Le condizioni di procedibilità del reato di furto aggravato: gli effetti della Riforma Cartabia

La controversia in esame riguarda il reato di furto di energia elettrica da parte di un’imputata, aggravato dalla violenza sulle cose, ai sensi dell’art. 625 n. 2, c.p., connesso all’insussistenza della condizione di procedibilità.

Originariamente il reato in questione era previsto nel codice come procedibile d'ufficio. Con la Riforma Cartabia d.lgs. n. 150/2022 è divenuto procedibile a querela della persona offesa. Nel caso di specie si pone, quindi, il problema di definire l'impatto di tale innovazione sui reati commessi antecedentemente, per i quali sia già iniziato il procedimento in particolare occorre stabilire se occorra attendere la decorrenza del termine di tre mesi per la presentazione della querela da parte della p.o., oppure sia possibile dichiarare immediatamente l'inammissibilità del ricorso . Le SS.UU. Salatino” hanno già avuto modo di affrontare la questione in esame, pronunciandosi sui reati divenuti perseguibili a querela per effetto del d.lgs. n. 36/2018 ed ai giudizi pendenti in sede di legittimità, affermando che in tema di condizioni di procedibilità , l'inammissibilità del ricorso esclude che debba darsi alla persona offesa l'avviso previsto dall'art. 12, comma 2, del decreto cit. per l'eventuale esercizio del diritto di querela Cass. n. 40150/2018 . Inoltre, in tema di condizione di procedibilità, con riferimento ai reati divenuti perseguibili a querela per effetto della riforma del processo penale ed ai giudizi pendenti in sede di legittimità, deve escludersi che la sopravvenienza della procedibilità a querela costituisca un'ipotesi di abolitio criminis , capace di prelevare sull'inammissibilità del ricorso notizia di decisione n. 1/2023, in relazione a Cass. n. 34563/2022 e Cass. n. 33010/2022 . Per tutti questi motivi, la S.C. dichiara inammissibile il ricorso in oggetto e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Presidente Sabeone – Relatore Belmonte Ritenuto in fatto 1.Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Napoli ha confermato la decisione del Tribunale di quella stessa città, che aveva riconosciuto B.C. colpevole di furto di energia elettrica, aggravato dalla violenza sulle cose, condannandola alla pena ritenuta di giustizia. 2. Ricorre per cassazione l'imputata, con il ministero del difensore di fiducia, avvocato Alfonso Quarto, che svolge tre motivi. 2.1. violazione degli artt. 624 e 625 c.p. , in relazione agli artt. 125 e 530 c.p.p. , nello scrutinio del dolo specifico del reato, sottolineando come l'accertamento del fatto sia avvenuto in occasione dell'accesso dei tecnici dell'ENEL su richiesta di voltura contrattuale della stessa imputata, donde l'illogica deduzione che l'imputata avesse preventivamente manomesso il contatore. Sul punto la Corte di appello ha fornito una motivazione apparente e contraddittoria rispetto alle allegazioni difensive e alle evidenze probatorie emerse nell'istruttoria dibattimentale, tali da indurre certamente il ragionevole dubbio sulla responsabilità. 2.2. Erronea applicazione di legge penale viene denunciata con gli altri due motivi, sia in relazione alla applicazione della recidiva, giustificata con una mera clausola di stile, sia per il mancato accoglimento dell'istanza di riconoscimento della prevalenza delle circostanze attenuanti generiche. Considerato in diritto Il ricorso è inammissibile. 1. Il primo motivo costituisce la riedizione di doglianza già prospettata cori il gravame di merito e correttamente valutata dalla Corte di appello, che richiamando le osservazioni del Tribunale, ha considerato come la consapevolezza dell'imputata circa l'illecito allaccio fosse desumibile dalla circostanza che, al momento dell'accesso del personale dell'ente erogatore, la B. fruisse della fornitura in quanto effettiva utilizzatrice dell'appartamento alimentato abusivamente, e che le caratteristiche dell'allaccio rendevano evidente la manomissione. 2. Gli altri motivi sono manifestamente infondati, dal momento che la Corte di appello ha condiviso, espressamente richiamandola, la motivazione del Tribunale che, nel riconoscere la contestata recidiva, aveva fatto riferimento ai numerosi, specifici precedenti giudiziari emergenti dal certificato penale, quali indici di maggiore pericolosità. La motivazione, in una situazione di c.d. doppia conforma di merito, in cui la cui motivazione della sentenza di primo grado deve essere apprezzata congiuntamente a quella della sentenza oggi impugnata Sez. 2, numero 37295 del 12/06/2019 , Rv. 277218 - è congrua e allineata ai principi espressi da questa Corte che, in tema di recidiva facoltativa, richiede al giudice una specifica motivazione sia che egli affermi sia che escluda la sussistenza della stessa Sez. U, numero 5859 del 27/10/2011 Ud. dep. 15/02/2012 , Marcianò, Rv. 251690 , onere motivazionale da parte del giudice, che, tuttavia, può essere adempiuto anche implicitamente, ove si dia conto della ricorrenza dei requisiti di riprovevolezza della condotta e di pericolosità del suo autore Sez. 6, numero 20271 del 27/04/2016 Rv. 267130 . 2.1. Quanto al giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti invocato dalla ricorrente è stato escluso con il riferimento alla gravità del fatto, alla luce della durata e del valore dei prelievi, con motivazione che deve essere considerata congrua e sufficiente, atteso che l'obbligo di analitica motivazione in materia di circostanze attenuanti generiche qualifica, infatti, la decisione circa la sussistenza delle condizioni per concederle e non anche la decisione opposta Sez.1, numero 3529 del 22/09/1993 , Rv.195339 Sez.6, numero 42688 del 24/09/2008, Rv.242419 Sez. 2, numero 38383 del 10.7.2009 , Squillate ed altro, Rv. 245241 Sez.3, numero 44071 del 25/09/2014 , Rv.260610 . Pertanto, il giudice di merito può escludere la sussistenza delle circostanze attenuanti generiche con motivazione fondata sulle sole ragioni preponderanti della propria decisione, non sindacabile in sede di legittimità, purché non contraddittoria e congruamente motivata, neppure quando difetti di uno specifico apprezzamento per ciascuno dei pretesi fattori attenuanti indicati nell'interesse dell'imputato Sez. 6, numero 42688 del 24.09.2008, Rv. 242419 conf. sez. 5, numero 43952 del 13/04/2017 , Rv. 271269 essendosi limitato a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall' art. 133 c.p. , quello che ritiene prevalente, e atto a determinare o meno il riconoscimento del beneficio, sicché anche un solo elemento attinente alla personalità del colpevole o all'entità del reato e alle modalità di esecuzione di esso può essere sufficiente in tal senso Sez. 2, numero 3609 del 18/01/2011 , Sermone, Rv. 249163 Sez. 2 -, numero 23903 del 15/07/2020 , Rv. 279549 - 02 3. L'inammissibilità del ricorso impedisce di prendere atto della insussistenza della condizione di procedibilità. Atteso, cioè, che il procedimento in esame ha ad oggetto un reato - furto aggravato ai sensi dell' art. 625 numero 2 c.p. - che, originariamente, previsto nel codice come procedibile di ufficio, è divenuto, assieme ad altri, procedibile a querela della persona offesa per effetto del D.Lgs. numero 150 del 2022 , come modificato dalla legge numero 199 del 2002, ed entrato in vigore il 30 dicembre 2022, si pone il problema di definire l'impatto di tale innovazione sui reati commessi antecedentemente, per i quali sia già iniziato il procedimento in particolare, occorre stabilire se occorra attendere in ossequio alle disposizioni transitorie di cui all' art. 85 D.Lgs. numero 150/2002 la decorrenza del termine di mesi tre per la presentazione della querela da parte della p.o., oppure sia possibile dichiarare immediatamente la inammissibilità del ricorso. 3.1. La questione è stata già affrontata dalle Sezioni unite ‘Salatino' che, pronunciandosi con riferimento ai reati divenuti perseguibili a querela per effetto del D.Lgs. numero 10 aprile 2018, numero 36 ed ai giudizi pendenti in sede di legittimità, hanno affermato il principio per cui, in tema di condizioni di procedibilità, l'inammissibilità del ricorso esclude che debba darsi alla persona offesa l'avviso previsto dall'art. 12, comma 2, del predetto decreto per l'eventuale esercizio del diritto di querela Sez. U numero 40150 del 21/06/2018 Ud. dep. 07/09/2018 Rv. 273551 . Nelle prime pronunce di questa Corte, successive all'entrata in vigore della richiamata novella, il principio è stato confermato, affermandosi che in tema di condizione di procedibilità, con riferimento ai reati divenuti perseguibili a querela per effetto del D.Lgs. numero 10 ottobre 2022 numero 150 ed ai giudizi pendenti in sede di legittimità, deve escludersi che la sopravvenienza della procedibilità a querela costituisca una ipotesi di abolitio criminis , capace di prevalere sulla inammissibilità del ricorso notizia di decisione numero 1/2023 sez. 5 in relazione alle decisioni assunte all'udienza del 10/01/2023, nei procedimenti nnumero 34563/2022 e numero 13010/2022 . Si è, più precisamente, considerato che la sopravvenienza della procedibilità a querela con previsione di un termine per consentire alla p.o. la formalizzazione della querela in precedenza non necessaria non opera come una ipotesi di abolitio criminis che in quanto deducibile in sede esecutiva, e quindi a fortiori, per ragioni di economia processuale, rilevabile anche in sede di legittimità potrebbe prevalere sulla declaratoria di inammissibilità del ricorso, ed, inoltre, che la parte interessata è gravata all'onere di attivare correttamente il rapporto processuale di impugnazione con la conseguenza che il mancato rispetto delle regole processuali paralizza i poteri cognitivi del giudice , deve ritenersi, ai fini dell'operatività delle disposizioni transitorie de quibus , che, in presenza di ricorso inammissibile, il procedimento non può essere considerato pendente . Per tali ragioni, va dichiarata immediatamente l'inammissibilità del ricorso notizia di decisione numero 1/2023 /sez. 2 - in relazione alla sentenza resa nel proc. numero 15408/2022 in data 19/01/2023 - ric. Evangelista . 4. Alla declaratoria di inammissibilità segue per legge art. 616 cod.proc.pen la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché, trattandosi di causa di inammissibilità determinata da profili di colpa emergenti dal ricorso Corte Costituzionale numero 186 del 7-13 giugno 2000 , al versamento, in favore della Cassa delle Ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo fissare in Euro 3000,00. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3000,00 in favore della Cassa delle Ammende.