Riprende vigore la tesi proposta dal legale di un imputato beccato in possesso di marijuana e hashish in quantitativi tali da ricavarne, rispettivamente, undici e centotrentadue dosi medie singole. I Giudici osservano che quantità e varietà delle sostanze non sono oggettivamente tali da collocare l'uomo responsabile dello spaccio ad un livello più o meno intermedio della filiera della distribuzione degli stupefacenti sul territorio. Illogico, quindi, escludere a priori la minima entità offensiva della condotta.
Lo spaccio di droga consolidato e ben organizzato può comunque essere valutato come fatto di lieve entità. A finire sotto processo è un uomo che, nel contesto della provincia di Napoli, viene fermato dalle forze dell'ordine e beccato in possesso di «marijuana e hashish» in quantitativi tali da «ricavarne, rispettivamente, undici e centotrentadue dosi medie singole» e con in tasca 175 euro. Consequenziale l'accusa a carico dell'uomo «detenzione di sostanze stupefacenti» destinate «alla vendita». Per i giudici di merito è logica, sia in primo che in secondo grado, la condanna dell'uomo, che non può, sempre secondo i giudici, neanche sperare in un ridimensionamento dei fatti e nel riconoscimento della condotta da lui tenuta come «di lieve entità». Proprio su quest'ultimo punto si sofferma l'avvocato che rappresenta in Cassazione l'uomo. Il legale sostiene che in secondo grado sia stato «valorizzato essenzialmente il dato quantitativo» delle due sostanze, trascurando, invece, «l'assenza, nella necessaria valutazione complessiva del fatto, di qualsiasi elemento sintomatico dell'inserimento» dell'uomo sotto processo «in circuiti criminosi». A riconoscere validità all'obiezione proposta dal legale provvedono i Giudici della Cassazione, i quali osservano che in Appello è stata esclusa l'ipotesi del fatto lieve «ritenendola non compatibile con l'abitualità o, quantomeno, l'organizzazione alla base dell'attività di spaccio» portata avanti dall'uomo, caratteristiche, quella della abitualità e della organizzazione, «desunte da qualità e quantità delle sostanze stupefacenti, dalla somma di denaro rinvenuta nella disponibilità dell'uomo, dalle modalità di condotta reiterate, dal contesto condiviso con altri spacciatori». Questa valutazione viene censurata dai Giudici di Cassazione, i quali osservano che «lo smercio di stupefacenti su un territorio si atteggia ordinariamente in modo non dissimile da una qualsiasi attività commerciale di scambio di beni, con canali di rifornimento, a monte, ed una rete di clienti a valle, con i quali il singolo operatore instaura naturalmente una relazione privilegiata». Logica, quindi, osservano i Giudici, «l'adozione di moduli operativi più o meno sperimentati e reiterati, a maggior ragione per l'elevato rischio coessenziale alla natura illecita del commercio» di droga. Perciò, «qualora la pluralità delle condotte e l'esistenza di un minimo di organizzazione dovessero reputarsi in contraddizione con la levità della condotta, dovrebbe necessariamente concludersi che», Testo unico sulla droga alla mano, «la fattispecie di lieve entità possa trovare applicazione soltanto in caso di condotta unica ed isolata». Ma «tale soluzione non solo non trova conforto nel dato normativo, ma è addirittura smentita» dal Testo unico sulla droga «là dove s'ipotizza e si punisce l'associazione per delinquere costituita per commettere esclusivamente condotte di cosiddetto piccolo spaccio, con ciò dando per ammesso che anche quest'ultimo possa dispiegarsi in forme e contesti non solamente estemporanei». Tornando alla vicenda oggetto del processo, i Giudici di Cassazione annotano che «i dati di fatto principalmente valorizzati» in Appello, ossia «quantità e varietà delle sostanze e somme di denaro disponibili 175 euro », «non sono oggettivamente tali da collocare l'uomo ad un livello più o meno intermedio della filiera della distribuzione degli stupefacenti sul territorio napoletano» e quindi sufficienti «ad escludere in modo indiscutibile la minima entità offensiva della condotta» contestata all'uomo. Necessario, perciò, un nuovo processo d'Appello per valutare la gravità dello spaccio di stupefacenti realizzato dall'uomo, e in questa i giudici di merito dovranno tenere conto delle osservazioni compiute dai Magistrati di Cassazione, osservazioni riassumibili col principio secondo cui «il fatto di lieve entità non è in astratto incompatibile con lo svolgimento di attività di spaccio non occasionale e continuativa».
Presidente Di Stefano – Relatore Rosati Ritenuto in fatto 1. Con atto del proprio difensore, R.B. ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Napoli del 10 maggio scorso, che ne ha confermato la condanna per il delitto di cui al D.P.R. numero 309 del 1990, articolo 73, comma 4, in relazione alla detenzione per la vendita di marijuana e hashish, in misura sufficiente a ricavarne, rispettivamente , circa 11 e 132 dosi medie singole. 2. Sono due i motivi di ricorso. 2.1. Il primo consiste nel vizio di motivazione n relazione al diniego dell'ipotesi lieve, ai sensi del comma 5 del medesimo articolo 73. La Corte d'appello - si sostiene - si sarebbe limitata a ripiegarsi sulle valutazioni del primo giudice, valorizzando essenzialmente il dato quantitativo, e perciò discostandosi dall'insegnamento delle Sezioni unite di questa Corte, di cui alla sentenza numero 51063 del 2018, avendo trascurato, nella necessaria valutazione complessiva del fatto, l'assenza di qualsiasi elemento sintomatico dell'inserimento del ricorrente in circuiti criminosi. 2.2. Il secondo motivo denuncia violazione di legge e vizi di motivazione in tema di considerazione della recidiva, quantunque bilanciata con il riconoscimento di attenuanti generiche equivalenti. Anche sotto questo aspetto, la sentenza non avrebbe assolto allo specifico onere di motivazione impostole dalla giurisprudenza costituzionale e di legittimità, limitandosi a prendere atto dell'esistenza di precedenti condanne, senza spiegare, invece, la necessaria relazione qualificata tra i fatti oggetto delle stesse e quello per cui si procede, rivelatrice della maggiore pericolosità del reo. 3. Ha depositato requisitoria scritta il Procuratore generale, concludendo per l'inammissibilità del ricorso. Considerato in diritto 1. È fondato il primo motivo di ricorso, con conseguente assorbimento di quello relativo al trattamento sanzionatorio. 2. La Corte d'appello ha escluso l'ipotesi lieve, ritenendola incompatibile con l'abitualità o quantomeno l'organizzazione alla base dell'attività di spaccio dell'imputato, desunte da qualità e quantità delle sostanze, somma di denaro rinvenuta nella sua disponibilità, modalità di condotta reiterate, contesto condiviso con altri spacciatori . Una siffatta relazione d'incompatibilità, in realtà, non può ravvisarsi. Lo smercio degli stupefacenti sul territorio, infatti, si atteggia ordinariamente in modo non dissimile da una qualsiasi attività commerciale di scambio di beni, con canali di rifornimento, a monte, ed una rete di clientela a valle, con i quali il singolo operatore instaura naturalmente - ancorché non necessariamente - una relazione privilegiata di qui, anche l'adozione di moduli operativi più o meno sperimentati e reiterati, a maggior ragione per l'elevato rischio coessenziale alla natura illecita di tale commercio. Qualora, perciò, la pluralità delle condotte e l'esistenza di un minimo di organizzazione dovessero reputarsi antinomiche alla levità della condotta, dovrebbe necessariamente concludersi che la fattispecie del citato articolo 73, comma 5, possa trovare applicazione soltanto in caso di condotta unica ed isolata. Una tale soluzione interpretativa, però, non solo non trova conforto nel dato normativo, ma, piuttosto, è logicamente smentita dalla disposizione del comma 6 del successivo articolo 74, là dove si ipotizza e si punisce l'associazione per delinquere costituita per commettere esclusivamente condotte di c.d. piccolo spaccio , con ciò dando per ammesso che anche quest'ultimo possa dispiegarsi in forme e contesti non solamente estemporanei. 3. Considerando, dunque, che i dati di fatto principalmente valorizzati dalla Corte a sostegno del proprio assunto - ovvero quantità e varietà delle sostanze circa 11 e 132 dosi medie singole e somme di denaro disponibili 175 Euro non sono oggettivamente tali da collocare l'imputato ad un livello più o meno intermedio della filiera della distribuzione degli stupefacenti su quel territorio, e quindi da escludere con indiscutibile evidenza la minima entità offensiva della sua condotta, s'impone una rivalutazione delle evidenze disponibili, alla luce dei seguenti principi di diritto - la fattispecie prevista e punita dall'articolo 73, comma 5, D.P.R. numero n 309 del 1990, può essere riconosciuta solo in ipotesi di minima offensività penale della condotta, deducibile sia dal dato qualitativo e quantitativo, sia dagli altri parametri richiamati dalla disposizione mezzi, modalità, circostanze dell'azione , con la conseguenza che, ove uno degli indici previsti dalla legge risulti negativamente assorbente, ogni altra considerazione resta priva di incidenza sul giudizio Sez. U, numero 17 dei 21/06/2000, Primavera, Rv. 216668 Sez. U, numero 35737 del 24/06/2010, Rico, Rv. 247911 la valutazione di tali indici normativi, cioè, deve necessariamente essere complessiva, nel senso che essi non possono essere utilizzati dal giudice alternativamente, riconoscendo od escludendo la lieve entità del fatto anche in presenza di un solo indicatore di segno positivo o negativo, a prescindere dalla considerazione degli altri, ma, ad un tempo, non è necessario che gli stessi abbiano tutti, indistintamente, segno positivo o negativo Sez. U, numero 51063 del 27/09/2018, Murolo, Rv. 274076 - in particolare, il fatto di lieve entità non è in astratto incompatibile con o svolgimento di attività di spaccio non occasionale e continuativa Sez. 3, numero 14017 del 20/02/2018, Caltabiano, Rv. 272706 . 4. La sentenza impugnata, in conclusione, dev'essere annullata, con rinvio del processo al giudice di merito. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata, con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Napoli.