Bullo condannato per le angherie in classe: dovrà anche risarcire la vittima

Condanna definitiva per un ragazzo che aveva preso di mira un suo compagno di classe affetto da autismo. Ad inchiodare il bullo sono state non solo le dichiarazioni della vittima ma anche le testimonianze fornite da due docenti e da due studentesse.

Impossibile sminuire le angherie compiute a scuola da un ragazzo ai danni di un compagno di classe affetto da autismo. Sacrosanto parlare di bullismo. Legittima, perciò, la condanna penale dello studente che ha agito da bullo e che ora dovrà anche risarcire economicamente lo sfortunato ragazzo da lui preso di mira. Scenario della terribile vicenda è una scuola superiore. Lì un ragazzo prende di mira – spalleggiato anche da un altro studente – un compagno di classe affetto da autismo, con ritardo dello sviluppo psichico e del linguaggio, riconosciuto portatore di handicap . I dettagli degli episodi venuti alla luce grazie alla denuncia fatta dalla vittima e grazie anche alle testimonianze di alcune ragazze della classe sono raccapriccianti. Il bullo non si è limitato, per così dire, a prendere in giro e a denigrare il compagno autistico, ma è arrivato anche a lanciargli contro oggetti vari, a chiedergli soldi e, infine, a spegnergli sulla mano una sigaretta. Per i giudici di merito ci si trova di fronte a reiterate condotte vessatorie ai danni di un ragazzo affetto da autismo , condotte che meritano una sanzione penale, anche perché esse hanno provocato nella vittima un perdurante stato d’ansia e di paura per la propria incolumità fisica, che egli ha manifestato ai genitori, allo psicologo, alla preside e agli insegnanti, e di intensità tale da costringerlo a mutare le proprie abitudini di vita, con particolare riferimento alla frequenza scolastica . Per chiudere il cerchio, infine, i giudici di merito sottolineano che la persona offesa ha anche patito lesioni personali volontarie , rappresentate da ustioni, determinate dal fatto che in tre occasioni due compagni di classe gli hanno spento sulla mano destra una sigaretta accesa . Il quadro probatorio è inequivocabile anche per i Giudici di Cassazione, i quali confermano, difatti, la condanna pronunciata in Appello ai danni del bullo. I Magistrati sottolineano, innanzitutto, che la patologia della vittima delle angherie non esclude di per sé la genuinità di quanto rivelato in ordine alle angherie subite per mano di due suoi compagni di classe . E a questo proposito i Magistrati aggiungono che alcuni dei testimoni indiretti, che hanno raccolto le confidenze della persona offesa sulle condotte vessatorie patite, sono stati anche testimoni diretti delle tracce di tali condotte – delle bruciature di sigaretta, in particolare – esemplari le dichiarazioni di due professoresse che raccolsero nell’immediatezza le confidenze della persona offesa, notando la presenza di una bruciatura fresca, con la carne viva . Rilevante, poi, anche il contributo fornito alla ricostruzione della vicenda da due compagne di classe della persona offesa, le quali non hanno riferito de relato , ma hanno descritto le condotte vessatorie cui il loro compagno veniva sottoposto costantemente, per averne avuta percezione diretta . I Magistrati sottolineano poi che è stata effettuata una specifica valutazione della credibilità del racconto della persona offesa e della attendibilità delle sue dichiarazioni, evidenziando la spontaneità con cui chiese l’aiuto della preside, incontrandola casualmente nel laboratorio scolastico, e la circostanza che un’educatrice scolastica, destinataria delle confidenze della persona offesa, ha riferito, basandosi sulla conoscenza del giovane, della incapacità di quest’ultimo di inventare menzogne, proprio in ragione del suo disturbo autistico . Per chiudere il cerchio, infine, i Giudici di Cassazione sottolineano l’accertata esistenza di uno stato d’ansia nella persona offesa , ovvero un cambiamento nelle sue abitudini di vita , soprattutto tenendo presente che lo studente vittima del bullo cominciò ad apparire, all’improvviso, più inquieto e meno entusiasta della scuola .

Presidente Sabeone – Relatore Guardiano In fatto e in diritto 1. Con la sentenza di cui in epigrafe la corte di appello di Genova confermava la sentenza con cui il tribunale di Savona, in data 22.3.2022, aveva condannato P.E. alla pena ritenuta di giustizia, oltre al risarcimento dei danni derivanti da reato in favore della costituita parte civile, in relazione ai delitti ex artt. 110,112, comma 1, n. 4 , 612 bis , comma 1, 3 e 4, c.p. capo A 81, cpv.,, 110, 112 comma 1, n. 4 , 61, n. 5 , 582, 585, 576, comma 1, n. 1 , in relazione all' art. 61, n. 2 , c.p. capo B , commessi in danno del compagno di classe C.S., che veniva fatto oggetto, ad opera del P. e dell' A.F. nei confronti del quale si è proceduto separatamente, perché minorenne all'epoca dei fatti , di reiterate condotte vessatorie, nonostante fosse un soggetto affetto da autismo, con ritardo dello sviluppo psichico e del linguaggio, riconosciuto portatore di handicap, in situazione di gravità, ex L. n. 104 del 1992, art. 3 . In ragione di tali condotte era insorto nel C. un perdurante stato d'ansia e di paura per la propria incolumità fisica, che egli aveva manifestato ai genitori, allo psicologo, alla preside e agli insegnanti, di intensità tale da costringerlo a mutare le proprie abitudini di vita, con riferimento alla frequenza scolastica. La persona offesa, inoltre, aveva patito ad opera del P. e dell' A. anche lesioni personali volontarie, rappresentate da ustioni, determinate dal fatto che in tre occasioni i menzionati compagni di classe gli avevano spento sulla mano destra una sigaretta accesa. 2. Avverso la sentenza della corte territoriale, di cui chiede l'annullamento, ha proposto ricorso per cassazione il P., lamentando 1 violazione di legge e vizio di motivazione, in quanto la corte territoriale ha del tutto frainteso il primo motivo di appello, con il quale la difesa non mai sostenuto che l'assunzione della testimonianza diretta della persona offesa fosse possibile e che, quindi, non fosse applicabile l' art. 195, comma 3, c.p.p. , ma, piuttosto, che, ai fini dell'applicabilità di tale disposizione normativa, sarebbe stato necessario dare adeguatamente conto delle eventuali ragioni a sostegno della credibilità e della veridicità del dichiarato della persona offesa, che, peraltro, lo stesso consulente tecnico del pubblico ministero, dottoressa Z.E. ha escluso nella sua deposizione 2 violazione di legge e vizio di motivazione in punto di ritenuta sussistenza dell'elemento oggettivo del reato di cui si discute, con particolare riferimento alla sussistenza di uno stato d'ansia della persona offesa e del mutamento delle sue abitudini di vita. 3. Con requisitoria scritta dell'11.11.2022, depositata sulla base della previsione del d.l, 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, comma 8, che consente la trattazione orale in udienza pubblica solo dei ricorsi per i quali tale modalità di celebrazione è stata specificamente richiesta da una delle parti, il sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di cassazione, chiede che il ricorso venga dichiarato inammissibile. Con memoria e conclusioni scritte del 7.12.2002, il difensore di fiducia dell'imputato, avv. Paolo Nolasco, nel replicare alla requisitoria del pubblico ministero, insiste per l'accoglimento del ricorso. 4. Il ricorso va dichiarato inammissibile, per le seguenti ragioni. 5. Va preliminarmente rilevato che il compendio probatorio a carico dell'imputato è formato, come esaustivamente indicato dalla corte territoriale, da molteplici testimonianze indirette rese da coloro che, in tempi e circostanze diverse, appresero i fatti dal minore e, contestualmente, osservarono i segni delle bruciature prodotte attraverso la pratica di spegnere delle sigarette, in almeno tre occasioni, sulla mano della persona offesa. In ordine a tali testimonianze, come riconosciuto dallo stesso imputato, non si pone alcun problema di inutilizzabilità ai sensi del disposto dell' art. 195, comma 3, c.p.p. , in quanto, come affermato dalla corte territoriale, le condizioni di salute della persona offesa e, in particolare, l'infermità permanente di natura psichica da cui il C. risulta affetto, non consentivano di assumerne efficacemente la testimonianza diretta per la impossibilità di un utile esame neppure al di fuori del luogo in cui si svolge il dibattimento cfr. p. 8 della sentenza oggetto di ricorso , integrando tale incontestata circostanza il caso di impossibilità di esame della fonte diretta di conoscenza dei fatti per cui è processo, per infermità della fonte stessa il C. , impossibilità che, ai sensi della menzionata disposizione normativa, rende pienamente utilizzabili le dichiarazioni del testimone de relato. Assodato tale aspetto, il ricorrente, come si è detto, nel primo motivo di impugnazione, concentra le sue doglianze sulla omessa valutazione, da parte deì giudici di merito, della credibilità e della veridicità del dichiarato della persona offesa , implicitamente riconoscendo, dunque, che la patologia del C. non esclude di per sé la genuinità di quanto da quest'ultimo rivelato ai propalanti in ordine alle angherie subite dai suoi compagni di classe, ché, altrimenti, non avrebbe senso denunciare come omessa una valutazione, che, in realtà, sarebbe stata impossibile da svolgere in considerazione delle evidenziate condizioni di salute della persona offesa. Se ciò è vero, come è vero, va innanzitutto evidenziata, con riferimento al contenuto della deposizione del consulente tecnico del pubblico ministero, dottoressa Z., da cui il ricorrente pretende di dedurre la mancanza di credibilità della persona offesa e di attendibilità delle dichiarazioni di quest'ultima raccolte dai testimoni indiretti e da essi riversate in dibattimento, la violazione del principio della cd. autosufficienza del ricorso, per cui è inammissibile il ricorso per cassazione che deduca vizi di motivazione e, pur richiamando atti specificamente indicati, non contenga, come nel caso in esame, con riferimento alla menzionata deposizione, la loro integrale trascrizione o allegazione, così da rendere lo stesso autosufficiente con riferimento alle relative doglianze cfr., ex plurimis, Cass., Sez. 2, n. 26725 del 01/03/2013 , Rv. 256723 Cass., Sez. 2, n. 20677 del 11/04/2017 , Rv. 270071 . Siffatta interpretazione va mantenuta ferma, come chiarito da alcuni recenti arresti, anche dopo l'entrata in vigore del D.Lgs. n. 28 luglio 1989, n. 271 , art. 165 bis, co. 2, inserito dal D.Lgs. n. 6 febbraio 2018, n. 11, art. 7, dovendosi ribadire l'onere di puntuale indicazione ed allegazione, da parte del ricorrente, degli atti che si assumono travisati e dei quali si ritiene necessaria l'allegazione, materialmente devoluta alla cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato cfr. Cass., Sez. 5, n. 5897 del 03/12/2020 , Rv. 280419 Cass., Sez. 2, n. 35164 del 08/05/2019 , Rv. 276432 . Il ricorrente, inoltre, non si confronta con un dato che emerge con assoluta evidenza dal contenuto della sentenza di secondo grado alcuni dei testimoni indiretti , che hanno raccolto le confidenze della persona offesa sulle condotte vessatorie patite per mano del P. e dell' A. sono stati anche testimoni diretti delle tracce di tali condotte in particolare delle bruciature di sigaretta cfr. le dichiarazioni della professoressa V.F. e della professoressa A.P., che raccolse nell'immediatezza del verificarsi di uno di questi eventi le confidenze della persona offesa, notando la presenza di una bruciatura fresca, con la carne viva, vicina a quella ormai cicatrizzata cfr. p. 11 della sentenza di appello . Ne' va taciuto il contributo fornito alla ricostruzione della vicenda, con particolare riferimento alla imputazione di cui all' art. 612 bis, c.p. , da testimoni come C.R. e A., compagne di classe dell'imputato e della persona offesa, che non hanno riferito de relato, ma hanno descritto le condotte vessatorie cui il C. veniva sottoposto costantemente dal P. e dall' A., per averne avuta percezione diretta cfr. p. 9 della sentenza di secondo grado . Infine, ma non da ultimo, si osserva che, contrariamente a quanto affermato dal ricorrente, la corte territoriale ha operato una specifica valutazione della credibilità del racconto della persona offesa e della attendibilità delle sue dichiarazioni, evidenziando la spontaneità con la quale il C. chiese l'aiuto della preside incontrandola casualmente nel laboratorio scolastico e la circostanza che l'educatrice scolastica B.H., destinataria delle confidenze della persona offesa in relazione all'episodio dell' Omissis , basandosi sulla conoscenza del giovane, ha riferito della incapacità di quest'ultimo di inventare menzogne, proprio in ragione del suo disturbo autistico cfr. p. 8 della sentenza di appello . Pertanto il primo motivo di ricorso appare anche manifestamente infondato e volto a sollecitare una rivalutazione delle risultanze processuali, sulla base di censure del tutto generiche, non scrutinabili in questa sede di legittimità. 6. A identiche conclusioni in punto di inammissibilità si perviene per quel che riguarda il secondo motivo di ricorso, con il quale il ricorrente contesta che le uniche prove dirette raccolte in dibattimento, al netto delle prove indirette, da lui qualificate come inutilizzabili nei sensi in precedenza indicati, dimostrino la sussistenza di uno stato d'ansia nella persona offesa ovvero un cambiamento nelle abitudini di vita di quest'ultima, dovendosi attribuire ad altre cause, in alcun modo addebitabili al P., la circostanza che il C. solo all'inizio del quinto anno scolastico, dopo averne frequentati quattro con il ricorrente senza problemi, apparisse più inquieto e meno entusiasta della scuola . E invero, trascura il ricorrente che, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza della Suprema Corte, anche a seguito della modifica apportata all'art. 606, comma 1, lett. e , c.p.p., dalla L. n. 46 del 2006 , resta non deducibile nel giudizio di legittimità il travisamento del fatto, stante la preclusione per la Corte di cassazione di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito. In questa sede di legittimità, infatti, è precluso il percorso argomentativo seguito dal ricorrente, che si risolve in una mera e del tutto generica lettura alternativa o rivalutazione del compendio probatorio, posto che, in tal caso, si demanderebbe alla Cassazione il compimento di una operazione estranea al giudizio di legittimità, quale è quella di reinterpretazione degli elementi di prova valutati dal giudice di merito ai fini della decisione cfr. ex plurimis, Cass., sez. VI, 22/01/2014, n. 10289 Cass., Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018 , Rv. 273217 Cass., Sez. 6, n. 25255 del 14/02/2012 , Rv. 253099 Cass., Sez. 5, n. 48050 del 02/07/2019 , Rv. 277758 . 7. Alla dichiarazione di inammissibilità, segue la condanna del ricorrente, ai sensi dell' art. 616, c.p.p. , al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 3000,00 a favore della Cassa delle Ammende, tenuto conto della circostanza che l'evidente inammissibilità dei motivi di impugnazione, non consente di ritenere quest'ultimo immune da colpa nella determinazione delle evidenziate ragioni di inammissibilità cfr. Corte Costituzionale, n. 186 del 13.6.2000 . Va, infine, disposta l'omissione delle generalità e degli altri dati identificativi in caso di diffusione del presente provvedimento, ai sensi del D.Lgs. n. 30/06/2003 n. 196, art. 52, comma 5. P.Q.M. dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52 , in quanto imposto dalla legge.