussistenza può essere desunta anche dalle circostanze di tempo e di luogo della condotta , laddove indicative delle specifiche finalità dell’atto . Difatti, il reato di corruzione di minorenne tutela il corretto sviluppo del minore e lo fa mediante la punizione di condotte invasive finalizzate all’induzione al compimento e a subire atti sessuali , e si tratta, peraltro, di una norma che pone un’anticipazione della tutela penale, rispetto a più gravi reati, per impedire condotte lesive delle sfera sessuale e del corretto sviluppo del minore . Di conseguenza, ai fini della consumazione del reato di corruzione di minorenne non è necessario che il minore subisca un danno, ossia concretamente e negativamente sia coinvolto emotivamente dalla condotta dell’adulto o tantomeno che compia atti sessuali , anche perché, precisano i Magistrati, l’induzione al compimento di atti sessuali costituisce l’aspetto finalistico del dolo specifico dell’adulto e non l’evento del reato di corruzione di minorenne . A fronte di tale quadro generale, i Magistrati, tornando al caso oggetto del processo, ritengono sacrosanta la condanna dell’uomo per il reato di corruzione di minorenne, essendo sufficiente l’esibizione, a persona minore di 14 anni, di foto pornografiche in modo tale da coinvolgere emotivamente la persona offesa e da compromettere la sua libertà sessuale , proprio come avvenuto in questa triste vicenda, avendo l’uomo sollecitato la minore ad esprimere compiacimento a fronte delle foto pornografiche inviatele.

Presidente Ramacci – Relatore Gai Ritenuto in fatto 1. Con l'impugnata sentenza, la Corte d'appello di Messina ha confermato la sentenza del Tribunale di Messina con la quale l'imputato era stato condannato, alla pena di anni uno e mesi tre di reclusione, in relazione al reato di cui all' art. 609 quinquies comma 2 c.p. , perché inviando alla minore infraquattordicenne, tramite Messenger alcune fotografie dal contenuto pornografico immagine del proprio organo sessuale mentre si masturbava chiedeva alla stessa di manifestare il proprio compiacimento. 2. Avverso la sentenza ha presentato ricorso l'imputato, a mezzo del difensore di fiducia, e ne ha chiesto l'annullamento per i seguenti motivi, enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall' art. 173, comma 1, disp. att. c.p.p. Con il primo motivo deduce la violazione dell' art. 606 comma 1 lett. b ed e c.p.p. in relazione all'erronea applicazione della legge penale e al vizio di motivazione con riguardo alla sussistenza del reato. Secondo il ricorrente la corte territoriale avrebbe erroneamente ritenuto sussistente il reato contestato, frutto di una errata interpretazione della norma là dove avrebbe ritenuto che l'inoltro della fotografia con l'esibizione del proprio organo genitale alla minore senza valutare il carattere induttivo della condotta al compimento di un atto sessuale della minore. Non emerge né dalla ricostruzione del fatto né nella motivazione alcun ulteriore dato, rispetto alla mera richiesta di compiacimento, atto a qualificare l'intero comportamento dell'imputato quale tentativo di spingere la persona offesa a compiere atti sessuali. Con il secondo motivo deduce la violazione dell' art. 606 comma 1 lett. e c.p.p. in relazione alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche. Considerato in diritto 3. Il ricorso, che proviene dalla Settima sezione non essendo stata rilevata una causa di inammissibilità, è fondato con riguardo al secondo motivo, risulta, invece, inammissibile il primo motivo di ricorso. 4. In relazione al primo motivo di doglianza afferente all'affermazione di responsabilità dell'odierno ricorrente, osserva, la Corte, che può essere esaminato prendendo in considerazione sia la motivazione della sentenza impugnata sia quella della sentenza di primo grado, e ciò in quanto i giudici di merito hanno adottato decisioni e percorsi motivazionali comuni, che possono essere valutati congiuntamente ai fini di una efficace ricostruzione della vicenda processuale e di una migliore comprensione delle censure del ricorrente. Allorché infatti le sentenze di primo e secondo grado concordino, come in specie, nell'analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento delle rispettive decisioni, la struttura motivazionale della sentenza di appello si salda con quella precedente per formare un unico complesso corpo argomentativo ex plurimis, Sez. 1, n. 8868 del 26/06/2000, Sangiorgi, Rv. 216906 cfr. da ult. Sez. 5, n. 40005 del 07/03/2014, Lubrano Di Giunno, Rv. 260303 , cui occorre far riferimento per giudicare della congruità della motivazione, integrando e completando quella adottata dal primo giudice le eventuali carenze di quella d'appello Sez. 1, n. 1309 del 22/11/1993, dep. 1994, Scardaccione, Rv. 197250 . Ciò premesso, la doglianza di violazione di legge in ordine alla qualificazione del fatto di reato di cui all' art. 609 quinquies comma 2, c.p. , per avere inviato, tramite applicativo Messenger, ad una persona minore degli anni quattordici, alcune fotografie pornografiche che lo ritraevano con l'organo sessuale mentre si masturbava, e la illogicità della motivazione in relazione all'affermazione della responsabilità penale, è inammissibile perché in contrasto sia con il dato normativo sia con la consolidata giurisprudenza di legittimità. 5. Va, in primo luogo, premesso che, secondo la giurisprudenza di legittimità, in tema di corruzione di minorenne, anche le condotte poste in essere mediante comunicazione telematica sono riconducibili alla fattispecie di cui art. 609-quinquies, comma 2, c.p. , poiché il far assistere persona minore di anni 14 al compimento di atti sessuali o il mostrare alla medesima materiale pornografico al fine di indurla a compiere o a subire atti sessuali non richiede necessariamente la presenza fisica degli interlocutori Sez. 3, n. 14210 del 30/10/2019, V., Rv. 279293 - 01 . Orbene, la tesi in punto di diritto sostenuta dal ricorrente secondo cui mancherebbe la prova dell'induzione al compimento di atti sessuali è giuridicamente errata. L'esibizione di organi sessuali e di foto pornografiche esplicite con genitali in mostra e atti sessuali evidenti - come nel caso in esame - a persona di età inferiore di anni quattordici, configura la condotta del reato di corruzione di minorenni, caratterizzato, stante il fine di indurre il minore infraquattordicenne a compiere o subire atti sessuali, dal dolo specifico, la cui sussistenza può essere desunta anche dalle circostanze di tempo e luogo della condotta, laddove indicative delle specifiche finalità dell'atto Sez. 3, n. 30435 del 10/06/2022, Rv. 283548 - 01 . Il reato di cui all' art. 609 quinquies c.p. tutela, infatti, il corretto sviluppo del minore, mediante la punizione di condotte invasive finalizzate all'induzione al compimento a subire atti sessuali. È una norma che pone un'anticipazione della tutela penale, rispetto a più gravi reati, per impedire condotte lesive della sfera sessuale e del corretto sviluppo del minore. Ai fini della consumazione non è necessario che il minore subisca un danno ossia concretamente e negativamente coinvolto emotivamente dalla condotta dell'agente o tantomeno che compia atti sessuali che, diversamente, integrerebbe il reato di cui all' art. 609 bis c.p. 609 quater c.p. L'induzione al compimento di atti sessuali costituisce l'aspetto finalistico del dolo specifico dell'agente e non l'evento del reato. Non essendo stato contestato il fatto materiale, correttamente i giudici del merito hanno ritenuto configurabile il reato contestato essendo sufficiente l'esibizione, a persona minore degli anni 14, di foto pedopornografiche in modo tale da coinvolgere emotivamente la persona offesa e compromettere la sua libertà sessuale, come avvenuto nel caso in esame, avendo l'imputato sollecitato la minore ad esprimere compiacimento argomentando, da tale ultimo elemento, il dolo specifico richiesto dalla norma. 6. È fondato il secondo motivo di ricorso. La sentenza impugnata, a fronte di un motivo di appello con cui la difesa chiedeva il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, è priva di risposta. 7. Conclusivamente la sentenza impugnata va annullata limitatamente all'applicabilità delle circostanze attenuanti generiche con rinvio per nuovo esame ad altra Sezione della Corte d'appello di Messina. Il ricorso nel resto va dichiarato inammissibile. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata limitatamente all'applicabilità delle circostanze attenuanti generiche con rinvio ad altra Sezione della Corte d'appello di Messina. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.