Epiteti volgari, auguri di morte e lanci di escrementi contro la vicina: condannato per molestie

Nessuna giustificazione per l'uomo finito sotto processo per gli esecrabili comportamenti tenuti nei confronti di una vicina di casa. A inchiodarlo è l'evidente turbamento subito dalla donna.

Condanna penale inevitabile se i pessimi rapporti di vicinato sfociano in comportamenti che non sono solo poco urbani. Impossibile, difatti, ridimensionare epiteti volgari e auguri di morte rivolti a una persona, fatta, peraltro, oggetto anche di lanci di escrementi di volatili. A finire sotto processo è un uomo che ad ogni ritorno nel proprio paese di origine trova modo di prendere di mira la propria vicina di casa. Nel corso del tempo si susseguono numerosi gli episodi sgradevoli ai danni della donna, costretta a subire epiteti volgari, auguri di morte, pedinamenti e perfino il lancio di escrementi di volatili. Ricostruita in dettaglio l'assurda vicenda, i giudici di merito ritengono sacrosanto, sia in primo che in secondo grado, condannare l'uomo sotto processo, ritenendolo colpevole di molestie e di getto pericoloso di cose , sanzionandolo con 400 euro di ammenda e sancendone, infine, l'obbligo di risarcire la donna, costituitasi parte civile. A certificare la responsabilità penale dell'uomo sotto processo provvede la Cassazione, rendendo definitiva la condanna emessa in Appello. In premessa, comunque, i Magistrati di terzo grado si soffermano sul « criterio distintivo tra il reato di atti persecutori e quello di molestie », criterio che consiste nel «diverso atteggiarsi delle conseguenze della condotta che, in entrambi i casi, può estrinsecarsi in varie forme di molestie, sicché», precisano i Giudici, «si configura il delitto di stalking solo qualora le condotte molestatrici siano idonee a cagionare nella vittima un perdurante e grave stato di ansia ovvero l'alterazione delle proprie abitudini di vita, mentre sussiste il reato di molestia ove le molestie si limitino ad infastidire la vittima del reato ». A fronte di questa precisazione, i Giudici tornano alla vicenda oggetto del processo e osservano che grazie alle parole di alcuni testimoni «è ben evidenziata la sequela di comportamenti molesti epiteti volgari, pedinamenti, auguri di morte posti in essere dall'uomo , altresì descritto come irascibile e litigioso nei riguardi delle altre persone» ai danni della vicina di casa, la quale «ha rievocato timori e paure ingenerati dai comportamenti dell'uomo». A questo proposito, i Giudici annotano che «un teste – a fronte anche dell'oggettivo rilevante divario fisico e di età tra l'uomo e la donna – ha dato conto che alla signora, intercettata sulla pubblica via e fatta oggetto di insulti e di ferali auspici, non rimaneva altra scelta che cambiare marciapiede». Tale inequivocabile condotta «non poteva invero sfuggire all'uomo nelle sue ovvie implicazioni negative», sottolineano i Giudici. Altro capitolo è quello relativo al reato di getto pericoloso di cose. Su questo fronte i Giudici precisano che «con il termine molestia alla persona deve intendersi ogni fatto idoneo a recare disagio, fastidio o disturbo ovvero a turbare il modo di vivere quotidiano» e «tale idoneità deve essere accertata identificando la natura delle cose gettate e ricostruendo le concrete modalità della condotta». Inoltre, Codice Penale alla mano, «viene sanzionato colui che getta o versa, in un luogo di pubblico transito o in un luogo privato ma di comune o di altrui uso, cose atte a offendere o imbrattare o molestare persone». Obiettivo, quindi, è «la tutela dell'incolumità pubblica , intendendo difendere coloro che dal getto pericoloso di cose vengono imbrattati, offesi nella loro integrità fisica o molestati e turbati nella loro tranquillità». E questo principio calza a pennello alla vicenda oggetto del processo, poiché l'uomo ha lanciato escrementi di volatili verso la vicina di casa e «il turbamento derivante dal lancio di escrementi di volatili è evidente», sottolineano i Giudici, tra l'altro accompagnandosi «alle ulteriori e distinte molestie poste in essere» dall'uomo ai danni della donna. Tirando le somme, a rendere ancora più palese la gravità delle condotte dell'uomo sono due dettagli «l' insistenza degli atteggiamenti molesti tenuti » e «il grave turbamento emotivo e psichico provocato alla parte lesa ».

Presidente Di Nicola – Relatore Cerroni   Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 4 luglio 2019 il Tribunale di Caltanissetta ha condannato L.P.F. alla pena, sospesa, di Euro 400,00 di ammenda per i reati di cui agli articolo 81, 674 e 660 c.p. capi 1 e 2 in danno di C.C., costituitasi parte civile, in favore della quale erano altresì pronunciate condanne al risarcimento del danno, da determinarsi nella competente sede civile, e alla rifusione delle spese di lite. 2. Avverso la predetta decisione è stato proposto appello articolato su sette motivi. La Corte territoriale, riqualificata l'impugnazione come ricorso per cassazione attesa l'inappellabilità della sentenza, ha trasmesso gli atti a questo Giudice di legittimità. 2.1. Col primo motivo è stata dedotta la nullità della sentenza per omessa notificazione dell'avviso di conclusione delle indagini, rinnovato a seguito della nomina di nuovo difensore d'ufficio col quale l'imputato avrebbe potuto avvalersi delle garanzie dell'ordinamento . In proposito nulla la sentenza aveva detto. 2.2. Col secondo motivo è stata censurata l'errata valutazione della prova in ordine all'accertamento del fatto siccome contestato, invero devoluto alle dichiarazioni della parte civile, dei figli di costei e del teste M.G., laddove le dichiarazioni della parte civile erano non circostanziate e anche sicuramente false, mentre l'unico episodio concretamente riferito sarebbe stato ascrivibile al più alla compagna dell'imputato, e di tale fatto - in ogni caso neppure contestato - non era stato ottenuto alcun concreto riscontro nonostante l'intervento della Polizia municipale del paese. Né era stato dato atto in sentenza dell'impossibilità, per l'imputato, di gettare nella proprietà altrui escrementi di volatile. In realtà, secondo il ricorrente vi era astio nei suoi confronti in ragione dell'intervenuta sopraelevazione del manufatto del L.P., e della ritenuta invasione dell'intimità della parte civile, sì che erano veicolate tramite la signora accuse concernenti fatti irrilevanti e privi del carattere dell'antigiuridicità, che denotavano il solo desiderio di tenere l'imputato, in realtà residente a […], lontano dal paese di origine. 2.3. Col terzo motivo è stata richiesta l'assoluzione dell'imputato perché il fatto non costituisce reato, atteso che non era stata dimostrata la contrarietà della parte civile ai comportamenti in tesi molesti posti in essere dall'imputato nelle sue saltuarie frequentazioni del paese di origine. 2.4. Col quarto motivo è stata eccepita la carenza di dolo, dal momento che la parte civile avrebbe dovuto manifestare - circostanza inesistente in atti - il proprio disappunto nei riguardi di tutte le condotte in tesi ascritte alla controparte. 2.5. Col quinto motivo, quanto alla contestazione del reato di cui all' articolo 674 c.p. , per un verso non era stata provata la condotta e per altro la privata dimora della parte civile non rientrava tra i luoghi interessati dalla norma incriminatrice. Oltre a ciò, le molestie contestate avrebbero dovuto ritenersi assorbite nel comportamento di cui al capo 2, e quindi non poteva esserci continuazione di reati. 2.6. Col sesto motivo è stato lamentato il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, trattandosi di soggetto incensurato. 2.7. Col settimo motivo infine è stata dedotta la mancata applicazione della speciale causa di non punibilità di cui all' articolo 131-bis c.p. , mentre in limine litis avrebbe dovuto dichiararsi l'intervenuta prescrizione. 3. Il Procuratore generale ha concluso nel senso dell'annullamento senza rinvio perché il reato doveva considerarsi estinto per intervenuta prescrizione. 4. La difesa del ricorrente ha dimesso memoria, dove è stata sollevata questione di legittimità costituzionale. Considerato in diritto 5. Il ricorso è inammissibile. 6. Vanno in primo luogo disattese le questioni preliminari di natura processuale. 7. In relazione infatti al primo motivo di impugnazione, il ricorrente si è doluto dell'omessa notificazione dell'avviso di conclusione delle indagini, rinnovato in ragione della nomina di altro difensore d'ufficio, col quale non aveva potuto valutare le iniziative da assumere in tale momento procedimentale. La doglianza è manifestamente infondata. 7.1. In primo luogo, non può non osservarsi - dal tenore stesso della lamentela - che l'avviso di conclusione delle indagini è stato comunque notificato all'indagato parimenti l'incombente è stato eseguito nei confronti delle difese d'ufficio. Non vi è stata pertanto omissione di notificazione. 7.2. L'imputato, assistito nella fase dibattimentale da difensore fiduciario, non ha esplicitato quale lesione in concreto dei propri diritti difensivi abbia subito, e quale scelta processuale o sostanziale gli sia stata negata. 7.3. Al riguardo, infatti, è stato ad es. ritenuto che, nel caso di regressione del procedimento nella fase delle indagini preliminari a seguito di ordinanza emessa ai sensi dell' articolo 521, comma 2, c.p.p. , non è dovuta la rinnovazione dell'avviso di cui all' articolo 415-bis c.p.p. se, rispetto alla fase procedimentale anteriore alla regressione in cui l'imputato ha avuto piena conoscenza delle accuse a suo carico, non sia intervenuto un quid novi in relazione al quale egli avrebbe diritto di calibrare diversamente l'esercizio del suo diritto di difesa ad es. Sez. 5, numero 7292 del 15/12/2014, dep. 2015, Messina, Rv. 262317 . 7.4. In ogni caso, ed in via all'evidenza assorbente, secondo il consolidato insegnamento di questa Corte la mancata comunicazione all'imputato del nominativo del difensore d'ufficio designato dall'autorità giudiziaria non comporta, in difetto di espressa previsione in tal senso, la nullità dell'atto al cui compimento è funzionale la nomina ex multis, Sez. 2, numero 48055 del 28/09/2018, Lleshi, Rv. 275511 Sez. 6, numero 26095 del 03/06/2010, Attene, Rv. 248036 da ult. Sez. 5, numero 24070 del 02/03/2022 , Ampofo, non mass. . 8. In ordine poi alla questione di costituzionalità prospettata con la memoria difensiva, questa Corte di legittimità ebbe già modo di occuparsene, osservando che le sentenze con le quali sia stata irrogata la sola pena dell'ammenda sono e restano inappellabili, ai sensi dell' articolo 593, comma 3, c.p.p. , anche nell'ipotesi in cui contengano anche la condanna dell'imputato o del responsabile civile al risarcimento dei danni in favore della parte civile, senza che ciò dia luogo ad alcun fondato sospetto di illegittimità costituzionale della norma anzidetta, rispetto ai principio di uguaglianza ed al diritto di difesa di cui alla Costituzione, articolo 3 e 24 Sez. 3, numero 27366 del 23/05/2001, Feletto ed altro, Rv. 219985 , amplius in motivazione cfr. altresì ad es. Sez. 5, numero 41136 del 15/10/2001, Soglio ed altri, Rv. 220279 cfr. Sez. 3, numero 1552 del 14/11/2002, dep. 2003, Pestarino, Rv. 223269 . 9. Per quanto riguarda i residui profili di censura, anzitutto - in replica al secondo motivo di doglianza - in tema di giudizio di cassazione sono precluse al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito da ult. Sez. 6, numero 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, F., Rv. 280601 Sez. 6, numero 47204 del 07/10/2015, Musso, Rv. 265482 . In specie l'odierno ricorrente ha proposto appello, e le censure appaiono in larga misura estranee alla sede di legittimità, risolvendosi in una costante contestazione degli esiti istruttori e delle valutazioni colà compiute dal Giudice del merito. Tra l'altro, ai fini dell'autosufficienza del ricorso, alcuna produzione è stata eseguita e alla Corte è, al contempo, istituzionalmente preclusa l'indagine sul materiale probatorio e sugli elementi che, avanti al Tribunale, hanno condotto all'affermazione di responsabilità dell'imputato. Tant'è che, in effetti, il motivo di impugnazione ha proprio ad espresso e non consentito oggetto l'erronea e l'omessa valutazione della prova in ordine all'accertamento del fatto cfr. pag. 3 . In tal senso non è ammissibile neppure - a preteso conforto delle proprie ragioni - la riproduzione di meri stralci delle pretese testimonianze assunte, laddove infatti sono inammissibili, per violazione del principio di autosufficienza e per genericità, quei motivi che, deducendo il vizio di manifesta illogicità o di contraddittorietà della motivazione, riportano meri stralci di singoli brani di prove dichiarative, estrapolati dal complessivo contenuto dell'atto processuale al fine di trarre rafforzamento dall'indebita frantumazione dei contenuti probatori, o, invece, procedono ad allegare in blocco ed indistintamente le trascrizioni degli atti processuali, postulandone la integrale lettura da parte della Suprema Corte Sez. 1, numero 23308 del 18/11/2014, dep. 2015, Savasta e altri, Rv. 263601 . Mentre le letture critiche delle altrui deposizioni altro non rappresentano che un inammissibile tentativo di sovvertire la valutazione compiuta dal Giudice. 10. In relazione poi al terzo e al quarto motivo di impugnazione, oggettivamente connessi, è nozione ribadita ad es. Sez. 5, numero 15625 del 09/02/2021, R., Rv. 281029 che il criterio distintivo tra il reato di atti persecutori e quello di cui all' articolo 660 c.p. consiste nel diverso atteggiarsi delle conseguenze della condotta che, in entrambi i casi, può estrinsecarsi in varie forme di molestie, sicché si configura il delitto di cui all' articolo 612-bis c.p. solo qualora le condotte molestatrici siano idonee a cagionare nella vittima un perdurante e grave stato di ansia ovvero l'alterazione delle proprie abitudini di vita, mentre sussiste il reato di cui all' articolo 660 c.p. ove le molestie si limitino ad infastidire la vittima del reato. Dalle testimonianze indicate in sentenza è ben evidenziata la sequela di comportamenti molesti epiteti volgari, pedinamenti, auguri di morte posti in essere dall'imputato, altresì descritto come irascibile e litigioso nei riguardi delle altre persone. Al contempo alcun apprezzamento di siffatte condotte è venuto dalla signora C., che al contrario ha rievocato timori e paure ingenerati dai comportamenti dell'imputato, laddove - a fronte anche dell'oggettivo rilevante divario fisico e di età - un teste ha dato conto che alla signora, intercettata sulla pubblica via e fatta oggetto di insulti e di ferali auspici, non rimaneva altra scelta che cambiare marciapiede. Condotta che, per forza di cose, non poteva invero sfuggire all'imputato nelle sue ovvie implicazioni negative. 11. In relazione al quinto motivo di impugnazione, in tema di getto pericoloso di cose con il termine molestia alla persona deve intendersi ogni fatto idoneo a recare disagio, fastidio o disturbo ovvero a turbare il modo di vivere quotidiano ne deriva che tale idoneità deve essere accertata, dal giudice di merito, identificando la natura delle cose gettate e ricostruendo le concrete modalità della condotta Sez. 3, numero 49983 del 09/04/2015, Sicali, Rv. 265399 . In proposito, infatti, l' articolo 674 c.p. sanziona - per quanto interessa colui che getta o versa, in un luogo di pubblico transito o in un luogo privato ma di comune o di altrui uso, cose atte a offendere o imbrattare o molestare persone. Quanto ai luoghi, questa Corte Sez. 3, numero 16459 del 11/04/2013 , Inzirillo, non mass. ha già riconosciuto l'esistenza della norma incriminatrice nei riguardi di un soggetto che aveva molestato una condomina, in quanto abitante nello stesso stabile, gettando nel piano sottostante - ove si trovava l'appartamento della vittima - rifiuti vari quali cenere e cicche di sigarette, nonché detersivi corrosivi, quale candeggina. La fattispecie è quindi posta a tutela dell'incolumità pubblica, intendendo difendere coloro che dal getto pericoloso di cose vengono imbrattati, offesi nella loro integrità fisica o molestati e turbati nella loro tranquillità. In specie, il turbamento derivante dal lancio di escrementi di volatili è pressoché auto-evidente, tra l'altro accompagnandosi, nella manifesta identità del disegno criminoso e contrariamente ai rilievi del ricorrente, alle ulteriori e distinte molestie poste in essere dall'odierno ricorrente v. supra . 12. Del tutto infondata è altresì la doglianza in tema di attenuanti generiche. In proposito, infatti, l'odierno ricorrente ha richiesto detto riconoscimento limitandosi ad allegare la mancanza di precedenti penali. Al riguardo, peraltro, l'assenza di precedenti condanne per altri reati a carico del condannato non può essere, per ciò solo, posta a fondamento della concessione delle attenuanti generiche cfr. Sez. 5, numero 13072 del 28/02/2014, Scotto Di Clemente, Rv. 260576 , ed invero alcunché è stato aggiunto dall'imputato. 13. Del pari, quanto alla richiesta applicazione della speciale causa di non punibilità di cui all' articolo 131-bis c.p. , tale richiesta deve ritenersi implicitamente disattesa dal giudice qualora la struttura argomentativa della sentenza richiami, anche rispetto a profili diversi, elementi che escludono una valutazione del fatto in termini di particolare tenuità Sez. 3, numero 43604 del 08/09/2021, Cincolà, Rv. 282097 . In specie, da un lato la sentenza ha evidenziato l'insistenza degli atteggiamenti molesti tenuti dall'imputato, e dall'altro ha inteso sottolineare il grave turbamento emotivo e psichico provocato alla parte lesa. Non si scorge, in altre parole, quella considerazione di particolare tenuità del fatto che legittimerebbe l'applicazione dell'invocata norma, ed anzi è positivamente espressa una valutazione anche quantitativamente negativa che, implicitamente ma univocamente, è ostativa alla concessione del beneficio. 14. L'impugnazione siccome proposta si presenta quindi manifestamente infondata, e - non consentendo l'instaurazione del rapporto processuale di impugnazione - preclude altresì ogni considerazione circa l'invocata causa estintiva per l'affermato decorso del tempo. Ne consegue pertanto l'inammissibilità del ricorso. 14.1. Tenuto altresì conto della sentenza 13 giugno 2000, numero 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità , alla declaratoria dell'inammissibilità medesima consegue, a norma dell' articolo 616 c.p.p. , l'onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in Euro 3.000,00. 14.2. Il ricorrente è altresì tenuto alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile, ammessa al patrocinio a spese dello Stato, nei termini di cui al dispositivo. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. Condanna, inoltre, l'imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile ammessa al patrocinio a spese dello Stato, nella misura che sarà liquidata dal Tribunale di Caltanissetta con separato decreto di pagamento ai sensi degli articolo 82  e 83 D.P.R. numero 115 del 2002 , disponendo il pagamento in favore dello Stato.