Il praticante avvocato che, indotto in errore dalle indicazioni del dominus , abbia sostituito quest’ultimo all’udienza di un processo che esorbita i propri limiti di competenza non può essere considerato responsabile deontologicamente.
Un praticante veniva sottoposto a procedimento disciplinare dal competente CDD per aver patrocinato in violazione dell'art. 36 cod. deont. forense divieto di attività professionale senza titolo e di uso di titoli inesistenti dinanzi al TAR. Il provvedimento veniva impugnato davanti al CNF. La nuova legge professionale forense, evidenzia il ricorrente, prevede la facoltà dell'avvocato di farsi sostituire da un praticante abilitato , conferendogli delega scritta art. 14, comma 2 tale disposizione, tuttavia, va coordinata con quanto dettato dall'art. 41, comma 12, in tema di patrocinio sostitutivo . La norme prevede che nel periodo di svolgimento del tirocinio il praticante avvocato, decorsi sei mesi dall'iscrizione nel registro dei praticanti, purché in possesso di diploma di laurea in giurisprudenza, può esercitare attività professionale in sostituzione dell'avvocato presso il quale svolge la pratica e comunque sotto il controllo e la responsabilità dello stesso anche se si tratta di affari non trattati direttamente dal medesimo, in ambito civile di fronte al tribunale e al giudice di pace, e in ambito penale nei procedimenti di competenza del giudice di pace, in quelli per reati contravvenzionali e in quelli che, in base alle norme vigenti anteriormente alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 19 febbraio 1998, n. 51 , rientravano nella competenza del pretore. L'abilitazione decorre dalla delibera di iscrizione nell'apposito registro. Essa può durare al massimo cinque anni, salvo il caso di sospensione dall'esercizio professionale non determinata da giudizio disciplinare, alla condizione che permangano tutti i requisiti per l'iscrizione nel registro . Il CNF ha già avuto modo di precisare che la normativa limita l'attività del praticante alla sola sostituzione del dominus e comunque sotto il controllo e la responsabilità dello stesso anche se si tratta di affari non trattati direttamente dal medesimo davanti agli uffici giudiziari specificamente indicati dalla legge senza limiti di valore davanti al Tribunale civile , per una durata di cinque anni v. Parere CNF nn. 3 e 4 del 2019 . Così ricostruito il quadro normativo, il CNF accoglie il motivo di ricorso con cui si denuncia l' assenza dell'elemento psicologico dell'illecito , posto che il ricorrente aveva agito su apposita delega del proprio dominus. Fermo restando che ai fini della sussistenza dell'illecito disciplinare è sufficiente la volontarietà della condotta, nel caso di specie il CNF evidenza il fatto che il ricorrente non ebbe a sottoscrivere atti ma semplicemente a presenziare in udienza in sostituzione del dominus nei confronti del quale non poteva non nutrire profonda ed illimitata fiducia e stima non solo personale ma soprattutto professionale per essere il suo maestro , il quale proprio con il conferimento della procura scritta lo invitava a sostituirlo. Tale circostanza costituisce un evidente elemento di affidamento e rassicurazione , nè può tacersi che proprio il sentimento di grande rispetto che il ricorrente nutriva nei confronti del delegante lo ha indotto ad eseguire quanto richiesto con evidenza di metus reverentialis . L' assoluta particolarità della situazione , in adesione al principio del favor rei, conduce questo Collegio ha ritenere carente l'elemento psicologico della condotta del ricorrente, tratto in errore dal proprio dominus
CNF, sentenza n. 201/2022