La questione, oggetto della recente ordinanza della Corte di Cassazione Sezione Prima Civile, 16 marzo 2023, n.7721 , attiene all’individuazione dei versamenti solutori o ripristinatori, da condursi in ragione delle originarie annotazioni in conto esposte dalla banca negli estratti conto o, viceversa, sui saldi già depurati dagli addebiti accertati come illegittimi.
La Corte di Cassazione, nella pronuncia numero 7721/2023, ha sapientemente e pazientemente ripiantato tutti i paletti concettuali della fattispecie, ripercorrendo - quasi a scopo didattico - l'intero iter argomentativo che ha portato a definire l'essenza stessa del ricalcolo del saldo del conto corrente, in caso di vizi negli addebiti da parte della banca. La Suprema Corte, infatti, dopo aver richiamato il principio secondo cui «solo i versamenti effettuati dal correntista che coprono il capitale concesso extra fido e le pertinenze ad esso riferite possono essere considerati come rimesse solutorie e, quindi, pagamenti di un credito liquido ed esigibile», ha così motivato «Questa Suprema Corte, con l'ordinanza numero 9141/20, la quale, pronunciandosi su tale vexata quaestio, ha ritenuto, proprio in base ai principi offerti dalla giurisprudenza delle Sezioni Unite del 2010, corretto il modus procedendi del consulente contabile, fatto proprio dalla decisione di merito innanzi ad essa impugnata, che aveva individuato la natura solutoria o ripristinatoria delle rimesse effettuate dal correntista non con una valutazione ex ante, ma solamente dopo aver eliminato dal saldo tutti gli addebiti indebitamente effettuati dall'istituto di credito. Esclusivamente in tal modo, e quindi ricostruendo ex post l'intero rapporto di dare/avere, sarebbe stata possibile una valutazione in concreto della natura dei versamenti effettuati dal correntista nell'ambito di un rapporto di apertura di credito in conto corrente. Secondo tale arresto, quindi, il conto passivo extra-fido deve essere soltanto quello che supera il limite del fido dopo che è stato depurato da tutte le competenze illegittime derivanti da nullità originarie. Inoltre, contrariamente a quanto sostenuto dall'orientamento favorevole all'utilizzo del saldo banca , la Corte ha espresso, affatto coerentemente, la netta separazione tra l'azione di prescrizione e quella di accertamento della nullità delle competenze illegittime addebitate dalla banca. Infatti, l'individuazione delle rimesse solutorie non ha alcun rapporto di affinità o di collegamento con la prescrizione del diritto alla ripetizione dei pagamenti indebiti effettuati dal correntista ricalcolare il reale ed effettivo rapporto di dare/avere, eliminando tutte le competenze addebitate dalla banca illegittimamente e quindi nulle, risulta essere una mera operazione preventiva e legittima rispetto a quella di individuazione dei versamenti solutori. Così facendo, infatti, -come si è osservato in dottrina - si viene solamente ad operare una fictio iuris finalizzata a contrappore una realtà giuridica a quella storica offerta dalla banca e, quindi, il disposto dell'articolo 1422 c.c., non risulterà violato ma varrà per tutte le rimesse realmente solutorie individuate in base al saldo ricalcolato. Il Collegio condivide pienamente le argomentazioni e le conclusioni della pronuncia appena descritta peraltro sostanzialmente confermate dalla successiva Cass. numero 3858 del 2021 , sicché deve ribadirsi che, nelle controversie che hanno ad oggetto l'azione di nullità delle clausole contrattuali e delle prassi bancarie contrarie a norme imperative ed inderogabili e la relativa domanda di ripetizione di indebito con prescrizione decennale, la ricerca dei versamenti di natura solutoria deve essere affrontata attraverso un iter procedurale che vede, in via preliminare, l'individuazione e la cancellazione dal saldo di tutte le competenze illegittime applicate dalla banca e dichiarate nulle dal giudice di merito e solo successivamente, avendo come riferimento tale saldo rettificato , si potrà procedere con l'individuazione della parte solutoria di ogni singolo versamento effettuato dal correntista nel corso del rapporto contrattuale di conto corrente con apertura di credito o comunque scoperto. Pertanto, il dies a quo della prescrizione della condictio indebiti di cui all'articolo 2033 c.c., decorrerà solo per quella parte della rimessa sul conto corrente che supererà il limite del fido dopo aver rettificato il saldo» . Va sottolineato, preliminarmente, che i principi dettati dalla Corte di Cassazione separano il piano dell'azione di nullità peraltro imprescrittibile , da quello differente dell' eventuale ripetizione dell'indebito o di rideterminazione del saldo. Inoltre secondo la Suprema Corte se il contratto è viziato da nullità parziali ad es. interessi illegittimi, c.m.s. ed altri oneri non pattuiti, anatocismo anche l'e/c porterà dei saldi viziati che non potranno, dunque, definire se quella eccepita rimessa sia solutoria o meno in quanto, una volta accertata la nullità della clausola contrattuale che aveva dato luogo alle annotazioni contestate e, quindi, da qualificarsi come indebite, pretendere di operare la distinzione fra rimesse solutorie e ripristinatorie in forza dei saldi originari esposti dalla banca implicherebbe riconoscere effetto contabile alla clausola, sebbene dichiarata nulla. Come anche ribadito nella citata ordinanza, su tale problematica la Suprema Corte era infatti già intervenuta dapprima con la nota sentenza della Cassazione numero 9141/20 secondo cui «al fine di verificare se un versamento abbia avuto natura solutoria o ripristinatoria, occorre previamente eliminare tutti gli addebiti indebitamente effettuati dall'istituto di credito e conseguentemente rideterminare il reale saldo passivo del conto, verificando poi se siano stati superati i limiti del concesso affidamento ed il versamento possa perciò qualificarsi come solutorio», a cui hanno fatto seguito una serie di ulteriori pronunce che hanno confermato tale approdo ermeneutico Cass. Civ. numero 3858/21, Cass. Civ numero 17634/21, Cass. Civ. numero 18815/22 . Solo previa epurazione dagli estratti conto degli effetti delle clausole nulle, con i conseguenti addebiti illegittimi, si può quindi pervenire al c.d. “saldo reale” la metodologia di computo sui saldi rappresentati dalla banca, infatti, non osserva il dictum della nota sentenza delle Sezioni Unite numero 24418/10 la quale aveva statuito che «… la circostanza che, in quel momento, il saldo passivo del conto sia influenzato da interessi illegittimamente fin lì computati si traduce in un'indebita limitazione di tale facoltà di maggior indebitamento, ma non nel pagamento anticipato di interessi». Conseguentemente potrebbero ritenersi come ripristinatorie rimesse qualificate invece dalla banca come solutorie, come nel caso in cui il correntista risultava essere in extra fido solo perché gli erano state addebitate competenze ed interessi non dovuti. Tale orientamento, come detto già espresso dalla giurisprudenza di legittimità sin da Cass. numero 9141/20, oggi ribadito dalla recente Cass. numero 7721/23, è stato fin da subito recepito dalla giurisprudenza di merito maggioritaria, che ha affermato la correttezza dell'elaborazione ermeneutica svolta dalla Suprema Corte in ordine alla verifica dei versamenti solutori tra le numerose pronunce più recenti si segnala la Corte di Appello di Milano sentenza numero 585 del 21.02.23 , che ha così argomentato «Ritiene, infatti, questa Corte che al fine di verificare se un versamento effettuato dal correntista abbia natura solutoria o ripristinatoria è necessario previamente eliminare tutti gli addebiti indebitamente effettuati dall'istituto di credito e conseguentemente determinare il reale passivo del correntista e ciò anche al fine di verificare se quest'ultimo ecceda o meno i limiti del concesso affidamento cfr. Cass. 9141/2020 . Conformemente a questo orientamento, il quesito formulato al ctu ha richiesto di individuare le rimesse solutorie sulla base non già del saldo banca, bensì del saldo rettificato ossia ricalcolando il rapporto previa eliminazione dal saldo banca delle voci per interessi ultralegali, commissioni e spese che, dalla documentazione in atti, risultino indebite ». In piena aderenza a tale orientamento si pone anche la Corte di Appello di Napoli sentenza numero 3135 del 30.06.22 «l'appellante sostiene che, per poter calcolare le rimesse di natura solutoria, dovrebbe farsi riferimento ai saldi banca e non a quelli accertati previo ricalcolo operato dal c.t.u L'argomentazione è certamente suggestiva, posto che fa leva sul dato di natura, per così dire, temporale connesso al sorgere del momento in cui il titolare del diritto ad ottenere l'eliminazione di quegli effetti, avrebbe potuto esercitarlo. Ma è evidente che se così fosse ne riuscirebbe alterata l'intera operazione di ricalcolo, in senso sfavorevole al soggetto ‘leso', finendo per assegnare, ai fini della individuazione delle rimesse solutorie, perdurante efficacia alla clausola ritenuta nulla, non essendo chiaro come giustificare l'applicazione di due distinti metodi uno per determinare le poste illegittimamente contabilizzate, l'altro per quantificare quelle prescritte avendo come riferimento il saldo banca, per poi sottrarre due dati conseguiti attraverso criteri evidentemente difformi. Invece, l'operazione non può che essere unica, partendo dal dato ineludibile che la contabilizzazione compiuta dalla banca è il frutto di poste riconosciute invalide e, pertanto, da stimare radicalmente tamquam non esset sin dall'inizio, incentrandosi l'indebito sempre e comunque sulla clausola applicata illegittimamente, che fonda ‘a monte' il pagamento da ripetere. D'altro canto, come è consapevole la banca appellante, la giurisprudenza di legittimità è, oramai, attestata sull'affermazione che il calcolo delle rimesse prescritte va fatto una volta che il conto sia depurato degli effetti dell'applicazione delle clausole nulle cfr. Cass. nnumero 9141/2020 3858/2021 ». In questa direzione anche la Corte di Appello di Roma sentenza numero 997/2022 , che sul punto con estrema chiarezza ha precisato che «in ordine alla verifica relativa alle rimesse solutorie successiva alla epurazione delle illegittimità applicate dall'Istituto di credito questa Corte ritiene di aderire all'orientamento espresso da Cass. numero 9141 del 19/05/2020 e in tal senso ha chiesto di effettuare la verifica delle rimesse solutorie al CTU» in senso conforme, tra le tante, si segnala altresì Corte di Appello di Palermo sentenza numero 455 del 06.03.23 , Corte di Appello di Firenze sentenza numero 386 del 23.02.23 , Corte di Appello di Bari sentenza numero 128 del 30.01.23 , Corte di Appello di Lecce sentenza numero 281 del 03.03.22 , Corte di Appello di Genova sentenza numero 312del 13.03.21 . Non può sussistere, quindi, corretta applicazione del granitico principio dettato dalla Suprema Corte se non si procede a rettificare il saldo dal primo estratto conto disponibile in atti, in quanto operare diversamente vorrebbe dire, di fatto, continuare ad applicare il saldo banca che inficerebbe tutta la ricostruzione del rapporto, anche in termini di individuazione di rimesse solutorie e ripristinatorie per cui dapprima si ricalcola il dare-avere epurandolo dalle competenze illegittime in quanto derivanti dall'applicazione di clausole nulle e successivamente si individuano i singoli versamenti solutori in base ai c.d. “saldi ricalcolati” operazione dopo operazione. La Suprema Corte, con la recente citata pronuncia, ha quindi tracciato un alveo del processo di ricostruzione del legittimo rapporto di c/c entro il quale i consulenti tecnici d'ufficio sono chiamati ad operare.