L'obbligo di moderare adeguatamente la velocità in relazione alle caratteristiche del veicolo e alle condizioni ambientali deve essere inteso nel senso che il conducente deve essere non solo in grado di padroneggiare il veicolo in ogni evenienza, ma anche di prevedere le eventuali imprudenze altrui che rientrino nella ragionevole prevedibilità degli eventi.
Questo il principio di diritto enunciato dalla Quarta Sezione Penale della Corte di Cassazione, con la sentenza numero 13284, depositata il 30 marzo 2023. Il caso. All'esito del giudizio abbreviato, il Tribunale dichiarava l'imputato colpevole del delitto di cui all'articolo 589-bis, comma 1 e 7, c.p. perché, per colpa consistita in imprudenza e negligenza, nonché in violazione degli articolo 143 comma 1, 141 comma 1 e 4,117 comma 2 e 193 C.d.S., investiva con lo spigolo anteriore sinistro del veicolo che stava guidando un pedone, che camminava al margine della strada, cagionandone la morte. L'imputato veniva, quindi, condannato alla pena della reclusione di anni 2 e mesi 8, oltre al risarcimento dei danni cagionati alle parti civili, da liquidarsi in separata sede, cui veniva assegnata la provvisionale di euro 50.000 ciascuna. La Corte di Appello, in riforma della sentenza appellata dall'imputato e dalle parti civili, escluso il concorso di colpa della vittima, assegnava a ciascuna delle parti civili una provvisionale pari a euro 80.000, con conferma nel resto. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per Cassazione l'imputato, variamente denunciando - carenza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione alla posizione del pedone al momento dell'impatto con il veicolo - violazione di legge e vizio motivazionale laddove si escludono profili di colpa nella condotta del pedone che non camminava sul marciapiede e per aver negato la rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale - violazione dell'articolo 133 c.p., nonché illogicità e contraddittorietà della motivazione, in punto di dosimetria della pena - vizio motivazionale e violazione di legge in ordine alla mancata concessione delle attenuanti generiche. La sentenza della Cassazione. La Suprema Corte rileva che i motivi proposti, già sollevati in appello, sollecitano una rivalutazione del fatto non consentita in sede di legittimità. Dopo aver ricostruito i fatti sulla scorta delle risultanze processuali, la sezione ritiene coerenti le conclusioni cui pervengono entrambi i giudici di merito. In tal senso, ribadisce il principio secondo il quale, in caso di abbagliamento da raggi solari, non risulta integrato il caso fortuito in quanto il conducente è tenuto a ridurre la velocità e anche a interrompere la marcia, adottando opportune cautele onde evitare intralcio alla circolazione e l'insorgere di altri pericoli, nonché ad attendere di superare gli effetti del fenomeno impeditivo della visibilità. Inoltre, ritenuta incensurabile la motivazione con cui i giudici del gravame hanno escluso il concorso di colpa nella condotta del pedone, ricorda la Corte che, in tema di circolazione stradale, il principio dell'affidamento sull'altrui diligenza trova un temperamento nell'opposto principio secondo il quale l'utente della strada è responsabile, per negligenza, anche del comportamento imprudente altrui, purché rientri nel limite della prevedibilità. Riprova ne sia la circostanza che gli articolo 141,145 e 191 C.d.S., nel tratteggiare doveri di vasta portata, estendono l'obbligo di attenzione e prudenza, sino a comprendere la gestione del rischio connesso alle altrui condotte imprudenti. Il dovere di attenzione del conducente teso all'avvistamento del pedone trova il suo parametro di riferimento nel principio di cautela che informa la circolazione stradale e si sostanzia in tre obblighi comportamentali 1 prestare attenzione alla strada dove si procede o che si sta per impegnare 2 mantenere un costante controllo del veicolo in rapporto alle condizioni della strada e del traffico 3 prevedere tutte quelle situazioni che la comune esperienza comprende, in modo da non costituire intralcio o pericolo per gli altri utenti della strada e in particolare per i pedoni. Alla luce di quanto sopra, ritenuti manifestamente infondati tutti i motivi proposti, la Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile.
Presidente Ciampi - Relatore Pezzella Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 5/12/2018 all'esito di giudizio abbreviato il Tribunale di Roma ha dichiarato P.M. colpevole del reato di cui all'articolo 589 bis c.p., comma 1, perché, alla guida dell'autovettura Fiat Bravo, targata Omissis , nel percorrere via Prenestina, in prossimità del civico numero 1395, cagionava per colpa la morte del pedone G.F. nato a Omissis in particolare - per colpa consistita in imprudenza e negligenza, nonché in violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale e, segnatamente, l'invasione della corsia di marcia opposta, la velocità eccessiva di 80 km/h, la guida di un'autovettura vietata ai titolari di patente di guida conseguita da meno di un anno perché con rapporto peso-potenza pari a 63,082 kw/t e potenza massima 88 kw , l'uso di veicolo sprovvisto di copertura assicurativa violando, rispettivamente, l'articolo 143 C.d.S., comma 1, articolo 141 C.d.S., commi 1 e 4, articolo 117 C.d.S., comma 2, articolo 193 C.d.S. investiva con lo spigolo anteriore sinistro del veicolo G.F. mentre slava camminando al margine della carreggiata. In Omissis . Il giudice di primo grado, concessa l'attenuante di cui all'articolo 589 bis c.p., comma 7, applicata la diminuente per la scelta del rito, ha condannato l'imputato alla pena della reclusione di anni due e mesi otto pena base anni sei di reclusione, diminuita ex articolo 589 bis c.p., comma 7, ad anni quattro di reclusione, diminuita per il rito a quella finale suindicata , oltre al pagamento delle spese processuali. Il tribunale capitolino ha condannato l'imputato al risarcimento dei danni cagionati alle parti civili costituite G.M., C.A. e G.E., da liquidarsi in separata sede, assegnando a ciascuna delle tre parti civili la provvisionale di Euro 50.000, oltre al rimborso delle spese di lite sostenute dalle parti civili, liquidate come in dispositivo. La Corte di Appello di Roma, con sentenza del 31/1/2022, in riforma della sentenza di primo grado appellata da P.M. e dalle parti civili costituite, escluso il concorso di colpa della vittima, ha assegnato a ciascuna delle tre parti civili costituite una provvisionale pari ad Euro 80.000 e ha confermato nel resto, con i conseguenti provvedimenti sulle spese. 2. Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per Cassazione, a mezzo del proprio difensore di fiducia, il P., deducendo i quattro motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall'articolo 173 disp. att. c.p.p., comma 1. Con un primo motivo il ricorrente lamenta carenza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione alla posizione del pedone al momento dell'impatto con l'autovettura. La Corte d'appello - lamenta il ricorrente - si è uniformata alla perizia del Dottor G.L. in sede di rinnovazione parziale del dibattimento recependola acriticamente, al di là di alcune note generiche di apprezzamento, e quindi trasfondendone in motivazione le lacune e le contraddizioni. Ciò sarebbe avvenuto, in particolare, quanto alla posizione del pedone al momento dell'impatto - il cosiddetto punto di investimento - che assumerebbe ai fini della statuizione un ruolo determinante rispetto alla valutazione del coefficiente psicologico ascrivibile all'odierno ricorrente e alla ricostruzione delle cause che hanno condotto alla verificazione dell'evento. Per il ricorrente l'esatta identificazione dli tale profilo si paleserebbe circostanza determinante al fine di operare una puntuale ricognizione dell'incidenza del concorso della colpa della persona offesa nella serie causale e quindi nell'adeguare la pena al quantum di colpa effettiva eventualmente residuata in capo al ricorrente. Si contesta il punto in cui la Corte di appello, riproponendo quasi testualmente le affermazioni dell'ingegner G., individuava il punto di investimento a distanza di circa 3,30 m dalla linea di mezzeria nella corsia opposta a quella di percorrenza della Fiat Bravo condotta dal P Si contesta tale individuazione soprattutto alla luce del fatto che il residuo del faro è stato trovato sul marciapiede e non lungo la strada. Si richiama la consulenza di parte del dottor R. e la ricostruzione alternativa fornita secondo cui i due pedoni non procedevano sul marciapiede e occupavano verosimilmente una fascia di sede stradale di almeno 2-2,5 metri a partire dal ciglio del marciapiede. Si richiama la costante giurisprudenza di questa Corte di legittimità in ordine all'utilizzo che si può fare ai fini del decidere delle massime di esperienza in particolar modo Sez. 6 numero 49029/2014 e Sez. 4 nnumero 36524/2021 e 31831/2021 e si contesta soprattutto il principio affermato secondo cui quattro pedoni, orizzontalmente affiancati, occupino sempre uno spazio di 2,40 m, che sarebbe suffragato con meri stilemi motivazionali. Con un secondo motivo, sotto il duplice aspetto della violazione di legge e del vizio motivazionale si censura la sentenza impugnata laddove la Corte territoriale esclude che vi siano profili di colpa nella condotta del giovane pedone nella causazione del sinistro sul rilievo che sarebbe emerso con certezza in giudizio che la persona offesa, pur non camminando sul marciapiede, transitava comunque a ridosso del margine della carreggiata di sua pertinenza, nella parte destinata alla banchina segnalata anche se in modo poco evidente per l'usura del tempo. Il ricorrente ricorda come il giudice di prime cure fosse giunto a conclusioni difformi riconoscendo l'attenuante di cui all'articolo 589bis c.p., comma 7 perché ascriveva l'evento anche all'imprudenza della vittima, la quale anziché servirsi del marciapiede, camminava sulla strada riservata al transito dei veicoli . Si evidenziano le contraddizioni della sentenza impugnata in ordine all'esistenza o meno della banchina rispetto della quale non vi sarebbe traccia nelle informative di PG e di cui lo stesso perito negava l'esistenza in un primo momento, salvo poi a ritenere che il pedone vi camminasse all'interno, con una palese ambiguità sul punto dell'elaborato tecnico. Si sottolinea, peraltro, che l'articolo 190 C.d.S., comma 1 consente di circolare al margine della carreggiata soltanto qualora il marciapiede, le banchine, i viali o gli altri spazi predisposti per i pedoni siano ingombri, interrotti o insufficienti. Nel caso in esame, invece, emergerebbe con certezza che il marciapiede era sgombro e che non vi era alcuna banchina pedonale. Di conseguenza la persona offesa camminava lungo la platea stradale e non sul marciapiede integrando senza dubbio una condotta imprudente e violativa dell'articolo 190 C.d.S., comma 1. Sul punto vi sarebbe stato un evidente travisamento della prova. Si sottolinea come il principio di generale cautela che informa la circolazione stradale è applicabile anche ai pedoni i quali sono obbligati al rispetto delle norme relative alla disciplina della circolazione stradale a garanzia di tutti gli utenti della strada. La sentenza impugnata - prosegue il ricorso - sarebbe viziata da contraddittorietà intratestuale ed extratestuale oltre che da manifesta illogicità in quanto da un lato ignorerebbe la circostanza, documentalmente corroborata, che sulla strada luogo del sinistro non vi fosse alcuna banchina pedonale e, dall'altro, esclude la sussistenza di un profilo di colpa a carico del pedone attraverso un impianto argomentativo del tutto errato ed omettendo, inoltre, di valutare la violazione dell'articolo 190 C.d.S., comma 1, da parte del G Con il terzo motivo si lamentano violazione di legge e vizio motivazionale laddove è stata negata la rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale richiesta in relazione all'esame del teste R.N., passeggero dell'autovettura che era stato sentito la difesa dell'imputato e un relazione al quale, benché non sussistesse alcuna ragione per dubitare della genuinità e veridicità delle dichiarazioni rilasciate, prima il tribunale ne affermava apoditticamente l'inattendibilità e poi la Corte territoriale ne contestava la rilevanza, omettendo di argomentare nell'impianto motivazionale su quanto emerso in sede di indagini difensive. Con il quarto motivo il ricorrente deduce violazione dell'articolo 133 c.p. e mancanza illogicità e contraddittorietà della motivazione in punto di dosimetria della pena. Si evidenzia in ricorso come il giudice del gravame del merito, con una motivazione che sarebbe del tutto illogica e contraddittoria, nonché per alcuni aspetti assolutamente mancante, ha ritenuto congrua la pena irrogata dal giudice di primo grado in relazione a profili di colpa che sarebbero assai gravi, in quanto caratterizzati da una ragguardevole e significativa divergenza rispetto all'agire doveroso. In particolare, è stato valutato il coefficiente psicologico in relazione all'inosservanza del divieto per i neopatentati di condurre vetture caratterizzate da determinati livelli di potenza nonché la mancanza di copertura assicurativa. Si tratterebbe, però, per il ricorrente di violazioni assolutamente inconferenti rispetto alla responsabilità penale per il reato di omicidio stradale in quanto l'inosservanza della norma viene in rilievo solo nell'ipotesi in cui l'evento si apprezzi quale causa della sua violazione, in quanto la condotta prescritta ne avrebbe evitato il verificarsi. Si contestano anche i punti della motivazione in cui la Corte territoriale afferma che la velocità non era adeguata per la presenza di tanti giovani festanti all'uscita della scuola e di genitori sopraggiunti per recuperare i figli, in quanto tale situazione non differirebbe da qualsiasi strada urbana in cui si registri la presenza di pedoni sul marciapiede. Ci si duole, altresì, che la motivazione in punto di dosimetria della pena prenda in considerazione l'età della vittima e il comportamento tenuto dall'odierno ricorrente nell'immediatezza del fatto. Si evidenzia, ancora, quanto alle dichiarazioni rese dal P. circa la dinamica del sinistro all'udienza del 31/01/2022 che le stesse sono assolutamente veritiere e troverebbero riscontro in tutti gli elementi acquisiti al processo virgola in particolare nell'informativa di PG e la consulenza tecnica e nelle indagini difensive svolte dalla difesa. Con il quinto motivo, sempre sotto il duplice profilo del vizio motivazionale e della violazione di legge, si censura la sentenza impugnata in ordine alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche che si fonderebbe su affermazioni apodittiche. Chiede, pertanto, l'annullamento della sentenza impugnata. 3. L'8/2/2023 il PG anticipava le proprie conclusioni con memoria scritta che veniva comunicata alle parti. In data 15/2/2023 l'Avv. F.P., difensore delle costituite parti civili, presentava memoria scritta tesa a contrastare le ragioni del ricorso di cui chiede il rigetto. Alla pubblica udienza le parti hanno concluso come riportato in epigrafe. Considerato in diritto 1. I motivi sopra illustrati tendono a sollecitare a questa Corte una rivalutazione del fatto non consentita in questa sede di legittimità. Peraltro, gli stessi si sostanziano nella riproposizione delle medesime doglianze già sollevate in appello, senza che vi sia un adeguato confronto critico con le risposte a quelle fornite dai giudici del gravame del merito. Per contro, l'impianto argomentativo del provvedimento impugnato appare puntuale, coerente, privo di discrasie logiche, del tutto idoneo a rendere intelligibile l'iter logico-giuridico seguito dal giudice e perciò a superare lo scrutinio di legittimità, avendo i giudici di secondo grado preso in esame le deduzioni difensive ed essendo pervenuti alle loro conclusioni attraverso un itinerario logico-giuridico in nessun modo censurabile, sotto il profilo della razionalità, e sulla base di apprezzamenti di fatto non qualificabili in termini di contraddittorietà o di manifesta illogicità e perciò insindacabili in sede di legittimità. Ne deriva che il proposto ricorso va dichiarato inammissibile. 2. Quanto ai fatti, per come ricostruiti dai giudici di merito, sulla scorta delle risultanze degli atti processuali, utilizzabili ai fini della decisione per la scelta del rito fra cui, principalmente, le s.i.t raccolte dai verbalizzanti, l'informativa della Polizia di Roma Capitale del 16.2.2018, con allegati, compreso il fascicolo fotografico a colori, la relazione del medico legale prof. M.S., relativa al quadro lesivo che ha condotto alla morte della persona offesa, gli elaborati scritti dei consulenti tecnici del P.M. e della difesa del prevenuto, le dichiarazioni assunte dal difensore delle pp.cc., allegate alla memoria difensiva depositata in Procura il 21.6.2018, l'interrogatorio reso dall'imputato innanzi al Gip nel carcere di Omissis , le dichiarazioni di R.N., che sedeva sul lato passeggero nella vettura condotta dal prevenuto, acquisite dal difensore di quest'ultimo ex articolo 391 bis c.p.p. risulta che gli stessi si siano verificati come segue. In data 22/12/2017, in orario prossimo alle ore 9,30, alcuni studenti, tra cui la vittima, stavano uscendo dalla scuola agraria Omissis diretti alla fermata dei mezzi pubblici sita in via Omissis quattro ragazzi, in particolare, camminavano in tale direzione sul lato sinistro della strada, affiancati orizzontalmente tra loro dunque non in fila indiana , due sul marciapiede e due non sul marciapiede ma a ridosso del margine stradale sinistro la macchina condotta dall'odierno ricorrente percorrendo, sulla corsia di destra, la strada nella stessa direzione, ma invadendo la corsia opposta a seguito di un sorpasso avvicinandosi in tal modo al lato sinistro della carreggiata dove stavano camminando i predetti ragazzi , colpiva violentemente da dietro G.F., ultimo della fila orizzontale, che non stava camminando sul marciapiede a seguito dell'impatto il pedone investito moriva in ospedale. All'arrivo sul posto gli operanti trovavano una pattuglia dei Carabinieri, che forniva parzialmente le generalità dell'investito, poi compiutamente identificato nel G., il quale era stato già trasportato in ospedale con l'autolettiga gli stessi Carabinieri indicavano l'investitore, presente sul luogo ed identificato nell'odierno imputato. Il veicolo investitore, meglio indicato nel capo di imputazione, di proprietà del padre del prevenuto, P.G., si trovava nella posizione di quiete assunta dopo il sinistro, lungo la corsia destra di detta strada, lievemente obliquo verso destra rispetto all'asse stradale, con la parte anteriore rivolta verso via Omissis . Veniva individuata a circa 38,20 metri dalla porzione posteriore del veicolo una, traccia ematica posizionata sul marciapiede destro in direzione scuola , nonché detriti vitrei lungo la corsia opposta rispetto alla posizione della Fiat Bravo indicata in rubrica, ad essa riconducibili. Insieme al prevenuto vi era il passeggero R.N., il quale, a dire dei Carabinieri, si era allontanato dal luogo del sinistro perché in stato di agitazione. La strada in questione si presentava con carreggiata a doppio senso di marcia larghezza complessiva di metri 9,00 , delimitata da ambo i lati da marciapiede largo m. 1,5 in asfalto la sede stradale risultava screpolata cosa visibile anche dalle citate fotografie ed inoltre era presente esclusivamente la linea di mezzeria continua molto usurata come visibile dai rilievi fotografici in atti , mentre la segnaletica verticale era assente. Il tempo era sereno e buone le condizioni di visibilità, anche se il sole era in abbagliamento per la direzione percorsa dalla macchina del P. il c.t. della difesa precisava, al riguardo, che le condizioni di visibilità erano caratterizzate da una parte di carreggiata illuminata e l'altra non irradiata direttamente dal sole, in quanto interessata dalla proiezione dell'ombra delle alberature che fiancheggiavano la via. I danni del veicolo emergevano chiaramente dai rilievi fotografici allegati al processo verbale di accertamenti urgenti e rilievi esperiti. 3. La sentenza impugnata ricorda come già il primo giudice abbia evidenziato che la circostanza del sorpasso e dell'invasione dell'opposta corsia di marcia, che dava luogo all'investimento in questione, veniva, altresì, riscontrata dai dichiaranti assunti dal difensore della parte civile e non era smentita, d'altra parte, dall'imputato in sede di interrogatorio reso innanzi al Gip. Il consulente nominato dal P.M., analizzando le tracce, i danni riportati dal veicolo investitore e tutti gli altri dati di generica compendiati nei verbali di P.G. e nelle s.i.t., evidenziava, in particolare, che l'impatto si era verificato tra lo spigolo anteriore sinistro della macchina del P. e la parte posteriore del corpo del pedone la vittima veniva, quindi, parzialmente caricata sull'autovettura e proiettata in avanti, arrestandosi ove i verbalizzanti rinvenivano la traccia ematica, con il proprio corpo a cavallo del marciapiede sinistro dir. Via Omissis la macchina, invece, si arrestava a diverse decine dli metri dalla zona di investimento, all'interno della originaria corsia di destra. Il Tribunale ha rilevato che dalla relazione del medico legale prof. M. si evinceva con ragionevole certezza che l'evento morte in contestazione, verificatosi alle ore 10 00 dello stesso giorno, era causato da una acuta insufficienza cardiocircolatoria, terminalmente insorta a seguito delle gravi lesioni cranio-encefaliche conseguite ad un politraumatismo tale quadro lesivo, che conduceva alla morte del G., si era prodotto, nello specifico, nel corso di un'importante traumatismo, che, tenuto anche conto delle notizie di specifica analizzate dal medico legale, poteva identificarsi nel sinistro stradale in oggetto, fatto che, nella sua materialità, non era contestato dalla difesa del P Gli addebiti di colpa a carico di quest'ultimo individuati dal consulente del P.M. erano i seguenti l'incauta manovra di sorpasso del veicolo che lo precedeva da parte del P. la velocità del mezzo, ipotizzata in circa 80 km/h, e, comunque, inadeguata rispetto alla ristretta carreggiata e al traffico pedonale conseguente all'uscita di scuola degli studenti la mancanza di copertura assicurativa del mezzo, che il prevenuto non poteva in ogni caso guidare perché neopatentato. Il consulente indicava dettagliatamente una serie di violazioni al Codice della strada, tra le quali le infrazioni a vari articoli del codice della strada articolo 140C.d.S. conduceva il proprio veicolo creando insidia agli utenti della strada , articolo 141 C.d.S. non adeguava la velocità di marcia alla situazione ambientale - ristretta carreggiata e intenso traffico pedonale -, non riuscendo a controllare la marcia del veicolo che conduceva , articolo 143 C.d.S. marciava contromano , articolo 146 C.d.S. oltrepassava la linea continua di mezzeria , articolo 148 C.d.S., comma 2 effettuava incautamente manovra di sorpasso costituendo pericolo alla circolazione stradale . 4. La sentenza impugnata dà atto che il giudice di primo grado ha riportato, poi, le obiezioni mosse dal consulente tecnico della difesa ing. R Quest'ultimo, sottolineando l'assenza di tracce di frenata e richiamando l'affermazione difensiva dell'imputato di non aver visto il pedone a causa delle particolari condizioni di visibilità, rilevava che la macchina condotta dal prevenuto viaggiava ad una velocità non superiore ai 40-45 km/h la vittima poneva in essere una condotta imprudente, camminando sulla carreggiata In affiancamento ad altri tre pedoni, nonostante la presenza del marciapiede che era tenuto ad utilizzare il mancato avvistamento da parte del prevenuto della presenza del pedone era imputabile esclusivamente all'abbagliamento improvviso dei raggi del sole, allorché l'imputato transitava da una zona ombreggiata a quella illuminata dal sole la velocità del P. era compatibile con le condizioni della strada e del traffico e non vi era alcuna espressa proibizione della manovra di sorpasso, circostanze queste ultime entrambe riscontrate dalla persona che si trovava seduta sul lato passeggero della vettura condotta dall'imputato, il R Ciò premesso il Tribunale, risultando provato con certezza dagli atti che il mortale investimento del G. avveniva a causa della condotta di guida del P., osservava, che, a prescindere dalla velocità concretamente tenuta, così come sopra individuata, in maniera difforme, dai consulenti tecnici del P.M. e della difesa, doveva ritenersi accertato, sulla scorta degli elementi oggettivi rappresentati dai danni arrecati al mezzo e alla persona del pedone, che l'imputato guidava ad una velocità eccessiva e non adeguata rispetto alle condizioni della strada, per la presenza dei ragazzi che stavano uscendo o comunque transitando nei pressi dell'Istituto agrario in oggetto, proprio in orario scolastico. Tale conclusione non poteva ritenersi smentita, nell'impostazione già della sentenza di primo grado, dall'opposta ricostruzione del consulente tecnico della difesa, basata su test eseguiti su veicoli diversi e con modalità diverse di impatto e perciò non conferente al caso concreto, né dalle generiche valutazioni rese dal testimone oculare R., peraltro non nell'immediatezza del fatto alla PG ma il 3.5.2018, dopo diversi mesi dall'episodio in contestazione. Il Tribunale ha osservato che, nel caso di specie, il prevenuto avesse l'obbligo di viaggiare a passo d'uomo e soprattutto fosse tenuto a non effettuare alcuna spregiudicata manovra di sorpasso. 5. L'incidente - come si legge nella sentenza impugnata - avveniva su una strada aperta al pubblico transito, disciplinata da regolare segnaletica orizzontale, che ne comportava la assoluta assoggettabilità alla disciplina del codice della strada, a prescindere da chi fosse tenuto alla sua manutenzione, con ciò risultando smentito l'assunto difensivo tendente a rappresentare la circostanza che l'incidente sarebbe avvenuto su una strada di proprietà privata su di essa era infatti visibile, nonostante fosse poco marcata per l'usura, la linea continua di mezzeria, che, in quanto tale, vietava assolutamente la manovra di sorpasso eseguita incautamente dal prevenuto. Era, inoltre, totalmente da escludere, già secondo il primo giudice, l'ipotesi del caso fortuito, costituito dall'improvviso abbagliamento, avanzata dalla difesa. Dai dati tecnici di tipo oggettivo evidenziati nell'informativa della polizia e riportati peraltro nella stessa consulenza tecnica della difesa, emergeva che le condizioni di visibilità della strada, al momento dell'incidente mortale in oggetto, non erano assolutamente imprevedibili, né risultava provato un improvviso fortuito abbagliamento, atteso che tale situazione di visibilità era semplicemente condizionata dalla presenza del sole in abbagliamento, in ragione dell'orario mattutino di inverno, motivo per il quale, a maggior ragione, l'imputato, inesperto alla guida, non avrebbe dovuto mai eseguire la manovra di sorpasso che poi si è rivelata fatale per il pedone investito e, ancora, non avrebbe mai dovuto tenere una velocità in accelerazione diversa da quella di chi, secondo comuni regole di esperienza, va a passo d'uomo in una situazione appunto caratterizzata dalla presenza dei raggi solari e dalla presenza di studenti che stavano uscendo o andando scuola. L'imputato, dunque, proprio a causa della particolare posizione del sole, che condizionava la piena visibilità della strada su cui viaggiava, avrebbe dovuto rallentare e semmai fermarsi, giammai accelerare e sorpassare il veicolo che lo precedeva. Il tribunale aveva, dunque, concluso che l'evento mortale in oggetto era da ricondurre con tranquillizzante certezza alla grave condotta di guida tenuta dall'imputato sino ad investire il pedone, poi, deceduto, in ragione della velocità tenuta dal primo in maniera non adeguata alle condizioni stradali, della avventata ed incauta manovra di sorpasso e, globalmente, in ragione delle censurate violazioni al Codice della strada. Nell'impostazione della sentenza di primo grado l'evento letale per cui è causa era da ascrivere anche alla imprudenza della vittima, che, anziché servirsi del marciapiede, camminava sulla strada riservata al transito dei veicoli, così da giustificare l'applicazione dell'attenuante indicata in dispositivo. 6. Avverso la sentenza di primo grado avevano proposto gravame nel merito il difensore di P.M. e quello delle parti civili con i motivi che la sentenza impugnata ricorda analiticamente alle pagg. 5-8. La Corte territoriale accoglieva in parte la richiesta di rinnovazione istruttoria avanzata dalla difesa dell'imputato. Veniva, infatti, disposta ed espletata una perizia sulla dinamica dell'incidente - in particolare volta a verificare l'angolazione con la quale il veicolo urtava la vittima, la velocità del mezzo investitore immediatamente prima dell'incidente e la sua traiettoria, l'effettiva angolazione dei raggi solari rispetto alla marcia della vettura condotta dal prevenuto, le condizioni della segnaletica orizzontale e la presenza o meno sulla strada teatro dell'incidente di una banchina pedonale segnalata. Veniva quindi sentito il perito, con acquisizione, all'esito, dell'elaborato peritale, acquisite le osservazioni scritte alla perizia redatte dal c.t. delle pp.cc, nonché le risposte scritte a dette obiezioni elaborate dal perito e i giudici di appello procedevano, infine, all'esame dell'imputato. L'istanza di rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale avanzata nell'atto d'appello redatto in favore del P., dunque, è stata accolta, laddove finalizzata all'esame dell'imputato e all'espletamento di una perizia volta all'accertamento della dinamica del sinistro. Al perito è stato chiesto, peraltro, di soffermarsi e di relazionare anche sullo stato dei luoghi, e, in particolare, sulla segnaletica esistente sulla strada dove si verificava l'evento letale, in conformità ad analoga istanza di rinnovazione istruttoria formulata nell'interesse delle pp.cc Non è stata invece ritenuta accoglibile l'ulteriore istanza istruttoria con la quale il difensore del P. ha invocato l'esame del passeggero R.N., in quanto ritenuta superflua e comunque irrilevante ai fini della decisione. Per i giudici del gravame del merito, non si ravvisa nessuna necessità di escutere il R., tanto più alla luce della genericità delle dichiarazioni dallo stesso rese, peraltro a distanza di tempo rispetto ai fatti, essendosi allontanato dal luogo nell'immediatezza perché in stato di agitazione. Si dà conto in sentenza che quanto da questi dichiarato, in ordine alla velocità tenuta dalla vettura dell'imputato e alla riferita possibilità di quest'ultimo di effettuare una manovra di sorpasso in mancanza di segnali di divieto costituisce evidentemente frutto di una mera valutazione personale, non supportata da alcun elemento oggettivo di valenza tecnico-scientifica di riscontro, risultando, anzi, del tutto smentito alla luce delle puntuali osservazioni effettuate sul punto dal perito nominato d'ufficio, il quale, rispondendo agli specifici quesiti formulati dal Collegio al riguardo, ha affrontato in maniera analitica e rigorosa la questione della ricostruzione della velocità della vettura investitrice e dell'individuazione della segnaletica orizzontale sulla strada in questione, costituita dalla linea continua di mezzeria, sebbene scolorita. Manifestamente infondato, dunque, è il terzo motivo dell'odierno ricorso laddove la sentenza impugnata appare immune da vizi di legittimità essendo stata pronunciata nel solco della giurisprudenza di questa Corte di legittimità che ha in più occasioni evidenziato la natura eccezionale dell'istituto della rinnovazione dibattimentale di cui all'articolo 603 c.p.p. ritenendo, conseguentemente, che ad esso possa farsi ricorso, su richiesta di parte o d'ufficio, solamente quando il giudice lo ritenga indispensabile ai fini del decidere, non potendolo fare allo stato degli atti Sez. 2, numero 677 del 10/10/2014 dep. 2015, Di Vincenzo, Rv. 261556 Sez.2, numero 41808 del 27/09/2013, Mongiardo, Rv. 25696801 Sez.2, numero 3458 del 1/12/2005, dep. 2006, Di Gloria, Rv. 23339101 precisando, altresì, che, considerata tale natura, una motivazione specifica è richiesta solo nel caso in cui il giudice disponga la rinnovazione, poiché in tal caso deve rendere conto del corretto uso del potere discrezionale derivante dalla acquisita consapevolezza di non poter decidere allo stato degli atti, mentre in caso di rigetto è ammessa anche una motivazione implicita, ricavabile dalla stessa struttura argomentativi posta a sostegno della pronuncia di merito, nella quale sia evidenziata la sussistenza di elementi sufficienti per una valutazione in senso positivo o negativo sulla responsabilità, con la conseguente mancanza di necessità di rinnovare il dibattimento Sez. 6, numero 11907 del 13/12/2013, dep.2014, Coppola, Rv. 25989301 Sez. 6, numero 30774 del 16/07/2013, Trecca, Rv. 25774101 Sez. 3, numero 24294 del 07/04/2010, D.S.B., Rv. 24787201 Sez. 4, numero 47095 del 2/12/2009, Rv. 245996 Sez. 2, numero 41808 del 27/9/2013, Mongiardo, Rv. 256968 . Come più volte chiarito da questa Corte di legittimità, la mancata rinnovazione in appello dell'istruttoria dibattimentale può essere censurata soltanto - il che nel caso che ci occupa non è avvenuto - qualora si dimostri l'esistenza, nell'apparato motivazionale posto a base della decisione impugnata, di lacune o manifeste illogicità, ricavabili dal testo del medesimo provvedimento e concernenti punti di decisiva rilevanza, le quali sarebbero state presumibilmente evitate provvedendosi all'assunzione o alla riassunzione di determinate prove in appello Sez. 2, numero 677 del 10/10/2014, dep. 2015, Di Vincenzo, Rv. 261556 Sez. 6, numero 1256 del 28/11/2013, dep. 2014, Rv. 258236 . 7. Manifestamente infondati sono anche il primo e il secondo motivo di ricorso. Questa Corte di legittimità ha da tempo chiarito che, in tema di prova, costituisce giudizio di fatto, incensurabile in sede di legittimità se, come nel caso che ci occupa, logicamente e congruamente motivato, l'apprezzamento - positivo o negativo - dell'elaborato peritale e delle relative conclusioni da parte del giudice di merito, il quale, ove si discosti dalle conclusioni del perito, ha l'obbligo di motivare sulle ragioni del dissenso Sez. 1, numero 46432 del 19/04/2017 Ud. dep. 9/10/2017, Rv. 271924 . E costituisce ius receptum anche il principio che la ricostruzione di un incidente stradale nella sua dinamica e nella sua eziologia - valutazione delle condotte dei singoli utenti della strada coinvolti, accertamento delle relative responsabilità, determinazione dell'efficienza causale di ciascuna colpa concorrente - è rimessa al giudice di merito ed integra una serie di apprezzamenti di fatto che sono sottratti al sindacato di legittimità se sorretti da adeguata motivazione ex multis Sez. 4, numero 54996 del 24/10/2017, Baldisseri, Rv. 271679 Sez. 4, numero 10335 del 10/2/2009, Pulcini, non mass. Sez. 4, numero 43403 del 17/10/2007, Azzarito, Rv. 238321 . E in altra condivisibile pronuncia si è chiarito che sono sottratti al sindacato di legittimità, se sorretti da adeguata motivazione, gli apprezzamenti di fatto necessari alla ricostruzione di un incidente stradale nella sua dinamica e nella sua eziologia quali la valutazione delle condotte dei singoli utenti della strada coinvolti, l'accertamento delle relative responsabilità e la determinazione dell'efficienza causale di ciascuna colpa concorrente Sez. 4, numero 37838 del 01/07/2009, Tarquini, Rv. 245294 . Per la Corte territoriale la perizia d'ufficio, richiesta anche dalla difesa delle pp.cc., ha affrontato, superandole, tutte le questioni problematiche evidenziate nell'atto d'appello redatto nell'interesse del P. in ordine alla dinamica del sinistro, nonché le criticità sollevate dal difensore delle pp.cc. circa la velocità della vettura investitrice e la presenza di segnaletica verticale, pervenendo a conclusioni che i giudici di appello ritengono pienamente condivisibili, perché ampiamente e correttamente motivate dal punto di vista logico, prive di vizi giuridici, e fondate su dati oggettivi, calcoli e criteri tecnici, non efficacemente contrastati da valutazioni tecnico-scientifiche di segno opposto o contrario, che inducano a ritenere le conclusioni del perito in tutto o in parte non soddisfacenti. La Corte capitolina evidenzia, peraltro, che la difesa dell'odierno ricorrente non ha peraltro effettuato, tramite il proprio consulente tecnico, osservazioni scritte avverso i contenuti della perizia, né ha mosso nel corso dell'esame del perito, servendosi eventualmente dell'ausilio tecnico del proprio consulente, censure di carattere tecnico, tali da contrastare i risultati dell'elaborato peritale, come diffusamente esposti dall'ing. G. in udienza. La Corte territoriale evidenzia le conclusioni del perito ing. G., articolate e motivate in maniera assai puntuale ed analitica in sede di elaborato scritto ed esposte in forma compiuta ed esaustiva nel corso dell'esame reso in udienza. Per il tecnico il punto di impatto era individuabile ad una distanza di circa 3,30 metri dalla linea di mezzeria nella corsia opposta a quella di percorrenza della Fiat Bravo condotta dal P Tale localizzazione veniva determinata in base alla traiettoria tenuta dal pedone, che veniva proiettato per circa 10 metri sulla sinistra, e alla tipologia di impatto rilevata sull'autovettura, tenuto conto, altresì, dei frammenti dell'auto rinvenuti sul suolo, della posizione in cui camminavano in linea i quattro studenti e della traiettoria tenuta subito dopo l'urto dalla vettura, che rientrava nella propria corsia d'origine su cui si fermava a circa 51 metri dal punto di impatto. Sulla base di tali dati, servendosi di una planimetria in scala, valorizzando la modellizzazione dei protocolli di calcolo cinematico su base sperimentale, la velocità della vettura dell'imputato al momento dell'impatto era individuata in 39 km/h. A tale velocità si perveniva attraverso l'applicazione di più metodologie di calcolo, eseguite e riportate dettagliatamente nel capitolo otto della perizia la posizione del veicolo al momento dell'investimento era parallela all'asse stradale il pedone investito si muoveva verosimilmente sulla platea stradale all'interno della banchina laterale e non sul marciapiede. Quanto alla segnaletica orizzontale, le linee di margine della banchina della larghezza di 1,3 metri erano appena visibili in quanto consunte dal traffico stradale, mentre la linea longitudinale continua di mezzeria era percettibile al momento del sopralluogo il perito rilevava la presenza di segnaletica stradale verticale, non indicata tuttavia dalla polizia giudiziaria all'interno della propria relazione attinente all'incidente stradale in oggetto segnaletica verticale emergente dalle riproduzioni fotografiche di cui alla pagina 8 della perizia . Nell'elaborato tecnico si evidenziava anche come il pedone, insieme ai suoi tre compagni, si muoveva dalla scuola verso via Omissis in posizione giuridicamente corretta, marciando in senso opposto a quello di marcia dei veicoli sulla carreggiata la vettura dell'imputato invadeva completamente la corsia opposta a quella di marcia per effettuare un sorpasso di un'autovettura che lo precedeva, sorpasso vietato per la presenza della linea di mezzeria continua a seguito dell'investimento l'imputato proseguiva la sua marcia per diversi metri prima di arrestarsi dopo circa 51 metri dal punto di investimento sulla corsia di destra in posizione leggermente angolata verso destra e con orientamento in direzione via Omissis al momento dell'incidente, avvenuto durante le ore diurne, le condizioni del tempo erano buone, con cielo sereno e presenza del sole basso all'orizzonte, con accertata fase temporanea di abbagliamento l'asfalto era asciutto e il traffico nella norma, con pedoni presenti sui limiti della carreggiata a destra e a sinistra l'imputato conduceva un'autovettura il cui rapporto peso/potenza era vietato ai titolari di patente di guida conseguita da meno di un anno, come nel caso di specie, ed inoltre il mezzo marciava senza la obbligatoria copertura assicurativa in base alle visure catastali ricevute, la strada in questione apparteneva per metà carreggiata alla Provincia di Roma e l'altra metà ai privati il punto dell'incidente era localizzato nella porzione di aria appartenente alla Provincia di Roma. Pacifici sono altri elementi di cui danno conto l'elaborato peritale prima e la sentenza impugnata poi, ovvero a. che la strada in oggetto, che collega via Omissis all'edificio scolastico, è ubicata all'interno della perimetrazione dei centri abitati ai sensi del Codice della strada, come riportato nel Piano Generale del traffico urbano approvato dall'Assemblea capitolina con deliberazione numero 21 del 16 aprile 2015 b. che la strada di accesso alla scuola rientrava, dunque, nella delimitazione del centro abitato ai sensi del Codice della strada, per cui vigeva, in assenza di diversa prescrizione, il limite di velocità di 50 km all'ora previsto per l'intero territorio urbano c. che sulla base dei dati tecnici obiettivi utilizzati nella realizzazione della ricostruzione cinematica in oggetto e, in particolare, sulla base dell'analisi della angolazione della luce solare esaminata nel paragrafo 9.2, come analiticamente riportati nella perizia ed esposti in udienza, emergeva che nell'istante dell'incidente, come riscontrato anche dalla polizia giudiziaria intervenuta e annotato nel verbale di accertamento dello stato dei luoghi, il sole era in abbagliamento lungo la direzione della vettura del prevenuto d. che ai bordi della strada in questione era presente una fitta vegetazione, che formava in quel momento un'ombra di circa 1,80 metri, che copriva poco oltre il marciapiede posto alla sinistra del guidatore, lasciando al sole tutta la restante platea stradale e il marciapiede di destra e. che al momento dell'incidente l'imputato aveva di fronte a sé i raggi solari che verosimilmente potevano apportare un abbagliamento, in quanto ricadevano nel campo visivo diretto dello stesso, tant'e' vero che, sul lato passeggero della Fiat Bravo, subito dopo l'investimento l'aletta parasole si presentava abbassata. La perizia prima e la sentenza poi, con un percorso motivazionale privo di aporie logiche, hanno individuato, dunque, nella condotta di guida incauta e irresponsabile dell'odierno ricorrente plurimi profili di censura 1. il sorpasso dell'autovettura che lo precedeva, oltrepassando la linea continua di mezzeria ed invadendo la corsia opposta, con pedoni presenti su ambo i lati della strada 2. Il fatto che, pur essendo cosciente dell'evidente pericolo incipiente per la presenza accertata del sole in abbagliamento, il P. effettuava comunque l'azione repentina di sorpasso, mentre avrebbe dovuto fermarsi immediatamente, attendere la fine del fenomeno fotosolare e attuare eventualmente anche azioni atte a ripararsi dall'abbagliamento con l'uso preventivo dell'aletta parasole in dotazione all'autovettura. Il sinistro era da ricondurre, quindi, in base alle valutazioni peritali, unicamente alla condotta imprudente e irresponsabile del conducente dell'autovettura Fiat bravo di cui all'imputazione, l'odierno imputato, che, in condizioni di limitata visibilità per l'abbagliamento solare, effettuava una vietata ed errata manovra di sorpasso, superando la linea continua di mezzeria, procurando, in tal modo, non soltanto un pericolo per gli utenti della strada, invadendo la corsia opposta, ma investendo un pedone che si trovava posto di spalle nella corsia opposta fuori dal marciapiede a 3.30 metri dalla linea di mezzeria, evento che non si sarebbe verificato qualora la condotta dell'imputato non fosse stata posta in essere, confermando il perito che nella condotta di guida del P. era ravvisabile l'inosservanza delle norme del Codice della strada riportate dal primo giudice sopra indicate e analiticamente indicate alle pagine 90 e 91 della perizia. Il pedone procedeva correttamente, in direzione opposta al senso di percorrenza dei veicoli, come prescritto dall'articolo 190 C.d.S., non servendosi del marciapiede ivi presente, ma posizionato all'interno della banchina, che era certamente poco visibile. 8. Il ricorso si spende molto circa l'esistenza o meno di una banchina, in senso tecnico, ma, a fronte di profili di colpa talmente eclatanti da parte dell'odierno ricorrente il dato appare davvero ininfluente. E' vero, come ricordano i giudici di appello, che il perito che peraltro ha svolto il suo incarico nel 2021 a fronte di un incidente stradale avvenuto nel 2017 ha precisato che la linea della banchina ritratta in alcune sue foto, in alcuni tratti era quasi impercettibile il che, peraltro, potrebbe anche dipendere dal tempo trascorso dai fatti , ma ciò non può smentire il dato oggettivo che tutto il viale presentasse uno spazio che costeggiava il marciapiede estraneo alla carreggiata. Perciò, come osserva la sentenza impugnata, il pedone si muoveva di spalle rispetto all'investitore alla distanza suindicata rispetto alla linea di mezzeria, spazio sufficiente al transito di un'autovettura e, pertanto, non creava alcun intralcio alla circolazione. La Corte territoriale fa propria anche la motivata valutazione del proprio tecnico secondo cui l'imputato non si trovava nella oggettiva impossibilità di avvistare preventivamente il pedone e di osservarne i movimenti, in quanto questi ultimi non erano né improvvisi il pedone manteneva una traiettoria rettilinea parallela all'asse stradale, con un movimento di spalle rispetto all'auto investitrice , né imprevedibili in quanto la presenza ai margini della strada di vari studenti in uscita da scuola era nota all'imputato , né ravvicinati in quanto lo spazio a disposizione tra il pedone investito e la restante porzione di strada era ampiamente sufficiente al transito dell'autovettura, pertanto il pedone non ostacolava la normale circolazione . Ricordano i giudici di appello che il pedone, di statura di 1.68 metri, poteva infatti essere percepito dal conducente del veicolo investitore, in quanto la visione rientrava ampiamente nei range angolari descritti a pagina 67 della perizia, potendo essere scorto quando era a 54 metri dal successivo punto di impatto almeno 5 secondi prima di essere investito . Ricorda il Collegio del merito che è certamente significativo osservare come il perito abbia tenuto conto nella stesura della perizia anche delle differenti osservazioni tecniche esposte dal consulente del P.M. e dai cc.tt. dell'imputato e delle parti civili, indicando in modo specifico le motivazioni di natura scientifica che lo hanno indotto a superare le obiezioni articolate da detti consulenti. E del tutto esaustivo e convincente viene ritenuto l'elaborato peritale laddove, in maniera precisa e puntuale, indica le ragioni per cui ritiene inadeguate e non soddisfacenti le conclusioni del consulente tecnico del P.M. in ordine alla velocità del veicolo così come da quest'ultimo individuata, completamente fuori misura in rapporto ai danni rilevati sul veicolo investitore , nonché le conclusioni del consulente tecnico della difesa in ordine ai temi, nei quali poi in effetti si sostanziano le censure articolate in fase di gravame, costituiti 1 dalla posizione dell'autoveicolo al momento dell'investimento, essendo quella individuata da tale consulente incompatibile con i detriti rilevati sul marciapiede e sul manto stradale, 2 dalla linea longitudinale continua di mezzeria, che, sebbene scolorita, era tuttavia distinguibile, nonché, infine, 3 dalla fenomenologia legata alla posizione del sole e delle ombre sulla carreggiata negli attimi prima dell'investimento mostrando, quindi, il perito di aver tenuto conto degli aspetti problematici evidenziati nell'appello del P. alle pagine 10-11 in relazione alle conclusioni della consulenza tecnica del P.M. espletata nel primo grado di giudizio . In particolare, riguardo alla fenomenologia legata all'inclinazione dei raggi solari, ricorda la Corte territoriale come il proprio tecnico abbia osservato che le dichiarazioni rese al riguardo dal consulente tecnico della difesa, riportate peraltro testualmente a pagina 97 della perizia, risultano prive di consistenza scientifica, infatti si è dimostrato che nel momento del funesto evento il sole era di pochi gradi discosto dall'asse stradale, posto poco a sinistra del guidatore con una modesta elevazione .pertanto la zona d'ombra non poteva essere in corrispondenza della corsia di marcia del P., ma in corrispondenza del marciapiede di sinistra . Inoltre il fenomeno abbagliante non poteva essere né improvviso né imprevedibile in quanto gran parte della platea stradale era già esposta ai raggi solari diretti, ciò è comprovato dal fatto che il passeggero dell'auto condotta dal P. abbia attuato le misure di protezione contro l'abbagliamento abbassando l'aletta parasole . La sentenza impugnata opera, pertanto, un corretto governo dei principi più volte ribaditi da questa Corte di legittimità in fatto di rapporti tra decisione da assumere e sapere scientifico introdotto nel processo, a cominciare dalla nota Sez. 4, numero 43786 del 17/9/2010, Cozzini, Rv. 248944 alla cui articolata e condivisibile motivazione si rimanda. 9. Coerenti, pertanto, appaiono le conclusioni cui pervengono entrambi i giudici di merito nel ritenere che il P. effettuava il sorpasso della vettura che lo precedeva - che, appunto per la presenza di numerosi pedoni ragazzi che andavano e venivano dalla scuola e altre autovetture, procedeva lentamente come da s.i.t. del conducente di tale veicolo - sorpasso espressamente vietato dal codice della strada alla luce della segnaletica orizzontale costituita dalla linea continua di mezzeria, la quale, seppur sbiadita, era comunque visibile, e ciò mediante una manovra improvvisa, repentina e compiuta ad una velocità senz'altro inadeguata alla situazione dei luoghi e al sole che era in abbagliamento sin dal momento in cui intraprendeva tale manovra. Come si ricorda in sentenza era ben nota all'imputato, che era uscito da scuola anch'egli, la presenza sul posto di una molteplicità di giovani in festa per la chiusura della scuola, che si dirigevano verso la via Omissis , nonché la presenza di veicoli in sosta e in movimento, o comunque di genitori che erano venuti a riprendere i figli, circostanze comunque tutte ben percepibili dal punto di vista oggettivo. Ricordano i giudici di appello che il sole si presentava effettivamente in abbagliamento, come dimostrato scientificamente dal perito e, diversamente da quanto dedotto dalla difesa e non provato ed anzi smentito dalle risultanze peritali, tale situazione di abbagliamento non si era presentata al P. in maniera improvvisa, sussistendo già al momento in cui questi si accingeva ad effettuare la manovra di sorpasso, tenuto conto dell'angolazione dei raggi solari e di tutti i dati tecnici evidenziati nella perizia, evenienza fattuale comprovata dall'avere il passeggero del l'autovettura, R., abbassato l'aletta parasole l'ombra dovuta alle alberature presenti copriva soltanto poco oltre il marciapiede della corsia di sinistra, opposta a quella di percorrenza della Fiat Bravo . La sentenza impugnata opera sul punto una corretta applicazione del richiamato principio, più volte affermato da questa Corte di legittimità e che va qui ribadito, secondo cui, in tema di circolazione stradale, l'abbagliamento da raggi solari del conducente di un automezzo non integra un caso fortuito e, pertanto, non esclude la penale responsabilità per i danni che ne siano derivati alle persone, in quanto, in una tale situazione di abbagliamento il conducente è tenuto a ridurre la velocità e anche ad interrompere la marcia, adottando opportune cautele onde non creare intralcio alla circolazione ovvero l'insorgere di altri pericoli, ed attendere di superare gli effetti del fenomeno impeditivo della visibilità Sez. 4, numero 17390 del 21/2/2018, Compagnone, Rv. 272647 conf. Sez. 4, numero 52649 del 2/10/2014, Spadafora, non massimata e Sez. 4, numero 10337 del 1/6/1989, Barberio, Rv. 181837 . In altra più risalente pronuncia si era peraltro condivisibilmente rilevato come l'abbagliamento provocato dai raggi solari è una circostanza irrilevante agli effetti della configurabilità della colpa, trattandosi di un fenomeno naturale e prevedibile Sez. 4, numero 8928 del 16/6/1992, Barbati, Rv. 191826 . Come rileva correttamente la sentenza impugnata, in tali frangenti il guidatore è tenuto ad interrompere la marcia, in particolar modo quando si appresta ad effettuare manovre pericolose, tra cui rientrai certamente quella del sorpasso, e ad adottare conseguenti accorgimenti, quali indossare gli occhiali da sole o abbassare il parasole. La condotta dell'automobilista deve essere sempre improntata, infatti, ad evitare intralcio alla circolazione o altri pericoli. Invece l'odierno ricorrente, secondo la concorde ricostruzione dei giudici di merito, in una condizione appunto di visibilità limitata per effetto dell'abbagliamento, nonché in presenza comunque di un intenso transito di pedoni su entrambi i lati della strada e di un consistente traffico veicolare, senza accertarsi previamente di avere la visibilità completamente libera e, innanzi a sé, la strada del tutto sgombra, anzi, ben cosciente dei quattro ragazzi che transitavano in linea orizzontale sull'opposta corsia di marcia, certamente da lui visibili a quella distanza, come dimostrato condivisibilmente dal perito, effettuava in violazione di legge la predetta manovra di sorpasso, attuata concretamente con modalità assolutamente pericolose e imprudenti, in maniera inaspettata, improvvisa e repentina, ad una velocità del tutto inadeguata rispetto alla situazione dei luoghi, caratterizzata dagli elementi sopra indicati, inadeguatezza desumibile già, di per sé, dallo sbalzo di una decina di metri subito dalla giovane vittima, tant'e' vero che l'imputato stesso non si rendeva neanche conto in un primo momento di aver colpito il G Certamente non dirimente ai fini dell'affermazione di responsabilità, ma non illogico, appare il rilievo dei giudici del gravame del merito secondo cui, in tale contesto, contrariamente all'assunto difensivo al riguardo, ha certamente pesato in termini significativi il fatto che l'odierno ricorrente avesse conseguito la patente da poco e guidava una vettura con potenza superiore a quella consentita. Il P., alla guida di un'autovettura che non poteva condurre, non aveva maturato l'esperienza idonea a comprendere l'assoluta necessità di astenersi dall'intraprendere una simile manovra - tanto più in assenza di copertura assicurativa del mezzo - o, comunque, di procedere a passo d'uomo, adottando i predetti accorgimenti finalizzati a contenere gli effetti sulla visibilità del sole in abbagliamento. Egli avrebbe dovuto evitare di effettuare l'assai pericolosa manovra di sorpasso attuata o, comunque, attendere di avere la visuale completamente sgombra, anche adottando accorgimenti adeguati, e, in ogni caso, procedere a passo d'uomo per scongiurare il realizzarsi di una situazione di intralcio alla circolazione o comunque di pericolo per gli altri utenti della strada. L'odierno ricorrente, invece, procedeva al sorpasso in condizioni di totale insicurezza, ponendo in essere, peraltro, una manovra definita dal perito eccessivamente ampia, in considerazione del fatto che andava ad invadere quasi del tutto l'opposta corsia di marcia, come si legge in sentenza, a seguito di una evidente perdita di orientamento . 10. Diversamente da quanto opinato dal giudice di primo grado, in accoglimento del gravame proposto dalle parti civili, per i giudici di appello nessun profilo di colpa nella causazione del sinistro si ravvisa nella condotta del giovane pedone, cosicché va esclusa a carico dello stesso ogni responsabilità. Sul punto la Corte territoriale offre una motivazione logica e congrua e, pertanto, è manifestamente infondato anche il secondo motivo di ricorso, per il quale l'interesse del ricorrente è solo di natura civilistica, non avendo potuto influire sul trattamento sanzionatorio, in ragione dell'assenza di gravame nel merito della parte pubblica e del divieto di reformatio in peius, l'esclusione del concorso di colpa della vittima. Come rilevano i giudici di appello è emerso con certezza in giudizio in particolare dalle risultanze della perizia e esiti delle s.i.t. di Pace che il G., pur non camminando sul marciapiede, transitava comunque a ridosso del margine della carreggiata di sua pertinenza, nella parte dedicata alla banchina, segnalata, anche se in modo poco evidente per l'usura del tempo, in modo da poter vedere i veicoli che gli sarebbero passati accanto e, dunque, in direzione opposta al senso di percorrenza dei veicoli. La posizione del pedone - si legge ancora nella sentenza impugnata - è comprovata anche, di per sé, dalla localizzazione del punto di impatto, posto a distanza di circa 3.30 metri dalla linea di mezzeria continua, che denota l'eccessiva ampiezza della manovra di sorpasso così come concretamente attuata, con la quale il P. andava ad invadere quasi del tutto l'opposta corsia di marcia. E' indubbio, dunque, secondo la logica conclusione della Corte del merito, che vi era effettivamente uno spazio sufficiente per il transito di un'autovettura tra la posizione del giovane investito e la linea continua di mezzeria. Il giovane G. transitava in maniera corretta, si muoveva di spalle rispetto all'investitore a circa 3.30 metri dalla linea di mezzeria, spazio sufficiente al transito di un'autovettura, e, pertanto, non creava alcun intralcio alla circolazione, venendo colpito mortalmente in maniera improvvisa e del tutto inaspettata da un'auto che proveniva alle sue spalle, che, nel compiere una manovra di sorpasso del tutto vietata dalla legge, in condizioni di visibilità limitata dall'abbagliamento dei raggi solari, con velocità non adeguata, per la presenza di tanti giovani festanti all'uscita della scuola e di genitori sopraggiunti per recuperare i figli, oltrepassava la linea longitudinale continua di mezzeria e procedeva contromano. Nessuna incidenza causale nella produzione del sinistro mortale in oggetto ha infine inoltre rivestito, d'altra parte, per i giudici di appello il fatto che provenisse della musica dalla cassa di risonanza nella disponibilità del G., che, come affermato senza esitazione dai testimoni oculari M. e P. in sede di s.i.t., non aveva loro impedito di sentire in maniera nitida il rombo del motore della macchina investitrice. 11. Detto della incensurabilità della motivazione con cui i giudici del gravame del merito hanno escluso il concorso di colpa del G., non può sottacersi che, in ogni caso, anche se fossero giunti alla diversa conclusione cui era pervenuto il giudice di primo grado, non sarebbero mutate le conseguenze in tema di responsabilità penale dell'odierno ricorrente. Va ricordato, infatti, che il principio di affidamento, in tema di circolazione stradale, trova un temperamento, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte di legittimità, nell'opposto principio secondo il quale l'utente della strada è responsabile anche del comportamento imprudente altrui purché questo rientri nel limite della prevedibilità cfr. ex multis le recenti Sez. 4 numero 51747 del 27/11/2019, Ripepi e 10062 del 14/2/2019, Nostrani, non massimate e le conformi Sez. 4, numero 27513 del 10/05/2017, Mulas, Rv. 269997 alla cui articolata e condivisibile motivazione si rimanda, in un caso in cui la Corte ha ritenuto immune da vizi la sentenza con la quale era stata ritenuta la responsabilità per lesioni del conducente di un ciclomotore che aveva investito un pedone mentre attraversava al di fuori delle strisce pedonali, in un tratto rettilineo ed in condizioni di piena visibilità, per la condotta di guida non idonea a prevenire la situazione di pericolo derivante dal comportamento scorretto del pedone, rischio tipico e ragionevolmente prevedibile della circolazione stradale e Sez. 4, numero 5691 del 2/2/2016, Tettamanti, Rv. 265981 . Nell'affermare il medesimo principio, con altra condivisibile pronuncia Sez. 4, numero 12260 del 9/1/2015, Moccia ed altro, Rv. 263010 , questa Corte di legittimità aveva annullato la sentenza con la quale era esclusa la responsabilità del guidatore per omicidio colposo di un pedone, il quale, sceso dalla portiera anteriore dell'autobus in sosta lungo il lato destro della carreggiata, era passato davanti all'automezzo ed era stato investito dall'imputato, che aveva rispettato il limite di velocità ma non aveva provveduto a moderarla in ragione delle condizioni spazio-temporali di guida e, segnatamente, della presenza in sosta del pullman . Peraltro, la giurisprudenza di questa Corte di legittimità ha condivisibilmente statuito, fin da tempo risalente, che il conducente il quale noti sul percorso la presenza di pedoni che tardano a scansarsi, deve rallentare la velocità e, occorrendo, anche fermarsi e ciò allo scopo di prevenire inavvertenze e indecisioni pericolose dei pedoni stessi che si presentino ragionevolmente prevedibili e probabili così questa Sez. 4 sent. 8859/1988 , in quanto la circostanza che i pedoni attraversino la strada improvvisamente o si attardino nell'attraversare costituisce un rischio tipico e quindi prevedibile della circolazione stradale. Sempre in tema di pedoni, questa Corte ha più volte affermato che, in tema di reati colposi omicidio o lesioni posti in essere nell'ambito della circolazione stradale, per escludere la responsabilità del conducente per l'investimento del pedone è necessario che la condotta di quest'ultimo si ponga come causa eccezionale ed atipica, imprevista e imprevedibile dell'evento, che sia stata da sola sufficiente a produrlo così questa Sez. 4, sent. numero 10635/2013 e, nello stesso senso sent. 33207/2013 secondo cui il conducente del veicolo va esente da responsabilità per l'investimento di un pedone quando la condotta della vittima configuri, per i suoi caratteri, una vera e propria causa eccezionale, atipica, non prevista né prevedibile, da sola sufficiente a produrre l'evento, circostanza questa configurabile ove il conducente medesimo, per motivi estranei ad ogni suo obbligo di diligenza, si sia trovato nell'oggettiva impossibilità di notare il pedone e di osservarne tempestivamente i movimenti, attuati in modo rapido, inatteso ed imprevedibile . 12. Il Collegio ritiene pienamente condivisibile il percorso motivazionale di cui alla citata sentenza 5691/2016, che ritiene pertanto opportuno ripercorrere. Il principio di affidamento - come si ricordava in quella pronuncia - costituisce applicazione del principio del rischio consentito dover continuamente tener conto delle altrui possibili violazioni della diligenza imposta avrebbe come risultato di paralizzare ogni azione, i cui effetti dipendano anche dal comportamento altrui. Al contrario, l'affidamento è in linea con la diffusa divisione e specializzazione dei compiti ed assicura il migliore adempimento delle prestazioni a ciascuno richieste. Nell'ambito della circolazione stradale tale principio è sotteso ad assicurare la regolarità della circolazione, evitando l'effetto paralizzante di dover agire prospettandosi tutte le altrui possibili trascuratezze. Il principio di affidamento, d'altra parte, sarebbe da connettere pure al carattere personale e rimproverabile della responsabilità colposa, circoscrivendo entro limiti plausibili ed umanamente esigibili l'obbligo di rapportarsi alle altrui condotte. Pertanto - come ricorda ancora la sentenza 5691/2016 - esso è stato efficacemente definito come una vera e propria pietra angolare della tipicità colposa. Pacificamente, la possibilità di fare affidamento sull'altrui diligenza viene meno quando l'agente è gravato da un obbligo di controllo o sorveglianza nei confronti di terzi o, quando, in relazione a particolari contingenze concrete, sia possibile prevedere - ed è il caso che ci occupa - che altri non si atterrà alle regole cautelari che disciplinano la sua attività. Un'analisi della costante giurisprudenza di questa Corte di legittimità in materia consente di individuarvi una tendenza, in ambito stradale, a escludere o limitare al massimo la possibilità di fare affidamento sull'altrui correttezza. In tal senso vanno lette, ad esempio, le pronunce in cui si è affermato che, poiché le norme sulla circolazione stradale impongono severi doveri di prudenza e diligenza, proprio per fare fronte a situazioni di pericolo, anche quando siano determinate da altrui comportamenti irresponsabili, la fiducia di un conducente nel fatto che altri si attengano alle prescrizioni del legislatore, se mal riposta, costituisce di per sé condotta negligente. Coerentemente con tale assunto, è stata perciò, ad esempio, confermata l'affermazione di responsabilità in un caso in cui la ricorrente aveva dedotto che, giunta con l'auto in prossimità dell'incrocio a velocità moderata e, comunque, nei limiti della norma e della segnaletica, aveva confidato che l'autista del mezzo che sopraggiungeva arrestasse la sua corsa in ossequio all'obbligo di concedere la precedenza cfr. Sez. 4, numero 4257 del 28/3/1996, Lado, Rv. 204451 . E, ancora, sulle medesime basi si è affermato, che anche nelle ipotesi in cui il semaforo verde consente la marcia, 1 automobilista deve accertarsi della eventuale presenza, anche colpevole, di pedoni che si attardino nell'attraversamento in quanto il conducente favorito dal diritto di precedenza deve comunque non abusarne, non trattandosi di un diritto assoluto e tale da consentire una condotta di guida negligente e pericolosa per gli altri utenti della strada, anche se eventualmente in colpa Sez. 4, numero 12879 del 18/10/2000, Cerato, Rv. 218473 e che l'obbligo di calcolare le altrui condotte inappropriate deve giungere sino a prevedere che il veicolo che procede in senso contrario possa improvvisamente abbagliare, e che quindi occorre procedere alla strettissima destra in modo da essere in grado, se necessario, di fermarsi immediatamente Sez. 4, numero 8359 del 19/6/1987, Chini, Rv. 176415 . 13. Come rileva, ancora, la richiamata e condivisibile sentenza 5691/2016 di questa Corte, si tratta, allora, di comprendere se l'atteggiamento rigorista abbia una giustificazione o debba essere invece temperato con l'introduzione, entro limiti ben definiti, del principio di affidamento. Senza dubbio quello della circolazione stradale è un contesto meno definito di quello del lavoro in equipe con riferimento alla colpa professionale dei medici , ove il principio in parola trova pacifica applicazione. Si configura, infatti, un'impersonale, intensa interazione che mostra frequenti violazioni delle regole di prudenza. D'altra parte, il Codice della Strada presenta norme che sembrano estendere al massimo l'obbligo di attenzione e prudenza, sino a comprendere il dovere di prospettarsi le altrui condotte irregolari. Tra questi vanno ricordati 1. l'articolo 141 C.d.S., che impone di regolare la velocità in relazione a tutte le condizioni rilevanti, in modo che sia evitato ogni pericolo per la sicurezza e di mantenere condizioni di controllo del veicolo idonee a fronteggiare ogni ostacolo prevedibile 2. l'articolo 145 C.d.S., che pone la regola della massima prudenza nell'impegnare un incrocio 3. l'articolo 191 C.d.S., che prescrive la massima prudenza nei confronti dei pedoni, sia che si trovino sugli appositi attraversamenti, sia che abbiano comunque già iniziato l'attraversamento della carreggiata. Tali norme - è stato condivisibilmente rilevato nel recente arresto giurisprudenziale di questa Corte di legittimità più volte citato, alla cui articolata motivazione si rimanda - tratteggiano obblighi di vasta portata, che riguardano anche la gestione del rischio connesso alle altrui condotte imprudenti. D'altra parte, le condotte imprudenti nell'ambito della circolazione stradale sono tanto frequenti che esse costituiscono un rischio tipico, prevedibile, da governare nei limiti del possibile. Costituisce, tuttavia, ius receptum di questa Corte, sin dalla giurisprudenza più risalente nel tempo, il principio che nell'ambito della circolazione stradale che qui interessa, si debba tenere conto degli elementi di spazio e di tempo, e di valutare se l'agente abbia avuto qualche possibilità di evitare il sinistro la prevedibilità ed evitabilità vanno cioè valutate in concreto Sez. 4, numero 14188 del 18/9/1990, Petrassi, Rv. 185559 Sez. 4, numero 6173 del 9/5/1983, Togliardi, Rv. 159688 Sez. 5, numero 6783 del 2/2/1978, Piscopo, Rv. 139204 . Successivamente questa Corte ha ripetutamente chiarito Sez. 4, numero 37606 del 6/7/2007, Rinaldi, Rv. 237050 Sez. 4, numero 12361 del 7/2/2008 Biondo, Rv. 239258 che l'esigenza della prevedibilità ed evitabilità in concreto dell'evento si pone in primo luogo e senza incertezze nella colpa generica, poiché in tale ambito la prevedibilità dell'evento ha un rilievo decisivo nella stessa individuazione della norma cautelare violata ma anche nell'ambito della colpa specifica la prevedibilità vale non solo a definire in astratto la conformazione del rischio cautelato dalla norma, ma rileva pure in relazione al profilo squisitamente soggettivo, al rimprovero personale, imponendo un'indagine rapportata alle diverse classi di agenti modello ed a tutte le specifiche contingenze del caso concreto. Certamente tale spazio valutativo è pressoché nullo nell'ambito delle norme rigide la cui inosservanza da luogo quasi automaticamente alla colpa ma nell'ambito di norme elastiche che indicano un comportamento determinabile in base a circostanze contingenti, vi è spazio per il cauto apprezzamento in ordine alla concreta prevedibilità ed evitabilità dell'esito antigiuridico da parte dell'agente modello. Non può essere escluso del tutto che contingenze particolari possano rendere la condotta inosservante non soggettivamente rimproverabile a causa, ad esempio, della imprevedibilità della condotta di guida dell'altro soggetto coinvolto nel sinistro. Tuttavia, tale ponderazione non può essere meramente ipotetica, congetturale, ma deve di necessità fondarsi su emergenze concrete e risolutive, onde evitare che l'apprezzamento in ordine alla colpa sia tutto affidato all'imponderabile soggettivismo del giudice. L'esigenza di una indagine concreta, si è pure affermato dalla giurisprudenza da ultimo indicata, non viene meno neppure quando, come nella circolazione stradale, la condotta inosservante di altri soggetti non costituisce in sé una contingenza imprevedibile, si è chiarito che lo spazio per l'apprezzamento che giunga a ritenere imprevedibile la condotta di guida inosservante dell'altro conducente è ristretto e va percorso con particolare cautela. Ciò nonostante, l'esigenza di preservare la già evocata dimensione soggettiva della colpa id est la concreta rimproverabilità della condotta ha condotto questa Corte ad enunciare che, come si è prima esposto, le particolarità del caso concreto possono dar corpo ad una condotta realmente imprevedibile. Alla prima ampia configurazione della responsabilità la giurisprudenza ha dunque costantemente apposto il limite della imprevedibilità cfr. Sez. 4, numero 41029 del 24/9/2008, Moschiano, Rv. 241476 che ha ritenuto integrare il reato di lesioni colpose la condotta del conducente di un veicolo che investa un pedone in autostrada quando quest'ultimo già si trovi sulla carreggiata nel momento in cui l'agente abbia percepito la sua presenza, atteso che in tale situazione appare prevedibile la pur imprudente intenzione dello stesso pedone di attraversare la carreggiata ed è dunque dovere del conducente porre comunque in atto le manovre necessarie ad evitare il suo investimento in motivazione la Corte ha precisato che diversamente, qualora il pedone fosse stato fermo sulla piazzola di sosta, la particolare conformazione dell'autostrada quale sede destinata al traffico veloce avrebbe consentito legittimamente al conducente di escludere l'intenzione del pedone di attraversare la carreggiata, trattandosi di comportamento in tali condizioni non prevedibile , che talvolta si è richiesto essere assoluta così Sez. 4, numero 26131 del 3/6/2008, Garzotto, Rv. 241004 che ha escluso la colpa generica del conducente dell'autovettura coinvolta in un sinistro stradale cui era seguita la morte della persona trasportata, poiché si è ritenuto che il conducente dell'altra autovettura aveva provocato imprevedibilmente l'incidente, ponendosi alla guida in stato d'etilismo acuto che non gli consentiva di controllare adeguatamente la marcia del proprio veicolo . In altra più recente pronuncia, in senso maggiormente condivisibile, si è ritenuto che le imprudenze altrui fossero ragionevolmente prevedibili così Sez. 4, numero 46818 del 25/6/2014, Nuzzolese, Rv. 261369 in una fattispecie in cui la Corte ha ritenuto circostanza prevedibile l'ingombro della carreggiata da parte di un altro veicolo in un incrocio cittadino . Va dunque, ad avviso del Collegio, riaffermato il principio che l'obbligo di moderare adeguatamente la velocità in relazione alle caratteristiche del veicolo e alle condizioni ambientali deve essere inteso nel senso che il conducente deve essere non solo sempre in grado di padroneggiare assolutamente il veicolo in ogni evenienza, ma deve anche prevedere le eventuali imprudenze altrui e tale obbligo trova il suo limite naturale unicamente nella ragionevole prevedibilità degli eventi, oltre il quale non è consentito parlare di colpa. Le norme che presiedono il comportamento del conducente del veicolo, oltre a quelle generiche di prudenza, cautela ed attenzione, sono principalmente quelle rinvenibili nell'articolo 140 C.d.S., che pone, quale principio generale informatore della circolazione, l'obbligo di comportarsi in modo da non costituire pericolo o intralcio per la circolazione ed in modo che sia in ogni caso salvaguardata la sicurezza stradale, e negli articoli seguenti, laddove si sviluppano, puntualizzano e circoscrivono le specifiche regole di condotta. Tra queste ultime, di rilievo, con riguardo al comportamento da tenere nei confronti dei pedoni, sono condivisibilmente quelle dettagliate nell'articolo 191 C.d.S., che trovano il loro pendant nel precedente articolo 190 C.d.S., che, a sua volta, dettaglia le regole comportarne tali cautelari e prudenziali che deve rispettare il pedone. Il dovere di attenzione del conducente teso all'avvistamento del pedone trova il suo parametro di riferimento oltre che nelle regole di comune e generale prudenza nel richiamato principio generale di cautela che informa la circolazione stradale e si sostanzia, essenzialmente, in tre obblighi comportamentali 1. quello di prestare attenzione alla strada dove si procede o che si sta per impegnare 2. quello di mantenere un costante controllo del veicolo in rapporto alle condizioni della strada e del traffico 3. quello, infine, di prevedere tutte quelle situazioni che la comune esperienza comprende, in modo da non costituire intralcio o pericolo per gli altri utenti della strada ed in particolare per i pedoni conferenti in tal senso appaiono i riferimenti agli arresti giurisprudenziali di questa Corte di cui a Sez. 4, 4/1/1991, Del Frate Sez. 4, 12/10/2005, Leonini Sez. 4, 13/10/2005, Tavoliere . Si tratta, come visto nella giurisprudenza in precedenza ricordata, di obblighi comportamentali posti a carico del conducente anche per la prevenzione di eventuali comportamenti irregolari dello stesso pedone, vuoi genericamente imprudenti tipico il caso del pedone che si attarda nell'attraversamento, quando il semaforo, divenuto verde, ormai consente la marcia degli automobilisti , vuoi violativi degli obblighi comportamentali specifici, dettati dall'articolo 190 C.d.S. tipico, quello dell'attraversamento della carreggiata al di fuori degli appositi attraversamenti pedonali come nel caso che ci occupa o in quello altrettanto tipico, quello dell'attraversamento stradale passando anteriormente agli autobus, filoveicoli e tram in sosta alle fermate . 14. Manifestamente infondati sono anche il quarto e quinto motivo di ricorso in punto di dosimetria della pena e di diniego delle circostanze attenuanti generiche. Per la Corte capitolina, pacifico il divieto di reformatio in peius , con conseguente irrilevanza, a tal fine, dell'esclusione del concorso di colpa della vittima, la pena irrogata dal primo giudice si reputa conforme ai criteri di cui all'articolo 133 c.p., congrua e adeguata rispetto alla rilevante gravità del fatto per cui si procede, desumibile, innanzitutto, dalle concrete estrinsecazioni della condotta delittuosa, connotate da profili di colpa non soltanto assai gravi, in quanto caratterizzati da una ragguardevole e significativa divergenza rispetto all'agire doveroso, ma anche molteplici, come sopra analiticamente enucleati, condotta attuata nel suo complesso con modalità particolarmente sconsiderate e avventate, da un ragazzo giovane e inesperto alla guida, elementi entrambi che, diversamente da quanto dedotto in sede di appello a anche in questa sede, ben potevano essere valutati e che hanno valore del tutto recessivo rispetto alla indubbia gravità del reato ed anzi connotano in termini di accentuata offensività il comportamento del P. che, a maggior ragione, avrebbe dovuto astenersi dal porsi alla guida della macchina del padre, avendo conseguito da poco la patente e non avendo maturato l'esperienza richiesta per guidare vetture della potenza di quella in oggetto. La Corte territoriale, pienamente adempiendo al proprio onere motivazionale in punto di dosimetria della pena, ha valutato anche l'entità del danno cagionato alla persona offesa, che non è solo quello che scaturisce dalla lesione del bene protetto ma anche quello derivante dalle conseguenze dannose indirette ditale lesione, che hanno coinvolto un'intera famiglia, privata improvvisamente del proprio caro, un ragazzo assai giovane, che stava uscendo da scuola in un contesto festoso. E' stato valutato sfavorevolmente a carico del P., inoltre, il comportamento tenuto nell'immediatezza del fatto. Come rilevano i giudici di appello, non risulta dagli atti redatti all'esito del tragico evento che il giovane, sebbene effettivamente rimasto sul posto, si sia reso conto della tragicità delle conseguenze del proprio comportamento, né che abbia manifestato un sincero sentimento di pentimento. E viene dato atto che neanche nel corso dell'esame svolto innanzi al Collegio territoriale i giudici hanno percepito una rivisitazione critica della propria condotta, essendo mancato un accenno compassionevole al compagno di scuola deceduto ovvero ai suoi familiari. A fronte di tali circostanze, secondo la logica motivazione del provvedimento impugnato, riveste valore recessivo lo stato di incensuratezza dell'odierno ricorrente. Immune dai proposti vizi di legittimità, infine, è la motivazione della sentenza impugnata relativa al diniego delle circostanze attenuanti generiche, per il quale la Corte capitolina ha valorizzato l'elevata offensività del fatto e della personalità del P., circostanze entrambe come desumibili dai plurimi elementi sopra diffusamente enucleati. Corretto appare il rilievo che le circostanze attenuanti generiche non possono, d'altra parte, giustificarsi esclusivamente in ragione della giovane età dell'imputato e del suo stato di incensuratezza, alla luce della valutazione che induce a considerare detti dati fattuali del tutto recessivi a fronte della gravità del reato e della mancata seria manifestazione di una qualche forma di resipiscenza ad opera del prevenuto. Il provvedimento impugnato appare collocarsi nell'alveo del costante dictum di questa Corte di legittimità, che ha più volte chiarito che, ai fini dell'assolvimento dell'obbligo della motivazione in ordine al diniego della concessione delle attenuanti generiche, non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione così Sez. 3, numero 23055 del 23/4/2013, Banic e altro, Rv. 256172, fattispecie in cui la Corte ha ritenuto giustificato il diniego delle attenuanti generiche motivato con esclusivo riferimento agli specifici e reiterati precedenti dell'imputato, nonché al suo negativo comportamento processuale . 15. Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell'articolo 616 c.p.p., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità Corte Cost. sent. numero 186 del 13.6.2000 , alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo, nonché alle rifusione alle costituite parti civili delle spese di assistenza e di rappresentanza in questo giudizio liquidate come in dispositivo. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende, nonché alla rifusione delle spese sostenute dalle costituite parti civili G.M., C.A. e G.E. che liquida in complessivi Euro quattromilaottocento oltre accessori come per legge.