Donna finisce in un pozzetto scoperto e non segnalato lungo una strada vicinale: colpevole anche il Comune

Infruttuoso il ricorso proposto in Cassazione dall’ente locale e mirato ad escludere la propria responsabilità. Confermato il risarcimento in favore della donna, che i due enti le dovranno versare in solido.

Rovinosa caduta per una donna, che finisce in un pozzetto, destinato allo scolo delle acque, presente ai margini della carreggiata di una strada vicinale di proprietà di un Consorzio, lasciato scoperto e per nulla segnalato. A dover essere ritenuti responsabili sono sia il Consorzio che il Comune, perciò obbligati in solido a versare un corposo risarcimento – 74mila euro, per la precisione – alla donna. Scenario dell’episodio oggetto del processo è la provincia toscana. Protagonista una donna, vittima di una caduta in un pozzetto destinato allo scolo delle acque posizionato ai margini della carreggiata. Consequenziale la sua richiesta di risarcimento, avanzata nei confronti del Comune e del Consorzio risultato proprietario della strada vicinale dove si è verificato l’incidente. La donna fornisce i dettagli della disavventura vissuta. In sostanza, una sera di settembre ella tornava in macchina verso l’agriturismo ove avrebbe dovuto pernottare, dopo aver cenato col marito. Dopo aver imboccato e percorso per alcuni chilometri la strada vicinale, lei e il marito si avvedevano di aver oltrepassato il punto in cui avrebbero dovuto svoltare. A quel punto, il marito cercava di far manovra per invertire la marcia ma, a causa della strada non illuminata e del manto stradale viscido, la vettura slittava sul lato sinistro finendo con la ruota posteriore sinistra in un pozzetto privo di protezione sito al lato della strada. Essendo lo sportello del marito bloccato, la donna scendeva dalla vettura per aiutarlo nella manovra di rientro in carreggiata e precipitava nel pozzetto lasciato aperto, riportando gravi danni alla persona . A fronte di tale quadro, i giudici del Tribunale hanno riconosciuto la responsabilità sia del Comune che del Consorzio e li hanno condannati a pagare, in solido, alla donna 74mila euro come risarcimento. Sulla stessa linea di pensiero, poi, anche i giudici d’Appello, i quali hanno evidenziato che l’incidente è avvenuto sulla strada vicinale , inserita nell’elenco della rete viaria del Comune e quindi strada vicinale pubblica, ovvero strada vicinale di proprietà dei frontisti ma sulla quale viene esercitato il pubblico passaggio, con passaggio esercitato da una collettività di persone qualificate dall’appartenenza ad un gruppo territoriale, per esigenze di carattere generale tra le quali il collegamento alla via pubblica . I giudici d’Appello hanno poi chiarito che incombeva sul Comune l’ obbligo di sorveglianza anche in riferimento alla esecuzione della manutenzione, con l’onere di sostituirsi ai privati in caso di carenza della stessa manutenzione e hanno quindi ritenuto entrambi i soggetti pubblici responsabili per custodia . Impossibile, poi, sempre secondo i giudici d’Appello, ipotizzare il caso fortuito alla luce della condotta tenuta dalla donna. Su questo punto fronte viene ricordato che la donna era caduta rovinosamente in un pozzetto di scolo delle acque, presente al margine della carreggiata, sulla banchina riservata al transito dei pedoni, pozzetto largo ben un metro per un metro e mezzo, lasciato completamente scoperto e non segnalato, privo di alcuna forma di protezione insistente al margine di una strada priva di illuminazione pubblica . Logico, quindi, secondo i giudici d’Appello, ritenere l’incidente ascrivibile esclusivamente alla anomalia della cosa in custodia , mentre le condizioni di tempo l’ora tarda e di luogo la mancanza di illuminazione pubblica, la mancanza di recinzione, la scopertura del pozzetto, la sua collocazione sul luogo deputato al transito dei pedoni consentono di ritenere legittimo il comportamento della donna, che aveva solo cercato di accedere alla banchina laterale, destinata al transito dei pedoni, per aiutare il marito dandogli indicazioni per la manovra . Inutile il ricorso proposto in Cassazione dal Comune e mirato, in sostanza, ad escludere la propria responsabilità per i danni riportati dalla donna e, in questa ottica, a porre in evidenza che la strada vicinale teatro dell’incidente era di proprietà e nel possesso dei proprietari frontisti costituiti nel Consorzio, frontisti che quindi , sempre secondo il Comune, ne avevano statutariamente assunta la custodia con l’obbligo di curarne la funzionalità, eseguendo tutte le opere di manutenzione ordinaria e straordinaria . Secondo il legale del Comune è perciò illogico condannare l’ente locale al ristoro dei danni a favore della donna per un assunto suo mancato controllo dello stato della strada . Questa obiezione non convince però i Giudici di Cassazione, i quali ribattono chiarendo che in relazione alle strade vicinali sussiste la responsabilità per custodia del Comune a prescindere dal fatto che esse siano di proprietà privata, purché esse siano inserite , come in questa vicenda, tra le strade adibite a pubblico transito . I Magistrati ampliano il ragionamento ricordando che ai fini della definizione stessa di strada è rilevante la destinazione di una determinata superficie ad uso pubblico, e non la titolarità pubblica o privata della proprietà. È, pertanto, l’uso pubblico a giustificare, per evidenti ragioni di ordine e sicurezza collettiva, la soggezione delle aree alle norme del Codice della strada e la legittimazione passiva del Comune, fondata sugli obblighi di custodia correlati al controllo del territorio e alla tutela della sicurezza ed incolumità dei fruitori delle strade di uso pubblico, in relazione agli eventuali danni riportati dagli utenti della strada . Non a caso, anche le strade vicinali sono assimilate alle strade comunali , nonostante la strada vicinale sia, per definizione, di proprietà privata, anche in caso di destinazione ad uso pubblico , aggiungono i Giudici. Tirando le somme, la legittimazione passiva del Comune ben può concorrere con quella del Consorzio dei comproprietari dei fondi viciniori, fondata sul concorrente obbligo di custodia esistente in capo ai proprietari del bene . Confermata, quindi, in via definitiva, la condanna del Comune e del Consorzio a risarcire la donna vittima della rovinosa caduta. Ciò alla luce del principio secondo cui in tema di responsabilità da negligente manutenzione delle strade, è in colpa la pubblica amministrazione che non provveda alla manutenzione o alla messa in sicurezza delle aree , anche di proprietà privata, poste ai lati delle pubbliche vie, quando da esse possa derivare pericolo per gli utenti delle strade, né ad inibirne l’uso generalizzato , con la conseguenza che nel caso di danni causati da difettosa manutenzione, la natura privata della strada non è, di per sé, sufficiente ad escludere la responsabilità dell’amministrazione comunale ove, per la destinazione dell’area e per le sue condizioni oggettive, essa era tenuta alla sua manutenzione .

Presidente Scarano – Relatore Rubino Fatti di causa 1. La sig.ra V.G. convenne in giudizio nell'anno 2003 il Comune di omissis ed il Consorzio Riunito delle Strade Vicinali della M. d'ora in poi, Consorzio chiedendo il riconoscimento della loro responsabilità ai sensi dell' art. 2051 c.c. ovvero dell' art. 2043 c.c. e conseguentemente il risarcimento di tutti i danni subiti e subendi per il sinistro occorsole sulla c.d. omissis , in comune di omissis , allorché cadeva in un pozzetto a margine della carreggiata. 2. Esponeva che una sera di settembre tornava in macchina verso l'agriturismo ove avrebbe dovuto pernottare, dopo aver cenato col marito in località omissis del Comune di omissis . Dopo aver imboccato e percorso per alcuni km la omissis , si avvedevano di aver oltrepassato il punto in cui avrebbero dovuto svoltare, il marito cercava di far manovra per invertire la marcia, e, a causa della strada non illuminata e del manto stradale viscido, la vettura slittava sul lato sinistro finendo con la ruota posteriore sinistra in un pozzetto privo di protezione sito al lato della strada. Essendo lo sportello del marito bloccato, la V. scendeva dalla vettura per aiutarlo nella manovra di rientro in carreggiata, e precipitava nel pozzetto lasciato aperto, riportando gravi danni alla persona. 3. Il Tribunale di Grosseto accolse la domanda, ritenendo responsabili i convenuti ai sensi dell' art. 2051 c.c. e condannandoli in solido al pagamento della somma di Euro 74.000,00 in favore dell'attrice. 4. Con due distinti atti le parti soccombenti in primo grado proposero appello avverso la menzionata sentenza, giudizi poi riuniti. 4.1.In appello, il Comune di omissis tornava a sostenere il proprio difetto di legittimazione passiva, allegando che la strada non fosse di sua proprietà e che esso non fosse gravato di alcun obbligo di vigilanza e di manutenzione della strada stessa, benché la stessa fosse inserita nell'elenco delle strade vicinali deduceva inoltre che con distinta sentenza del Giudice di Pace penale passata in giudicato si era esclusa la responsabilità penale del Sindaco e del Comandante della Polizia Municipale in relazione alle lesioni riportate dalla V., mentre si era affermata la penale responsabilità del legale rappresentante del Consorzio sosteneva inoltre che non fosse stato adeguatamente preso in considerazione, da parte del giudicante, il comportamento colposo della V. e del conducente l'autovettura. 4.2. Il Consorzio, appellante incidentale, censurava invece la pronuncia di primo grado per non aver ritenuto provato il caso fortuito. Allegava che l'incidente dovesse ricondursi al difetto strutturale della strada nonché alla condotta imprudente e negligente della V. e del di lei marito. Con ulteriore motivo il Consorzio si doleva della mancata chiamata in causa dei proprietari dei fondi antistanti la strada, già assoggettata ad uso pubblico, da ritenersi comunque responsabili, con conseguente difetto di legittimazione del Consorzio. 5.La Corte d'Appello di Firenze, con sentenza n. 840/2019 pubblicata l'8 aprile 2019, qui impugnata, ha rigettato entrambi gli atti di appello confermando la sentenza gravata. 5.1. In particolare, la corte fiorentina ha evidenziato che l'incidente era avvenuto sulla omissis , inserita nell'elenco della rete viaria del Comune di omissis e quindi strada vicinale pubblica, ovvero strada vicinale di proprietà dei frontisti ma sulla quale viene esercitato il pubblico passaggio, con passaggio esercitato da una collettività di persone qualificate dall'appartenenza ad un gruppo territoriale, per esigenze di carattere generale tra le quali il collegamento alla via pubblica. 5.2. Ribadiva che incombeva sul Comune l'obbligo di sorveglianza anche in riferimento alla esecuzione della manutenzione, con l'onere di sostituirsi ai privati in caso di carenza della stessa. 5.3. Rigettava quindi l'eccezione di difetto di legittimazione passiva del Comune e, quanto al Consorzio, ribadiva che lo stesso, in quanto consorzio fra proprietari degli immobili, comproprietari della strada vicinale, fosse direttamente gravato dall'obbligo di manutenzione. 5.4. Riteneva quindi entrambi i soggetti pubblici responsabili per custodia ed escludeva motivatamente che la responsabilità degli enti potesse escludersi in ragione del caso fortuito. Accertava che la V. era caduta rovinosamente in un pozzetto di scolo delle acque, presente al margine della carreggiata, sulla banchina, riservata al transito dei pedoni, pozzetto largo ben un metro per un metro e mezzo, lasciato completamente scoperto e non segnalato, privo di alcuna forma di protezione insistente al margine di una strada priva di illuminazione pubblica. Riteneva quindi che la causa del sinistro fosse da ascrivere esclusivamente alla anomalia della cosa in custodia, mentre le condizioni di tempo l'ora tarda e di luogo la mancanza di illuminazione pubblica, la mancanza di recinzione, la scopertura del pozzetto, la sua collocazione sul luogo deputato al transito dei pedoni escludessero che il comportamento della V., che aveva solo cercato di accedere alla banchina laterale, destinata al transito dei pedoni, per aiutare il marito dandogli indicazioni nella manovra, integrasse gli estremi del fortuito, fungendo da elemento interruttivo della serie causale. 6. Propone ricorso in Cassazione il Comune di omissis supportato da quattro motivi di impugnazione. Si costituiscono con proprie difese gli intimati Consorzio e la sig.ra V.G. Il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni scritte. Le parti non hanno depositato memorie. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo, il Comune ricorrente deduce la nullità della sentenza per violazione della Cost., art. 111 comma VI, degli artt. 652 e 654 c.p.p. e dell' art. 100 c.p.c. in relazione all' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 3., per avere la Corte di Appello di Firenze adottato una motivazione meramente apparente e comunque inconciliabile con i fatti accertati con sentenza penale n. 102/2005, passata in giudicato, del Giudice di Pace di Orbetello che aveva escluso ogni responsabilità penale del Sindaco del Comune di omissis , per non aver commesso il fatto, ed aveva assolto da ogni responsabilità lo stesso Dirigente del servizio di Polizia Municipale perché il fatto non costituiva reato, mentre aveva condannato per lesioni personali gravi il Presidente del Consorzio, sig. B.L., su querela sporta dalla V.G. 2. Con il secondo motivo deduce la nullità della sentenza per violazione del giusto procedimento e dei principi statuiti dalla Costituzione, art. 111, comma VI, nonché per violazione e falsa applicazione degli artt. 652 c.p.p. e dell' art. 100 c.p.c. in relazione all' art. 360, comma 1 nn. 3 e 4 c.p.c. , per avere la Corte d'Appello di Firenze - disattendendo gli effetti del giudicato penale di cui alla sentenza n. 102/2005 del Giudice di Pace di Orbetello - ritenuto di poter confermare la legittimazione passiva del Comune di omissis sulla domanda di risarcimento danni avanzata dalla V., soltanto in ragione dell'inserimento della strada sulla quale si era verificato il sinistro nell'elenco della rete viaria del Comune, e per aver ritenuto che il passaggio su di essa viene esercitato juris servitutis pubblicae da una collettività di persone, per cui il Comune doveva comunque esercitarne il controllo funzionale. 3. I due motivi sono collegati e possono essere esaminati congiuntamente. Essi sono infondati. Il contenuto della sentenza penale, con la quale il sindaco del Comune di omissis dovrebbe essere stato prosciolto dall'imputazione per lesioni colpose, non è riprodotto nel ricorso ma di essa è solo richiamato l'esito. A prescindere, comunque, dai profili di inammissibilità, il motivo è infondato in ragione del principio di diritto già affermato da questa Corte secondo il quale L'efficacia di giudicato della sentenza penale irrevocabile di assoluzione nel giudizio civile, di cui all' art. 654 c.p.p. , postula, sotto il profilo soggettivo, la perfetta coincidenza delle parti tra i due giudizi, vale a dire che non soltanto l'imputato, ma anche il responsabile civile e la parte civile abbiano partecipato al processo penale. Cass. n. 30838 2018 v. anche Cass. n. 20325 del 2006 . Nel caso di specie, la sentenza assolutoria non spiega alcuna efficacia di giudicato nel distinto giudizio civile risarcitorio sullo stesso episodio, perché la danneggiata non si era costituita parte civile nel giudizio penale. Tanto afferma la controricorrente sig. V., né il Comune afferma il contrario. Quindi, la sentenza penale di assoluzione non fa stato nei suoi confronti. 4.Con il terzo motivo il Comune ricorrente deduce la nullità della sentenza per violazione della Cost., art. 111 comma VI e dell' art. 2051 c.c. , in relazione all' art. 360 comma 1 nn. 3 e 5 , per avere la Corte di Appello di Firenze, dopo aver rilevato che detta strada vicinale era di proprietà e nel possesso dei proprietari frontisti costituiti nel Consorzio , che quindi ne avevano statutariamente assunta la custodia con l'obbligo di curarne la funzionalità eseguendo tutte le opere di manutenzione ordinaria e straordinaria, poi del tutto illogicamente e contraddittoriamente condannato il Comune di omissis al ristoro dei danni a favore della V. per un assunto mancato controllo dello stato della strada. 5. Il motivo è infondato. 5.1. In relazione alle strade vicinali sussiste la responsabilità per custodia del Comune a prescindere dal fatto che esse siano di proprietà privata, purché esse siano inserite - come nella specie - tra le strade adibite a pubblico transito. Infatti, va premesso che ai fini della definizione stessa di strada , è rilevante, ai sensi dell' art. 2, comma 1, del nuovo codice della strada , la destinazione di una determinata superficie ad uso pubblico, e non la titolarità pubblica o privata della proprietà. È, pertanto, l'uso pubblico a giustificare, per evidenti ragioni di ordine e sicurezza collettiva, la soggezione delle aree alle norme del codice della strada e la legittimazione passiva del Comune, fondata sugli obblighi di custodia correlati al controllo del territorio e alla tutela della sicurezza ed incolumità dei fruitori delle strade di uso pubblico, in relazione agli eventuali danni riportati dagli utenti della strada. Ciò è confermato dall'ultimo inciso del comma 6 dell'art. 2, ai sensi del quale anche le strade vicinali” sono assimilate alle strade comunali, nonostante la strada vicinale sia per definizione art. 3, comma 1, n. 52, stesso codice di proprietà privata, anche in caso di destinazione ad uso pubblico v. Cass. n. 17350 del 2008 nello stesso senso, v. Cass., n. 14367 del 2018 . 5.2. La legittimazione passiva del Comune ben può concorrere con quella del Consorzio dei comproprietari dei fondi viciniori, fondata sul concorrente obbligo di custodia esistente in capo ai proprietari del bene v. Cass. n. 3216 del 2017 In tema di responsabilità da negligente manutenzione delle strade, è in colpa la Pubblica Amministrazione che non provveda alla manutenzione o messa in sicurezza delle aree, anche di proprietà privata, latistanti le pubbliche vie, quando da esse possa derivare pericolo per gli utenti delle strade, né ad inibirne l'uso generalizzato ne consegue che, nel caso di danni causati da difettosa manutenzione d'una strada, la natura privata di questa non è, di per sé, sufficiente ad escludere la responsabilità dell'amministrazione comunale ove, per la destinazione dell'area e per le sue condizioni oggettive, la stessa era tenuta alla sua manutenzione . 6.Con il quarto motivo, dedotto in via subordinata rispetto ai primi tre, il Comune denuncia la violazione della Cost., art. 111 comma VI e l'errata applicazione dell' art. 2055 c.c. in relazione all' art. 360 comma 1 nn. 3 e 5 , per avere la Corte di Appello di Firenze affermato la responsabilità solidale del Comune di omissis e del Consorzio, senza effettuare alcuna ripartizione interna del grado di responsabilità attribuibile rispettivamente al Consorzio e al Comune che, proprio in considerazione della assenza di ogni qualsivoglia segnalazione della criticità della sede stradale da parte del custode il Consorzio , non poteva certo essere ritenuto responsabile al 50% delle gravi lesioni subite dalla V. . 7. Il motivo è inammissibile. Esso introduce una questione nuova, che non risulta sia stata oggetto del giudizio di merito. Non risulta essere stata dedotta come motivo di appello la questione di una diversa ripartizione della responsabilità nei rapporti interni tra i due soggetti concorrentemente ed in solido individuati come responsabili per custodia. La controricorrente V. osserva in proposito nel giudizio di appello il Comune non ha censurato la sentenza di primo grado in ordine al grado di responsabilità dei convenuti, né il ricorrente individua un motivo di appello con il quale la questione sia stata sottoposta al giudice di merito. Il ricorso va complessivamente rigettato. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come al dispositivo. Il ricorso per cassazione è stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013, e la parte ricorrente risulta soccombente, pertanto è gravata dall'obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, comma 1 bis dell'art. 13, comma 1 quater. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Pone a carico della parte ricorrente le spese di giudizio sostenute dalle parti controricorrenti, che liquida in Euro 5.800,00 per compensi, oltre 200,00 per esborsi, oltre contributo spese generali ed accessori, per ciascuna. Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale.