Il soggetto estraneo al processo che ritiene che l’esibizione del documento leda un suo diritto dovrà far valere le proprie pretese nei confronti del terzo esibitore

Quando l'esibizione di un documento è ordinata ad un terzo estraneo al processo, il giudice istruttore deve cercare di conciliare l'interesse della giustizia col riguardo ai diritti del terzo. Con riguardo al tema relativo alla protezione dei dati personali, non costituisce violazione di tale disciplina il loro utilizzo mediante svolgimento di attività processuale giacché tale disciplina non trova applicazione ai sensi del codice della privacy quando i dati vengano raccolti e gestiti nell'ambito di un processo.

Ad affermarlo è la Corte di Cassazione, I Sez. civile, Ordinanza numero 9314, pubblicata il 04/04/2023. Il Tribunale di Velletri ha respinto l'istanza proposta di revoca o riduzione dell'assegno divorzile di Tizio a favore dell'ex coniuge Caia e ha dichiarato inammissibile l'intervento dal figlio della coppia, ai sensi dell'articolo 211 c.p.c. per opporsi all'ordine di esibizione impartito ad un terzo, la Banca BCC dei Castelli Romani, in corso di causa. Avverso la predetta istanza ha proposto reclamo il figlio, chiedendo di dichiarare ammissibile il suo intervento e illegittimo l'ordine di esibizione emesso dal giudice di primo grado degli estratti conto del suo conto corrente personale, con conseguente espunzione degli stessi dal fascicolo, nonché di accertare la parte processuale che aveva chiesto l'ordine di esibizione e di condannarla al risarcimento del danno per lesione della sua privacy. Tizio ha proposto reclamo per veder revocato o ridotto l'assegno divorzile mentre la ex moglie Caia ha chiesto il rigetto di entrambi i reclami. La Corte di appello di Roma respingendo questi ultimi ha condannato Tizio e il figlio, in solido, a rifondere le spese a Caia la stessa Corte ha ritenuto che l'intervento di Tizio fosse inammissibile perché tardivamente dispiegato quando l'ordine era stato già adempiuto dalla destinataria Banca e nessuna norma del codice di rito autorizzava a procedere alla richiesta espunzione. Avverso il predetto decreto ha proposto ricorso per cassazione il figlio degli ex coniugi. In particolare, il ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione dell'articolo 210 c.p.c. lamentando «falsa interpretazione del fatto storico» non avendo il decidente considerato la produzione, tramite il padre, della sua dichiarazione personale con la quale egli aveva affermato che non intendeva versare in atti i propri estratti conti per motivi di privacy, trattandosi di conto personale e non cointestato. Il ricorrente sostiene altresì che l'ordine di esibizione era stato disposto illegittimamente, per la sua genericità e l'assenza di prefissione di termine. I primi quattro motivi, con i quali il ricorrente muove recriminazioni varie nei confronti dell'ordine di esibizione, sono considerati inammissibili dalla Corte perché nessun ordine di esibizione era stato emesso nei suoi confronti. Il Tribunale, dopo essere stato informato, mediante Tizio, che il figlio, estraneo al giudizio, non era disponibile a esibire la documentazione relativa al suo conto corrente personale, ha ordinato l'esibizione degli estratti conto in questione ad un altro soggetto, ossia l'altra parte del rapporto bancario, la Banca BCC dei Castelli Romani. Il figlio della coppia, che non era parte del giudizio, né era il destinatario dell'ordine di esibizione, non era quindi legittimato a intervenire nel giudizio ex articolo 211 c.p.c. Tale norma, infatti, prevede che quando l'esibizione è ordinata ad un terzo, il giudice istruttore debba cercare di conciliare nel miglior modo possibile l'interesse della giustizia col riguardo dovuto ai diritti del terzo, e che, prima di ordinare l'esibizione, possa disporre che il terzo sia citato in giudizio, assegnando alla parte istante un termine per provvedervi. Inoltre, il terzo può sempre fare opposizione contro l'ordinanza di esibizione, intervenendo in giudizio prima della scadenza del termine assegnatogli. Con il quinto motivo di ricorso il ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione degli articolo 5, comma 9, della legge numero 898 del 1970 e 155 sexies disp.att. c.p.c., non applicabili al caso de quo, perché attinenti alla ricerca dei beni da pignorare. In sostanza, nessuna norma autorizza l'intervento in causa di un soggetto estraneo al processo che abbia interesse a che il terzo destinatario dell'ordine di esibizione non mostri il documento che gli è stato richiesto, come pure nessuna norma gli consente di opporsi a che un testimone debitamente citato renda testimonianza in ordine a fatti che l'estraneo abbia interesse a mantenere riservati. In un caso e nell'altro il soggetto estraneo al processo che ritiene che l'esibizione leda un suo diritto alla riservatezza, o addirittura alla segretezza, dovrà semmai far valere le proprie pretese nei confronti del terzo esibitore o testimone. A tal proposito l'articolo 155-sexies disp.att. c.p.c. si riferisce anche ai procedimenti in materia di famiglia ai quali per espressa previsione normativa sono estese le disposizioni in materia di ricerca con modalità telematiche dei beni da pignorare. In riferimento al tema relativo alla protezione dei dati personali, non costituisce violazione della relativa disciplina il loro utilizzo mediante lo svolgimento di attività processuale giacché detta disciplina non trova applicazione in via generale, ai sensi degli articolo 7,24 e 46-47 del codice della privacy, quando i dati stessi vengano raccolti e gestiti nell'ambito di un processo in esso, infatti, la titolarità del trattamento spetta all'autorità giudiziaria e in tal sede vanno composte le diverse esigenze, rispettivamente, di tutela della riservatezza e di corretta esecuzione del processo, per cui, se non coincidenti, è il codice di rito a regolare le modalità di svolgimento in giudizio del diritto di difesa e dunque, con le sue forme, a prevalere in quanto contenente disposizioni speciali e, benché anteriori, non suscettibili di alcuna integrazione su quelle del predetto codice della privacy. Infatti, le ragioni di protezione dei dati personali sono per legge recessive rispetto alle esigenze di giustizia e, in un'ottica di concentrazione delle tutele, si deve favorire la composizione dei diversi interessi in un'unica sede, secondo le regole proprie di quest'ultima. In conclusione, la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese in favore della controricorrente Caia, liquidate nella somma di € 7.200,00.

Presidente Amendola – Relatore Scotti Fatti di causa 1. Con decreto del 4.3.2019 il Tribunale di Velletri ha respinto l'istanza proposta da P.M. di revoca o riduzione dell'assegno divorzile a favore dell'ex coniuge F.M. e ha dichiarato inammissibile l'intervento dispiegato dal figlio della coppia, P.E. , ai sensi dell'articolo 211 c.p.c. per opporsi all'ordine di esibizione impartito ad un terzo, la Banca BCC dei omissis , in corso di causa. 2. Avverso il predetto decreto ha proposto reclamo P.E. , chiedendo di dichiarare ammissibile il suo intervento e illegittimo l'ordine di esibizione emesso dal giudice di primo grado degli estratti conto del suo conto corrente personale per gli anni 2016 e 2017, con conseguente espunzione degli stessi dal fascicolo, nonché di accertare la parte processuale che aveva chiesto l'ordine di esibizione e di condannarla al risarcimento dei danno per la lesione della sua privacy. P.M. ha proposto anch'egli reclamo per veder revocato o ridotto l'assegno divorzile F.M. ha chiesto il rigetto di entrambi i reclami. La Corte di appello di Roma con decreto dell'11.3.2021 ha respinto entrambi i reclami e ha condannato P.E. e P.M. in solido a rifondere le spese del grado a F.M. . Per quanto in questa sede ancora rileva, la Corte di appello ha ritenuto che l'intervento di P.E. fosse inammissibile perché tardivamente dispiegato quando l'ordine era stato già adempiuto dalla destinataria Banca BCC dei omissis e nessuna norma del codice di rito autorizzava a procedere alla richiesta espunzione ha aggiunto che in ogni caso il provvedimento era stato legittimamente emesso nell'esercizio dei poteri istruttori officiosi che competono al giudice del procedimento divorzile. 3. Avverso il predetto decreto dell'11.3.2021, notificatogli nella stessa data, con atto notificato il 6.5.2021 ha proposto ricorso per cassazione P.E. , svolgendo sette motivi. Con atto notificato il 15.6.2021 ha proposto controricorso F.M. , chiedendo la dichiarazione di inammissibilità o il rigetto dell'avversaria impugnazione. P.M. non si è costituito in sede di legittimità. Entrambe le parti costituite hanno presentato memoria. Ragioni della decisione 4. Con il primo motivo di ricorso, proposto ex articolo 360 c.p.c., numero 4, il ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione dell'articolo 210 c.p.c Il ricorrente lamenta falsa interpretazione del fatto storico non avendo il decidente considerato la produzione, tramite il padre P.M. , della sua dichiarazione personale con la quale egli aveva affermato che non intendeva versare in atti i propri estratti conti per motivi di privacy, trattandosi di conto personale e non cointestato. Il ricorrente sostiene altresì che l'ordine di esibizione era stato disposto illegittimamente, per la sua genericità e l'assenza di prefissione di termine. 5. Con il secondo motivo di ricorso, proposto ex articolo 360 c.p.c., numero 4, il ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione dell'articolo 95 disp. att. c.p.c. poiché nell'ordinanza che disponeva l'esibizione non era stato assegnato il termine per provvedere alla notificazione, nè era stata indicata la parte che doveva provvedervi. 6. Con il terzo motivo di ricorso, proposto ex articolo 360 c.p.c., numero 4, il ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione dell'articolo 211, comma 1, c.p.c. perché il giudice, consapevole della sua opposizione all'esibizione, manifestata nella lettera prodotta dal padre P.M. , l'aveva nondimeno ordinata alla banca, senza citarlo in giudizio a sua tutela. 7. Con il quarto motivo di ricorso, proposto ex articolo 360 c.p.c., numero 4, il ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione dell'articolo 211, comma 2, c.p.c. perché con l'ordine di esibizione non gli era stato fissato alcun termine, sicché il suo intervento volontario non era soggetto ad alcuna scadenza temporale e non poteva essere ritenuto tardivo. 8. I primi quattro motivi, con i quali P.E. muove recriminazioni varie nei confronti dell'ordine di esibizione, sono tutti inammissibili per una comune e fondamentale ragione, ossia perché nessun ordine di esibizione era stato emesso nei suoi confronti. Il Tribunale, dopo essere stato informato, tramite P.M. , che il figlio P.E. , estraneo al giudizio, non era disponibile a esibire la documentazione relativa al suo conto corrente personale, ha ordinato l'esibizione degli estratti conto in questione ad un altro soggetto, ossia l'altra parte del rapporto bancario, la Banca BCC dei omissis . P.E. , che non era parte del giudizio, nè era il destinatario dell'ordine di esibizione, non era quindi legittimato a intervenire nel giudizio ex articolo 211 c.p.c Questa norma, infatti, dettata a tutela dei diritti del terzo chiamato ad esibire, prevede che quando l'esibizione è ordinata ad un terzo, il giudice istruttore debba cercare di conciliare nel miglior modo possibile l'interesse della giustizia col riguardo dovuto ai diritti del terzo, e che, prima di ordinare l'esibizione, possa disporre che il terzo sia citato in giudizio, assegnando alla parte istante un termine per provvedervi. Inoltre il terzo può sempre fare opposizione contro l'ordinanza di esibizione, intervenendo nel giudizio prima della scadenza del termine assegnatogli. In tal modo la legge si riferisce inequivocabilmente al terzo destinatario dell'ordine di esibizione e non ad ogni altro soggetto che si ritenga pregiudicato nei suoi diritti dall'esibizione che non è legittimato a sindacare nei suoi profili processuali necessità, termini, modalità . Una volta che il terzo abbia adempiuto all'ordine di esibizione con l'acquisizione della prova al processo non è certamente possibile, in difetto di qualsiasi previsione in tal senso, disporne l'espunzione per iniziativa di un soggetto, diverso dal terzo esibitore, estraneo alla contesa. Il potere di ordinare la preventiva citazione in giudizio del terzo, oltre a riferirsi al destinatario dell'ordine di esibizione, ha poi natura eminentemente discrezionale, tant'è che nel caso in cui essa non venga disposta, il terzo chiamato ad esibire ben può intervenire in giudizio per manifestare le ragioni di opposizione. 9. In sintesi, nessuna norma autorizza l'intervento in causa di un soggetto estraneo al processo che abbia interesse a che il terzo destinatario dell'ordine di esibizione non esibisca il documento che gli è stato richiesto, come pure nessuna norma gli consente di opporsi a che un testimone debitamente citato renda testimonianza in ordine a fatti che l'estraneo abbia interesse a mantenere riservati. In un caso e nell'altro il soggetto estraneo al processo che ritiene che l'esibizione o la testimonianza leda un suo diritto alla riservatezza, o addirittura alla segretezza, dovrà semmai far valere le proprie pretese nei confronti del terzo esibitore o testimone. 10. Con il quinto motivo di ricorso, proposto ex articolo 360 c.p.c., numero 4, il ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione della L. numero 898 del 1970, articolo 5, comma 9, e 155 sexies disp.att. c.p.c., non applicabili al caso de quo, perché attinenti alla ricerca dei beni da pignorare. Il motivo è per un verso inammissibile, sia in generale per l'inammissibilità dell'intervento di F. e comunque poiché diretto verso una argomentazione rafforzativa del decreto impugnato, collaterale rispetto alla ratio decidendi, e per un altro verso manifestamente infondato poiché la Corte capitolina ha correttamente fatto riferimento agli ampi poteri istruttori di cui il giudice dispone nei procedimenti in materia di separazione e divorzio. Per giunta, l'articolo 155 sexies disp.att. c.p.c. si riferisce effettivamente anche ai procedimenti in materia di famiglia ai quali per espressa previsione normativa sono estese le disposizioni in materia di ricerca con modalità telematiche dei beni da pignorare. In ogni caso, in tema di protezione dei dati personali, non costituisce violazione della relativa disciplina il loro utilizzo mediante lo svolgimento di attività processuale giacché detta disciplina non trova applicazione in via generale, ai sensi del D.Lgs. numero 193 del 2003, articolo 7, 24 e 46-47 c.d. codice della privacy , quando i dati stessi vengano raccolti e gestiti nell'ambito di un processo in esso, infatti, la titolarità del trattamento spetta all'autorità giudiziaria e in tal sede vanno composte le diverse esigenze, rispettivamente, di tutela della riservatezza e di corretta esecuzione del processo, per cui, se non coincidenti, è il codice di rito a regolare le modalità di svolgimento in giudizio del diritto di difesa e dunque, con le sue forme, a prevalere in quanto contenente disposizioni speciali e, benché anteriori, non suscettibili di alcuna integrazione su quelle del predetto codice della privacy. Sez. U, numero 3034 del 8.2.2011 . Infatti, le ragioni di protezione dei dati personali sono per legge recessive rispetto alle esigenze di giustizia e, in un'ottica di concentrazione delle tutele, si deve favorire la composizione dei diversi interessi in un'unica sede, secondo le regole proprie di quest'ultima Sez. 1, numero 5068 del 24.2.2021 . 11. Con il sesto motivo di ricorso, proposto ex articolo 360 c.p.c., numero 3, il ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione dell'articolo 2043 c.c. per omessa pronuncia sulla sua richiesta risarcitoria dei danni non patrimoniali. 12. Il motivo è in primo luogo mal formulato nell'invocazione della violazione della legge sostanziale articolo 2043 c.c. per dolersi, a quanto è dato comprendere, di una omessa pronuncia sulla richiesta risarcitoria e quindi di una violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato ex articolo 112 c.p.c 13. In ogni caso, il vizio di omessa pronuncia ex articolo 112 c.p.c., secondo consolidata giurisprudenza di questa Corte, non ricorre quando la decisione adottata comporti una statuizione implicita di rigetto della domanda o eccezione formulata dalla parte, dovendo ravvisarsi una statuizione implicita di rigetto quando la pretesa avanzata con il capo di domanda non espressamente esaminato risulti incompatibile con l'impostazione logico-giuridica della pronuncia Sez. 2, numero 20718 del 13.8.2018 Sez. 5, numero 29191 del 6.12.2017 Sez. 1, numero 24155 del 13.10.2017 analogamente non si configura il vizio di omessa pronuncia, pur in difetto di un'espressa statuizione da parte del giudice in ordine ad un motivo di impugnazione, allorché la decisione adottata sia tale da comportare necessariamente la reiezione del motivo pretesamente non esaminato, dovendosi ritenere che tale vizio sussista solo nel caso in cui sia stata completamente omessa una decisione su di un punto che si palesi indispensabile per la soluzione del caso concreto Sez. 6 - 1, numero 15255 del 4.6.2019 . Nella specie la Corte di appello ha considerato radicalmente inammissibile l'opposizione dispiegata da P.E. , il che travolgeva anche la sua domanda risarcitoria, e ha ritenuto comunque infondata la sua pretesa, avendo giudicato pienamente legittimo l'ordine di esibizione della documentazione bancaria che lo riguardava. 14. Con il settimo motivo di ricorso, proposto ex articolo 360 c.p.c., numero 4, il ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione dell'articolo 112 c.p.c. per omessa pronuncia sulla domanda di accertamento della parte processuale che aveva chiesto la produzione dei suoi estratti conto. Valgono al proposito le considerazioni esposte nel § 13, oltre alla palese inammissibilità per difetto di interesse di una domanda, quale quella proposta dall'attuale ricorrente, volta a sentir dichiarare dal giudice una circostanza di cui egli aveva in realtà ampia cognizione attraverso gli atti processuali del giudizio in cui era intervenuto, incluse le difese svolte dalle parti e i processi verbali, dai quali emergeva la posizione rispettivamente assunta dalle parti quanto all'ordine di esibizione. 15. Il ricorso deve perciò essere dichiarato inammissibile. Le spese seguono la soccombenza a favore della controricorrente F.M. , liquidate come in dispositivo. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese in favore della controricorrente F. , liquidate nella somma di Euro 7.200,00 per compensi, Euro 200,00 per esborsi, 15% rimborso spese generali, oltre accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla l. numero 228 del 2012, articolo 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, ove dovuto.