Alito vinoso, equilibrio precario, eloquio incerto e automobile che procede a zig-zag: palese la gravità della condotta tenuta dal conducente

Condanna definitiva per guida sotto l’influenza dell’alcol e per il rifiuto dell’etilometro. Indiscutibile la legittimità della pena decisa in Appello, una volta acclarata, secondo i Giudici, la pericolosità della condotta tenuta dall’automobilista.  

Pena più severa per l’automobilista che, beccato a guidare dopo avere assunto sostanze alcoliche, risulta avere precedenti penali e, soprattutto, risulta avere tenuto una condotta assai pericolosa. Nello specifico, viene sottolineato che l’uomo si è posto alla guida in precarie condizioni psico-fisiche e, avendo proceduto a zig-zag con la propria vettura, ha creato potenziali gravi rischi per la pubblica incolumità. Ricostruito l’episodio, i giudici di merito ritengono, sia in primo che in secondo grado, doverosa la condanna dell’automobilista beccato a condurre la propria vettura dopo avere assunto sostanze alcoliche. Così, l’uomo si ritrova sanzionato sia per avere guidato sotto l’influenza dell’alcol che per avere deciso di non sottoporsi all’etilometro. In Cassazione il legale che difende l’automobilista sostiene, innanzitutto, che il suo cliente non sia stato avvisato della possibilità di farsi assistere da un difensore di fiducia e aggiunge che tale omissione è grave, poiché l’obbligo di ricordare all’automobilista la possibilità di contattare un legale sussiste anche qualora la polizia giudiziaria ritenga, al momento dell’accertamento, «già di desumere, da qualsiasi elemento sintomatico dell’ebbrezza, uno stato di alterazione del conducente». Secondo il legale, difatti, «la presenza del difensore è necessaria anche quando», come nella vicenda oggetto del processo, «lo stato di ebbrezza del conducente del veicolo si evinca da fattori diversi rispetto agli accertamenti tecnici e la dimostrazione dell’integrazione del reato richieda un vero e proprio accertamento tecnico-biologico nonché la presenza di circostanze aggiuntive capaci di dimostrare l’alterazione psico-fisica». In aggiunta poi, il legale ritiene eccessiva anche la pena, soprattutto perché, a suo dire, non sono chiari i presupposti per considerare la condotta del suo cliente «grave e foriera di gravi rischi per la pubblica incolumità». Dai Giudici di Cassazione arrivano repliche sintetiche ma nette alle obiezioni proposte dal difensore dell’automobilista. In prima battuta, i Magistrati richiamano il principio secondo «laddove si proceda per il reato di guida in stato di ebbrezza, l’obbligo di dare avviso al conducente della facoltà di farsi assistere da un difensore per l’esecuzione del test di accertamento dell’eventuale stato di ebbrezza non ricorre qualora il conducente abbia rifiutato di sottoporsi all’accertamento stesso». Non contestabile, poi, la pena decisa in Appello, poiché collegata, osservano i Magistrati della Cassazione, ai precedenti penali dell’automobilista e, soprattutto, alla «gravità della condotta da lui posta in essere e foriera di gravi rischi per la pubblica incolumità, essendo egli stato sorpreso in stato di evidente ubriachezza» come testimoniato da «alito vinoso, condotta di guida zigzagante, eloquio incerto ed equilibrio precario».

Presidente Ciampi – Relatore Di Salvo Ritenuto in fatto 1. M.R. ricorre per cassazione avverso la sentenza in epigrafe indicata, con la quale è stata confermata la pronuncia di condanna emessa in primo grado, in ordine al reato di cui all'articolo 186, comma 7, C.d.S. 2. Il ricorrente deduce violazione di legge e vizio di motivazione, poiché non è stato dato all'imputato l'avviso ex articolo 114 disp. att. c.p.p., nonostante sia stato affermato in giurisprudenza che il relativo obbligo sussiste qualora la polizia giudiziaria al momento dell'accertamento ritenga già di desumere uno stato di alterazione del conducente da qualsiasi elemento sintomatico dell'ebbrezza. La Corte d'appello non ha adeguatamente motivato nonostante la presenza del difensore sia necessaria anche quando, come nel caso di specie, lo stato di ebbrezza del conducente di un veicolo si evinca da fattori diversi rispetto agli accertamenti tecnici e la dimostrazione dell'integrazione del reato richieda un vero e proprio accertamento tecnico - biologico nonché la presenza di circostanze aggiuntive capaci di dimostrare l'alterazione psico-fisica. 2.1. Nemmeno sussiste una congrua motivazione per quanto attiene alla pena, essendo state usate dal giudice a quo mere formule di stile che non consentono di comprendere per quale motivo la condotta posta in essere dall'imputato sia stata giudicata grave e foriera di gravi rischi per la pubblica incolumità. Si chiede, pertanto, anche con conclusioni scritte, l'accoglimento del ricorso e l'annullamento della sentenza impugnata. Considerato in diritto 1.Il primo motivo di ricorso è infondato. Costituisce, infatti, ius receptum, nella giurisprudenza di questa suprema Corte, essendo stato ormai da tempo superato il precedente orientamento ermeneutico in senso contrario, il principio secondo cui, ove si proceda per il reato di guida in stato di ebbrezza, l'obbligo di dare avviso al conducente della facoltà di farsi assistere da un difensore per l'esecuzione del test di accertamento dell'eventuale stato di ebbrezza non ricorre qualora l'imputato abbia rifiutato di sottoporsi all'accertamento stesso Sez. 4, numero 34470 del 13/05/2016, Rv. 267877 Sez. 4, numero 43485 del 2014, Rv. 260603 . 2. Anche il secondo motivo di ricorso è privo di fondamento. Le determinazioni del giudice di merito in ordine al trattamento sanzionatorio sono, infatti, insindacabili in cassazione ove siano sorrette da motivazione esente da vizi logico-giuridici. Nel caso di specie, la motivazione della sentenza impugnata è senz'altro da ritenersi adeguata, avendo la Corte territoriale fatto riferimento ai precedenti penali da cui è gravato il M. e alla gravità della condotta posta in essere, foriera di gravi rischi per la pubblica incolumità, essendo stato sorpreso l'imputato in stato di evidente ubriachezza alito vinoso, condotta di guida zigzagante, eloquio incerto ed equilibrio precario . 3. Il ricorso va dunque rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.