Incrocio con scarsa visibilità, rispettare il limite di velocità non basta: colpevole l’automobilista che non si ferma e si scontra con un altro veicolo

Condanna definitiva per il conducente sotto processo, ritenuto colpevole di omicidio colposo commesso con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale. L’impatto ha fatto finire l’altra vettura nel canale del fiume e le due persone presenti nel veicolo sono morte per annegamento. Impossibile ridimensionare la condotta dell’automobilista solo perché egli viaggiava a un’andatura rispettosa del limite di velocità.

Rispettare il limite di velocità nell’approcciare un incrocio, peraltro caratterizzato da una pessima visibilità, non basta per esonerare l’automobilista da ogni responsabilità per l’imprevisto impatto con un’altra vettura. Il drammatico episodio, costato la vita a due persone, risale al novembre del 2013, quando un uomo alla guida della propria vettura, tenendo una velocità compresa tra i 40 e i 48 chilometri orari – sotto il limite dei 50 chilometri orari ma ad una velocità superiore a quella entro cui deve viaggiare un veicolo in prossimità di un incrocio stradale , annotano i giudici di merito –, arriva all’altezza dell’incrocio senza decelerare adeguatamente il veicolo al fine di arrestarlo in corrispondenza del segnale di stop e non riuscendo ad effettuare alcuna manovra di arresto efficace o di aggiramento dell’ostacolo finisce con l’ impattare contro un’altra vettura che, a seguito dello scontro, supera la barriera metallica e precipita, ribaltandosi, nel sottostante canale del fiume . L’incidente ha un epilogo tragico le due donne presenti nella vettura finita nel fiume muoiono per annegamento. E così l’automobilista che ha causato lo scontro si ritrova condannato, sia in primo che in secondo grado, per il reato di omicidio colposo commesso con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale. Col ricorso in Cassazione il legale che difende l’automobilista sotto processo prova a mettere in discussione la responsabilità penale del proprio cliente. E in questa ottica egli sottolinea, innanzitutto, la velocità dell’auto era nettamente inferiore al limite di 50 chilometri orari , come riconosciuto anche dai giudici di merito. Allo stesso tempo, il legale sostiene che per attribuire una qualche colpa al suo cliente bisognerebbe dimostrare che la condotta di stop e ripartenza all’incrocio avrebbe consentito, con ragionevole certezza, una maggiore visibilità dell’incrocio stesso e un’apprezzabile minore velocità del veicolo . Mentre invece è acclarata, sottolinea il legale, l’ inadeguatezza dell’incrocio scenario dell’incidente, incrocio che perciò restituiva ai conducenti una falsa prospettiva, tale da determinare un gran numero di sinistri . A questo proposito, poi, il legale aggiunge che l’inappropriata costruzione del tratto stradale lo faceva apparire libero da veicoli e l’automobilista non aveva, anche per la presenza di edifici, nel caso concreto alcuna possibilità, neanche da fermo, di vedere sopraggiungere l’altro veicolo e quindi lo stop non era infatti sufficiente a garantire una circolazione sicura . Per chiudere il cerchio difensivo, infine, il legale aggiunge che la presenza di una barriera stradale adeguata e in buone condizioni di manutenzione avrebbe contenuto il veicolo su cui viaggiavano le persone offese, come evidenziato anche dal consulente della Procura e quindi l’inadeguatezza del parapetto stradale va considerata quale evento eccezionale e imprevedibile , tale da escludere la responsabilità dell’automobilista per la morte delle due persone che viaggiavano sull’altro veicolo. I magistrati di Cassazione ammettono che nel definire inadeguata la velocità tenuta dall’automobilista sotto processo i giudici d’Appello hanno individuato la regola di diligenza, ossia la velocità esigibile, da un ragionamento formulato a posteriori . Per essere precisi, i giudici d’Appello, pur avendo osservato che l’automobilista, al momento dello scontro col veicolo su cui viaggiavano le due vittime, circolava nel rispetto del limite di velocità di 50 chilometri orari , hanno sostenuto che egli avrebbe dovuto, in considerazione delle particolari condizioni atmosferiche di quel giorno, del traffico e delle peculiari caratteristiche della sede stradale, cioè un incrocio con rotatoria a più ingressi, mantenere una velocità ancor minore che gli avrebbe consentito di avere un maggior controllo dell’autovettura e di rispettare, quindi, il Codice della strada , ma hanno totalmente mancato di esplicitare quale fosse la velocità adeguata, ovvero quella che, alla luce di tutte le circostanze del caso, risultava – non ex post ma ex ante – doverosa Evidente, quindi, l’errore compiuto in Appello, ossia avere omesso di identificare il preciso contenuto della regola cautelare, finendo per far coincidere la velocità che ex ante l’automobilista avrebbe dovuto tenere con quella che ex post avrebbe evitato l’evento, così sovrapponendo al piano dell’accertamento della sussistenza di una condotta non cautelare quello dell’accertamento del nesso causale della colpa . Nonostante ciò, però, la responsabilità penale dell’automobilista non può essere messa in discussione. Su questo fronte i Giudici di Cassazione sottolineano il peso specifico della circostanza valorizzata in Appello, ossia il non essersi l’automobilista arrestato al segnale di stop e il non avere dato la dovuta precedenza all’auto delle due vittime . Tale acclarata violazione collega direttamente il conducente alla causazione del sinistro, non essendo intervenuti fattori tali da innescare un rischio nuovo ed eccentrico rispetto a quello originario attivato dalla condotta dell’automobilista e tali da interrompere il nesso causale tra condotta ed evento . In questa ottica i magistrati ritengono non rilevante il dato inerente al danneggiamento della barriera stradale, che poteva assurgere al massimo a concausa dell’evento lesivo, anche tenuto conto del fatto che l’automobilista non poteva non essere consapevole della pericolosità dell’incrocio, considerato altresì che esso non garantiva una buona visibilità, ulteriore ragione per la quale egli avrebbe dovuto rispettare il segnale di stop .

Presidente Dovere – Relatore Dawan Ritenuto in fatto 1. La Corte di appello d Napoli, parzialmente riformando la sentenza pronunciata dal Tribunale di Torre Annunziata nei confronti di D.C. per aver riconosciuto la circostanza attenuante di cui all' art. 62, n. 6, c.p. , con conseguente rideterminazione della pena, ha confermato la dichiarazione di responsabilità dell'imputato per il reato di omicidio colposo commesso con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale omissis . 1.2. Alla guida dell'autovettura omissis tg. omissis , l'imputato percorreva omissis , nel tenimento del Comune di […], con direzione di marcia […], viaggiando ad una velocità compresa tra i 40 e i 48 km/h, superiore a quella entro la quale deve viaggiare un veicolo in prossimità di un incrocio stradale. All'altezza dell'incrocio tra omissis , senza decelerare adeguatamente il proprio veicolo al fine di arrestarlo in corrispondenza del segnale di stop, e non riuscendo ad effettuare alcuna manovra di arresto efficace e/o di aggiramento dell'ostacolo, andava ad impattare contro l'autovettura omissis tg. omissis , che procedeva su omissis , diretto verso […] centro, nel momento in cui quest'ultima stava per immettersi su omissis . Per l'impatto, la omissis superava la barriera metallica e precipitava, ribaltandosi, nel sottostante canale del omissis ove perdevano la vita C.A. e R.A. 2. Avverso la prefata sentenza ricorre il difensore dell'imputato mediante l'articolazione di due motivi con cui lamenta 2.1. Violazione del diritto di difesa per essere state rigettate le doglianze difensive concernenti il mancato accoglimento delle due istanze di rinvio per legittimo impedimento nel corso del giudizio di primo grado, in relazione alle udienze del 22/02/2017 e del 25/10/2017, con connesse illogicità ed omissioni motivazionali sul punto. Nell'atto di appello, il difensore aveva ribadito, contrariamente a quanto assunto dal Tribunale, l'oggettiva impossibilità di adempiere due mandati difensivi concomitanti. La Corte di merito, tuttavia, ha condiviso gli assunti contenuti nelle ordinanze del Tribunale al riguardo, omettendo di spiegarne le ragioni. Richiama, sul punto, la sentenza delle Sezioni Unite n. 4909 del 18/12/2014. 2.2. Violazione dell' art. 533 c.p.p. per assenza della prova della responsabilità oltre ogni ragionevole dubbio, nonché degli artt. 40 e 41 c.p. in punto di nesso di causalità della colpa mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla sussistenza di cause oggettivamente idonee ad interrompere il nesso eziologico. La sentenza impugnata sovrappone piani eterogenei di valutazione, quello della causalità materiale e quello della causalità della colpa. I Giudici di merito hanno riconosciuto che la velocità dell'auto condotta dall'imputato era nettamente inferiore al limite di 50 km/h, collocandola tra i 30 e i 35 km/h. La valutazione di inadeguatezza ha dato luogo ad un duplice profilo di illogicità perché ha individuato la regola di diligenza - ossia la velocità esigibile - non solo da un ragionamento ex post, trascurando del tutto le caratteristiche insidiose del tratto stradale, ma ha fatto discendere uno o più dati certi velocità imputata da un elemento che, al contrario, si colloca nella sfera della probabilità, atteso che la sentenza di primo grado ha affermato che la velocità ricavata nel caso in questione non costituisce un dato certo e assoluto, potendo subire un arrotondamento del 20%, tanto in eccesso quanto in difetto. Detta variabilità incide sulla tematica dell'evitabilità in concreto dell'evento. Per connotare la causalità della colpa si sarebbe dovuto dimostrare che la condotta di stop/ripartenza avrebbe consentito, con ragionevole certezza, una maggiore visibilità dell'incrocio e/o un'apprezzabile minore velocità del veicolo del D., aspetti essenziali di cui è privo il percorso argomentativo della sentenza impugnata. Nel caso di specie, era palese che l'inadeguatezza dell'incrocio restituiva ai conducenti una falsa prospettiva, tale da determinare un gran numero di sinistri l'inappropriata costruzione del tratto stradale lo faceva apparire libero da veicoli e l'imputato, anche per la presenza di edifici, non aveva nel caso concreto alcuna possibilità, neanche da fermo, di vedere sopraggiungere la omissis . Lo stop non era infatti sufficiente a garantire una circolazione sicura. Nessuna menzione fa la Corte di appello rispetto alle censure in tema di imprevedibilità, tenuto conto del fatto che la presenza di una barriera stradale adeguata e in buone condizioni di manutenzione avrebbe contenuto il veicolo su cui viaggiavano le persone offese, come ha altresì evidenziato il consulente della Procura. L'inadeguatezza del parapetto stradale andava, quindi, considerata quale evento eccezionale, imprevedibile, tale da interrompere il nesso di causa. 3. Il Procuratore generale ha concluso per il rigetto. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato. 2. Il primo motivo è infondato. Secondo i principi stabiliti dalle Sezioni Unite di questa Corte Suprema L'Impegno professionale del difensore in altro procedimento costituisce legittimo impedimento che dà luogo ad assoluta impossibilità a comparire, ai sensi dell' art. 420 ter, comma 5, c.p.p. , a condizione che il difensore a prospetti l'impedimento non appena conosciuta la contemporaneità dei diversi impegni b indichi specificamente le ragioni che rendono essenziale l'espletamento della sua funzione nel diverso processo c rappresenti l'assenza in detto procedimento di altro codifensore che possa validamente difendere l'imputato d rappresenti l'impossibilità di avvalersi di un sostituto ai sensi dell' art. 102 c.p.p. sia nel processo a cui intende partecipare sia in quello di cui chiede il rinvio Sez. U, n. 4909 del 18/12/2014, dep. 2015, Torchio, Rv. 262912 - 01 già Sez. U, n. 4708 del 27/03/1992, Fogliani, Rv. 190828 - 01, con riferimento all'abrogato dell' art. 486, comma 5, c.p.p. , avevano sostenuto che, perché l'impegno professionale del difensore in altro procedimento possa essere assunto quale legittimo impedimento è necessario che il difensore prospetti l'impedimento e chieda il rinvio non appena conosciuta la contemporaneità dei diversi impegni e che non si limiti a comunicare e documentare l'esistenza di un contemporaneo impegno professionale in altro processo, ma esponga le ragioni che rendono essenziale l'espletamento della sua funzione in esso per la particolare natura dell'attività a cui deve presenziare, l'assenza in detto procedimento di altro codifensore che possa validamente difendere l'imputato, l'impossibilità di avvalersi di un sostituto ai sensi dell' art. 102 c.p.p. sia nel processo a cui si intende partecipare sia in quello di cui si chiede il rinvio . E, dunque, per quanto di rilievo nella presente sede, vale il principio per il quale l'obbligo di comunicare prontamente, ex art. 420- ter, comma 5, c.p.p. , il legittimo impedimento a comparire, per concorrente impegno professionale, si intende puntualmente adempiuto dal difensore quando questi, non appena ricevuta la notificazione della fissazione dell'udienza nella quale intenda far valere il legittimo impedimento, verifichi la sussistenza di un precedente impegno professionale davanti a diversa Autorità giudiziaria cui deve accordare prevalenza, conseguendone che la tempestività della comunicazione predetta va determinata con riferimento al momento in cui il difensore ha conoscenza dell'impedimento Sez. 5, n. 27174 del 22/04/2014, Sicolo e altro, Rv. 260579 - 01 . Nel caso di specie, la Corte di appello, ha fatto corretta applicazione dei menzionati principi, osservando che, in entrambi i casi di cui alle rispettive ordinanze di rigetto, non vi era stata pronta comunicazione del legittimo impedimento del difensore perché, a fronte di una notificazione della fissazione di udienza ricevuta diversi giorni prima della presentazione dell'istanza di differimento, le relative istanze dovevano ritenersi intempestive. Ha, pertanto, correttamente ritenuto assorbita anche la questione relativa alla argomentazione sull'impossibilità di avvalersi di sostituto, non più rilevante una volta che sia accertata l'intempestività della richiesta di differimento Sez. 5, n. 27174 del 22/04/2014, cit. . 3. Il secondo motivo è infondato, pur rendendosi necessarie alcune precisazioni. La Corte di appello ha osservato come dal compendio probatorio sia emersa, con palmare evidenza, la condotta negligente ed imprudente posta in essere dall'imputato, per avere violato le regole cautelari imposte dal codice della strada e, segnatamente, dagli artt. 140, 141 e 145, in particolare ponendo in luce che, sebbene l'odierno prevenuto al momento dello scontro con la omissis su cui viaggiavano le due vittime, circolasse nel rispetto del limite di velocità di 50 km/h, deve comunque tenersi conto del fatto che egli, in considerazione delle particolari condizioni atmosferiche di quel giorno, del traffico e delle peculiari caratteristiche della sede stradale un incrocio con rotatoria a più ingressi avrebbe dovuto mantenere una velocità ancora inferiore che avrebbe consentito di avere un maggior controllo dell'autovettura e di rispettare l' art. 140 C.d.S. , il cui disposto letterale impone a ciascun conducente di comportarsi in modo da non costituire ostacolo o pericolo per la circolazione e l'art. 141 medesimo codice, il quale statuisce che gli utenti della strada devono regolare la velocità della propria autovettura, a prescindere dal limite imposto, adattandola alle circostanze del caso concreto e cioè alle particolari condizioni della strada ovvero alle condizioni atmosferiche tali da richiedere una maggiore prudenza. Rileva, poi, che dagli accertamenti tecnici, era risultato che l'auto condotta dal D. pur tenendo una velocità contenuta, non si era arrestata al segnale di stop e non aveva dato così la precedenza, in violazione dell' art. 145 C.d.S. , concludendo, infine, nel senso che se l'imputato avesse percorso la strada ad una velocità minore e avesse mantenuto costantemente il controllo della autovettura, così da riuscire ad arrestarsi prontamente al segnale di stop e a non impattare contro il veicolo delle due vittime, la rovinosa caduta nel omissis della omissis in cui viaggiavano le due donne, seguita dal loro decesso per annegamento, non si sarebbe verificata . Tanto premesso, deve rilevarsi che coglie nel segno la doglianza con cui il ricorrente lamenta che la sentenza impugnata, nel definire inadeguata la velocità tenuta dal prevenuto, ha individuato la regola di diligenza, ossia la velocità esigibile, da un ragionamento formulato a posteriori. L'accertamento della violazione cautelare, invero, richiede la preliminare identificazione della regola che doveva essere osservata nel caso concreto. Sul tema, questa Corte ha osservato come questa operazione si appalesi agevole quando la regola cautelare è codificata con un contenuto sufficientemente determinato regola cautelare cosiddetta rigida , ma come più spesso, tuttavia, essa si presenti di notevole difficoltà, sia perché quella prescrizione va tratta dal patrimonio di conoscenze formatesi nel corpo sociale attraverso l'uso dei criteri euristici della prevedibilità e dell'evitabilità dell'evento pregiudizievole, sia perché spesso la regola codificata non esaurisce il quadro disciplinare, concorrendo con regole non codificate Sez. 4, n. 40050 del 29/03/2018, Lenarduzzi, Rv. 273871 - 01 la cui massima è formulata nei seguenti termini Nei reati colposi, qualora si assuma violata una regola cautelare cosiddetta elastica , che cioè necessiti, per la sua applicazione, di un legame più o meno esteso con le condizioni specifiche in cui l'agente deve operare - al contrario di quelle cosiddette rigide , che fissano con assoluta precisione lo schema di comportamento - è necessario, ai fini dell'accertamento dell'efficienza causale della condotta antidoverosa, procedere ad una valutazione di tutte le circostanze del caso concreto . Anche nel caso di regole codificate, tuttavia, l'eventuale natura elastica pone rilevanti problemi di definizione contenutistica, così come emblematicamente rappresentato dall' art. 141 cod. strada , che impone di tenere una velocità prudenziale ma non definisce quale essa sia attraverso parametri rigidi , valevoli in ogni caso, dovendo essa essere definita in relazione alle condizioni concrete nelle quali si pone l'atto della guida. Questa Corte ha precisato che è regola cautelare cosiddetta elastica quella che necessita, per la sua applicazione, di un legame più o meno esteso con le condizioni specifiche in cui l'agente deve operare mentre quelle cosiddette rigide fissano con assoluta precisione lo schema di comportamento Sez. 4, n. 29206 del 20/06/.2007, Di Caterina, Rv. 236905 -01, attinente proprio all' art. 141 C.d.S. . L'insidia che incombe in presenza di regole elastiche è che agisca più o meno inconsapevolmente l'errore cognitivo evocato dal brocardo post hoc ergo propter hoc, rispetto al quale le Sezioni Unite hanno segnalato il pericolo che il giudice prima definisca le prescrizioni o l'area di rischio consentito e poi ne riscontri la possibile violazione, con una innaturale sovrapposizione di ruoli che non è sufficientemente controbilanciata dalla terzietà Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014, Espenhahn e altri si veda anche Sez. 4, n. 36400 del 23/05/2013, Testa, Rv. 257112 - 01 e, più di recente, Sez. 4, n. 9390 del 13/12/2016, dep. 2017, Di Pietro e altro, Rv. 269254- 01 . Nel caso di specie, come si è detto, la sentenza impugnata - pur avendo osservato che, al momento dello scontro con la omissis su cui viaggiavano le due vittime, circolava nel rispetto del limite di velocità di 50 km/h procedendo, infatti, a 30-35 km/h - ha affermato che l'imputato in considerazione delle particolari condizioni atmosferiche di quel giorno, del traffico e delle peculiari caratteristiche della sede stradale un incrocio con rotatoria a più ingressi , avrebbe dovuto mantenere una velocità ancor minore che gli avrebbe consentito di avere un maggior controllo dell'autovettura e di rispettare, quindi, il disposto degli artt. 140 e 141 C.d.S. ma ha totalmente mancato di esplicitare quale fosse la velocità adeguata, ovvero quella che, alla luce di tutte le circostanze del caso, risultava - non ex post ma ex ante - doverosa. In conclusione, sullo specifico punto la Corte di appello ha omesso di identificare il preciso contenuto della regola cautelare, finendo per far coincidere la velocità che ex ante il D. avrebbe dovuto tenere con quella che ex post avrebbe evitato l'evento, così sovrapponendo al piano dell'accertamento della sussistenza di una condotta non cautelare quello dell'accertamento del nesso causale della colpa . Decisiva, ai fini della configurazione della responsabilità dell'imputato, appare, invece, la circostanza valorizzata dalla Corte di appello, costituita dalla violazione dell' art. 145 C.d.S. , per non essersi questi arrestato al segnale di stop e non avere dato la dovuta precedenza all'auto delle vittime. Detta violazione collega direttamente l'imputato alla causazione del sinistro, non essendo intervenuti, nel caso di specie, fattori che abbiano innescato un rischio nuovo ed eccentrico rispetto a quello originario attivato dalla prima condotta, tale da interrompere il nesso causale tra condotta ed evento sulla nozione di rischio eccentrico questa Corte si è espressa, più volte, con riguardo agli infortuni sul lavoro e alla responsabilità medica . Non costituisce rischio eccentrico, afferma la sentenza impugnata, con argomentare congruo e non manifestamente illogico, il dato inerente al danneggiamento della barriera stradale, la quale poteva, al più assurgere a concausa dell'evento lesivo, anche tenuto conto del fatto che l'imputato non poteva non essere consapevole della pericolosità dell'intersezione , considerato altresì che, come lamenta lo stesso ricorrente, l'incrocio non garantiva una buona visibilità, ulteriore ragione per la quale l'imputato avrebbe dovuto rispettare il segnale di stop. 4. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.