Pagamento effettuato con bonifico: l'estratto conto è sufficiente come prova?

Basta produrre in giudizio l'estratto conto da cui risulta la disposizione di bonifico per provare che il pagamento è avvenuto? La parola alla Cassazione.

Il caso. Con la sentenza in esame, la Suprema Corte è stata chiamata a pronunciarsi sulla risoluzione di un contratto preliminare stipulato tra le parti per l'acquisto di alcuni terreni nello specifico, la società promissaria acquirente riferiva l'inadempimento del suddetto contratto da parte della venditrice, che, a sua volta, sosteneva di non aver mai ricevuto alcun anticipo, non facendo prova l'estratto conto prodotto in giudizio dalla società, nel quale era leggibile solo l'annotazione di un bonifico, peraltro eseguito in data diversa da quella indicata nel preliminare. La Corte d'Appello, tuttavia, dichiarava risolto il contratto preliminare, condannando la donna a restituire la caparra di qui, il ricorso in Cassazione. La decisione della Corte. Il ricorso è fondato. La Corte d'Appello, infatti, ha errato nel ritenere che fosse onere della ricorrente, per il principio di vicinanza della prova, dimostrare di non aver ricevuto l'importo bonificato. Tale conclusione procede dall'errato presupposto che la semplice disposizione di bonifico costituisse prova del pagamento superabile solo con la dimostrazione, che competeva alla destinataria, di non aver ricevuto alcunché. È invece indubbio che la parte che agisca per la restituzione di una somma che assume di aver pagato «è gravata dell'onere di dimostrare l'effettività del versamento con mezzi idonei». Il pagamento delle obbligazioni per somma di denaro adempiute al domicilio del debitore, ove effettuabile in banca, infatti, si perfeziona «solo allorché la rimessa entri materialmente nella disponibilità dell'avente diritto e non anche quando e per il solo fatto che il debitore abbia inoltrato alla propria banca l'ordine di bonifico e questa abbia dichiarato di avervi dato corso» Cass. numero 149/2003 . Pertanto, «il pagamento postula il trasferimento, concretantesi in una traditio anche se non necessariamente materiale, della somma dovuta dalla sfera patrimoniale del solvens a quella dello accipiens , e quindi il conseguimento effettivo da parte di quest'ultimo della disponibilità della somma, effetto che non può ritenersi conseguito, neppure in via presuntiva, con il mero ordine di bonifico ove non risulti che le somme siano state sicuramente incamerate Cass. numero 15359/2019 . Inutile, quindi, invocare il principio di vicinanza della prova, trattandosi l'incasso delle somme circostanza che cade nella sfera di conoscibilità della società in relazione al mezzo di pagamento prescelto, che di per sé non può invertire l'onere della prova. La parola, ora, passa ai giudici del rinvio.

Presidente Di Virgilio – Relatore Fortunato Fatti di causa 1. L'Agrifondiaria s.r.l. ha adito il Tribunale di Venezia, esponendo che, con contratto preliminare del [ ], aveva promesso di acquistare da L.M.E. taluni terreni siti in omissis per il prezzo di Euro 360.000,00, di cui Euro 250.000,00 corrisposti a titolo di caparra confirmatoria ed il residuo da versare al momento della stipula del definitivo che la convenuta non aveva trasferito gli immobili ed aveva iscritto ipoteca sui beni a garanzia di un finanziamento di Euro. 4.560.000,00. Ha chiesto di pronunciare la risoluzione del contratto con rifusione del doppio della caparra o, in subordine, di disporre la restituzione delle somme versate, oltre al risarcimento del danno o al pagamento di un indennizzo ai sensi dell'articolo 2041 c.c. L.M.E. ha resistito alla domanda, sostenendo che era stato il figlio L.C.A., già amministratore della Agrifondiaria, ad iscrivere ipoteca sull'immobile a garanzia di un suo prestito personale, avvalendosi di una procura generale rilasciatagli dalla convenuta che inoltre la società non aveva mai comunicato l'avveramento della condizione sospensiva dell'approvazione della convenzione urbanistica con il Comune di omissis che rendeva esigibile il perfezionamento del definitivo, nè aveva mai corrisposto alcun anticipo, tantomeno a titolo di caparra, non facendo prova l'estratto conto prodotto in giudizio, nel quale era leggibile solo l'annotazione di un bonifico, peraltro eseguito in data diversa da quella indicata nel preliminare. Ha chiesto di respingere la domanda e di chiamare in causa L.C.A. per essere manlevata. Disposta la chiamata del terzo ed acquisita documentazione, il Tribunale ha dichiarato la risoluzione del preliminare e ha ordinato alla convenuta la restituzione di Euro 250.000,00, respingendo ogni altra domanda e liquidando le spese. La decisione è stata confermata in appello, ponendo in rilievo che, a prescindere dalla presenza dell'iscrizione ipotecaria sull'immobile, la promittente venditrice doveva considerarsi inadempiente per non aver concluso il definitivo e che era provato il pagamento dell'acconto, poiché - dimostrata l'effettuazione del bonifico - la ricorrente non aveva dimostrato di non aver incassato le somme. La Corte di merito ha inoltre asserito che le contestazioni dell'estratto conto erano generiche e tutt'altro che chiare e circostanziate e che le cancellature presenti sul documento non impedivano la lettura dei movimenti, e ha infine respinto l'azione di manleva, osservando che L.C.A. aveva sottoscritto il contratto non in proprio o quale procuratore della madre, ma quale legale rappresentante di Agrifondiaria s.r.l. ed era estraneo al rapporto controverso, non essendo pertinenti tutte le contestazioni concernenti la cattiva gestione del patrimonio della ricorrente. Per la cassazione della sentenza L.M.E. propone ricorso in sei motivi, cui resistono con controricorso l'Agrifondiaria s.r.l. e L.C.A. Le parti hanno depositato memoria illustrativa. Il ricorso è stato deciso in camera di consiglio nelle forme di cui al D.L. numero 137/2020, articolo 23, comma 8-bis, convertito con modificazioni con L. 176/2020, non essendo stata chiesta la discussione orale. Motivi della decisione 1. Sono infondate le eccezioni di inammissibilità del ricorso. L'impugnazione espone in modo sufficientemente dettagliato le vicende di causa, le questioni dibattute e il contenuto delle decisioni di merito, rendendo agevolmente comprensibili le critiche sollevate alla pronuncia di appello contiene infine un richiamo adeguatamente specifico agli atti del giudizio di merito di cui la parte ha inteso avvalersi. 2. Il primo motivo del ricorso denuncia la violazione dell'articolo 2697 c.c., per aver la pronuncia posto a carico della convenuta l'onere di dimostrare di non aver ricevuto l'acconto, finendo per esonerare la società, che aveva preteso il rimborso, dalla prova del pagamento. Tale prova non poteva considerarsi raggiunta nonostante l'effettuazione del bonifico, sia perché inviato in data diversa da quella di pagamento dell'acconto indicata nel preliminare, sia perché documentato esclusivamente da un estratto conto privo di valenza probatoria, essendo leggibile la sola disposizione impartita dalla banca. Il secondo motivo denuncia la violazione dell'articolo 2712 c.c., per aver la sentenza negato rilievo al disconoscimento dell'estratto conto, benché il documento presentasse cancellature che non consentivano di individuare le operazioni ivi annotate. Il terzo motivo denuncia la violazione degli articolo 115,116 e 132 numero 4 c.p.c., denunciando l'evidente contraddizione in cui sarebbe incorso il giudice distrettuale per aver prima affermato che il disconoscimento dell'estratto conto era generico e poi che il documento presentava numerose cancellature. Il quarto motivo lamenta la violazione degli articolo 115,116,132, numero 4 c.p.c., per aver la Corte di merito ritenuto provato il pagamento mediante l'estratto conto, pur trattandosi di prova atipica il cui utilizzo doveva essere specificamente ed adeguatamente motivato. Il quinto motivo denuncia la violazione degli articolo 112,132, numero 4 e 118 disp. att. c.p.c., contestando al giudice distrettuale di aver respinto il secondo motivo di appello, volto a riproporre le contestazioni della copia dell'estratto conto, senza in alcun modo motivare in merito all'eccepita inidoneità del documento a dimostrare l'effettivo versamento dell'acconto. Il sesto motivo denuncia la violazione dell'articolo 115 c.p.c., per aver la sentenza respinto la domanda di manleva, benché fosse stato L.C. ad iscrivere ipoteca sull'immobile a garanzia di un finanziamento personale, la quale iscrizione era stata allegata a fondamento della domanda di risoluzione. 2. Il primo motivo è fondato. Il versamento della caparra - di cui la pronuncia ha ordinato la restituzione - era stato documentato mediante la copia dell'estratto conto prodotto in giudizio, ove risultava annotata la disposizione di bonifico per l'importo di Euro 250.000,00 impartita alla banca in data 14.3.2015, in favore di L.M.E. Tale disposizione era la sola leggibile, essendo state cancellate - per ragioni di riservatezza - tutte le altre operazioni ordinate nel periodo. Secondo la Corte di merito, una volta provata la disposizione di bonifico era onere della ricorrente - per il principio di vicinanza della prova - dimostrare di non aver ricevuto l'importo bonificato. Tale conclusione procede dall'errato presupposto che la semplice disposizione di bonifico costituisse prova del pagamento superabile solo con la dimostrazione, che competeva alla destinataria, di non aver ricevuto alcunché. È invece indubbio che la parte che agisca per la restituzione di una somma che assume di aver pagato è gravata - tra l'altro - dell'onere di dimostrare l'effettività del versamento con mezzi idonei. Il pagamento delle obbligazioni per somma di denaro adempiute al domicilio del debitore, ove effettuabile in banca, si perfeziona solo allorché la rimessa entri materialmente nella disponibilità dell'avente diritto e non anche quando e per il solo fatto che il debitore abbia inoltrato alla propria banca l'ordine di bonifico e questa abbia dichiarato di avervi dato corso Cass. 149/2003 , dovendo soggiungersi che tale disposizione - ove non immediatamente eseguibile - è revocabile o anche suscettibile di storno ove non andata a buon fine. Il pagamento postula il trasferimento, concretantesi in una traditio anche se non necessariamente materiale, della somma dovuta dalla sfera patrimoniale del solvens a quella dello accipiens e quindi il conseguimento effettivo da parte di quest'ultimo della disponibilità della somma, effetto che non può ritenersi conseguito, neppure in via presuntiva, con il mero ordine di bonifico ove non risulti che le somme siano state sicuramente incamerate Cass. 10632/1996 Cass. 27520/2008 Cass. 15359/2019 . Tale principio ha portata generale ed è operante anche in materia di indebito oggettivo. La semplice disposizione di bonifico impartita dalla società, risultante dall'annotazione, non dimostrava - pertanto - l'effettuazione e il buon fine del pagamento, nè poteva invocarsi il principio di vicinanza della prova l'incasso delle somme era circostanza che cadeva nella sfera di conoscibilità della società in relazione al mezzo di pagamento prescelto e dalla scelta di una tale modalità solutoria non poteva conseguire alcuna inversione dell'onere probatorio riguardo all'effettiva ricezione delle somme cfr., in termini, Cass. s.u. 13533/2001 pag. 12 Cass. 11629/99 Cass. 3232/98 . In definitiva, la sentenza d'appello va cassata conformemente alle richieste della ricorrente per il fatto di aver tratto dalla semplice disposizione di bonifico conseguenze giuridiche erronee riguardo alla prova del pagamento e alla ripartizione dell'onere della prova dell'evento solutorio. 3. Il secondo, il terzo, il quarto e il quinto motivo sono assorbiti, atteso che, in ragione della dichiarata insufficienza della prova del versamento dell'acconto mediante la produzione del bonifico e dell'errato riparto dell'onere della prova della ricezione delle somme, non occorre verificare se la conformità della copia dell'estratto conto fosse stata correttamente disconosciuta e se l'uso del documento fosse precluso, non avendo la società dimostrato di aver versato gli acconti, di cui non può pretendere alcun rimborso. 4. Il sesto motivo è inammissibile. La risoluzione del preliminare è stata pronunciata a causa della violazione dell'obbligo gravante sulla ricorrente di concludere la vendita immobiliare. La pronuncia è passata in giudicato, non essendo direttamente attinta dai motivi di ricorso. Come si è già precisato, nessun rilievo ha invece assunto l'iscrizione ipotecaria sull'immobile promesso in vendita che, secondo la prospettazione di parte, giustificherebbe l'accoglimento dell'azione di manleva la ricorrente non ha quindi interesse a contestare la pronuncia di appello per aver affermato che il terzo chiamato era estraneo alle vicende dedotte in giudizio, non potendo ottenere - sotto tale profilo - una decisione diversa da quella adottata. Esclusa ogni rilevanza all'iscrizione ipotecaria, non si ha ragione di coltivare la manleva fondata su presupposti in fatto non suscettibili di un diverso apprezzamento in virtù del giudicato interno sulla risoluzione fondata su altre ragioni. È quindi accolto il primo motivo di ricorso, è respinto il sesto e sono assorbite le altre censure. La sentenza è cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio della causa alla Corte d'appello di Venezia, anche per la pronuncia sulle spese di legittimità. P.Q.M. accoglie il primo motivo di ricorso, rigetta il sesto e dichiara assorbite le altre censure, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte d'appello di Venezia, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese di legittimità.