L'autonomo lavora in nero? Va comunque pagato

Anche se privo di partita IVA, il lavoratore autonomo ha diritto di chiedere il pagamento per l'opera svolta le eventuali violazioni di carattere tributario, infatti, non incidono sugli aspetti civilistici.

È quanto stabilito dalla Cassazione, con ordinanza numero 8450 del 24 marzo 2023. Nello specifico, la vicenda in esame riguarda un meccanico, che citava in giudizio il proprio cliente, per conto del quale aveva riparato tre veicoli, per sentirlo condannare al pagamento di oltre 4.700 euro per la manodopera e quasi 3.600 euro per i pezzi di ricambio comprati il cliente, a sua volta, eccepiva di aver provveduto a pagare le prestazioni, ma soprattutto denunciava la violazione dell'articolo 5 della legge numero 122/92 sugli autoriparatori e della legge quadro sull'artigianato. La vertenza è così giunta sino ai Giudici della Cassazione, che hanno confermato la decisione di primo e secondo grado correttamente, infatti, il Tribunale aveva definito il lavoratore in nero , al solo fine di «chiarire come mai lo stesso dovesse acquistare i pezzi di ricambio per conto dei clienti, facendo intestare a questi ultimi la fattura d'acquisto», ma senza alcuna conseguenza negativa sul suo diritto a percepire il compenso. Infatti, nel caso di lavoratore autonomo, nella specie meccanico, ciò che rileva al fine del riconoscimento del corrispettivo per il lavoro prestato è la conclusione del contratto di lavoro autonomo, in quanto la nullità prevista dall'articolo 2231 c.c. ricorre soltanto quando la prestazione espletata dal professionista rientri tra quelle riservate in via esclusiva ad una determinata categoria professionale, il cui esercizio sia subordinato per legge all'iscrizione in apposito albo o ad abilitazione al di fuori di tali attività, vige, infatti, il principio generale di libertà di lavoro autonomo o di libertà di impresa di servizi, a seconda del contenuto delle prestazioni e della relativa organizzazione Cass., numero 13342/2018 . Pertanto, nel caso in esame, trattandosi di opera artigiana, non vi è alcuna norma di legge che subordina il diritto al compenso del meccanico all'iscrizione ad un albo ne consegue che il lavoratore autonomo ha diritto di richiedere il pagamento per l'opera svolta, anche se privo di partita IVA, in quanto le eventuali violazioni di carattere tributario non incidono sugli aspetti civilistici.

Presidente Di Virgilio – Relatore Giannaccari Fatti di causa Il giudizio trae origine dalla domanda, proposta da S.G. dinanzi al Tribunale di Lecce nei confronti di M.A. per il pagamento della somma di Euro 4.772, 24, a titolo di compenso per una serie di interventi e riparazioni eseguite su tre veicoli, due di proprietà del convenuto ed uno di proprietà del figlio, nonché di Euro 3.598,54 a titolo di rimborso di quanto anticipato per il costo dei ricambi acquistati. Si costituì M.A., chiedendo il rigetto della domanda sostenendo che l'attività lavorativa era stata realizzata contra legem, poiché svolta in dispregio, oltre che della L. 122/92, articolo 5, anche della normativa di settore contenuta nella norma di cui all'articolo 5 della legge quadro per l'artigianato numero 443 del 08.08.1985 eccepì, inoltre, di aver provveduto al pagamento delle prestazioni. Con sentenza numero 3214/2018, il Tribunale di Lecce rigettò la domanda. Avverso la sentenza di primo grado S.G. propose gravame dinanzi alla Corte di appello di Lecce, la quale, in parziale riforma della sentenza di primo grado, condannò M.A. al pagamento in favore di S.G. della somma di 2.800,00, ritenendo che non vi fosse la prova dell'ulteriore importo richiesto. Ricorre per cassazione M.A. sulla base di due motivi. Resiste con controricorso S.G. Ragioni della decisione Con il primo motivo di ricorso, si deduce, ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 4, la nullità della sentenza per violazione dell'articolo 112 c.p.c., per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia relativamente all'assenza di un valido contratto intercorso inter partes. La Corte d'appello non si sarebbe pronunciata sulla illiceità del contratto per non essere lo S. titolare di qualifica professionale per lo svolgimento dell'attività di meccanico, prevista dalla normativa di settore. Con il secondo motivo di ricorso, si deduce, ai sensi dell'articolo 360, comma 1, numero 4 e 5, c.p.c., la nullità della sentenza per violazione dell'articolo 2034 c.c., nonché dell'articolo 116 c.p.c., per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti perché il giudice di merito avrebbe omesso di considerare che il contratto d'opera, rientrando nel novero delle obbligazioni naturali, non sarebbe meritevole di tutela giudiziaria. I motivi, da trattare congiuntamente in quanto strettamente connessi, sono infondati. Il vizio di omessa pronuncia su una domanda o eccezione di merito, che integra una violazione del principio di corrispondenza tra chiesto pronunciato ex articolo 112 c.p.c., ricorre quando vi sia omissione di qualsiasi decisione su di un capo di domanda, intendendosi per capo di domanda ogni richiesta delle parti diretta ad ottenere l'attuazione in concreto di una volontà di legge che garantisca un bene all'attore o al convenuto e, in genere, ogni istanza che abbia un contenuto concreto formulato in conclusione specifica, sulla quale deve essere emessa pronuncia di accoglimento o di rigetto ex multis Cassazione civile sez. VI, 27/11/2017, numero 28308 . Nel caso di specie, la Corte di merito si è pronunciata sull'eccezione di nullità della prestazione avvenuta in nero pag.3 della sentenza impugnata ed ha ritenuto la questione inconferente rispetto al decisum, in quanto il Tribunale, lungi dal derivarne qualsivoglia conseguenza negativa in ordine al diritto a percepire il compenso per l'opera prestata ha definito il sig. S. lavoratore in nero, al solo fine di chiarire come mai lo stesso dovesse acquistare i pezzi di ricambio per conto dei clienti, facendo intestare a questi ultimi la fattura d'acquisto . In seguito alla riformulazione dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 5, disposta dal D.L. numero 83 del 2012, articolo 54, conv., con modif., dalla l. numero 134 del 2012, non è più deducibile quale vizio di legittimità il semplice difetto di sufficienza della motivazione, nè, nel caso di specie, sussiste il vizio di apparente o omessa motivazione. La motivazione mancante o meramente apparente va configurata quando essa risulti del tutto inidonea ad assolvere alla funzione specifica di esplicitare le ragioni della decisione, per essere afflitta da un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili oppure perché perplessa ed obiettivamente incomprensibile in tal caso, si concreta una nullità processuale deducibile in sede di legittimità ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 4 Cassazione civile sez. VI, 25/09/2018, numero 22598 Cass. Sez. 07/04/2014 numero 8053 . Nel caso di specie, la motivazione consente di cogliere l'iter decisionale, nè sussiste il vizio di violazione di legge. Nel caso di lavoratore autonomo, nella specie meccanico, ciò che rileva al fine del riconoscimento del corrispettivo per il lavoro prestato, è la conclusione del contratto di lavoro autonomo, anche nella forma tacita. Invero, la nullità prevista dall'articolo 2231 c.c. ricorre soltanto quando la prestazione espletata dal professionista rientri tra quelle riservate in via esclusiva ad una determinata categoria professionale, il cui esercizio sia subordinato per legge all'iscrizione in apposito albo o ad abilitazione. Al di fuori di tali attività, vige, infatti, il principio generale di libertà di lavoro autonomo o di libertà di impresa di servizi, a seconda del contenuto delle prestazioni e della relativa organizzazione. v. Cass., numero 13342/2018 . Per chiarire la differenza normativa tra il professionista iscritto all'albo rispetto al lavoratore che presta attività manuale, questa Corte ha precisato che la disposizione contenuta nell'articolo 2231 del c.c., che regola la mancata iscrizione in albi o elenchi, si applica solo a chi svolge le professioni intellettuali. La nullità prevista dall'articolo 2231 c.c. ricorre, pertanto, soltanto quando la prestazione espletata dal professionista rientri tra quelle riservate in via esclusiva ad una determinata categoria professionale, il cui esercizio sia subordinato per legge alla iscrizione ad apposito albo o ad una abilitazione Cass. numero 13342 /2018 e Cass. numero 14085/2010 . Al di fuori di tale attività vige infatti il principio generale di libertà del lavoro autonomo o libertà di impresa di servizi, a seconda del contenuto delle prestazioni e della relativa organizzazione. Nel caso in esame, trattandosi di opera artigiana, non vi è norma di legge che subordina il diritto al compenso del meccanico all'iscrizione in albi. Ne consegue che il lavoratore autonomo ha diritto di richiedere il pagamento per l'opera svolta, anche se privo di partita I.V.A., in quanto le eventuali violazioni di carattere tributario non incidono sugli aspetti civilistici. La Corte d'appello ha correttamente ritenuto non dirimente ai fini del riconoscimento del diritto al compenso la questione relativa all'aver il prestatore svolto la propria attività in nero, riconoscendo in parte il compenso spettante allo S., nei limiti della prova raggiunta. Il ricorso va, pertanto, rigettato con conseguente condanna della parte ricorrente, risultata soccombente, al pagamento delle spese processuali, liquidate come in dispositivo. Ai sensi del D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente di un importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente di un importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.