Respinta la tesi difensiva, mirata a ridimensionare la gravità dell’episodio, sottolineando solo il dettaglio dell’azione compiuta dall’uomo. I Giudici chiariscono che non si può ignorare la posizione di debolezza della donna, che era alla ricerca di un lavoro.
Catalogabile come tentata violenza sessuale il bacio che il datore di lavoro ha provato a dare alla donna presentatasi per ottenere un impiego. Proprio la condizione della donna, alla disperata ricerca di un’occupazione, consente di considerare grave l’episodio, chiariscono i Giudici. Ricostruito in dettaglio la vicenda, i giudici di merito ritengono sacrosanta la condanna dell’uomo sotto processo. In Appello, in particolare, la pena viene fissata in dieci mesi e ventisei giorni di reclusione. Inequivocabile, secondo i giudici, il comportamento dell’uomo, che ha provato a dare un bacio a una donna che si era presentata da lui per ottenere un impiego. In Cassazione, però, il legale che rappresenta l’uomo prova a ridimensionare l’accusa a carico del suo cliente e spiega, in quest’ottica, che «il tentativo di bacio non può che rientrare nell’ipotesi della minore gravità». Prima di esaminare la vicenda, i Magistrati di terzo grado ricordano che, a fronte di un’accusa di violenza sessuale, per il riconoscimento del caso di minore gravità deve farsi riferimento ad una valutazione globale del fatto, valutazione in cui «assumono rilievo i mezzi, le modalità esecutive, il grado di coartazione esercitato sulla vittima, le condizioni fisiche e psicologiche della vittima, anche in relazione all’età», mentre per l’esclusione del caso di minore gravità «è sufficiente la presenza anche di un solo elemento di conclamata gravità». Poi, con riguardo all’ipotesi del tentativo di violenza sessuale, «si è chiarito», aggiungono i Giudici, «che, ai fini della configurabilità della circostanza attenuante del fatto di minore gravità, non si deve tenere conto dell’azione effettivamente compiuta dal soggetto, ma di quella che il soggetto aveva intenzione di porre in essere e che non è stata realizzata per cause indipendenti dalla sua volontà», non potendosi, comunque, prescindere, nell’ambito di una valutazione globale del fatto, dalla «considerazione delle modalità attuative del reato, degli atti compiuti, del grado di invasività della condotta realizzata nonché del danno psichico direttamente cagionato, e non di quello che ipoteticamente sarebbe derivato dal compimento degli atti sessuali». Tornando alla vicenda oggetto del processo, i Magistrati di Cassazione ritengono palese l’esistenza di «elementi ostativi al riconoscimento della minore gravità» del fatto, ossia «la reiterazione degli atti» e, soprattutto, «la situazione di debolezza in cui versava la vittima, la quale era alla ricerca disperata di un lavoro, situazione artatamente sfruttata dall’uomo» e ciò «è evidentemente sintomatico di un non trascurabile grado di coercizione sulla persona offesa». A fronte di tale quadro, è fragile il riferimento difensivo alla circostanza che «l’atto si è concretizzato in un mero tentativo di bacio», concludono i Giudici di Cassazione.
Presidente Andreazza – Relatore Corbetta Ritenuto in fatto e considerato in diritto 1. Con l'impugnata sentenza, in parziale riforma della decisione pronunciata dal Tribunale di Varese e appellata dall'imputato, la Corte di appello di Milano dichiarava non doversi procedere nei confronti di F.G. in relazione ai reati ex articolo 81 cpv. c.p., D.Lgs. numero 231 del 2007, 55, comma 9, 624, 625, comma 2, c.p. perché estinti per prescrizione, e, per l'effetto, rideterminava in dieci mesi e ventisei giorni di reclusione la pena per i restanti reati ex articolo 81,56,609-bis c.p. capo A e articolo 81,640 c.p. capo B , nel resto confermando la sentenza impugnata. 2. Avverso l'indicata sentenza, l'imputato, tramite il difensore di fiducia, propone ricorso per cassazione, che denuncia la violazione dell'articolo 606, comma 1, lett. b ed e , c.p.p. con riferimento all'articolo 609-bis, comma 3, c.p. Assume il difensore che il tentativo di bacio non può che rientrare nell'ipotesi della minore gravità, altrimenti si lascerebbe all'interprete un ampio spazio discrezionale, tale da determinare un'incertezza applicativa della norma. 3. Il ricorso è inammissibile. 4. Come costantemente predicato da questa Corte di legittimità, ai fini del riconoscimento della diminuente per i casi di minore gravità di cui all'articolo 609-bis, ultimo comma, c.p., deve farsi riferimento ad una valutazione globale del fatto, nella quale assumono rilievo i mezzi, le modalità esecutive, il grado di coartazione esercitato sulla vittima, le condizioni fisiche e psicologiche di quest'ultima, anche in relazione all'età, mentre ai fini del diniego della stessa attenuante è sufficiente la presenza anche di un solo elemento di conclamata gravità Sez. 4, numero 16122 del 12/10/2016 - dep. 30/03/2017, L., Rv. 269600 Sez. 3, numero 6784 del 18/11/2015 - dep. 22/02/2016, D., Rv. 266272 Sez. 3, numero 21623 del 15/04/2015 - dep. 25/05/2015, K., Rv. 263821 . Con riguardo, poi, all'ipotesi del tentativo, si è chiarito che, ai fini della configurabilità della circostanza attenuante del fatto di minore gravità, non si deve tenere conto dell'azione effettivamente compiuta dall'agente, ma di quella che lo stesso aveva intenzione di porre in essere e che non è stata realizzata per cause indipendenti dalla sua volontà Sez. 4, numero 18793 del 06/04/2017, dep. 18/04/2017, P., Rv. 270169 Sez. 3, numero 44416 del 09/11/2011, dep. 30/11/2011, C., Rv. 251216 , non potendo tuttavia prescindersi, nell'ambito di una valutazione globale del fatto, dalla considerazione delle modalità attuative del reato, degli atti compiuti, del grado di invasività della condotta realizzata nonché del danno psichico direttamente cagionato e non di quello che ipoteticamente sarebbe derivato dal compimento degli atti sessuali Sez. 3, numero 47700 del 11/04/2018, dep. 19/10/2018, G., Rv. 274968 . 5. Nel caso di specie, la Corte territoriale ha fatto corretta applicazione dei principi dinanzi indicati, individuando, quali elementi ostativi al riconoscimento della minore gravità , sia la reiterazione degli atti, sia, in particolare, la situazione di debolezza in cui versava la vittima, la quale era alla ricerca disperata di un lavoro, situazione artatamente sfruttata dall'imputato, il che è evidentemente sintomatico di un non trascurabile grado di coercizione sulla persona offesa. A fronte di tale motivazione, il ricorso appare generico, evidenziando unicamente la circostanza che l'atto si sarebbe concretizzato in un mero tentativo di bacio, con ciò dando rilievo a un solo aspetto del caso concreto, ossia la natura degli atti, omettendo, invece, di misurarsi con la valutazione complessiva della vicenda, come accertata dalla Corte di merito in ossequio all'indicata giurisprudenza di questa Corte di legittimità. 6. Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell'articolo 616 c.p.p., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità Corte Cost. sent. numero 186 del 13/06/2000 , alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, indicata in dispositivo. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. numero 196 del 2003, articolo 52 in quanto imposto dalla legge.