Niente assegno divorzile all’ex moglie che non ha mai chiesto il mantenimento al marito

Decisivo, secondo i giudici, il fatto che la donna non abbia mai chiesto nulla al consorte prima in sede di separazione giudiziale e poi nel corso degli anni che hanno alla fine portato alla domanda di divorzio.

Niente assegno divorzile all'ex moglie che non ha chiesto il mantenimento al marito né in sede di separazione né nei successivi anni trascorsi fino alla domanda di divorzio. Assegno. Ufficializzata la rottura definitiva tra Tizia e Caio, i giudici del Tribunale riconoscono alla donna il diritto di percepire ogni mese dall'ex marito un assegno divorzile di 450 euro. Situazione completamente ribaltata, però, in Appello i giudici di secondo grado accolgono le obiezioni proposte da Caio, ritengono non dovuto l'assegno divorzile e condannano Tizia a restituire all'ex marito quanto già percepito. Questa decisione viene prontamente impugnata da Tizia, la quale lamenta la mancata presa in considerazione delle effettive condizioni reddituali sue e dell'ex marito «al momento del divorzio», condizioni «rilevanti sia per l'an che per il quantum dell'assegno divorzile», a prescindere, secondo Tizia, dagli «accordi intercorsi in sede di separazione». In questa ottica la donna sottolinea che «l'ex marito convive stabilmente con una compagna, la quale provvede fattivamente al suo mantenimento e al menage familiare, lavorando e percependo redditi pari a circa 30mila euro annui» mentre riconosce di «avere sì acquistato la quota di proprietà del marito della casa coniugale» ma per far questo ha contratto, aggiunge, «un mutuo e un finanziamento che hanno ridotto la sua capacità reddituale». La donna spiega poi di avere visto peggiorare anche le proprie condizioni fisiche e pone in rilievo «il contributo da lei fornito alla formazione del patrimonio comune e a quello del coniuge, anche in relazione alle potenzialità future, tenuto conto che ella già lavorava all'inizio della relazione mentre il marito era ancora studente universitario e aveva conseguito la laurea appena sposato, ricevendo il sostegno economico di lei durante gli anni di specializzazione e di avviamento della professione», senza dimenticare poi, aggiunge la donna, che ella «si era occupata attivamente dei figli, ancora in tenera età al momento della separazione». Peggioramento. Prima di esaminare in dettaglio la vicenda oggetto del processo, i giudici di Cassazione richiamano il principio secondo cui «la determinazione dell'assegno divorzile in favore dell'ex coniuge in misura superiore a quella prevista in sede di separazione personale, in assenza di un mutamento nelle condizioni patrimoniali delle parti, non è conforme alla natura giuridica dell'obbligo, presupponendo, l'assegno di separazione, la permanenza del vincolo coniugale, e, conseguentemente, la correlazione dell'adeguatezza dei redditi con il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio. Al contrario, tale parametro non rileva in sede di fissazione dell'assegno divorzile, che deve invece essere quantificato in considerazione della sua natura assistenziale, compensativa e perequativa, essendo volto non alla ricostituzione del tenore di vita endo-coniugale, ma al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall'ex coniuge, beneficiario dell'assegno, alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi». Passando dal quadro generale al dettaglio della vicenda, i giudici sottolineano che «in sede di separazione consensuale nessun assegno era stato previsto a carico di Caio in favore di Tizia, sicché, pur nella diversità dei presupposti, in assenza di apprezzabili peggioramenti della situazione di fatto della donna, tali da giustificare l'applicazione del criterio assistenziale o di specifiche allegazioni relative al ruolo endofamiliare svolto, tale profilo non poteva essere trascurato in sede di divorzio». Condivisibile e confermato, quindi, il ragionamento compiuto dai giudici d'Appello, ragionamento secondo cui «in mancanza di qualsivoglia richiesta di mantenimento in sede di separazione consensuale, e negli undici anni successivi che portarono alla domanda di divorzio, può presumersi l'inesistenza di sopravvenute necessità assistenziali della donna, la quale è titolare di pensione e non risulta in situazione tale da non poter godere di un tenore di vita dignitoso», chiariscono i magistrati di Cassazione. In ultima battuta, per quanto concerne il profilo compensativo-perequativo dell'assegno divorzile, i giudici sottolineano che «le affermazioni della donna non sono confermate da dati probatori dai quali emerga un concreto sacrificio delle sue aspettative di lavoro, a cagione dei doveri matrimoniali, o un suo particolare contributo alle affermazioni professionali del marito».

Presidente Acierno – Relatore Di Marzio Rilevato che 1. - Con sentenza del 30 giugno 2016, in causa di cessazione degli effetti civili del matrimonio dei coniugi P.A. e R.M. , il Tribunale di Roma ha, per quanto ancora rileva, posto a carico del R. il pagamento di un assegno divorzile di Euro 450,00 mensili. 2. - Con sentenza del 2 agosto 2018 la Corte d'appello di Roma, adita dal R. , ha accolto il suo appello e, ritenendo non dovuto l'assegno divorzile, ha condannato la P. alle conseguenti restituzioni. 3. - Per la cassazione della sentenza quest'ultima ha proposto ricorso per un mezzo. Il R. ha resistito con controricorso. Il Procuratore Generale ha concluso per il rigetto del ricorso. La P. ha depositato memoria illustrativa nella quale ha dato atto dell'intervenuto decesso del R. . 4. - Questa Corte ha disposto il rinvio a nuovo ruolo per consentire alle parti di prendere posizione sul principio affermato da Cass., Sez. Unumero , 24 giugno 2022, numero 20494. 5. - In prossimità dell'adunanza odierna la P. ha depositato ulteriore memoria illustrativa con la quale ha insistito nell'accoglimento del ricorso. Considerato che 6. - Con l'unico motivo di ricorso è dedotta la violazione e/o falsa applicazione della l. 898 del 1970, articolo 5, comma 6, e dell'articolo 2697 c.c., in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 5 . Richiamando i principi enunciati dalle Sezioni Unite di questa Corte Cass., Sez. Unumero , 11 luglio 2018, numero 18287 , parte ricorrente ha, in particolare, affermato che il giudice dell'appello aveva omesso di prendere in considerazione le effettive condizioni reddituali al momento del divorzio, rilevanti sia per l'an che per il quantum dell'assegno divorzile, traendo elementi dagli accordi intercorsi in sede di separazione, senza tenere conto che l'ex marito conviveva stabilmente con una compagna che gli aveva dato una figlia , la quale provvedeva fattivamente al suo mantenimento e al menage familiare, lavorando come impiegata ospedaliera e percependo redditi di oltre Euro 30.000,00 annui che la proprietà immobiliare della ricorrente si trovava in Calabria e non era esclusiva, ma in comunione con gli altri eredi per la quota di un decimo che la stessa aveva sì acquistato la quota di proprietà del marito della casa coniugale, ma per far questo aveva contratto un mutuo e un finanziamento che aveva ridotto la sua capacità reddituale che la stessa aveva visto peggiorare anche le proprie condizioni fisiche p. 17 del ricorso per cassazione . La stessa parte ha poi dedotto che la Corte di appello non aveva fatto buon governo dei principi che regolano la disciplina dell'assegno divorzile, come illustrati nella citata sentenza a Sezioni Unite sopra richiamata, omettendo ogni e qualsiasi riferimento al contributo fornito dalla ex moglie alla formazione del patrimonio comune e a quello del coniuge, anche in relazione alle potenzialità future, tenuto conto che quest'ultima all'inizio della relazione già lavorava, mentre il marito era ancora studente universitario e aveva conseguito la laurea in medicina appena sposato, ricevendo il sostegno economico della moglie durante gli anni di specializzazione e di avviamento della professione, che inoltre si era occupata attivamente dei figli, ancora in tenera età al momento della separazione p. 18 del ricorso per cassazione . 7. - Il ricorso va respinto. 7.1. - Quanto al rilievo dell'intervenuto decesso del R. , va fatta applicazione del principio secondo cui In tema di divorzio, nel caso di passaggio in giudicato della pronuncia parziale sullo status, con prosecuzione del giudizio al fine dell'attribuzione dell'assegno divorzile, il venir meno dell'ex coniuge nei confronti del quale la domanda era stata proposta nel corso del medesimo non ne comporta la declaratoria di improseguibilità, ma il giudizio può proseguire nei confronti degli eredi, per giungere all'accertamento della debenza dell'assegno dovuto sino al momento del decesso Cass., Sez. Unumero , 24 giugno 2022, numero 20494 . 7.2. - Il Collegio condivide le conclusioni originariamente prese dal Procuratore Generale. La determinazione dell'assegno divorzile in favore dell'ex coniuge in misura superiore a quella prevista in sede di separazione personale, in assenza di un mutamento nelle condizioni patrimoniali delle parti, non è conforme alla natura giuridica dell'obbligo, presupponendo, l'assegno di separazione la permanenza del vincolo coniugale, e, conseguentemente, la correlazione dell'adeguatezza dei redditi con il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio al contrario tale parametro non rileva in sede di fissazione dell'assegno divorzile, che deve invece essere quantificato in considerazione della sua natura assistenziale, compensativa e perequativa, secondo i criteri indicati alla l. numero 898 del 1970, articolo 5, comma 6, essendo volto non alla ricostituzione del tenore di vita endo-coniugale, ma al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall'ex coniuge beneficiario alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi Cass. 26 giugno 2019, numero 17098 Cass. 28 febbraio 2020, numero 5605 . Nel caso di specie, occorre dunque considerare che, in sede di separazione consensuale, nessun assegno era stato previsto a carico del R. in favore della P. , sicché, pur nella diversità dei presupposti, in assenza di apprezzabili peggioramenti della situazione di fatto della beneficiaria, tali da giustificare l'applicazione del criterio assistenziale o di specifiche allegazioni relative al ruolo endofamiliare svolto, tale profilo non poteva essere trascurato in sede di divorzio. Appare difatti condivisibile il ragionamento svolto dalla Corte territoriale, secondo cui, in mancanza di qualsivoglia richiesta di mantenimento in sede di separazione consensuale, risalente al 2001, e negli 11 anni che separarono questa dalla domanda di divorzio, nel 2012, potesse presumersi l'inesistenza di sopravvenute necessità assistenziali della richiedente, la quale, titolare di pensione, non risulta in situazione tale da non poter godere di un tenore di vita dignitoso, mentre, quanto al profilo compensativo-perequativo, va detto che le affermazioni della ricorrente sul punto non sono confermate da dati probatori dai quali emerga un concreto sacrificio delle aspettative di lavoro, a cagione dei doveri matrimoniali, o un particolare contributo alle affermazioni professionali del defunto R. . 8. - Il ricorso è rigettato e le spese del giudizio di legittimità si compensano, tenuto conto della peculiarità della vicenda processuale. Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato se dovuto. P.Q.M. rigetta il ricorso e compensa le spese, dando atto, ai sensi del D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, che sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.