La Corte di Cassazione ritorna sull’utilizzabilità delle intercettazioni

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 13747, depositata il 31 marzo 2023, ha affrontato nuovamente il tema dell'utilizzabilità delle intercettazioni, autorizzate in relazione al delitto di cui all'art. 146- bis c.p. di cui al capo 1, anche per l'indagato che non risponde del suddetto reato.

Riprendendo le Sezioni Unite Cavallo” Cass. n. 51/2020 , si ricorda che il divieto di cui all' art. 270 c.p.p. , di utilizzazione dei risultati delle captazioni in procedimenti diversi da quelli per i quali le stesse siano state autorizzate - salvo che risultino indispensabili per l'accertamento di delitti per i quali è obbligatorio l'arresto in flagranza - non opera con riferimento agli esiti relativi ai soli reati che risultino connessi, ex art. 12 c.p.p. , a quelli in relazione ai quali l'autorizzazione era stata ab origine disposta, sempreché rientrino nei limiti di ammissibilità previsti dall' art. 266 c.p.p. . Tali SS.UU. hanno condiviso la tesi secondo cui quando tra i reati vi sia connessione rilevante ex art. 12 c.p.p. , non si individua un procedimento diverso, nell'ottica della disciplina di cui all'art. 270 codice di rito in questi casi, quindi, il provvedimento autorizzativo può essere validamente ricondotto ad un reato diverso da quello per cui esso è stata espressamente rilasciato, ferma restando la necessità che si tratti di fattispecie rientrante nel catalogo di cui all' art. 266 c.p.p. . Pertanto, hanno anche evidenziato che quando si parla di reato si fa riferimento non al titolo di reato ma al fatto-reato , inteso come determinato accadimento storico, inquadrabile in una fattispecie criminosa. E il rapporto di connessione qualificata , ex art. 12 c.p.p. , riguarda i fatti-reato , nella loro espressione oggettiva, mentre , ai fini della utilizzabilità delle intercettazioni, resta irrilevante la posizione soggettiva degli autori . Ne consegue che la disciplina di utilizzabilità afferisce alla diversità dei reati, non alla diversità dei soggetti tutti concorrenti nel medesimo reato. Invero, le intercettazioni non richiedono che gli indizi di reato siano individualizzanti i presupposti dell'attività di intercettazione sono riferiti alla esistenza del reato e non alla responsabilità dei singoli concorrenti Cass. n. 1757/2021 . Nel caso di specie, pur applicando i principi affermati dalle SS.UU. Cavallo”, i risultati delle captazioni oggetto della controversia in esame devono essere reputate utilizzabili nei confronti dell'imputato, protagonista della vicenda. Indi per cui, il Collegio annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale del riesame di Messina.

Presidente Casa - Relatore Calaselice Ritenuto in fatto 1. Con l'ordinanza in epigrafe, emessa il 16 marzo 2022, il Tribunale di Messina in funzione di riesame, su richiesta presentata nell'interesse di M.N., ha riformato il provvedimento con il quale il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale in sede, in data 31 gennaio 2022, aveva applicato, nei suoi confronti, la misura cautelare degli arresti domiciliari, relativamente ai reati di cui all' art. 416 c.p. associazione a delinquere finalizzata al favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione, capo 22 , nonché alla L. n. 75 del 1958, artt. 3 n. 8, 4 n. 7, questi ultimi aggravati ai sensi dell' art. 416-bis.1 c.p. di cui al capo 23 dell'incolpazione provvisoria. 1.1.11 provvedimento oggetto di ricorso fonda la riforma dell'ordinanza genetica, evidenziando la sussistenza dell'effettiva messa a disposizione di un immobile, da parte di M. per M., onde destinarlo all'attività di meretricio, come rilevabile dalla captazione del 1 luglio 2019, dalla quale si evidenzia che M. viene contattato da M. che lo sollecita a risolvere il problema dell'energia elettrica per l'arrivo imminente di altra ragazza. Si esclude, però, che sulla base di detta conversazione possano ricavarsi elementi indiziari gravi, nel senso richiesto dall' art. 273 c.p.p. , in relazione alla partecipazione di M. al sodalizio, limitandosi la condotta ad attestare la relazione tra M. e M. non qualificabile come partecipazione ad associazione finalizzata allo sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione. Tali considerazioni, secondo il Tribunale, relative al capo 22, devono necessariamente investire il profilo della gravità indiziaria con riferimento al capo 23. Si esclude, da parte del Tribunale con funzione di riesame, la sussistenza della circostanza aggravante di cui all' art. 416-bis.1 c.p a carico del ricorrente, tenuto conto che alcun elemento indiziario condurrebbe a considerare M., già reputato estraneo al sodalizio di cui al capo 22, consapevole del vincolo esistente tra M. , vertice indiscusso dell'associazione, da un lato e l'organizzazione mafiosa del clan dei barcellonesi operante sul territorio, dall'altro, nonché sulla destinazione di parte dei proventi derivanti dall'attività illecita al sodalizio riferibile a F.C.V. con il quale, peraltro, il ricorrente non ha avuto alcun contatto. A pag. 16 e ss. il provvedimento impugnato, poi, conclude assumendo che, a fronte di reato non aggravato ai sensi dell' art. 416-bis.1 c.p , verrebbe meno la connessione forte con il reato di associazione per delinquere di stampo mafioso per la quale erano state autorizzate le intercettazioni, ritenendo, dunque, applicabili i principi di cui alla pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte, ricorrente Cavallo, con riguardo alla interpretazione dell' art. 270 c.p.p. e del divieto di utilizzabilità ivi sancito, non ricadendo così come formulato nell'incolpazione provvisoria, il reato di cui al capo 23 nel novero dei delitti per i quali è previsto l'arresto obbligatorio in flagranza. 2.Avverso la descritta ordinanza, ha proposto tempestivo ricorso il Pubblico ministero presso il Tribunale di Messina denunciando contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione. Si sostiene che essendo i delitti contestati ai capi 23 e 1, pur esclusa la circostanza aggravante di cui all art. 416-bis.1 c.p nei confronti dell'indagato M., connessi ai sensi dell' art. 12 c.p.p. , le intercettazioni disposte in relazione al delitto di cui all' art. 416-bis.1 c.p. di cui capo 1 sono utilizzabili anche in relazione ai delitti contestati al capo 23, nei riguardi di tutti coloro ai quali detto capo di incolpazione è contestato. 3. La difesa, avv. T. Grasso, con p.e.c. del 20 ottobre 2022 ha fatto pervenire tempestiva richiesta di discussione orale all'esito della quale le parti, all'odierna udienza hanno concluso nel senso riportato in epigrafe. Risulta depositata, in data 12 novembre 2022, memoria difensiva con la quale ha difesa ha argomentato la richiesta di inammissibilità o, in subordine, di rigetto del ricorso. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato nei limiti appresso indicati. 1.1. Osserva il Collegio che, escluso che per il reato di cui al capo 23 sia consentito l'arresto obbligatorio in flagranza - e che, quindi, possa operare la salvezza di cui all'art. 270, comma 1, seconda parte, c.p.p. - residua il problema, devoluto con il ricorso, relativo alla utilizzabilità delle intercettazioni, autorizzate in relazione al delitto di cui all' art. 416-bis.1 c.p. di cui al capo 1, anche per l'indagato che non risponde del detto reato, reputandole svolte nel medesimo procedimento nel quale erano state legittimamente autorizzate, sì da sfuggire al divieto di utilizzazione in procedimento diverso sancito dall'art. 270 cit Le Sezioni Unite, ricorrente Cavallo Sez. U, n. 51 del 28/11/2019 , dep. 2020, Rv. 277395 per dirimere il contrasto insorto tra le Sezioni semplici di questa Corte, ha affermato che il divieto di cui all' art. 270 c.p.p. , di utilizzazione dei risultati delle captazioni in procedimenti diversi da quelli per i quali le stesse siano state autorizzate - salvo che risultino indispensabili per l'accertamento di delitti per i quali è obbligatorio l'arresto in flagranza - non opera con riferimento agli esiti relativi ai soli reati che risultino connessi, ex art. 12 c.p.p. , a quelli in relazione ai quali l'autorizzazione era stata ab origine disposta, sempreché rientrino nei limiti di ammissibilità previsti dall' art. 266 c.p.p. . Le Sezioni Unite, in effetti, hanno condiviso la tesi secondo cui, quando tra i reati vi sia connessione rilevante ex art. 12 c.p.p. , non si individua un procedimento diverso, nell'ottica della disciplina di cui all'art. 270 codice di rito in questi casi, quindi, il provvedimento autorizzativo può essere validamente ricondotto ad un reato diverso da quello per cui esso è stata espressamente rilasciato, ferma restando la necessità che si tratti di fattispecie rientrante nel catalogo di cui all' art. 266 c.p.p. . La ragione di questa esegesi risiede nel fatto che, in caso di imputazioni connesse ex 12 c.p.p. , il legame sostanziale che intercorre tra i reati neutralizza l'idea che si tratti di autorizzazione alle captazioni cd. in bianco ripudiata dalla giurisprudenza costituzionale al contrario, detto legame legittima l'idea che anche quello emerso ex novo possa essere iscritto nella categoria dei fatti costituenti reato per i quali in concreto si procede , cui può essere collegata l'autorizzazione. A diverse conclusioni - hanno invece opinato le Sezioni Unite - deve giungersi con riferimento al collegamento di cui all'art. 371, comma 2, lett. b c.p.p., che non implica anche una connessione tra reati ex art. 12 c.p.p. In questo caso, il collegamento risponde ad esigenze di efficace conduzione delle indagini, ma le relazioni tra i reati non presuppongono quel necessario legame, originario e sostanziale, che consente invece di ricondurre anche il reato oggetto del procedimento connesso ai sensi dell' art. 12 c.p.p. all'originaria autorizzazione. Con specifico riguardo alle prime due ipotesi della disposizione di cui all' art. 371 comma 2 lett. b c.p.p. , infatti, si tratta di relazioni deboli , siccome intercorrenti non già tra il reato per cui l'autorizzazione è stata rilasciata e il reato diverso, ma tra le conseguenze del primo e il secondo, ovvero di relazioni che si risolvono in una mera occasionalità tra la commissione dell'uno e dell'altro. Rilievo, questo, valido a fortiori per le altre figure di collegamento delineate dalla lett. b del comma 2 dell'art. 371 c.p.p. tra cui il collegamento probatorio - considerate fin dalla formulazione originaria della disposizione codicistica nella sola prospettiva dell'efficace conduzione delle indagini. 1.2. A questa conclusione le Sezioni unite sono pervenute interrogandosi su quale sia il legame sostanziale tra il reato per cui l'autorizzazione all'intercettazione è stata concessa e quello emerso grazie ai risultati di tale intercettazione, tale da rendere quest'ultimo reato riconducibile al provvedimento autorizzatorio e, dunque, in linea con la Cost., art. 15, che vieta autorizzazioni in bianco . Il quesito è stato risolto nel senso che detto legame sostanziale è ravvisabile nella connessione ex art. 12 c.p.p. In sostanza per diversi procedimenti , ex art. 270 c.p.p. , devono intendersi diversi reati che non siano connessi ex art. 12 c.p.p. a quelli per i quali l'intercettazione è stata autorizzata. Vale a dire solo la connessione sostanziale tra reati, rilevante ex art. 12 c.p.p. , fonda la categoria di stesso procedimento idonea a paralizzare l'operatività dell' art. 270 c.p.p. Ergo il decreto autorizzativo copre sia quello specifico fatto - reato per il quale viene emesso, sia ulteriori fatti-reato purché ricompresi nel novero dell' art. 266 c.p. che siano legati al primo da una connessione qualificata espressa dai casi indicati dall' art. 12 c.p.p. - reato commesso da più persone in concorso o cooperazione fra loro, o il caso di più persone che, con condotte indipendenti, hanno determinato l'evento lett. a - persona imputata di più reati commessi con una sola azione od omissione ovvero con più azioni od omissioni esecutive di un medesimo disegno criminoso lett. b - reati commessi per eseguire o per occultare gli altri lett. c . Di contro, per individuare lo stesso procedimento, non è sufficiente un nesso di natura formale o occasionale , quale quello derivante dal collegamento delle indagini ai sensi dell' art. 371 c.p.p. , dall'appartenenza ad un medesimo contesto o filone investigativo, dal medesimo numero di iscrizione del fascicolo processuale. 1.3. Fermi questi principi, enucleati dalle Sezioni Unite, ricorrente Cavallo, è stato chiarito che quando si parla di reato si fa riferimento non al titolo di reato ma al fatto-reato , inteso come determinato accadimento storico, inquadrabile in una fattispecie criminosa. Occorre, poi, precisare che il rapporto di connessione qualificata, ex art. 12 c.p.p. , riguarda i fatti-reato, nella loro espressione oggettiva, mentre, ai fini della utilizzabilità delle intercettazioni, resta irrilevante la posizione soggettiva degli autori. Ciò, in ossequio al più generale principio che governa la materia delle intercettazioni, in forza del quale l'autorizzazione del giudice concerne uno e più fatti-reato nella loro materialità, mentre sono indifferenti i destinatari del decreto autorizzativo. I gravi indizi di reato e non di reità che, ai sensi dell' art. 267 c.p.p. , costituiscono presupposto per il ricorso alle intercettazioni di conversazioni o di comunicazioni, attengono all'esistenza dell'illecito penale e non alla colpevolezza di un determinato soggetto Sez. 1 n. 2568 del 18/09/2020 , dep. 2021, Modaffari, Rv. 280354 . Tornando al tema qui in rilievo è stato affermato che la disciplina di utilizzabilità afferisce alla diversità dei reati, non alla diversità dei soggetti tutti concorrenti nel medesimo reato. Invero, le intercettazioni non richiedono che gli indizi di reato siano individualizzanti i presupposti dell'attività di intercettazione sono riferiti alla esistenza del reato e non alla responsabilità dei singoli concorrenti in motivazione, Sez. 5 n. 1757 del 17/12/2020 , dep. 2021, Lombardo . Quindi, anche nell'ottica della indagine sulla unicità o alterità dei procedimenti ai fini dell' art. 270 c.p.p. , è erroneo richiamare la posizione di uno dei concorrenti rispetto al fatto-reato, perché la visuale soggettiva non è pertinente all'istituto in esame. 1.4. Ciò premesso, si rileva che secondo la concorde prospettazione delle parti, torna applicabile, ratione temporis, la disciplina anteriore alla nuova formulazione dell' art. 270 c.p.p. Il delitto qui in rilievo legge Merlin, art. 3 , contestato al capo 23, non rientra nel novero di quelli per i quali è previsto l'arresto obbligatorio in flagranza, mentre risponde alle condizioni di cui all' art. 266 c.p. Si tratta di fatto-reato che risulta contestato come commesso in concorso, secondo la tesi di accusa, con soggetti per i quali la condotta è riconosciuta come aggravata, ai sensi dell' art. 416-bis.1 c.p. M. e sua moglie , i quali rispondono in via provvisoria, anche del reato di cui al capo 22, quest'ultimo senz'altro connesso a quello di cui all' art. 416-bis.1 c.p. di cui al capo 1, per il quale le intercettazioni sono state, in origine, autorizzate. Tale connessione cd. forte, peraltro, con riferimento al fatto-reato di cui al capo 22, è stata ravvisata anche da parte del Giudice rispetto al capo 1 cfr. pag. 396 e ss. dell'ordinanza genetica . Sul punto, poi, deve essere richiamato l'indirizzo recente espresso da questa Corte secondo il quale Sez. 5, n. 37697 del 29/09/2021 , Papa, Rv. 282027 in tema di intercettazioni nel caso esaminato dalla Corte captazioni telefoniche , secondo la disciplina applicabile ai procedimenti iscritti fino al 31 agosto 2020, antecedente alla riforma introdotta dal D.Lgs. n. 29 dicembre 2017, n. 216 , come modificato dal d. L. 30 aprile 2020, n. 28 , convertito dalla L. 25 giugno 2020 n. 70 , i risultati delle intercettazioni autorizzate per un determinato fatto-reato sono utilizzabili anche per gli ulteriori fatti-reato, legati al primo dal vincolo della continuazione ex art. 12, lett. b , c.p.p., senza necessità che il disegno criminoso sia comune a tutti i correi. Dunque, come sostenuto dall'impugnante e dal rappresentante della Procura generale presso questa Corte, vi è connessione che deve considerarsi qualificata tra il fatto-reato per il quale è stata autorizzata l'attività captativa e quelli di cui ai capi 22 e 23 per i quali si procede a carico del ricorrente e dei concorrenti nel medesimo reato. Sicché, pur applicando i principi affermati dalle Sez. U, ricorrente Cavallo, senz'altro riferiti al momento in cui le intercettazioni sono state disposte, non potendo operare la modifica dell' art. 270 c.p.p. introdotta, convertito, con modificazioni, dalla L. 28 febbraio 2020, n. 7 , che riguarda procedimenti penali iscritti dopo il 31 agosto 2020 Sez. 5, n. 37169 del 20/07/2022 , S., Rv. 283874 , i risultati delle captazioni autorizzate in relazione ai reati di cui al capo 1 della contestazione provvisoria, devono essere reputati utilizzabili anche nei confronti del M. Alcuna questione, poi, pongono le parti sul mezzo usato per l'espletamento dell'attività captativa, risultando alcune delle intercettazioni carpite a mezzo di intrusore informatico. In ogni caso, si osserva che il Tribunale afferma che le fonti di prova a carico sono anche e, dunque, non esclusivamente, i risultati delle intercettazioni indicate come svolte a mezzo del cd. trojan cfr. pag. 1 , ma non si fa carico di svolgere la cd. prova di resistenza che il provvedimento liquida in poche righe finali della motivazione, laddove si limita ad affermare l'insussistenza di ulteriori emergenze che permettano di apprezzare aliunde la fondatezza dell'ipotesi di accusa . 2.Si impone, pertanto, l'annullamento dell'ordinanza impugnata, per nuovo esame da parte del Tribunale, in ossequio al principio di diritto fissato nella parte motiva, quanto all'utilizzabilità nei confronti del ricorrente dei risultati delle captazioni autorizzate in relazione al capo 1 dell'incolpazione provvisoria, da svolgersi in piena autonomia, quanto agli esiti del detto esame. Si dispone l'oscuramento dei dati sensibili, stante il titolo dei reati per i quali si procede in via cautelare. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale del riesame di Messina. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52 in quanto imposto dalla legge.