A mezzanotte stop alla televisione: sanzionato il boss che per protesta batte ad oltranza sul blindo della cella

Riconosciuta in Cassazione la legittimità del provvedimento deciso dal carcere, ossia l’esclusione del boss dalle attività in comune. Irrilevante il richiamo difensivo alla legittimità della protesta e al fatto che, successivamente, il carcere aveva annullato l’originario provvedimento con cui era stato imposto lo spegnimento della televisione a mezzanotte.

Legittima la sanzione disciplinare decisa ai danni del detenuto al 41-bis che per protesta contro un provvedimento del carcere – cioè lo spegnimento obbligato della televisione a mezzanotte – ha ripetutamente effettuato la cosiddetta battitura sul blindo della cella. Decisivi alcuni dettagli, ossia innanzitutto la durata della protesta, protrattasi oltre quindici minuti, poi l'orario serale, ancora il frastuono provocato, diffusosi anche all'esterno della struttura oltre che agli altri reparti, e, infine, la reiterazione della protesta, non esattamente estemporanea, visto il suo protrarsi per tre giorni di seguito. Riflettori puntati su un boss della camorra, detenuto e sottoposto al 41-bis e sanzionato in carcere con l'esclusione dalle attività in comune a seguito di illecito disciplinare consistente nella «battitura col manico di uno scopettone del blindato della cella», battitura verificatasi per circa quindici minuti consecutivi per tre giorni consecutivi nel giugno del 2018. A ritenere legittimo il provvedimento del carcere è il Tribunale di Sorveglianza, che sottolinea le circostanze dell'episodio, ossia «la durata, l'orario, il frastuono causato, la reiterazione, le ragioni alla base della protesta, nonché la mancata partecipazione di tutti i detenuti», circostanze che «hanno turbato la tranquillità della vita quotidiana all'interno del carcere». Il legale del boss eccepisce col ricorso in Cassazione «la mancanza di elementi concreti dai quali desumere l'effettiva situazione di disturbo con impatto negativo sulla popolazione presente carcere, sia detenuti, sia persone appartenenti all'amministrazione penitenziaria» e sottolinea, in particolare, che «non vi è stata alcuna contro protesta degli altri detenuti a manifestare dissenso rispetto alla battitura attuata dal boss» e che «non vi è stato disturbo alle persone presenti nella struttura, proprio per il minor impatto sulla tranquillità generale derivato dall'orario notturno in cui questa si era realizzata, essendo ferme le principali attività del carcere». Il legale rimarca poi come «la battitura sia l'unica forma pacifica di manifestazione del pensiero da parte di un detenuto, né la possibilità di presentare un reclamo per far valere le proprie ragioni rispetto ad una determinata situazione carceraria può assorbire il diritto a protestare contro l'amministrazione penitenziaria, sempre che espletato pacificamente». E in questo quadro il legale aggiunge un ulteriore tassello «le ragioni del dissenso del detenuto, radicate nella contrarietà alla disposizione carceraria di spegnimento della televisione in orario notturno, sono state ritenute fondate dalla stessa amministrazione penitenziaria, che ha eliminato con una circolare, successivamente, tale disposizione». In ultima battuta, poi, il legale richiama il principio secondo cui «la battitura delle inferriate della cella con bottiglie di plastica, posta in essere per pochi minuti, non è un'azione neppure in astratto idonea a provocare un danno ai beni dell'amministrazione, sicché di per sé sola non può rientrare nella condotta di molestia alla comunità carceraria». Prima di esaminare in dettaglio il caso concernente il boss della camorra, i Giudici di Cassazione partono dalla «sottile linea di confine che separa il diritto dei detenuti alla manifestazione del pensiero e del dissenso e la realizzazione di comportamenti che integrano illeciti disciplinari per coloro i quali si trovano ristretti in carcere», sottile linea di confine su cui si posiziona anche «la cosiddetta battitura dei blindati delle camere di pernottamento, vale a dire quella forma di protesta che consiste nel battere in qualche modo contro i blindati che chiudono le celle, provocando rumore, con la finalità di attirare l'attenzione su di un tema determinato, quasi sempre collegato alle condizioni di detenzione, esprimendo in tal modo il proprio pensiero al riguardo». Proprio sulla battitura dei blindati delle celle, in passato la Cassazione ha fissato il principio secondo cui «in tema di sanzioni disciplinari ai detenuti, la battitura collettiva dei blindati delle camere di pernottamento, adottata dai detenuti quale forma di protesta, può integrare l'illecito disciplinare, come comportamento molesto nei confronti della comunità penitenziaria, quando, tenuto conto delle ragioni che l'hanno determinata, per durata e frequenza supera la soglia fisiologica di ordinaria tollerabilità». Ciò comporta, però, una valutazione che deve «individuare come parametri centrali la durata e la frequenza della protesta, anche in rapporto alle ragioni che possano averla determinata, al fine di apprezzare se in concreto si sia superato il margine di tollerabilità che qualifica le attività materiali, ovviamente non riducibili a mere espressioni di pensiero dissenziente, come manifestazioni paradigmatiche di molestia». Passando dal quadro generale al dettaglio della vicenda oggetto del processo, i Magistrati osservano che «la protesta, pur pacifica e limitata alla battitura – con il manico di uno scopettone – dei blindati, ha coinvolto soltanto alcuni dei centocinquantotto detenuti in regime di 41-bis, ma è stata attuata dal detenuto sanzionato, insieme ad altri detenuti del suo reparto detentivo e ad altri detenuti alloggiati in diverse sezioni, è durata ogni volta circa quindici minuti e si è verificata in tre diverse occasioni il 2, il 3 e il 4 giugno 2018 , e ha generato un fragore prolungato e un forte rumore assordante, disperso per l'intero reparto 41-bis, tanto da arrecare disturbo ai restanti detenuti, cioè non solo a coloro che, pur della stessa sezione, non avevano partecipato alla protesta, ma anche ai detenuti di altre sezioni che hanno chiaramente udito il frastuono». Infine, è emerso, aggiungono i Giudici, che «i rumori prodotti dalle battiture disturbavano l'intera comunità, raggiungendo anche la zona esterna della struttura penitenziaria, cioè caserma e alloggi di servizio». Tirando le somme, a fronte delle ragioni della protesta, ossia «le disposizioni dipartimentali che imponevano ai detenuti in regime di 41-bis lo spegnimento della televisione a mezzanotte e vietavano il possesso, oltre un certo limite, di capi firmati da detenere in cella», è sacrosanto catalogare come illecito disciplinare il comportamento tenuto dal boss della camorra, soprattutto tenendo presenti «la durata della protesta, protrattasi oltre quindici minuti l'orario serale in cui ha avuto luogo e che se può aver coinvolto un minor numero di persone, data l'assenza di attività diurne che coinvolgono personale ed eventuali visitatori, cionondimeno ha arrecato sicuramente un'evidente ricaduta sulla quiete ed il riposo notturni il frastuono provocato, diffusosi anche all'esterno della struttura oltre che agli altri reparti la reiterazione della protesta, non esattamente estemporanea, visto il suo protrarsi per tre giorni di seguito», concludono i magistrati di Cassazione.

Presidente Zaza – Relatore Brancaccio Ritenuto in fatto 1. D.N., detenuto all'interno del carcere di Spoleto in regime penitenziario speciale ex articolo 41-bis Ord. Penumero , ricorre avverso l'ordinanza del Tribunale di Sorveglianza di L'Aquila del 20.9.2022, emessa a seguito di annullamento del precedente provvedimento da parte della Prima Sezione Penale della Corte di cassazione, con cui è stato accolto il reclamo del DAP avverso l'ordinanza del Magistrato di sorveglianza di L'Aquila che aveva ritenuto, in accoglimento del reclamo proposto dal detenuto, non integrasse una fattispecie di illecito disciplinare la battitura dei blindati con il manico di uno scopettone contestata al ricorrente in tre occasioni il Omissis , illecito per cui il detenuto era stato sanzionato con l'esclusione dalle attività in comune. Il ricorso deduce un unico motivo con cui lamenta violazione di legge in relazione al D.P.R. numero 230 del 2000, articolo 77, comma 1, numero 4 in relazione all'articolo 21 Cost., nonché violazione del vincolo di rinvio ex articolo 627 c.p.p., oltre che manifesta illogicità della motivazione del provvedimento rescissorio. Secondo l'ordinanza impugnata, le condotte contestate al ricorrente, per le circostanze di accadimento la durata, l'orario, il frastuono causato, la reiterazione, le ragioni alla base della protesta, nonché la mancata partecipazione di tutti i detenuti , avrebbero turbato la tranquillità della vita quotidiana all'interno del carcere, configurando l'illecito disciplinare citato. Il ricorrente eccepisce la mancanza di elementi concreti dai quali desumere l'effettiva situazione di disturbo con impatto negativo sulla popolazione presente in istituto, sia detenuti, sia persone appartenenti all'amministrazione penitenziaria in particolare, rappresenta come non vi sia stata alcuna controprotesta degli altri detenuti, che manifestasse dissenso rispetto alla battitura attuata dal ricorrente, e non vi sia stato disturbo alle persone presenti in istituto, proprio per il minor impatto sulla tranquillità generale derivato dall'orario notturno in cui questa si era realizzata essendo ferme le principali attività del carcere . Il ricorso rappresenta come la battitura sia l'unica forma pacifica di manifestazione del pensiero da parte di un detenuto, né la possibilità di presentare un reclamo per far valere le proprie ragioni rispetto ad una determinata situazione carceraria può assorbire il diritto a protestare contro l'amministrazione penitenziaria, sempre che espletato pacificamente. Peraltro, le ragioni del dissenso del ricorrente, radicate nella contrarietà alla disposizione carceraria di cd. spegnimento della tv in orario notturno , sono state ritenute fondate dalla stessa amministrazione penitenziaria, che ha eliminato con una circolare, successivamente, tale disposizione. Infine, si richiama la sentenza numero 37792 del 2017, con cui si è affermato che la battitura delle inferriate con bottiglie di plastica posta in essere per pochi minuti non è un'azione neppure in astratto idonea a provocare un danno ai beni dell'amministrazione, sicché di per sé sola non può rientrare nella condotta di molestia alla comunità carceraria. 3. Il PG Lignola Ferdinando ha chiesto l'inammissibilità del ricorso con requisitoria scritta, richiamandosi alle ragioni del provvedimento impugnato, ritenute corrette. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato. 2. La giurisprudenza della Cassazione, consapevole della sottile linea di confine che separa il diritto dei detenuti alla manifestazione del pensiero e del dissenso e la realizzazione di comportamenti che integrano illeciti disciplinari per coloro i quali si trovano ristretti in carcere, si è pronunciata più volte in relazione alla fattispecie della cd. battitura dei blindati delle camere di pernottamento, vale a dire quella forma di protesta che consiste nel battere in qualche modo contro i blindati che chiudono le celle, provocando rumore, con la finalità di attirare l'attenzione su di un tema determinato, quasi sempre collegato alle condizioni di detenzione, esprimendo in tal modo il proprio pensiero al riguardo. Si è così operato un bilanciamento tra diritti in gioco ed esigenze di tutela, affermando che, in tema di sanzioni disciplinari ai detenuti, la battitura collettiva dei blindati delle camere di pernottamento, adottata dai detenuti quale forma di protesta, può integrare l'illecito disciplinare di cui all'articolo 77 reg. es. Ord. Penumero , comma 1, numero 4, come comportamento molesto nei confronti della comunità penitenziaria, quando, tenuto conto delle ragioni che l'hanno determinata, per durata e frequenza supera la soglia fisiologica di ordinaria tollerabilità Sez. 1, numero 33745 del 15/7/2021, Ministero della Giustizia DAP, Rv. 281792 . In motivazione, la sentenza numero 33745 del 2021, ha chiarito come, nel concetto di molestia , evocato dalla norma disciplinare, rientrino tutte le situazioni di fastidio, disagio, disturbo, e, comunque, di turbamento della tranquillità e della quiete della comunità penitenziaria, che producono un impatto negativo, anche psichico, sull'esercizio delle normali attività quotidiane, di relazione e di lavoro di quanti facciano parte della comunità stessa vedi anche, le sentenze numero 33746 del 2021 33747 del 2021 33478 del 2021, richiamate nella massima ufficiale . La valutazione che deve, pertanto, essere svolta individua come parametri centrali la durata e la frequenza della protesta stessa, anche in rapporto alle ragioni che possano averla determinata, al fine di apprezzare se in concreto si sia superato il margine di tollerabilità che qualifica le attività materiali, ovviamente non riducibili a mere espressioni di pensiero dissenziente, come manifestazioni paradigmatiche di molestia vedi anche, in diversa fattispecie decisa, quanto incidentalmente affermato da Sez. 7, numero 54777 del 13/09/2018, Hamama . La stessa sentenza di annullamento ha evidenziato che altre interpretazioni della disciplina regolamentare penitenziaria interna e disciplinare, con le quali si volesse collegare l'illecito D.P.R. numero 230 del 2000, ex articolo 77, comma 1, numero 4, alle molestie che si risolvono in causa di pregiudizio materiale, di interruzione del servizio, di sommosse o gravi disordini, siano non condivisibili, poiché si sovrapporrebbe in tal modo detto illecito a quelli più gravi che prevedono espressamente detti eventi come punto focale della ratio sanzionatoria. 3. Nel caso di specie, il provvedimento impugnato ha evidenziato come, aderendo all'impostazione nomofilattica dettata dal provvedimento di annullamento con rinvio, ed anche volendo evidenziare la portata offensiva del bene giuridico protetto dalla disposizione disciplinare la tranquillità della vita penitenziaria in comunità , la protesta, pur pacifica e limitata alla battitura dei blindati con il manico di uno scopettone, secondo i rapporti disciplinari - ha coinvolto soltanto alcuni dei 158 detenuti in regime di articolo 41-bis Ord. Penumero , ma è stata attuata dal ricorrente insieme ad altri detenuti del suo reparto detentivo e ad altri detenuti alloggiati in diverse sezioni - è durata ogni volta circa 15 minuti e si è verificata in tre diverse occasioni il Omissis - ha generato un fragore prolungato e un forte rumore assordante, disperso per l'intero reparto 41-bis , tanto da arrecare disturbo ai restanti detenuti non solo a coloro che, pur della stessa sezione, non avevano partecipato alla protesta, ma anche ai detenuti di altre sezioni che hanno chiaramente udito il frastuono. Risulta, altresì, dall'ordinanza che i rumori prodotti dalle battiture disturbavano l'intera comunità, raggiungendo anche la zona esterna della struttura penitenziaria caserma e alloggi di servizio . Le ragioni della protesta erano riconducibili alle disposizioni dipartimentali che imponevano ai detenuti in regime di articolo 41-bis Ord. Penumero lo spegnimento della TV alle ore 24 e vietavano il possesso, oltre un certo limite, di capi firmati da detenere nella camera di pernottamento. 3.1. Orbene, la fattispecie descritta rientra nel prisma applicativo della disposizione di cui all'articolo 77, comma 1, numero 4, per la durata della protesta, protrattasi oltre quindici minuti l'orario serale in cui ha avuto luogo che se può aver coinvolto un minor numero di persone, data l'assenza di attività diurne che coinvolgono personale ed eventuali visitatori, cionondimeno ha arrecato sicuramente un'evidente ricaduta sulla quiete ed il riposo notturni il frastuono provocato, diffusosi anche all'esterno della struttura oltre che agli altri reparti per la reiterazione della protesta, non esattamente estemporanea, visto il suo protrarsi per tre giorni di seguito. Tali valutazioni sono idonee a sostenere la legittimità della decisione impugnata, a prescindere da considerazioni collegate ad una potenziale mancanza di lesione grave di un diritto soggettivo nel caso di specie ovvero all'estraneità delle rivendicazioni dei detenuti alla sfera dei diritti fondamentali, che costituiscono, invero, ragioni decisorie discutibili, ancorché declinate dal provvedimento rescindente. 4. Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato ed a ciò consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.