Rimessa alle SS.UU. la determinazione del perimetro entro il quale deve muoversi il giudizio di Cassazione

Deve essere rimessa al Primo Presidente della Cassazione per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite la questione circa l’ambito della censura ex artt. 115 e 116 c.p.c., onde evitare di ammettere innanzi alle Sezioni Civili della Corte di Cassazione un controllo sul giudizio di fatto e sulle prove addirittura più ampio di quello previsto nel procedimento penale, nel quale non esiste il rimedio della revocazione.

Il caso. La Corte di appello di Roma, confermando la pronuncia di primo grado, rigettava l'opposizione proposta da una società avverso l'intimazione di pagamento notificatale dall'Agenzia delle Entrate rispetto a tre cartelle esattoriali non tempestivamente opposte. Ad avviso dei Giudici di merito, per quel che qui rileva, non poteva infatti essere accolta l'eccezione di intervenuta prescrizione formulata dall'appellante, poiché interrotta da talune intimazioni di pagamento notificate nell'anno 2012 presso l'allora sede dell'appellante. Contro tale pronuncia la società ricorreva alla Corte di Cassazione, articolando vari motivi. Le doglianze della ricorrente. In particolare, ed in sintesi, la ricorrente si doleva della violazione da parte della Corte di merito dell' art. 116 c.p.c. , per avere quest'ultima apoditticamente ritenuto esistente la prova della correttezza della notifica delle summenzionate intimazioni di pagamento quando invece, sulla base dell' unica visura camerale realmente acquisita agli atti , all'epoca dei fatti la sede della società si trovava in luogo diverso da quello in cui era avvenuta la notifica. Il travisamento della prova nell'attuale contesto normativo. La Corte, nell'affrontare il tema posto alla sua attenzione, rileva preliminarmente come i Giudici di merito avessero dato atto, nel loro percorso argomentativo, del deposito da parte dell'Agenzia delle entrate delle visure da cui risultava la correttezza dell'indirizzo a cui erano state notificate le intimazioni di pagamento. Per l'effetto, prosegue la Corte, anche alla luce del disposto dell' art. 348 ter c.p.c. la questione nodale sottoposta al suo vaglio è quella del travisamento della prova documentale posta sia nel primo che nel secondo motivo . Censura questa alla quale, storicamente, è sempre stato negato l'accesso al giudizio di legittimità salvo il caso che avesse dato luogo ad un difetto di motivazione su un punto decisivo della controversia, ossia su un elemento della fattispecie che, se esaminato, avrebbe potuto determinare una diversa soluzione della causa [ ] non senza precisare che, ai fini della censura, non si dà differenza alcuna fra travisamento del fatto e travisamento delle prove e specialmente che l'errore può rilevare in quanto errore di giudizio, diversamente soccorrendo il rimedio della revocazione . Errore di giudizio ed errore di percezione del Giudice le differenze. In particolare, prosegue la Corte, il vizio di motivazione di cui all' art. 360, n. 5, c.p.c. presuppone che il Giudice di merito dopo aver percepito un fatto di causa negli esatti termini materiali in cui è stato prospettato dalla parte, abbia omesso di valutarlo o lo abbia valutato in modo insufficiente o illogico , mentre si è di fronte ad un errore di percezione quando l'omessa valutazione sia dipesa da una falsa percezione della realtà , nel senso che il giudice, per una svista, abbia ritenuto inesistente un fatto o un documento la cui esistenza risulti incontestabilmente accertata dagli stessi atti di causa errore, quest'ultimo, ricorribile solo per revocazione ex art. 395, n. 4, c.p.c. I contrasti nella giurisprudenza di legittimità. La suesposta posizione, prosegue la Cassazione, è stata recepita ancora in epoca recente da Cass. n. 24395/2020 , la quale ha anche ritenuto che il travisamento della prova, nella misura in cui presuppone la constatazione di un errore di percezione o ricezione della prova da parte del giudice di merito, può essere, se del caso, denunciabile solo per revocazione [ ] mentre, se è frutto di un errore di giudizio , non è più deducibile a seguito della novella apportata all' art. 360 n. 5 c.p.c. , [ ] che [ ] ha reso inammissibile la censura per insufficienza o contraddittorietà della motivazione [ .] . Orientamento tuttavia disatteso tra le altre da Cass. n. 12971/2022 , secondo la quale esso condurrebbe ad esiti non agevolmente conciliabili con il principio che, attraverso il disposto di cui all' art. 115 c.p.c. , impone al giudice di porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti dal momento che una simile decisione [di merito], proprio in quanto utilizza [ .] i fatti probatori travisati su cui la stessa è fondata e sui quali le parti hanno avuto modo di discutere sfuggirebbe tanto all'ambito di applicabilità dell' art. 360 n. 5 c.p.c. trattandosi di fatti il cui esame non fu omesso , quanto al limitato spazio di incidenza del l'estremo rimedio di cui all' art. 395 n. 4 c.p.c. trattandosi di un fatto su cui il giudice si è espressamente pronunciato , finendo con consolidare [ ] un'inemendabile forma di patente illegittimità della decisione . Il rinvio al primo Presidente. Un contrasto, quello ora ermeticamente sintetizzato, il cui rilievo è del tutto evidente poiché non pare al Collegio che un tale modo di rimediare alla supposta illegittimità o ingiustizia di una decisione di merito possa preservare questa Corte di legittimità dal rischio, in progresso di tempo, di scivolare verso una inconsapevole trasformazione in un tribunale di terza istanza [ .] un esito del genere si porrebbe diametralmente in contrasto non solo con la lettera, ma vieppiù con l'intenzione del legislatore e per la soluzione del quale la Corte richiede, appunto, una valutazione a Sezioni Unite.

Presidente Berrino Relatore Cavallaro Rilevato in fatto che, con sentenza depositata il 29.10.2019, la Corte d'appello di Roma ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva rigettato l'opposizione proposta da M. s.r.l. avverso l'intimazione di pagamento notificatale in riferimento a tre cartelle esattoriali notificatele in precedenza e non tempestivamente opposte che i giudici territoriali, in particolare, hanno ritenuto che l'eccepita prescrizione sarebbe stata interrotta dalla notifica di precedenti intimazioni di pagamento avvenute nel 2012 e hanno reputato l'idoneità all'uopo di queste ultime in relazione al luogo in cui era avvenuta la notifica, identificato come la sede pro tempore della società appellante che avverso tale pronuncia M. s.r.l. ha proposto ricorso per cassazione, deducendo cinque motivi di censura, successivamente illustrati con memoria che l'Agenzia delle Entrate-Riscossione ha resistito con controricorso, mentre l'INPS ha depositato delega in calce al ricorso notificatogli che la causa, a seguito di infruttuosa trattazione camerale, è stata rinviata alla pubblica udienza con ordinanza del 28.10.2022 che il Pubblico ministero ha depositato conclusioni scritte con le quali ha chiesto il rigetto del ricorso che, in vista dell'udienza pubblica, parte ricorrente ha depositato ulteriore memoria. Considerato in diritto che, con il primo motivo, la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell' art. 116 c.p.c. e omesso esame circa un fatto decisivo per avere la Corte di merito travisato il contenuto e la valenza delle ricevute di consegna prodotte dall'agente della riscossione e per non aver rilevato che esse non contenevano alcun elemento che indicasse la loro afferenza alle intimazioni di pagamento, nonché violazione della Cost., art. 111, comma 6, per avere i giudici affermato l'afferenza di tali ricevute alle intimazioni di pagamento senza rassegnare idonea motivazione che, con il secondo motivo, la ricorrente lamenta violazione dell' art. 116 c.p.c. e omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio per avere i giudici territoriali travisato il contenuto degli stralci di visura camerale riprodotti dall'agente della riscossione nel corpo della memoria di costituzione in primo grado e non aver considerato che l'unica visura camerale realmente acquisita agli atti, che essa stessa aveva prodotto, attestava invece che, all'epoca della notifica delle intimazioni di pagamento di cui al primo motivo, la sua sede legale era in Omissis , con data di iscrizione 12.2.2008, e non invece come pretesamente risultante dagli stralci cit. in Omissis , ed altresì violazione della Cost., art. 111, comma 6, per avere i giudici affermato quanto anzidetto senza rendere idonea motivazione che, con il terzo motivo, la ricorrente si duole di violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1972, artt. 60, 26, D.P.R. n. 602 del 1973 , e l. n. 890 del 1982 , 7, comma 6, per avere la Corte di merito ritenuto, sulla scorta dell'avvenuta identificazione della sede legale in Omissis , che la notifica sarebbe avvenuta regolarmente a mani di persona che poteva presumersi addetto alla ricezione della posta, di talché non sarebbe stato necessario l'invio di ulteriore raccomandata informativa che, con il quarto motivo, la ricorrente deduce violazione dell' art. 116 c.p.c. e omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio per avere i giudici territoriali travisato il contenuto della produzione documentale dell'agente della riscossione e per non aver considerato che l'ufficiale notificatore aveva comunque attestato nelle relate di notifica delle intimazioni di pagamento di aver consegnato gli atti in assenza del destinatario e di aver conseguentemente inviato apposita raccomandata informativa di cui però non era stato prodotto alcun avviso di ricevimento, ed altresì violazione della v, art. 111, comma 6, per avere la Corte di merito ritenuto che potesse in specie farsi ricorso alla presunzione che gli atti fossero stati che, con il quinto motivo, la ricorrente si duole di omesso esame circa un fatto decisivo, per non avere i giudici di merito ritenuto inesistente e non provata la notifica a mezzo PEC di un'ulteriore intimazione di pagamento nel 2016, nonostante che l'agente della riscossione non avesse prodotto alcuna ricevuta di accettazione né di consegna che, com'e' agevole evincere dalla lettura della sentenza impugnata, le censure anzidette ripropongono sostanzialmente i motivi di gravame già scrutinati dalla Corte territoriale che, al riguardo, i giudici di merito, dopo aver dato atto che l'Agenzia delle entrate-riscossione ha depositato le visure da cui risulta che al momento delle notifiche, nel 2012, la sede legale della società era proprio Omissis e aver quindi ritenuto la regolarità delle notifiche perché effettuate presso la sede sociale e consegnate ad un addetto alla sede senza la necessità della successiva raccomandata , hanno precisato che ai fini della regolarità della notificazione di atti ad una persona giuridica, ex art. 145 c.p.c., qualora dalla relazione dell'ufficiale giudiziario o postale risulti nella sede legale o effettiva la presenza di una persona all'interno dei relativi locali, è da presumere che tale persona fosse addetta alla ricezione degli atti diretti alla persona giuridica medesima, senza che il notificatore debba accertarsi della sua effettiva condizione, laddove l'ente, per vincere la presunzione in parola, ha l'onere di provare la mancanza dei presupposti per la valida effettuazione del procedimento notificatorio , citando a proprio sostegno Cass. n. 13954 del 2017 che, coerentemente con tale premessa in fatto, i giudic territoriali hanno ritenuto non solo l'irrilevanza dell'individuazione della persona che materialmente ha curato il ritiro dei plichi, ma altresì l'assorbimento dell'ultimo motivo d'appello, relativo alla notifica dell'avviso di intimazione del 6.9.2016 docomma poiché, una volta accertata la regolarità delle notifiche del 2012 di giugno e settembre , non sono comunque trascorsi cinque anni da tali notifiche a quella dell'intimazione opposta, perfezionata in data 25.1.2017 che, non potendo dubitarsi che tale motivazione anche alla luce della presunzione di ordine generale secondo cui la consegna del plico al domicilio del destinatario risultante dall'avviso di ricevimento fa presumere, ai sensi dell' art. 1335 c.c. , la conoscenza dell'atto da parte del destinatario, il quale, ove deduca che il plico non conteneva alcun atto o che lo stesso era diverso da quello che si assume spedito, è onerato della relativa prova così, tra le più recenti, Cass. nn. 16258 del 2018 e 237 del 2021 , integri appieno il requisito di cui all'art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c., anche ai fini del rispetto dell'obbligo di cui alla Cost., art. 111, comma 6, e dovendo le censure di omesso esame circa un fatto decisivo ritenersi precluse dal divieto di cui all'ultimo comma dell' art. 348-ter, c.p.c. , resta da esaminare la questione del travisamento della prova documentale posta sia nel primo che nel secondo motivo che, al riguardo, va premesso che, nel vigore del nuovo codice di procedura civile e specialmente della novella apportata dalla l. n. 581 del 1950, art. 41, all'originaria formulazione del n. 5 dell' art. 360 c.p.c. , la giurisprudenza di questa Corte è stata assolutamente ferma nel negare che la censura di travisamento dei fatti potesse avere ingresso nel giudizio di legittimità, salvo il caso che avesse dato luogo ad un difetto di motivazione su un punto decisivo della controversia, ossia su un elemento della fattispecie che, se esaminato, avrebbe potuto determinare una diversa soluzione della causa così, espressamente, Cass. n. 222 del 1962, sulla scorta di Cass. nn. 4333 del 1957 e 1160 del 1958 nello stesso senso, tra le numerosissime successive conformi, v. Cass. nn. 469 del 1965, 1534 del 1970, 2131 del 1974 , 4765 del 1979 , 2174 del 1982 , nonché, tra le più recenti, Cass. nn. 1427 del 2005 , 19921 del 2012 e 4893 del 2016 , non senza precisare che, ai fini della censura, non si dà differenza alcuna fra travisamento del fatto e travisamento delle prove così già Cass. n. 1536 del 1968 e specialmente che l'errore può rilevare in quanto errore di giudizio, diversamente soccorrendo il rimedio della revocazione in termini, Cass. S.U. n. 1412 del 1966 nello stesso senso, ex multis, Cass. nn. 1760 del 1972, 830 del 1979 , 2465 del 1981 , 3405 del 1986 , 6086 del 1991 , 6038 del 1995 , 1195 del 2000 , 10475 del 2001 , 15672 del 2005 , 17057 del 2007 , 7772 del 2012 che, in particolare, il nesso di reciproca esclusione tra l'errore di giudizio e l'errore di percezione del giudice di merito è stato perspicuamente tratteggiato da Cass. n. 15672 del 2005 , dianzi cit., secondo la quale il vizio di motivazione denunziabile ai sensi dell' art. 360 c.p.c. , n. 5 postula che il giudice di merito abbia formulato un apprezzamento, nel senso che, dopo aver percepito un fatto di causa negli esatti termini materiali in cui è stato prospettato dalla parte, abbia omesso di valutarlo o lo abbia valutato in modo insufficiente o illogico, mentre quando l'omessa valutazione sia dipesa da una falsa percezione della realtà, nel senso che il giudice, per una svista, abbia ritenuto inesistente un fatto o un documento la cui esistenza risulti incontestabilmente accertata dagli stessi atti di causa, è configurabile un errore di fatto deducibile esclusivamente con l'impugnazione per revocazione ai sensi dell' art. 395, n. 4, c.p.c. che tali arresti sono stati integralmente recepiti da questa Corte anche in tempi recenti e con riguardo alla formulazione dell' art. 360 c.p.c. , n. 5 introdotta dal D.L. n. 83 del 2012 art. 54, conv. con l. n. 134 del 2012 , essendosi ritenuto che il travisamento della prova, nella misura in cui presuppone la constatazione di un errore di percezione o ricezione della prova da parte del giudice di merito, può essere, se del caso, denunciabile solo per revocazione, ex art. 395 n. 4 c.p.c. , mentre, se è frutto di un errore di giudizio, non è più deducibile a seguito della novella apportata all' art. 360 c.p.c. , n. 5, già cit., che - come chiarito da Cass. S.U. n. 8053 del 2014 - ha reso inammissibile la censura per insufficienza o contraddittorietà della motivazione, sicché a fortiori se ne deve escludere la censurabilità in caso di c.d. doppia conforme , stante la preclusione di cui all' art. 348-ter, ultimo comma, c.p.c. così Cass. n. 24395 del 2020 che in tale ultima sentenza si è inoltre ribadito contro il diverso avviso espresso in particolare da Cass. nn. 9356 del 2017 e 27033 del 2018 che la censura di travisamento della prova non è deducibile nemmeno sub specie di violazione dell'art. 115 c.p.c., anche qui conformemente a un consolidato orientamento di legittimità che, nell'escludere che il principio secondo cui il giudice deve decidere iuxta alligata et probata possa dirsi violato quando le prove siano state valutate in un modo piuttosto che in un altro in tal senso, proprio con riguardo alla possibilità di dedurre per tal via il travisamento, si veda già Cass. n. 2093 del 1971 , circoscrive la censura di violazione dell'art. 115 c.p.c. all'eventualità che il giudice di merito abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti o disposte d'ufficio al di fuori dei limiti legali, ovvero abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, o abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione cfr., fra le più recenti, Cass. nn. 27000 del 2016 , 4699 e 26769 del 2018 , 1229 del 2019 , nonché, da ult., Cass. S.U. n. 20867 del 2020 che all'orientamento espresso da Cass. n. 24395 del 2020 , cit., hanno dato continuità, tra le numerose, Cass. nn. 6095, 8849, 9738, 18435, 18809, 27001, 28029, 29002, 34210, 40651 e 40726 del 2021 , nonché Cass. nn. 11374, 12601, 14759, 15777, 24693, 28373, 34479, 35483, 35929, 36662 e 38104 del 2022 , e da ult. Cass. nn. 3581 e 5807 del 2023 che, nondimeno, tale soluzione è stata espressamente disattesa da Cass. n. 12971 del 2022 , che - nel criticare l'approdo anzidetto - ha rilevato come esso condurrebbe ad esiti non agevolmente conciliabili con il principio che, attraverso il disposto di cui all'art. 115 c.p.c., impone al giudice di porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti , dal momento che una simile decisione di merito, n. d.e. , proprio in quanto utilizza e dunque non trascura i fatti probatori travisati su cui la stessa è fondata e sui quali le parti hanno avuto modo di discutere - sfuggirebbe tanto all'ambito di applicabilità dell' art. 360 c.p.c. , n. 5 trattandosi di fatti il cui esame non fu omesso , quanto al limitato spazio di incidenza del l'estremo rimedio di cui all' art. 395 n. 4 c.p.c. trattandosi di un fatto su cui il giudice si è espressamente pronunciato , finendo con consolidare un'inemendabile forma di patente illegittimità della decisione che, sulla scorta di tale premessa, Cass. n. 12971 del 2022 , cit., ha reputato di poter distinguere il caso in cui il giudice di merito abbia effettivamente selezionato una specifica informazione tra quelle astrattamente ricavabili dal mezzo di prova acquisito agli atti dal caso in cui, invece, la sua decisione si basi su un'informazione che è impossibile ricondurre al mezzo di prova da cui il giudice pretende di averla derivata, e ha conclusivamente affermato che, mentre il primo caso rientrerebbe nell'errore nella valutazione dei mezzi di prova, non censurabile in questa sede di legittimità, il secondo ben potrebbe essere dedotto ex art. 360 c.p.c. , n. 4 sub specie di violazione dell'art. 115 c.p.c., purché il ricorrente assolva al duplice onere di prospettare l'assoluta impossibilità logica di ricavare dagli elementi probatori acquisiti i contenuti informativi individuati dal giudice e di specificare come la sottrazione al giudizio di detti contenuti avrebbe condotto a una decisione diversa non già in termini di mera probabilità, bensì di assoluta certezza che tali convincimenti sono stati successivamente ribaditi, tra le altre, da Cass. n. 13918 del 2022 e sia pure con un percorso argomentativo solo in parte sovrapponibile da Cass. n. 37382 del 2022 che, a parere del Collegio, nessuno degli anzidetti argomenti appare idoneo a rivedere l'orientamento che, su un piano logico e concettuale, non sembra potersi dare alcuna terza possibilità tra l'errore di percezione circa il contenuto oggettivo della prova e l'errore nella valutazione della prova stessa, atteso che o l'errore nasce in conseguenza di una svista, che porta il giudice a dare per acquisito un contenuto informativo la cui verità è incontrastabilmente esclusa dagli atti del processo o a darlo per inesistente quando invece è incontrastabilmente affermato , oppure nasce in virtù di un giudizio, che può concernere sia il contenuto oggettivo della prova ossia il demonstratum che la sua idoneità o meno a provare il fatto controverso il demonstrandum che, tanto premesso, appare evidente che l'eventualità postulata da Cass. n. 12971 del 2022 , cit., circa una decisione di merito che sia basata su prove che, pur riferendosi a fonti che appartengono al processo , si sostanziano nella elaborazione di contenuti informativi che a dette fonti in nessun modo si lasciano ricondurre, neppure in via indiretta o mediata, ossia di informazioni probatorie delle quali risulti preclusa alcuna possibile o immaginabile connessione significativa con le fonti o i mezzi di prova cui il giudice ha viceversa inteso riferirle , può essere ascrivibile o ad un errore di percezione del giudice di merito oppure ad un suo errore di giudizio che - diversamente da quanto previsto per il processo penale - la rilevanza dell'errore di percezione è considerata dall'ordinamento processuale civile solo in tema di revocazione ex art. 395 n. 4 c.p.c. , dal momento che la sua occorrenza, avendo portato il giudice ad affermare o supporre l'esistenza di un fatto decisivo incontestabilmente escluso oppure l'inesistenza di un fatto positivamente accertato dagli atti o documenti di causa, esclude in radice che su quel dato fatto si sia reso un effettivo giudizio cfr., fra le numerose, Cass. S.U. n. 1178 del 2000, nonché Cass. nn. 22171 del 2010 , 442 del 2018 e 24395 del 2020 , cit. che, proprio in ragione del carattere soltanto percettivo e non già valutativo dell'errore ex art. 395 n. 4 c.p.c. , questa Corte ha costantemente escluso che sussista per i magistrati che abbiano pronunciato la sentenza impugnata per revocazione alcuna incompatibilità a partecipare alla decisione sulla domanda di revocazione, ben potendo l'errore percettivo essere riparato anche dallo stesso giudice o collegio giudicante così, tra le numerose, Cass. nn. 2222 del 1987 , 19498 del 2006 , 23498 del 2017 e, da ult., 24077 del 2021 che, per contro, quando l'errore commesso dal giudice nell'attribuire un significato piuttosto che un altro ad una data fonte di prova ovvero nell'attribuirle valore ai fini del demonstrandum è frutto di giudizio e lo sarà, anzitutto, quando quel significato o quella idoneità sono controversi tra le parti , esso può essere oggetto d'impugnazione solo in quanto la legge processuale ammette la censura dell'errore di giudizio e dunque, nell'ambito del giudizio di legittimità, nei limiti di cui all' art. 360 c.p.c. , n. 5 che - come già rilevato da Cass. n. 24395 del 2020 , cit. - la possibilità di configurare un errore di percezione su un fatto controverso postula invece implicitamente ma inevitabilmente che ci possano essere prove chiare e, più ancora, che possa esistere processualmente un fatto distinto dal giudizio di fatto, cioè al di fuori della sola interpretazione giuridicamente rilevante delle prove e dellaN loro idoneità o meno a dimostrare i fatti controversi, che per costante giurisprudenza di questa Corte è attribuita al giudice di merito che la riprova può cogliersi precisamente in Cass. n. 37382 del 2022 , cit., che - diversamente dalle fattispecie decise da Cass. nn. 12971 e 13918 del 2022 - ha ritenuto che la verifica dell'inesistenza di una qualsivoglia, reale connessione giuridicamente significativa del singolo dato probatorio, ritenuto in concreto decisivo, con l'elemento o con il mezzo di prova dal quale il giudice ha inteso ricavarlo , dovesse dare in quel caso esito positivo, salvo che, nel rilevare l' errore di percezione dei giudici di merito, che avrebbe portato a fraintendere l'oggettivo contenuto delle prove documentali , ha reputato che un progetto architettonico, che tanto in primo grado che in sede di gravame era stato ritenuto privo di alcuna previsione circa gli elementi idonei a consentire il regolare e corretto deflusso delle acque di risulta di una piscina, ne fosse viceversa provvisto cfr. Cass. n. 37382 del 2022 , cit., in motivazione che, non dissimilmente, già Cass. n. 9356 del 2017 , parimenti cit., in una vicenda in cui i giudici territoriali avevano escluso il diritto al risarcimento dei danni sul presupposto che l'immobile asseritamente danneggiato si trovasse in cattivo stato già prima dei fatti, traendone la prova da alcune fotografie allegate agli atti, ha proceduto direttamente all'esame degli atti, consentito a questa Corte dalla natura del vizio denunciato , rilevando che tutte le foto allegate agli atti, e relative allo stato dell'opera prima del danneggiamento, evidenziano un immobile in normale stato di conservazione, non certo in stato di vetustà e cattiva conservazione, come affermato dalla Corte d'appello a p. 18 della propria decisione cfr. Cass. n. 9356 del 2017 , in motivazione che appare evidente come, in entrambi i casi, l'ambito della censura ex artt. 115 e 116 c.p.c. sia stato ampliato ben al di là del rigoroso perimetro di legittimità da ult. ribadito dalle Sezioni Unite di questa Corte con la già citata pronuncia n. 20867 del 2020 che appare altresì evidente come, tramite l'anzidetta interpretazione dell'art. 115 c.p.c., si finirebbe paradossalmente per ammettere, innanzi alle Sezioni civili di questa Corte, un controllo sul giudizio di fatto e sulle prove perfino più ampio di quanto non sia ammissibile in sede penale, dove invece non esiste il rimedio della revocazione e, in caso di cosiddetta doppia conforme , il vizio del travisamento della prova per utilizzazione di un'informazione inesistente nel materiale processuale può essere dedotto, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. e , c.p.p., solo nel caso in cui il ricorrente rappresenti che il dato probatorio asseritamente travisato è stato per la prima volta introdotto come oggetto di valutazione nella motivazione del provvedimento di secondo grado cfr. da ult. Cass. pen. 45537 del 2022, sulla scorta di numerosissime precedenti conformi che non pare al Collegio che un tale modo di rimediare alla supposta illegittimità o ingiustizia di una decisione di merito possa preservare questa Corte di legittimità dal rischio, in progresso di tempo, di scivolare verso una inconsapevole trasformazione in un tribunale di terza istanza che un esito del genere si porrebbe diametralmente in contrasto non solo con la lettera, ma vieppiù con l'intenzione che il legislatore ha trasfuso nella novella più volte cit. dell'art. 360 c.p.c., n. 5, per come ricostruita da Cass. S.U. n. 8053 del 2014 che, perdurando il contrasto tra le Sezioni e trattandosi di questione di massima di particolare importanza, reputa il Collegio di dover rimettere la causa alla Prima Presidente di questa Corte per l'eventuale assegnazione alle Sezioni Unite. P.Q.M. La Corte rimette la causa alla Prima Presidente per l'eventuale assegnazione alle Sezioni Unite.