La morte della parte dopo la notificazione dell'atto introduttivo del giudizio ma prima della scadenza del termine per la costituzione comporta l'automatica interruzione del processo, a prescindere sia dalla conoscenza che dell'evento abbiano avuto l'altra parte o il giudice, sia da qualsiasi attività diretta a determinarla, giacché l'effettiva conoscenza dell'evento interruttivo rileva ai soli fini della decorrenza del termine per la riassunzione.
Nell'ambito di un procedimento relativo all'accertamento della proprietà di alcuni terreni, ci si trova di fronte al decesso di uno dei litisconsorti necessari successivamente alla notifica dell'atto di appello ma prima della scadenza del termine per la costituzione in giudizio. La Corte d'Appello ha dunque ad integrare il contraddittorio nei confronti della curatela dell'eredità giacente, posto che tutti i chiamati hanno rinunciato all'eredità. Pronunciandosi su tale profilo, la Cassazione, essendo stata dedotta in sede di legittimità la falsa applicazione dell'articolo 331 c.p.c., ritiene che il giudizio doveva essere considerato automaticamente interrotto a prescindere dalla conoscenza dell'evento interruttivo da parte del giudice o delle altre parti. Una volta che di tale evento fosse stata acquisita legale conoscenza, «la Corte territoriale non avrebbe dovuto attivare il meccanismo di cui all'articolo 331 c.p.c. -non aprendosi spazio per la sua applicazione in virtù dell'esistenza di una pluralità di eredi, avendo i chiamati all'eredità tutti rinunciato alla stessa ma avrebbe dovuto, semmai, verificare il maturarsi di una vicenda di prosecuzione o riassunzione entro il termine decorrente dalla suddetta legale conoscenza, peraltro dando ulteriormente applicazione al principio per cui il termine perentorio previsto dall'articolo 305 c.p.c., è riferibile solo al deposito del ricorso nella cancelleria del giudice e non alla successiva fase di notifica della riassunzione, in ordine alla quale, invece, viene a valere il principio per cui il vizio o la mancanza della notifica impongono al giudice di ordinarne la rinnovazione in applicazione analogica dell'articolo 291 c.p.c. entro un termine perentorio, il cui mancato rispetto determina l'estinzione del giudizio ai sensi del combinato disposto degli articolo 291, ultimo comma, e 307, terzo comma, c.p.c.». In conclusione, viene cristallizzato il principio di diritto secondo cui «l'articolo 299 c.p.c. è applicabile anche nel giudizio di appello e, la morte della parte che si sia verificata dopo la notificazione dell'atto introduttivo del giudizio ma prima della scadenza del termine per la costituzione comporta l'automatica interruzione del processo, a prescindere sia dalla conoscenza che dell'evento abbiano avuto l'altra parte o il giudice, sia da qualsiasi attività diretta a determinarla, giacché l'effettiva conoscenza dell'evento interruttivo rileva ai soli fini della decorrenza del termine per la riassunzione. Ne consegue che, anche qualora l'evento interruttivo abbia colpito una parte avente la veste di litisconsorte necessario processuale, il giudizio deve essere riassunto o proseguito nel termine di cui all'articolo 305 c.p.c. e non nelle forme di cui all'articolo 331 c.p.c. operante invece nei casi in cui, a fronte di una pluralità di eredi della parte deceduta, almeno uno di tali eredi si sia già costituito in giudizio e che il vizio o la mancata tempestiva notificazione dell'atto di riassunzione, volta a garantire il corretto ripristino del contraddittorio, impongono al giudice di ordinarne la rinnovazione in applicazione analogica dell'articolo 291 c.p.c. entro un termine perentorio, il cui mancato rispetto determina l'estinzione del giudizio ai sensi del combinato disposto degli articolo 291, ultimo comma, e 307, comma 3, c.p.c.». Spetterà dunque al giudice del rinvio verificare se ed in quale momento, nel corso del giudizio, sia stata acquisita conoscenza legale del decesso della parte.
Presidente D'Ascola Relatore Rolfi Fatti di causa 1. Con citazione del 20 ottobre 1972, V.G., V.V., V.M. e M.B.M., nella veste di eredi di VI.GI., citarono, innanzi il Tribunale di Vibo Valentia, S.A. e SA.AN Gli attori, premesso di essere proprietari esclusivi pro indiviso dei fondi Omissis e Omissis riportati al Catasto dei terreni del Comune di Omissis al foglio Omissis , particolo lle Omissis , Omissis e Omissis , e lamentando che tale terreno era abusivamente occupato dai convenuti, chiesero, previo accertamento del proprio diritto di proprietà, la condanna dei convenuti medesimi al rilascio dei terreni nonché alla eliminazione delle costruzioni realizzate sui terreni stessi -consistenti in un complesso turistico oltre al riconoscimento dei danni da illegittima occupazione. I convenuti, costituitisi resistendo alla domanda, chiesero ed ottennero l'autorizzazione a chiamare in giudizio il Demanio dello Stato, per essere dal medesimo manlevati, essendosi resi acquirenti presso quest'ultimo di parte dei terreni oggetto della domanda. 2. Costituitasi l'Amministrazione Finanziaria dello Stato e dichiarata l'incompetenza del Tribunale di Vibo Valentia a favore del Tribunale di Catanzaro, alla controversia in tal modo riassunta innanzi al giudice dichiarato competente venne riunita quella separatamente proposta dalla stessa Amministrazione Finanziaria nei confronti dei convenuti, avente ad oggetto la rivendica delle particolo lle Omissis e Omissis . Nel corso del giudizio intervenne la società Omissis Spa quale nuova titolare del complesso turistico, conferitole in data 20 dicembre 1984 da parte di S.A. e A.A.M 2. Dopo la riassunzione del giudizio -interrottosi a seguito del decesso sia di SA.AN. sia dei procuratori di S.A. il Tribunale di Catanzaro, con sentenza parziale numero 1794 del 3 settembre 2013, nei procedimenti riuniti R.G. 653/1979 e 116/81 R.G. accolse la domanda principale, qualificata come petizione ereditaria ex articolo 533 c.c. dichiarò gli attori proprietari esclusivi pro indiviso dei fondi riportati al Catasto dei terreni del Comune di Omissis al foglio 1, particolo lle Omissis , Omissis e Omissis condannò in solido i convenuti, ad eccezione del Ministero dell'Economia e Finanza così, testualmente, la narrativa della decisione impugnata nella presente sede , al rilascio dei fondi, alla rimozione a loro spese delle opere esistenti, nonché al risarcimento del danno cagionato dall'occupazione sine titulo dei fondi, da quantificarsi in prosieguo di giudizio accolse la domanda di garanzia formulata dai convenuti, condannando il Ministero dell'Economia e delle Finanze a garantire il convenuto S.A. per l'evizione subita e quindi a restituire al convenuto medesimo il prezzo di acquisto del bene oggetto di causa con interessi e rivalutazione nonché a rimborsare lo stesso convenuto di tutte le spese necessarie ed utili sostenute per la cosa rigettò le ulteriori domande riconvenzionali formulate dai convenuti S. -e fatte proprie dalla intervenuta Omissis S.p.A. di usucapione abbreviata in relazione alla particolo 71 e di usucapione ordinaria in relazione alle particolo 89 e 81 nonché la domanda di riconoscimento della proprietà ex articolo 938 c.c. formulata dal solo S.A. ? respinse le domande proposte dal Ministero dell'Economia e Finanze nei confronti di S.A 3. La sentenza non definitiva venne separatamente appellata da S.A., dagli eredi di SA.AN. e dalla Omissis S.p.A., subentrata in virtù di una serie di passaggi di proprietà alla Omissis S.p.A Riuniti i procedimenti di gravame R.G. 1206/2014 1253/2014 e 1296/2014, e successivamente interrotto il giudizio di appello a seguito della dichiarazione di morte di S.A., la Corte d'appello di Catanzaro, con sentenza 855/2021, dichiarò inammissibili ex articolo 331, comma 2, c.p.c. gli appelli per omessa integrazione del contraddittorio nel termine perentorio assegnato dalla Corte medesima. 4. Proseguito, intanto, il giudizio di primo grado, il Tribunale di Catanzaro con sentenza definitiva numero 210 del 15 febbraio 2016, accertò e liquidò il risarcimento dei danni spettante agli attori nella misura di Euro 11.151.116, condannando al pagamento di tale somma in solido non solo i convenuti ma anche il Ministero dell'Economia e delle Finanze, in apparente contraddizione con l'esclusione, pronunciata nella sentenza non definitiva, del Ministero medesimo dai soggetti tenuti al risarcimento del danno così, testualmente, sempre la decisione impugnata nella presente sede . 5. A seguito di impugnazione principale proposta dal Ministero dell'Economia e delle Finanze e dall'Agenzia del Demanio quale soggetto subentrato ex D.P.R. numero 107/2001, articolo 20, nei rapporti giuridici attivi e passivi del Ministero dell'Economia e delle Finanze nonché di impugnazione incidentale proposta da V.M., la Corte di Appello di Catanzaro, con sentenza numero 994, pubblicata il 6 luglio 2021, dichiarata, in via preliminare, la contumacia della Curatela del Fallimento della Omissis s.r.l. già Omissis S.p.A. , dichiarò inammissibili sia l'appello principale sia quello incidentale per tardiva integrazione del contraddittorio ai sensi dell'articolo 331, comma 2, c.p.c La Corte, infatti, richiamò l'ordinanza resa all'udienza del 10 settembre 2020, con la quale era stata ordinata entro il 30 settembre 2020 sia la integrazione del contraddittorio nei confronti della Curatela dell'eredità giacente di S.A. sia la rinnovazione della notifica dell'appello incidentale nei confronti di D.L., osservando che l'unica parte attivatasi per effettuare la notifica nei confronti della Curatela era stata l'Avvocatura dello Stato, per conto dell'Agenzia del Demanio, ma che l'atto era stato consegnato per la notifica all'Ufficiale Giudiziario soltanto il 20 ottobre 2020, ben oltre la scadenza del 30 settembre 2020. La Corte, quindi, osservò che la Curatela dell'eredità giacente di S.A. era da qualificarsi come litisconsorte necessario essendo legittimata attivamente e passivamente ai sensi dell'articolo 529 c.c. in tutte le cause che riguardano l'eredità medesima dovendosi intendere il termine ex articolo 331, comma 2, c.p.c. come termine perentorio, la mancata o tardiva integrazione del contraddittorio comportava la inammissibilità dell'appello e poteva essere rilevata d'ufficio, dovendosi escludere che il vizio processuale fosse stato sanato dalla successiva costituzione della stessa Curatela dell'eredità giacente di S.A., la quale, peraltro, nel costituirsi, aveva eccepito la tardività della notifica nei propri confronti. 6. Per la cassazione della sentenza della Corte d'appello di Catanzaro numero 994/2021, pubblicata il 6 luglio 2021 ricorrono ora congiuntamente il MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE e l'AGENZIA DEL DEMANIO. Resiste con controricorso e ricorso incidentale condizionato V Sono rimasti intimati gli altri soggetti evocati. 7. In data 16 novembre 2022 le Amministrazioni ricorrenti hanno formulato tempestiva istanza di trattazione orale. 8. Il Pubblico Ministero ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso principale, con assorbimento ricorso incidentale condizionato. 9. La controricorrente, nonché ricorrente incidentale, V.M. ha depositato memoria. Considerato in diritto 1. Il ricorso proposto congiuntamente dal MINISTERO DELL'ECONOMIA E FINANZE e dall'AGENZIA DEL DEMANIO è affidato a due motivi. 1.1. Con il primo motivo il ricorso lamenta, in relazione all'articolo 360 c.p.c., numero 4, la violazione e falsa applicazione degli articolo 102, 103 e 300 c.p.c Deduce che erroneamente la Corte territoriale avrebbe ordinato l'integrazione del contraddittorio nei confronti degli eredi di S.A., in quanto quest'ultimo era deceduto dopo la notifica dell'atto di appello e, poiché il decesso non era stato formalmente dichiarato in giudizio il decesso, quest'ultimo non era stato interrotto la situazione, peraltro, era stata correttamente inquadrata dal Giudice Istruttore con l'ordinanza in data 8 marzo 2017, avendo il G.I. I dichiarato la regolarità della notificazione dell'atto di citazione in appello nei confronti di S.A. presso il proprio procuratore costituito in primo grado II rilevato che il decesso di S.A. era stato dichiarato dal procuratore soltanto nel procedimento di appello avverso la sentenza parziale, provocandone l'interruzione III osservato che la notificazione dell'atto di appello si era comunque perfezionata prima anche della comunicazione della morte di S.A. nel separato procedimento di appello avverso la sentenza parziale ? conseguentemente, il contraddittorio processuale nei confronti di S.A. doveva ritenersi regolarmente costituito, da ciò derivando il carattere superfluo dell'ordine di integrazione del contraddittorio e la conseguente irrilevanza del ritardo nell'ottemperarvi. 1.2. Con il secondo motivo il ricorso deduce, in relazione all'articolo 360 c.p.c., numero 4, la violazione falsa applicazione degli articolo 102 e 103 c.p.c Argomenta, in particolare, il ricorso che erroneamente la Corte territoriale avrebbe ritenuto sussistente un litisconsorzio necessario tra gli eredi di S.A. -in particolare la Curatela dell'eredità giacente di S.A. e le odierne Amministrazioni ricorrenti, dal momento che la condanna di queste ultime e di S.A. era avvenuta in solido, con conseguente scindibilità delle posizioni soggettive le posizioni soggettive delle parti, quindi, dovevano essere ritenute non interdipendenti, da ciò risultando l'assenza di un litisconsorzio necessario tra le odierne Amministrazioni ricorrenti e gli eredi di S.A 2. Il ricorso incidentale condizionato è affidato a due motivi, riferiti alla declaratoria di inammissibilità dell'appello incidentale della stessa V.M 2.1. Con il primo motivo il ricorso incidentale deduce, in relazione all'articolo 360 c.p.c., numero 4, la violazione e falsa applicazione degli articolo 102, 103 e 300 c.p.c Argomenta, in particolare, il ricorso che la Corte territoriale avrebbe ordinato illegittimamente l'integrazione del contraddittorio nei confronti degli eredi di S.A., in quanto l'appellato aveva regolarmente ricevuto la notifica dell'atto di gravame, con conseguente integrità del contraddittorio, mentre l'interruzione del giudizio avrebbe potuto essere dichiarata solo a seguito della dichiarazione del decesso del S. che tuttavia non era stata resa dal procuratore di quest'ultimo conseguentemente, il contraddittorio processuale nei confronti di S.A. doveva ritenersi regolarmente costituito, da ciò derivando il carattere illegittimo dell'ordine di integrazione del contraddittorio e la conseguente irrilevanza del ritardo nell'ottemperarvi in quanto quest'ultimo non era in grado di pregiudicare la corretta instaurazione del rapporto processuale tra tutti gli interessati. 2.2. Con il secondo motivo il ricorso incidentale deduce, in relazione all'articolo 360 c.p.c., numero 4, la violazione falsa applicazione degli articolo 102 e 103 c.p.c Argomenta, in particolare, il ricorso che erroneamente la Corte territoriale avrebbe affermato l'inscindibilità del rapporto processuale tra S.A. e le odierne Amministrazioni ricorrenti, in virtù dell'autonomia dei due rapporti processuali e risarcitori V. S., da una parte, e V. Amministrazioni, dall'altro la condanna delle odierne ricorrenti principali e di S.A., in quanto pronunciata in solido, comportava la scindibilità delle posizioni soggettive e la possibilità di proseguire il giudizio in assenza di uno dei condebitori solidali ? conseguentemente, la Corte territoriale avrebbe dovuto al più dichiarare inammissibile l'appello limitatamente al rapporto tra le odierne ricorrenti ed S.A., ma non avrebbe potuto dichiarare invece inammissibile l'appello incidentale proposto dalla stessa V.M. nei confronti del MINISTERO DELL'ECONOMIA E FINANZE e dell'AGENZIA DEL DEMANIO. 3. I due motivi del ricorso principale possono essere esaminati congiuntamente e con essi, stante la sostanziale identità di contenuti e deduzioni, possono essere contestualmente esaminati i motivi di ricorso incidentale, pur se formulati in via subordinata. 4. Si deve, in primo luogo, rilevare che correttamente la Corte d'appello ha ritenuto il carattere di inscindibilità del gravame proposto avverso la sentenza definitiva del Tribunale di Catanzaro, con la quale quest'ultimo aveva determinato l'entità del danno spettante agli originari attori, mentre l'an di tale danno era stato, invece, oggetto della decisione non definitiva, successivamente passata in giudicato a seguito della declaratoria di inammissibilità ex articolo 331 c.p.c. degli appelli riuniti contro di essa interposti. Per quanto il giudizio innanzi alla Corte d'appello qui impugnato concernesse il solo quantum, infatti, è da ritenere che ricorresse in ogni caso una situazione di inscindibilità tra la controversia promossa dagli originari attori contro S.A. e SA.AN. e la domanda in garanzia che questi ultimi avevano proposto nei confronti dell'Amministrazione Finanziaria dello Stato, cui successivamente sono subentrate le odierne Amministrazioni ricorrenti. Alla domanda formulata dai convenuti con la chiamata in causa dell'Amministrazione Finanziaria dello Stato, infatti, doveva trovare applicazione l'orientamento di questa Corte, a mente del quale la domanda di manleva proposta dal convenuto, acquirente dell'immobile oggetto dell'azione di rivendica, nei confronti del proprio alienante va qualificata come di garanzia propria, sicché il nesso che si instaura tra la stessa e la domanda principale giustifica, in linea di principio, la conservazione del litisconsorzio instaurato in primo grado, ai sensi dell'articolo 331 c.p.c. che si applica anche alle cause tra loro dipendenti Cass. Sez. 2 Ordinanza numero 23904 del 02/08/2022 Cass. Sez. 2, Sentenza numero 21240 del 05/10/2009 Cass. Sez. 2, Sentenza numero 2714 del 27/03/1996 , ferma restando la neutralità, ai fini dell'applicazione dell'articolo 331 c.p.c., della distinzione tra garanzia propria e impropria, come chiarito dalle Sezioni Unite di questa Corte Cass. Sez. U, Sentenza numero 24707 del 04/12/2015 . Quando, infatti, il compratore, oltre a chiamare in causa il venditore per la denuncia della lite ex articolo 1485 c.c., propone contro di questi, nel medesimo processo, anche l'azione di garanzia, fra la causa principale e quella di garanzia propria si instaura un vincolo non di inscindibilità ma di dipendenza, perché l'accoglimento della domanda di garanzia è subordinato all'accertamento del diritto del terzo Cass. Sez. 2, Sentenza numero 9910 del 27/04/2009 Cass. Sez. 2, Sentenza numero 2714 del 27/03/1996 , giustificando, in linea di principio, l'assoggettamento delle due cause al regime della conservazione necessaria del litisconsorzio instaurato nella precedente fase di giudizio, in virtù di quanto stabilito dall'articolo 331 c.p.c., il cui ambito di applicazione non è circoscritto alle cause inscindibili, ma si estende anche a quelle tra loro dipendenti Cass. Sez. U, Ordinanza numero 8699 del 29/05/2003 . Si deve, del resto, rammentare che il requisito della inscindibilità di cui all'articolo 331 c.p.c. non è limitato al solo caso -evidente in cui ricorra un'ipotesi di litisconsorzio necessario sostanziale Cass. Sez. 3, Sentenza numero 1535 del 26/01/2010 Cass. Sez. 1, Ordinanza interlocutoria numero 21132 del 10/10/2007 , ma in tutti i casi in cui debba ritenersi sussistente un litisconsorzio necessario processuale, e cioè quando la presenza di più parti nel giudizio di primo grado debba necessariamente persistere in sede di impugnazione, al fine di evitare possibili giudicati contrastanti in ordine alla stessa materia e nei confronti di quei soggetti che siano stati parti del giudizio Cass. Sez. 6 L, Ordinanza numero 8790 del 29/03/2019 Cass. Sez. 5 Ordinanza numero 26433 del 08/11/2017 Cass. Sez. 2, Sentenza numero 2859 del 12/02/2016 . Ulteriormente, va rilevato, in conclusione, che -come rilevato dal Pubblico Ministero nelle proprie conclusioni scritte il carattere inscindibile del gravame sfociato nella decisione impugnata derivava dal suo stesso contenuto, avendo le Amministrazioni appellanti sollecitato la riforma della decisione di primo grado nella parte in cui quest'ultima condannava le medesime alla corresponsione del risarcimento integrale dei danni in solido con i convenuti, determinando, di conseguenza, l'esigenza che al giudizio partecipassero tutti i coobbligati Cass. Sez. L Ordinanza numero 22984 del 21/10/2020 . 5. Ritenuta la qualità di litisconsorte necessario processuale di S.A. nel giudizio di appello, si deve, tuttavia, osservare, che l'atto di appello risulta essere stato regolarmente notificato al S. medesimo in data 9 marzo 2016, quando lo stesso era in V. ma che l'appellato risulta deceduto in data Omissis , e quindi prima della scadenza del termine per la sua costituzione. Come emerge dalla motivazione della decisione impugnata, la Corte territoriale ha ritenuto di ricondurre la fattispecie concreta direttamente nell'ambito del disposto di cui all'articolo 331 c.p.c., e conseguentemente, dopo che i vari soggetti vocati ad hereditatem di S.A. avevano progressivamente proceduto a rinunciare all'eredità, ha disposto procedersi all'integrazione del contraddittorio, appunto ai sensi dell'articolo 331 c.p.c., nei confronti della Curatela dell'eredità giacente di S.A In tal modo, tuttavia, la Corte d'appello, ha omesso di dare applicazione al principio, più volte enunciato da questa Corte per cui l'articolo 299 c.p.c. è applicabile anche nel giudizio di appello con la conseguenza che la morte della parte, qualora si sia verificata dopo la notificazione dell'atto introduttivo del giudizio ma prima della scadenza del termine per la costituzione, comporta l'automatica interruzione del processo, a prescindere sia dalla conoscenza che dell'evento abbiano avuto l'altra parte o il giudice, sia da qualsiasi attività diretta a determinarla, giacché l'effettiva conoscenza dell'evento interruttivo rileva ai soli fini della decorrenza del termine per la riassunzione o la prosecuzione Cass. Sez. 2, Sentenza numero 18351 del 31/07/2013 Cass. Sez. 2, Sentenza numero 3725 del 21/02/2006 Cass. Sez. 2, Sentenza numero 842 del 28/01/1998 e, più di recente, Cass. Sez. 5 Sentenza numero 22944 del 26/09/2018 , per effetto della declaratoria di illegittimità costituzionale dell'articolo 305 c.p.c. sia nella parte in cui dispone che il termine utile per la prosecuzione o per la riassunzione del processo interrotto ai sensi dell'articolo 299 c.p.c. decorre dall'interruzione anziché dalla data in cui le parti ne abbiano avuto conoscenza, sia nella parte in cui dispone che il termine utile per la prosecuzione o riassunzione del processo interrotto a sensi dell'articolo 300, comma 3, c.p.c. decorre dall'interruzione anziché dalla data in cui le parti ne abbiano avuto conoscenza ad opera della Corte Costituzionale Corte Cost. numero 159/1971 . Da ciò deriva che, se non può condividersi l'affermazione delle Amministrazioni ricorrenti per cui, in assenza di formalizzazione della notizia dell'evento interruttivo, il giudizio non poteva ritenersi interrotto, risulta invece corretta la deduzione del ricorso in ordine al fatto che, essendosi comunque regolarmente integrato il contraddittorio nei confronti di S.A., a seguito della morte di quest'ultimo non poteva porsi questione di integrazione del contraddittorio e di conseguente applicazione dell'articolo 331 c.p.c., ricorrendo, invece, uno scenario in cui veniva ad operare il meccanismo della prosecuzione o riassunzione. 6. Esigenze di chiarezza impongono di puntualizzare che i termini della questione non possono ritenersi modificati in virtù dell'applicazione del principio -da questa Corte reiteratamente affermato per cui, nell'ipotesi di morte di una delle parti nel corso del giudizio, gli eredi, indipendentemente dalla natura del rapporto controverso, vengono a trovarsi, per tutta la durata del processo, in una situazione di litisconsorzio necessario per ragioni processuali, sicché, nel caso in cui intervenga volontariamente in causa uno degli eredi di detta parte, non vi è bisogno della dichiarazione del procuratore della stessa, perché la costituzione dell'erede è rivolta alla prosecuzione del giudizio, e quindi, a precludere l'effetto interruttivo con un'implicita comunicazione dell'evento interruttivo, e, pertanto, il giudice, avendo dunque conoscenza processuale di detto evento, deve ordinare l'integrazione del contraddittorio nei confronti di altri eventuali eredi Cass. Sez. 6 2, Ordinanza numero 28447 del 15/12/2020 Cass. Sez. 2, Sentenza numero 8437 del 03/09/1997 Cass. Sez. 2, Sentenza numero 536 del 27/01/1982, per risalire sino a Cass. Sez. 2, Sentenza numero 45 del 05/01/1967 . Il principio in questione, infatti, non poteva trovare applicazione al caso in esame, in quanto lo stesso deve essere declinato in modo armonico con l'altro principio enunciato da questa Corte Cass. Sez. 6 5, Ordinanza numero 9225 del 10/04/2017 Cass. Sez. 2, Sentenza numero 25151 del 26/11/2014 , a mente del quale l'efficacia retroattiva della rinunzia all'eredità determina il difetto di legitimatio ad causam del rinunziante, in quanto Cass. Sez. 2, Sentenza numero 27274 del 14/11/2008 la veste di litisconsorti necessari in capo ai successori a titolo universale della parte postula che questi ultimi abbiano acquistato la qualità di eredi per accettazione espressa o tacita non essendo sufficiente la semplice chiamata all'eredità, determinandosi, altrimenti, l'onere delle parti di provvedere all'individuazione degli eventuali ulteriori eredi e procedere, ove ne ricorrano i presupposti, alla nomina di un curatore dell'eredità giacente. Come anche recentemente chiarito da questa Corte Cass. Sez. 6 2, Ordinanza numero 28447 del 15/12/2020 , infatti, anche alla luce dell'Ordinanza della Corte Costituzionale 91/2006 la prosecuzione del giudizio nei confronti di tutti gli eredi si impone nell'ipotesi in cui uno dei coeredi del defunto si costituisca in prosecuzione volontaria ovvero il processo venga riassunto nei confronti di uno o di alcuni fra i coeredi mentre, diversamente, se nessuno dei coeredi è ancora in causa, non si può configurare una situazione di litisconsorzio necessario e, quindi, non si può porre un problema di integrazione del contraddittorio, che suppone la presenza nel giudizio di almeno uno dei litisconsorti. Da ciò consegue che 1 poiché, come visto anche in precedenza, tutti i soggetti chiamati all'eredità di S.A. erano intervenuti in giudizio al solo scopo di far constatare la propria rinuncia all'eredità del de cuius, la legittimazione processuale si era venuta a concentrare sul solo curatore dell'eredità giacente 2 nei confronti di quest'ultimo il giudizio avrebbe dovuto essere riattivato non mediante il meccanismo ex articolo 331 c.p.c. -essendo stato integrato il contraddittorio già con la notifica nei confronti del Salabe' e non sussistendo litisconsorzio con i chiamati all'eredità bensì con le modalità di cui agli articolo 302 e 303 c.p.c., entro il termine stabilito dal Codice di rito. 7. Quanto alla decorrenza di tale termine, torna in rilievo il principio in precedenza richiamato, a mente del quale, se il decesso del S. aveva determinato l'automatica interruzione del giudizio di gravame, non altrettanto è a dirsi per la decorrenza del termine per la riassunzione o prosecuzione del giudizio medesimo, in quanto quest'ultimo avrebbe cominciato a decorrere solo dal momento della legale conoscenza dell'evento interruttivo medesimo. Non è inopportuno evidenziare, al riguardo, che, essendo stata dedotta fondatamente nella presente sede la falsa applicazione dell'articolo 331 c.p.c., spetterà al giudice di merito in sede di rinvio esaminare le vicende processuali in relazione alla interruzione e alla riassunzione/prosecuzione del giudizio. 8. Alla luce delle considerazioni sinora esposte, è da ritenersi che per effetto del decesso di S.A. successivamente alla notifica dell'atto di appello ma prima della scadenza del termine per la costituzione, il giudizio doveva ritenersi automaticamente interrotto, a prescindere dalla conoscenza dell'evento interruttivo da parte del giudice o delle altre parti. Conseguentemente, una volta che di tale evento fosse stata acquisita legale conoscenza, la Corte territoriale non avrebbe dovuto attivare il meccanismo di cui all'articolo 331 c.p.c. -non aprendosi spazio per la sua applicazione in virtù dell'esistenza di una pluralità di eredi, avendo i chiamati all'eredità tutti rinunciato alla stessa ma avrebbe dovuto, semmai, verificare il maturarsi di una vicenda di prosecuzione o riassunzione entro il termine decorrente dalla suddetta legale conoscenza, peraltro dando ulteriormente applicazione al principio per cui il termine perentorio previsto dall'articolo 305 c.p.c., è riferibile solo al deposito del ricorso nella cancelleria del giudice e non alla successiva fase di notifica della riassunzione, in ordine alla quale, invece, viene a valere il principio per cui il vizio o la mancanza della notifica impongono al giudice di ordinarne la rinnovazione in applicazione analogica dell'articolo 291 c.p.c. entro un termine perentorio, il cui mancato rispetto determina l'estinzione del giudizio ai sensi del combinato disposto degli articolo 291, ultimo comma, e 307, comma 3, c.p.c. Cass. Sez. U, Sentenza numero 14854 del 28/06/2006 e, più di recente, Cass. Sez. 2, Sentenza numero 1900 del 27/01/2011 Cass. Sez. 3 Ordinanza numero 9819 del 20/04/2018 e Cass. Sez. 6 3, Ordinanza numero 2526 del 03/02/2021 . 9. La decisione della Corte territoriale di dichiarare inammissibile il gravame, quindi, si è tradotta in una falsa applicazione dell'articolo 331 c.p.c., ponendosi peraltro in contrasto con il canone enunciato da questa Corte per cui, per il principio del giusto processo, a tutela dell'affidamento della parte, il giudice d'appello, che abbia ordinato la rinnovazione della notifica del gravame con prescrizioni rivelatesi erronee, non può dichiarare inammissibile l'impugnazione, ma deve revocare l'ordinanza e concedere nuovo termine di notifica Cass. Sez. 2, Sentenza numero 10273 del 12/05/2014 . 10. Sia il ricorso principale sia il ricorso incidentale condizionato, quindi, devono essere accolti e la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla Corte d'appello di Catanzaro, la quale si conformerà al seguente principio L'articolo 299 c.p.c. è applicabile anche nel giudizio di appello e, la morte della parte che si sia verificata dopo la notificazione dell'atto introduttivo del giudizio ma prima della scadenza del termine per la costituzione comporta l'automatica interruzione del processo, a prescindere sia dalla conoscenza che dell'evento abbiano avuto l'altra parte o il giudice, sia da qualsiasi attività diretta a determinarla, giacché l'effettiva conoscenza dell'evento interruttivo rileva ai soli fini della decorrenza del termine per la riassunzione. Ne consegue che, anche qualora l'evento interruttivo abbia colpito una parte avente la veste di litisconsorte necessario processuale, il giudizio deve essere riassunto o proseguito nel termine di cui all'articolo 305 c.p.c. e non nelle forme di cui all'articolo 331 c.p.c. -operante invece nei casi in cui, a fronte di una pluralità di eredi della parte deceduta, almeno uno di tali eredi si sia già costituito in giudizio e che il vizio o la mancata tempestiva notificazione dell'atto di riassunzione, volta a garantire il corretto ripristino del contraddittorio, impongono al giudice di ordinarne la rinnovazione in applicazione analogica dell'articolo 291 c.p.c. entro un termine perentorio, il cui mancato rispetto determina l'estinzione del giudizio ai sensi del combinato disposto degli articolo 291, ultimo comma, e 307, comma 3, c.p.c. verificando, in particolare, se ed in quale momento, nel corso del giudizio, sia stata acquisita conoscenza legale della morte di S.A. e se, ulteriormente, via sia stata una rituale e tempestiva prosecuzione o riassunzione. La Corte territoriale provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso principale accoglie il ricorso incidentale cassa la decisione impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte d'appello di Catanzaro in diversa composizione.