Incendio dell’immobile, vendita in corso di causa, assicurazione e compensatio lucri cum damno: la Cassazione dice…“no” e “si”

La Suprema Corte affronta una questione che può presentarsi nella pratica cosa succede se il bene danneggiato dall’altrui illecito viene venduto in corso di causa ad un prezzo addirittura superiore al valore di mercato? Si può applicare il principio della compensatio lucri cum damno ? Cosa succede, poi, se l’assicuratore non esercita il diritto di surrogazione? Quanto ricevuto dall’assicurato va detratto dall’importo del risarcimento?

Un'abitazione viene danneggiata da un incendio divampato dal fieno stoccato nella proprietà confinante con l'immobile. I danneggiati agiscono per il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti. La vicenda processuale è stata complessa in primo e secondo grado gli attori erano soccombenti sia perché non si poteva ritenere raggiunta la prova che l'incendio fosse stato provocato da un fenomeno di autocombustione, né del nesso di causa tra il deposito del foraggio e il danno , né potendosi annoverare lo stoccaggio del fieno tra le attività pericolose ex art. 2050 e per cose in custodia ex art. 2051 c.c. . A seguito della cassazione con rinvio, la Corte di Appello riconobbe il diritto al risarcimento dei danni, ma avverso la decisione è stato proposto ricorso per cassazione. Le questioni poste all'attenzione della Suprema Corte sono essenzialmente due 1 la compensatio lucri cum damno in ipotesi di vendita dell'immobile danneggiato 2 a fronte del fatto pacifico e non contestato del mancato esercizio da parte dell'assicuratore del diritto di surrogazione, l'applicazione del principio della compensatio lucri cum damno. Sulla prima questione , in corso di causa l'abitazione danneggiata viene venduta ad un prezzo addirittura superiore a quello di mercato. Il profilo assume, poi, particolare interesse a seconda che la liquidazione del danno vada effettuata in relazione alle spese necessarie al ripristino oppure in relazione alla eventuale diminuzione del valore di mercato del bene. In termini generali, l'istituto della compensatio lucri cum damno opera nel solo caso in cui il vantaggio da compensare con il danno dipenda dal medesimo atto che ha provocato quest'ultimo e sia ad esso collegato da un identico nesso causale. La Cassazione condivide la decisione meritale che correttamente ha ritenuto non sussistente nel caso specifico questo presupposto. Già in passato, la Suprema Corte aveva affermato, in tema di immissioni , che nel caso in cui il proprietario di un fondo agricolo abbia chiesto il risarcimento del danno subito dal proprio fondo a seguito della diffusione di pulviscolo proveniente da un vicino cementificio, questo danno non può essere compensato con il vantaggio realizzato dallo stesso attore, per aver venduto, nel corso del giudizio, il fondo come area di insediamento industriale , profittando della acquisita destinazione a scopi industriali dell'intera località, dove tale fondo era ubicato, conseguente, fra l'altro, anche alla presenza, in essa dell'anzidetto cementificio la Corte aveva evidenziato che mentre la causa del danno lamentato doveva essere ravvisata soltanto nella diffusione della polvere prodotta da tale cementificio, il vantaggio ricavato dall'attore proveniva, invece, da una diversa causa, di ordine generale, consistente nella industrializzazione della zona in tal senso, Cass. Civ., sez. II, 09/04/1975 n. 1302 . Infatti, come noto, il principio della compensatio lucri cum damno opera solo quando il pregiudizio e l'incremento patrimoniale costituiscono conseguenza immediata del comportamento illecito. La c.d. compensatio lucri cum damno opera solo allorché a favore della parte danneggiata si verifichi, oltre al pregiudizio, anche un incremento patrimoniale che costituisca conseguenza immediata e diretta del comportamento illecito che ha causato il pregiudizio stesso, e non quando, invece, il vantaggio, del cui valore economico si chieda l'imputazione in conto al valore economico del pregiudizio, derivi non da detto comportamento illecito, ma da circostanze oggettive ad esso del tutto estranee. Pertanto, è da escludere che possa prendersi in considerazione, ai fini di una sua detrazione dalla entità economica del danno prodotto da immissioni industriali, l'eventuale maggior valore che l'immobile da queste interessato possa aver acquisito per essersi venuto a trovare in zona di sviluppo industriale a seguito dell'approvazione del locale piano regolatore Cass. civ., sez. II, 29.11.1999, n. 13334 . La corretta applicazione del criterio generale della compensatio lucri cum damno postula che, quando unico è il fatto illecito generatore del lucro e del danno, nella quantificazione del risarcimento si tenga conto anche di tutti i vantaggi nel contempo derivati al danneggiato, perché il risarcimento è finalizzato a sollevare dalle conseguenze pregiudizievoli dell'altrui condotta e non a consentire una ingiustificata locupletazione del soggetto danneggiato Cass. civ., sez. I, 18.06.2018, n. 16088 . Anche sotto il diverso profilo degli artt. 1223 e 2056 c.c. , non ha rilevanza la vendita dell'immobile da parte del danneggiato ai fini della quantificazione della perdita subita. In effetti, la tesi può apparire suggestiva, in quanto lega la quantificazione del danno non alle spese necessarie per il ripristino, ma alla diminuzione di valore di mercato del bene. È chiaro che, in tesi, se l'immobile viene venduto ad un prezzo superiore, non vi sarebbe perdita. La Cassazione condivide la decisione impugnata, ritenendone la motivazione chiara ed esaustiva, facendo riferimento alla percentuale di deprezzamento stante la vetustà dell'immobile e aggiungendo la stima dei danni per la ricostruzione delle parti comuni, oltre ai danni agli arredi andati perduti. D'altra parte, era stato chiesto il risarcimento dei danni per equivalente e i ricorrenti non potevano pretendere un diverso criterio di valutazione, senza che mai fosse stato chiesto in giudizio l'accertamento del valore di mercato. In questo oggetto del contende, la vendita ad un prezzo di mercato superiore non assume rilevanza. Sulla seconda questione , era pacifico in causa il mancato esercizio da parte dell'assicuratore del diritto di surrogazione , che ha posto il dubbio della ricorrenza dei presupposti applicativi del principio della compensatio lucri cum damno , in difformità dai principi enucleati dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza n. 12565 del 2018 . Invero, la Suprema Corte ricorda che le Sezioni Unite citate non hanno affatto condizionato la fondatezza dell'eccezione alla rinuncia dell'assicuratore alla surroga il subentro non è rimesso all'apprezzamento dell'assicuratore solvens . La perdita del diritto verso il terzo responsabile da parte dell'assicurato e l'acquisto da parte dell'assicuratore sono effetti interdipendenti e contemporanei basati sul medesimo fatto giuridico previsto dalla legge il pagamento dell'indennità assicurativa. Questo anche sul solco dell'applicazione dell' art. 1203 c.c. , il quale, attraverso il rinvio del n. 5 negli altri casi stabiliti dalla legge , è suscettibile di comprendere nell'ambito della surrogazione legale , operante di diritto, anche questa peculiare di soluzione maggiormente in linea con la ratio della surrogazione dell'assicuratore, essendo ragionevole ritenere che, attraverso l'automaticità , il legislatore, in ossequio al principio indennitario , abbia voluto impedire proprio la possibilità per l'assicurato danneggiato, una volta ricevuto l'indennizzo dall'assicuratore, di agire per l'intero nei confronti del terzo responsabile laddove questo principio verrebbe incrinato se l'inerzia dell'assicuratore bastasse a determinare la permanenza, nell'assicurato indennizzato, della titolarità del credito di risarcimento nei confronti del terzo anche per la parte corrispondente alla riscossa indennità, consentendogli di reclamare un risarcimento superiore al danno effettivamente sofferto. Dunque, poiché nel sistema dell' art. 1916 cod. civ. è con il pagamento dell'indennità assicurativa che i diritti contro il terzo si trasferiscono , ope legis , all'assicuratore, deve escludersi un ritrasferimento o un rimbalzo di tali diritti all'assicurato per il solo fatto che l'assicuratore si astenga dall'esercitarli. A nulla rileva che le Sezioni Unite si siano pronunziate in pendenza di causa il mutamento interpretativo promosso dalle Sezioni unite nel 2018 va applicato a tutte le fattispecie pendenti per le quali si controverta in ordine alla questione della detrazione dell'indennizzo assicurativo dal quantum risarcitorio , e, in ogni caso, l' eccezione di compensatio integra un'eccezione in senso lato, rilevabile d'ufficio e proponibile per la prima volta anche in appello. Inoltre, l'assicurazione stipulata dal danneggiato-assicurato era un'assicurazione contro i danni da incendio e non aveva affatto natura previdenziale o di assicurazione sulla vita, ipotesi sole per cui è possibile il cumulo e non è necessario il diffalco. In conformità a questi principi, la Corte di merito ha detratto la somma percepita dal danneggiato dall'assicurazione.

Presidente Scarano – Relatore Ambrosi Fatti di causa 1. Con atto di citazione notificato in data 17/02/2014, M.L. proprietario di un immobile nel Comune di […], C.A., titolare del diritto di abitazione sullo stesso immobile, D.R. coniuge di M.L. , anche per il loro figlio minore, M.L., hanno convenuto in giudizio dinanzi al Tribunale di Trento, D.G.C., D.G.G., e D.G.M., proprietari di una porzione confinante dello stesso immobile, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni provocati allo stabile a seguito dell'incendio verificatosi il omissis nella parte di tabià in cui i convenuti avevano ricoverato il fieno, nonché di quelli patiti personalmente, a causa dei traumi derivati dal suddetto incendio da M.L., D.R. e M.L. che al momento del fatto si trovavano all'interno della propria abitazione posta nell'edificio attinto dalle fiamme. Il Tribunale di Trento rigettò il ricorso, e in particolare, osservò che sebbene dagli accertamenti svolti dai c.c. e dai Vigili del fuoco emergesse la presenza di residui di erba verde, non poteva da questo fatto trarsi la conclusione, pretesa dagli attori, dello sviluppo dell'incendio provocato da un fenomeno di autocombustione né a diversa conclusione portavano le conclusioni del CTU e le dichiarazioni testimoniali assunte asserì dunque che non vi era la prova del nesso causale tra il deposito di foraggio fresco e il danno subito dagli attori, né che l'incendio avesse avuto origine nel fienile dei D.g., né infine che sussistessero i presupposti di cui agli artt. 2050 e 2051 c.c. , non potendosi ricomprendere lo stoccaggio del fieno tra le attività pericolose. 2. Avverso la sentenza di prime cure, gli originari attori proposero appello che venne respinto dalla Corte di appello di Trento con sentenza 12/07/2011. 3. Proposero ricorso per cassazione M.L., D.R. e M.L. Resistettero con distinti atti di controricorso D., vedova D.g., D.G.L. e D.G.M. nonché D.G. e DE.GI.GI. 4. La Corte di cassazione con sentenza n. 23201 del 2015 cassò con rinvio la decisione di appello. 5. Con atto in data 12/12/2016 M.L., D.R. e M.L. citarono in riassunzione D., vedova D.g., D.G.L. e D.G.M. nonché D.g. La Corte di appello di Trento in sede di rinvio, con sentenza n. 212 del 2019, condannò i convenuti al pagamento del risarcimento del danno quantificato in favore di M.L. nell'importo complessivo di Euro 159.358 in favore di D.R. nell'importo di Euro 6000 ed in favore di M.L. nell'importo di Euro 7000, somme tutte maggiorate dagli interessi dalla data di pubblicazione della sentenza al saldo effettivo, con condanna dei soccombenti alle spese del giudizio liquidate per ciascun grado. 6. Avverso la sentenza La Corte di appello di Trento in sede di rinvio ha proposto ricorso per cassazione M.L. articolato in sei motivi hanno resistito con controricorso D. vedova D.g., D.G.L. e D.G.M., proponendo ricorso incidentale articolato in tre motivi sebbene intimate D.g., D.R. e M.L. non hanno ritenuto di svolgere difese nel giudizio di legittimità. La trattazione del ricorso fissata in adunanza camerale ai sensi dell' art. 380-bis 1 c.p.c. Parte ricorrente ha depositato memoria ha depositato memoria anche parte resistente. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo il ricorrente principale denuncia Violazione per falsa e mancata applicazione dell' art. 2697 c.c. e degli artt. 115 e 116 c.p.c. in ordine alla prova dell'infondatezza della eccezione di compensatio lucri cum damno rilevante in punto di determinazione del danno risarcibile dai convenuti appellati ai sensi dell' art. 1223 c.c. con riferimento all' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 3. in particolare lamenta la mancata prova dell'eccezione di compensatio lucri cum damno, pur a fronte del fatto pacifico e non contestato del mancato esercizio da parte dell'assicuratore del diritto di surrogazione, peraltro rinunciato espressamente dallo stesso ricorrente fattispecie per la quale, secondo quanto affermato dalla pronuncia delle Sezioni Unite della Corte di cassazione n. 12565/2019 , sarebbe consentito il cumulo del risarcimento del danno con l'indennizzo assicurativo sostiene che il mutamento interpretativo statuito dalla Corte di cassazione a Sezioni Unite con la pronuncia n. 12565 del 2018 abbia influito in termini di attribuzione dell'onere della prova e che controparte non abbia assolto all'onere della prova, su di ella gravante, in merito alla sussistenza dei presupposti dell'istituto della compensatio costituiti dal pagamento dell'indennizzo e dall'esercizio del diritto di surroga da parte dell'assicuratore . 1.2. Con il secondo motivo di ricorso principale lamenta la Violazione, erronea e falsa applicazione degli artt. 1218, 2043, 2050 e 2051 c.c. in ordine all'eccezione di compensatio lucri cum damno rilevante in punto di danno risarcibile con riferimento all' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 3. per mancata applicazione dei presupposti applicativi per ravvisare l'istituto della compensatio e in difformità dai principi enucleati dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione in proposito, con la sentenza n. 12565 del 2018. 1.3. Con il terzo motivo lamenta la Nullità della sentenza Violazione, erronea e falsa applicazione degli artt. 132 c.p.c., 1218 , 2043 , 2050 e 2051 c.c. con riferimento all' art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c. per omessa o apparente motivazione in punto di ordine alla compensatio. 1.4. Con il quarto motivo denuncia la Violazione artt. 1226, 2056 e 2059 in ordine alla quantificazione del danno non patrimoniale con riferimento all' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 3. 1.5. Con il quinto motivo lamenta la Violazione del D.M. n. 55/2014, art. 4, comma 1, e dell' art. 2233 comma 2 c.c. in ordine alla liquidazione delle spese di lite con riferimento all' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 3. . 1.6. Con il sesto motivo denuncia la Violazione e falsa applicazione artt. 91 e 92 c.p.c. in ordine alla omessa pronuncia relativamente alla condanna delle spese della CTU con riferimento all' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 3 2. Con il primo motivo del ricorso incidentale, i resistenti denunciano l' omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti in relazione all' art. 360 c.p.c. , n. 5 per avere la Corte di appello di Trento completamente omesso di considerare che in conseguenza dell'incendio il M. ha venduto il compendio immobiliare incassando la somma di Euro 125.000,00 , lamentando che detta circostanza sia stata del tutto obliterata nella sentenza gravata che non avrebbe considerato la circostanza per cui M. aveva venduto l'immobile e che lo stesso aveva colposamente dato causa all'evento dannoso, sicché l'indebito arricchimento sarebbe maggiore della somma liquidatagli. 2.1. Con il secondo motivo di ricorso incidentale, i resistenti lamentano la Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2058, 2056 e 1223 c.c. in relazione all' art. 360 c.p.c. , n. 3 giacché tenuto conto della vendita dell'immobile, il danno la perdita subita di cui all' art. 1223 c.c. avrebbe dovuto essere quantificato non già in relazione alle spese necessarie per il ripristino al quale il signor M. ha mostrato di non avere interesse bensì in relazione alla eventuale diminuzione dal valore di mercato del bene . 2.2. Con il terzo motivo di ricorso incidentale, denunciano la Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2056 e 1227 c.c. in relazione all' art. 360 c.p.c. , n. 3, per aver erroneamente ritenuto inapplicabile l' art. 1227 c.c. al pacifico fatto colposo rappresentato dall'omessa installazione da parte del signor M. delle porte tagliafuoco, nonostante detta installazione costituisse l'oggetto di una specifica prescrizione impartita dai vigili del fuoco al signor M. diverso tempo prima dell'incendio . 3. Per motivi di ordine logico, vanno esaminati per primi i motivi proposti con il ricorso incidentale. 3.1. Il primo motivo del ricorso incidentale va disatteso perché infondato. I ricorrenti incidentali lamentano che sia stato omesso l'esame del fatto che il bene immobile attinto dall'incendio de quo era stato venduto in corso di causa da M.L. al prezzo di Euro 125.000,00, prezzo, per stessa ammissione di questi, superiore al prezzo di mercato. Correttamente la Corte di merito non ha esaminato tale circostanza ai fini della liquidazione del danno in considerazione sia del fatto che la stessa parte, che ora se ne lamenta, non aveva chiesto con l'appello la c.d. compensatio lucri cum damno in relazione a tale circostanza, sia del fatto che il medesimo istituto opera nel solo caso, non sussistente nel caso di specie, in cui il vantaggio da compensare con il danno dipenda dal medesimo atto che ha provocato quest'ultimo e sia ad esso collegato da un identico nesso causale. Al riguardo, questa Corte ha già affermato, in fattispecie analoga, che nel caso in cui il proprietario di un fondo agricolo abbia chiesto il risarcimento del danno subito dal proprio fondo a seguito della diffusione di pulviscolo proveniente da un vicino cementificio, questo danno non può essere compensato con il vantaggio realizzato dallo stesso attore, per aver venduto, nel corso del giudizio, il fondo come area di insediamento industriale, profittando della acquisita destinazione a scopi industriali dell'intera località, dove tale fondo era ubicato, conseguente, fra l'altro, anche alla presenza, in essa dell'anzidetto cementificio ed, invero, la Corte ha evidenziato che mentre la causa del danno lamentato doveva essere ravvisata soltanto nella diffusione della polvere prodotta da tale cementificio, il vantaggio ricavato dall'attore proveniva, invece, da una diversa causa, di ordine generale, consistente nella industrializzazione della zona in tal senso, Cass. Sez. 2, 09/04/1975 n. 1302 . 3.2. Parimenti va disatteso perché infondato il secondo motivo di ricorso incidentale. A parere dei ricorrenti incidentali, tenuto conto della vendita dell'immobile da parte del danneggiato, ai fini della perdita subita ex art. 1223 c.c. , la quantificazione del danno avrebbe dovuto essere liquidata, non in relazione alle spese necessarie per il ripristino, bensì in relazione alla eventuale diminuzione del valore di mercato del bene ma tale assunto è indimostrato ed i ricorrenti incidentali, in proposito, valorizzano pretestuosamente un'affermazione, tra l'altro ipotetica, tratta dalle difese del M. traendone come conseguenza che il predetto avrebbe ammesso di aver venduto il bene -ridotto a rudere dopo l'incendio ad un prezzo molto vantaggioso. La Corte di appello, invece, con motivazione chiara e esaustiva ha, per un verso, fissato la rimodulazione della percentuale di deprezzamento applicata, stante la vetustà dell'immobile, riducendola nella misura più contenuta del 20/30%, con conseguente rideterminazione dell'importo dovuto per detta voce di danno, arrotondato l'importo nella somma di Euro 122.000,00 a cui, per altro verso, ha aggiunto per la stima dei danni ricostruzione delle parti comuni la somma di Euro 31.500,00, così ottenendo la somma finale di Euro 165.100 ivi compresa la somma di Euro 3000,00 per la copertura provvisoria ha poi aggiunto, la somma di Euro 63.000,00 per gli arredi andati perduti, liquidando il danno patrimoniale complessivamente subito nell'importo di Euro 228.100,00 pag. 34 e 35 della motivazione sentenza impugnata . Del tutto insussistente la doglianza relativa all'evocato art. 2058 c.c. , tenuto conto che la valutazione del giudice è stata condotta per equivalente proprio come invocato dai ricorrenti incidentali i quali, soltanto con il presente ricorso, pretendono un criterio di valutazione, senza aver chiesto in precedenza che il valore di mercato del bene fosse accertato. 3.3. Va infine disatteso anche il terzo motivo di ricorso incidentale. Con esso, denunciano la mancata considerazione del concorso del fatto colposo del danneggiato, rappresentato dalla omessa installazione da parte di M. delle porte tagliafuoco antincendio , nonostante che detta installazione costituisse a detta delle controparti l'oggetto di una specifica prescrizione impartita dai Vigili del Fuoco allo stesso M. diverso tempo prima dell'incendio. La censura è inammissibile tenuto conto che sebbene invochi formalmente la violazione dell' art. 1227 c.c. , nel concreto, pretende una rivalutazione di quanto dalla Corte territoriale in proposito affermato ebbene, la Corte d'appello ha correttamente esaminato la fattispecie concreta alla luce dell'invocata norma per poi escluderne l'applicabilità invero, ha ritenuto che la mancata apposizione di porte tagliafuoco era stata omessa anche, se non soprattutto, dai proprietari della cosa da cui si originava il pericolo che si doveva fronteggiare indicazione che nasce da quanto prima rilevato in una generale ottica di prevenzione propria del Corpo dei VV.FF. n.d.r. intervenuto e quindi, di non ravvisare elementi per ritenere i danneggiati concorrenti nella causazione dei danni alla loro proprietà non potendosi ritenere comportamento esigibile, alla stregua del generale dovere di solidarietà, la dotazione di un appartamento, in cui non viene esercitata un'attività pericolosa né sito accanto a luoghi ove una tale attività viene esercitata, di porre porte tagliafuoco pagg. 32 e 33 della sentenza impugnata . 4. Venendo all'esame del ricorso principale ed ai primi tre motivi che, per ragioni di reciproca connessione, possono essere congiuntamente scrutinati, essi vanno disattesi perché non fondati. Con essi il ricorrente principale lamenta la mancata prova dell'eccezione di compensazione lucri cum damno, pur a fronte della maturata prova del fatto pacifico e non contestato del mancato esercizio da parte dell'assicuratore del diritto di surrogazione, nonché la violazione dei presupposti applicativi per ravvisare l'istituto della compensatio lucri cum damno, in difformità dai principi enucleati dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione con la sentenza n. 12565 del 2018, e in proposito, lamenta che la Corte di merito avrebbe reso in proposito una motivazione apparente. In primo luogo, va osservato che la Corte di merito ha motivato in ordine all'eccezione sollevata in senso del tutto conforme alla richiamata pronuncia di questa Corte resa a Sezioni Unite difatti, la richiamata pronuncia non ha affatto condizionato la fondatezza dell'eccezione alla rinuncia dell'assicuratore alla surroga e, espressamente, ha ritenuto che il subentro non è rimesso all'apprezzamento dell'assicuratore solvens. La perdita del diritto verso il terzo responsabile da parte dell'assicurato e l'acquisto da parte dell'assicuratore sono come è stato rilevato in dottrina effetti interdipendenti e contemporanei basati sul medesimo fatto giuridico previsto dalla legge il pagamento dell'indennità assicurativa. Questa interpretazione è confermata dall'analisi dell' art. 1203 c.c. , il quale, attraverso l'ampio rinvio del n. 5 negli altri casi stabiliti dalla legge , è suscettibile di comprendere nell'ambito della surrogazione legale, operante di diritto, anche questa peculiare di soluzione maggiormente in linea con la ratio della surrogazione dell'assicuratore, essendo ragionevole ritenere che, attraverso l'automaticità, il legislatore, in ossequio al principio indennitario, abbia voluto impedire proprio la possibilità per l'assicurato-danneggiato, una volta ricevuto l'indennizzo dall'assicuratore, di agire per l'intero nei confronti del terzo responsabile laddove questo principio verrebbe incrinato se l'inerzia dell'assicuratore bastasse a determinare la permanenza, nell'assicurato indennizzato, della titolarità del credito di risarcimento nei confronti del terzo anche per la parte corrispondente alla riscossa indennità, consentendogli di reclamare un risarcimento superiore al danno effettivamente sofferto. Dunque, poiché nel sistema dell' art. 1916 c.c. è con il pagamento dell'indennità assicurativa che i diritti contro il terzo si trasferiscono, ope legis, all'assicuratore, deve escludersi un ritrasferimento o un rimbalzo di tali diritti all'assicurato per il solo fatto che l'assicuratore si astenga dall'esercitarli cfr. test. in motivazione, punto 6, pag. 34, Cass. Sez. U. n. 12565 del 2018 . Tanto premesso in linea generale, le Sezioni Unite hanno espresso il seguente principio diritto Il danno da fatto illecito deve essere liquidato sottraendo dall'ammontare del danno risarcibile l'importo dell'indennità assicurativa derivante da assicurazione contro i danni che il danneggiato-assicurato abbia riscosso in conseguenza di quel fatto cfr. test. in motivazione, punto 7, pag. 34, Cass. Sez. U. n. 12565 del 2018 . Alla luce del richiamato chiaro enunciato, secondo cui l'importo della indennità assicurativa derivante dalla assicurazione contro i danni, che il danneggiato-assicurato abbia riscosso in conseguenza di quel fatto, va sempre detratto dall'ammontare del danno risarcibile, appaiono del tutto suggestive ma infondate le considerazioni di parte ricorrente riguardo ai pretesi effetti derivanti dal mutamento interpretativo promosso dalle Sezioni unite che, per un verso, avrebbe consentito ai convenuti di superare una preclusione istruttoria maturata con l'esaurimento della relativa fase processuale in relazione alla eccepita compensatio, e per l'altro, avrebbe precluso allo stesso ricorrente di allegare l'espressa rinuncia alla surrogazione da parte della compagnia assicurativa, determinando una inversione dell'onere della prova rispetto al precedente orientamento, sulla scorta del quale il ricorrente avrebbe modulato la propria condotta processuale. Sotto il primo aspetto, va osservato che il mutamento interpretativo promosso dalle Sezioni unite nel 2018 va applicato a tutte le fattispecie pendenti per le quali si controverta in ordine alla questione della detrazione dell'indennizzo assicurativo dal quantum risarcitorio, e sotto il secondo aspetto, va evidenziato che l'eccezione di compensatio integra un'eccezione in senso lato, rilevabile d'ufficio e proponibile per la prima volta anche in appello Cass. Sez. 3, Sentenza 20/01/2014 n. 991 . In secondo luogo, l'assicurazione stipulata dal danneggiato-assicurato era un'assicurazione contro i danni da incendio e non aveva affatto natura previdenziale o di assicurazione sulla vita, ipotesi sole per cui è possibile il cumulo e non è necessario il diffalco. Sul punto, la sentenza delle Sezioni Unite osserva che la selezione tra i casi in cui ammettere o negare il diffalco deve essere fatta, dunque, per classi di casi, passando attraverso il filtro di quella che è stata definita la giustizia del beneficio e, in questo ambito, considerando la funzione specifica svolta dal vantaggio. Così, nel caso di assicurazione sulla vita, l'indennità si cumula con il risarcimento, perché si è di fronte ad una forma di risparmio posta in essere dall'assicurato sopportando l'onere dei premi, e l'indennità, vera e propria contropartita di quei premi, svolge una funzione diversa da quella risarcitoria ed è corrisposta per un interesse che non è quello di beneficiare il danneggiante cfr. test. in motivazione, punto 5.7, pag. 24, Cass. Sez. U. n. 12565 del 2018 . In conformità ai principi dettati dalle Sezioni Unite, la Corte di merito ha quindi correttamente detratto la somma di Euro 148.603,20 percepita dal danneggiato dalla assicurazione Cattolica in relazione all'evento dannoso, da quella di Euro 228.100,00, liquidata complessivamente a titolo di danno patrimoniale, così stabilendo in Euro 79.497,00 il danno che va ulteriormente risarcito a carico dei danneggianti, oltre agli interessi e rivalutazione cfr. motivazione della sentenza impugnata pagg. 35 e 36 . Non sussiste, al riguardo, la pretesa apparenza della motivazione, tenuto conto che la Corte di appello ha tenuto conto di quanto pacificamente emerso dall'istruttoria compiuta, e riconosciuto dallo stesso ricorrente, e cioè, di aver percepito per il medesimo evento lesivo, a titolo di indennizzo assicurativo in ragione dello stipulato contratto di assicurazione con la compagnia Cattolica contro i danni ed in particolare gli incendi l'importo di Euro 148.603,20 che la Corte di merito, in ossequio alla soprarichiamata pronuncia delle Sezioni Unite, ha detratto dal quantum del complessivo risarcimento determinato in Euro 228.100,00 pag. 35 della sentenza impugnata . 4.1. Va disatteso anche il quarto motivo di ricorso con cui parte ricorrente si lamenta di quanto liquidatole per danno non patrimoniale in considerazione dell'incidenza dell'evento lesivo occorso sulla condizione personale di ciascuno dei danneggiati. Invero, la Corte di merito, lungi dall'aver omesso la considerazione delle peculiarità connesse all'evento lesivo de quo che, a ragione, definisce altamente drammatico stante lo sviluppo rapidissimo dell'incendio e le conseguenze catastrofiche per le abitazioni coinvolte , ha riconosciuto un danno psichico di entità lieve pari ad una percentuale del 6% operando una liquidazione equitativa, esaurientemente giustificata e graduata per ciascuno dei ricorrenti pag. 38 motivazione della sentenza impugnata . 4.2. Parimenti infondato è il quinto motivo di ricorso, tenuto conto che in tema di liquidazione delle spese processuali ai sensi del D.M. n. 55 del 2014, l'esercizio del potere discrezionale del giudice, contenuto tra il minimo e il massimo dei parametri previsti, non è soggetto al controllo di legittimità, attenendo pur sempre a parametri indicati tabellarmente, mentre la motivazione è doverosa allorquando il giudice decida di aumentare o diminuire ulteriormente gli importi da riconoscere, essendo in tal caso necessario che siano controllabili le ragioni che giustificano lo scostamento e la misura di esso v. Cass. Sez. 3, 13/07/2021 n. 19989 Cass. Sez. 2, 05/05/2022 n. 14198 . 4.3. Viceversa, infine, è fondato il sesto motivo del ricorso principale. Invero, la pronuncia impugnata nulla dispone in ordine alle spese della consulenza tecnica d'ufficio. Questa Corte ha già affermato che il vizio di omessa pronuncia si configura se nella statuizione sulle spese di lite non venga indicata la parte sulla quale graveranno definitivamente quelle relative alla consulenza tecnica d'ufficio poiché tale statuizione non può ricomprenderle implicitamente, a nulla rilevando che esse abbiano già formato oggetto di liquidazione con decreto motivato ex D.P.R. n. 115 del 2002, art. 168 Sez. 3 -, Ordinanza n. 10804 del 05/06/2020 . 5. In conclusione, va accolto il sesto motivo del ricorso principale, rigettati i restanti motivi, va rigettato altresì il ricorso incidentale e per l'effetto, la sentenza impugnata va cassata in relazione e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa va decisa nel merito ex art. 384, 2 comma, c.p.c. , ponendo definitivamente le spese della Consulenza tecnica d'ufficio a carico, in solido tra loro, delle parti resistenti. Le spese del giudizio di legittimità seguono il principio di soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo. P.Q.M. La Corte accoglie il sesto motivo, con rigetto dei restanti motivi del ricorso principale e del ricorso incidentale per l'effetto, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo la causa nel merito, pone definitivamente le spese della Consulenza tecnica d'ufficio a carico, in solido tra loro, delle parti resistenti. Conferma la statuizione sulle spese della sentenza impugnata. Condanna, infine, le parti resistenti, in solido tra loro, a rifondere le spese del giudizio di legittimità in favore di quelle ricorrenti che liquida in complessivi Euro 4.100,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori e spese generali. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 , comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte delle ricorrenti incidentali, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto Cass. Sez. U. 20 febbraio 2020 n. 4315 .