Respinta l'istanza avanzata da un uomo condannato a venti mesi di reclusione per i maltrattamenti ai danni della madre. Decisivo, secondo i Giudici, il riferimento alla disponibilità solo temporanea di un alloggio e a un solo contratto di lavoro a tempo determinato.
Niente affidamento in prova ai servizi sociali se il detenuto non può contare su una situazione di stabilità socio-lavorativa. Riflettori puntati sulla istanza presentata da un uomo condannato a venti mesi di reclusione per il delitto di maltrattamenti in danno della madre e mirata ad ottenere l'affidamento in prova ai servizi sociali e la detenzione domiciliare. A esprimere parere negativo è in prima battuta il Tribunale di sorveglianza. Ciò perché «la situazione personale, sociale e lavorativa del condannato appare del tutto precaria e instabile», viene chiarito nel provvedimento emesso a fine marzo del 2022. In particolare, poi, viene sottolineato che «l'asserita possibilità di detenzione domiciliare presso il conoscente e datore di lavoro era inizialmente limitata ad un solo mese e in seguito è stata affermata come a tempo indeterminato ma senza un'adeguata dimostrazione». Per chiudere il cerchio, infine, il Tribunale di sorveglianza pone in rilievo che «il possesso di un lavoro inizialmente non era stato documentato e in seguito è stato documentato solo come un lavoro a tempo determinato». Inutile il ricorso proposto in Cassazione dal legale che reitera l'istanza avanzata dal condannato. Innanzitutto, è ritenuto significativo il riferimento alla «inidoneità dell'alloggio – solo temporaneo – offerto dal datore di lavoro al condannato». Per i Giudici di Cassazione «tale valutazione di precarietà» è decisiva, anche perché è lo stesso condannato a riconoscere che il datore di lavoro «gli offrirebbe ospitalità solo fino a quando non trova un altro alloggio idoneo». Peraltro, non si può trascurare, sempre secondo i Giudici, «la scarsa affidabilità di tale dichiarazione, consistente solo in un manoscritto in fotocopia, la cui firma non è autenticata». Altro dettaglio fondamentale è quello relativo alla «valutazione di precarietà della situazione lavorativa» del condannato, «precarietà dimostrata dalla temporaneità dell'unico contratto di lavoro depositato, a fronte di una sua precedente dichiarazione, mai confermata, di svolgere un lavoro a tempo indeterminato». Tirando le somme, è legittimo, sanciscono dalla Cassazione, il no alla richiesta di concessione dell'affidamento in prova ai servizi sociali sulla base della «precarietà della situazione personale, sociale e lavorativa del condannato, precarietà ancora sussistente a molti anni di distanza dalla condanna per la quale ha riportato la pena da scontare». E tale situazione «è sufficiente per escludere la concedibilità del beneficio richiesto, che necessita», chiariscono i Giudici, «non solo di una valutazione di non negatività della condotta tenuta dal soggetto successivamente alla condanna, ma anche della individuazione di elementi positivi, quali la regolarità della condizione di vita e la possibilità di un buon reinserimento sociale, che consentano di prevederne l'esito positivo e di assicurare la prevenzione da possibili ricadute nel crimine». Per maggiore chiarezza, poi, i Giudici richiamano il principio secondo cui «ai fini della concessione dell'affidamento in prova ai servizi sociali, pur non potendosi prescindere dalla natura e dalla gravità dei reati per cui è stata irrogata la pena in espiazione, quale punto di partenza dell'analisi della personalità del soggetto, è tuttavia necessaria la valutazione della condotta successivamente serbata dal condannato, essendo indispensabile l'esame anche dei suoi comportamenti attuali, attesa l'esigenza di accertare non solo l'assenza di indicazioni negative, ma anche la presenza di elementi positivi che consentano un giudizio prognostico di buon esito della prova e di prevenzione del pericolo di recidiva». Ebbene, ragionando in questa ottica, «la mancanza di una stabilità socio-lavorativa impedisce di ritenere sussistente una buona prospettiva risocializzante, necessaria per la concessione del beneficio», ossia l'affidamento in prova ai servizi sociali, beneficio che «richiede la previa valutazione della idoneità a contribuire alla rieducazione del condannato e ad assicurare la prevenzione da recidive».
Presidente Mogini – Relatore Magi Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza emessa in data 30 marzo 2022 il Tribunale di sorveglianza di Milano ha respinto l'istanza con la quale C.D., condannato alla pena di un anno e otto mesi di reclusione per il delitto di maltrattamenti in famiglia in danno della madre, ha chiesto l'affidamento in prova ai servizi sociali e la detenzione domiciliare, ai sensi degli articolo 47 e 47-ter, comma 1-bis, Ord. penumero 1.1 Il Tribunale ha ritenuto non accoglibile la richiesta perché, alla luce delle stesse prospettazioni dell'istante, la situazione personale, sociale e lavorativa del condannato appare del tutto precaria e instabile. Non sussistono pertanto i requisiti minimi di fatto per poter disporre qualsiasi misura alternativa . In particolare l'asserita possibilità di domiciliare presso il conoscente e datore di lavoro M.P.M. era inizialmente limitata ad un solo mese, e in seguito è stata affermata come a tempo indeterminato ma senza un'adeguata dimostrazione, ed il possesso di un lavoro inizialmente non era stato documentato, e in seguito è stato documentato solo come un lavoro a tempo determinato con scadenza al 30/06/2022. 2. Avverso l'ordinanza ha proposto ricorso per cassazione C.D. per mezzo del proprio difensore avv. Benedetto Ciccarone, articolando due motivi. 2.1 Con il primo censura il vizio di motivazione e la violazione degli articolo 678, comma 1, c.p.p. e 665, comma 5, c.p.p. in ordine alla mancata verifica delle allegazioni documentali difensive. Il Tribunale ha respinto l'istanza affermando che la mancata allegazione di un documento di identità del M. e del contratto di proprietà o locazione dell'immobile in cui questi ospiterebbe l'istante impedisce i necessari accertamenti, ma la Questura, con la nota datata 22/03/2022 e depositata in atti, ha già identificato il M. e ha indicato anche l'indirizzo dell'abitazione in cui il C. è ospitato. I contratti e la busta paga depositati, poi, dimostrano la sussistenza del rapporto di lavoro. Era dunque possibile, per il Tribunale, disporre tutti gli ulteriori controlli che riteneva necessari, essendo suo dovere attivare il proprio potere di controllo e verifica. 2.2 Con il secondo motivo censura il vizio di motivazione e la violazione dell'articolo 47, comma 2, Ord. penumero in ordine alla mancata verifica dei presupposti per la concessione del relativo beneficio. Secondo la più recente giurisprudenza della corte di cassazione, ai fini della concessione dell'affidamento in prova ai sensi dell'articolo 47, comma 2, Ord. penumero , il Tribunale avrebbe dovuto valutare la personalità dell'istante alla luce non solo dei suoi precedenti penali ma anche della condotta tenuta successivamente, mentre ha respinto la richiesta solo sulla base di una situazione personale giudicata precaria e instabile. Non ha tenuto conto del fatto che il reato per il quale è stata irrogata la pena da scontare risale al 2013 e che da allora il C. non ha commesso altri reati, anzi ha errato nell'affermare che egli ha precedenti per estorsione e danneggiamento, perché il procedimento per tali reati si è concluso con una sentenza di assoluzione divenuta definitiva in data 8 settembre 2020. Egli non ha in seguito riportato altre denunce. Il Tribunale si è inoltre basato sulla nota della Questura risalente al 22/03/2022 senza esaminare il comportamento tenuto medio tempore, essenziale per la necessaria valutazione della personalità dell'istante, e non ha argomentato in ordine alla possibilità che la misura contribuisca alla riabilitazione del reo e prevenga la commissione di nuovi reati. 3. Il Procuratore generale ha chiesto dichiararsi l'inammissibilità del ricorso per manifesta infondatezza, in quanto non si confronta con le argomentazioni del Tribunale in merito alla personalità dell'istante. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato e deve essere rigettato. 1.1 Il primo motivo è manifestamente infondato. Il Tribunale risulta avere valutato tutti i documenti prodotti, e la relazione negativa della Questura ha una datazione molto recente, tale da non imporre un approfondimento. Il ricorrente, poi, non si ha confronta con la motivazione del Tribunale che, sulla scorta di tale relazione, ha ritenuto inidoneo l'alloggio presso il M. perché solo temporaneo, secondo quanto lo stesso M. ha riferito agli agenti. La documentazione prodotta dal C. all'udienza davanti al Tribunale di sorveglianza non contrasta con tale valutazione di precarietà, perché lo stesso ricorrente scrive che il M. gli offrirebbe ospitalità fino a quando non trova un altro alloggio idoneo . Inoltre il ricorrente non si confronta con l'affermazione dei giudici circa la scarsa affidabilità di tale dichiarazione, perché consistente solo in un manoscritto in fotocopia, la cui firma non è autenticata. Il ricorrente non si confronta neppure con la valutazione di precarietà della situazione lavorativa del C., dimostrata dalla temporaneità dell'unico contratto di lavoro depositato, a fronte di una sua precedente dichiarazione, mai confermata, di svolgere un lavoro a tempo indeterminato. Questo motivo di appello deve quindi essere rigettato per la sua genericità e manifesta infondatezza. 1.2 Anche il secondo motivo di ricorso è infondato. Il Tribunale di sorveglianza ha infatti adeguatamente motivato il rigetto della richiesta di concessione dell'affidamento in prova al servizio sociale, sulla base della precarietà della situazione personale, sociale e lavorativa del C., ancora sussistente a molti anni di distanza dalla condanna per la quale ha riportato la pena da scontare. Tale situazione è sufficiente per escludere la concedibilità del beneficio richiesto, che necessita non solo di una valutazione di non negatività della condotta tenuta dal reo successivamente alla condanna, ma anche della individuazione di elementi positivi, quali la regolarità della condizione di vita e la possibilità di un buon reinserimento sociale, che consentano di prevederne l'esito positivo e di assicurare la prevenzione da possibili ricadute nel crimine. Secondo i condivisibili principi della corte di cassazione, infatti, Ai fini della concessione dell'affidamento in prova al servizio sociale, pur non potendosi prescindere dalla natura e dalla gravità dei reati per cui è stata irrogata la pena in espiazione, quale punto di partenza dell'analisi della personalità del soggetto, è tuttavia necessaria la valutazione della condotta successivamente serbata dal condannato, essendo indispensabile l'esame anche dei comportamenti attuali del medesimo, attesa l'esigenza di accertare non solo l'assenza di indicazioni negative, ma anche la presenza di elementi positivi che consentano un giudizio prognostico di buon esito della prova e di prevenzione del pericolo di recidiva Sez. 1, numero 4390 del 20/12/2019, Rv. 278174 . La mancanza di una stabilità socio-lavorativa impedisce di ritenere sussistente una buona prospettiva risocializzante, necessaria per la concessione del beneficio di cui all'articolo 47 Ord. penumero , che richiede la previa valutazione della idoneità a contribuire alla rieducazione del reo e ad assicurare la prevenzione da recidive. 2. Sulla base delle considerazioni che precedono il ricorso deve pertanto essere respinto, e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.