Il mutato regime di procedibilità della Riforma Cartabia: effetti sul giudizio di legittimità e sul giudicato

In tema di condizioni di procedibilità, con riferimento ai reati divenuti perseguibili a querela per effetto del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 ed ai giudizi pendenti in sede di legittimità, deve escludersi che la sopravvenienza della procedibilità a querela, per effetto della novella normativa, sia idonea ad operare come un'ipotesi di abolitio criminis , capace di prevalere sulla inammissibilità del ricorso e di incidere sul c.d. giudicato sostanziale.

La sentenza in commento si occupa di analizzare il mutamento del regime di procedibilità di talune fattispecie di reato, a seguito della Riforma Cartabia, relativamente agli effetti sul giudizio di legittimità e in sede esecutiva. La normativa di riferimento. II d.lgs. n. 150/2022 cd. Riforma Cartabia” , ha modificato la procedibilità d'ufficio di alcune fattispecie di reato sia delitti che contravvenzioni , come ad esempio - tra i più diffusi nella prassi - i reati di furto aggravato ex art. 625 c.p., da sempre procedibili d'ufficio. In seguito alla conversione in legge del decreto-legge di differimento dell'entrata in vigore della riforma sono stati eliminati gli oneri di informazione della persona offesa a carico della autorità giudiziaria . Pertanto, la presentazione della querela per il reato già procedibile d'ufficio è un onere spontaneo” della persona offesa, che manifesta così la volontà che si proceda o si continui a procedere. Sono state poi inserite nuove disposizioni transitorie , che pongono un' eccezione alla regola dello spontaneo attivarsi da parte della persona offesa per manifestare la volontà di querela. Ad esempio, è stata stabilita la perdita di efficacia delle misure cautelari personali in corso di esecuzione, se entro venti giorni dall'entrata in vigore del decreto di differimento, l'autorità giudiziaria che procede non acquisisce la querela. In questo caso, è stato previsto un corrispondente onere di ricerca della persona offesa, ai fini della presentazione della querela, in capo all'autorità giudiziaria che può avvalersi della polizia giudiziaria a tal fine esclusivamente rispetto alle ipotesi, nelle quali, per il reato reso procedibile a querela, e per cui si procede, sia stata applicata e sia in esecuzione una misura cautelare. È stato inoltre previsto che, durante la pendenza dei termini per presentare la querela, si applica l' art. 346 c.p.p. quanto alla validità degli atti compiuti in mancanza di una condizione di procedibilità . E, ancora, che per i delitti di cui agli artt. 609- bis , 612- bis e 612- ter c.p., commessi prima dell'entrata in vigore del presente decreto, continua a procedersi d'ufficio quando il fatto è connesso con un delitto divenuto perseguibile a querela della persona offesa. L'irrilevanza del mutamento del regime di procedibilità in sede di legittimità e in sede esecutiva. La Corte rileva come, già in passato, il fenomeno della modifica del regime di procedibilità di alcune figure di reato, abbia condotto il Supremo Consesso ad individuare dei principi che devono ritenersi validi anche nel caso che ci occupa. Nelle pronunce passate, le Sezioni Unite hanno chiarito che deve escludersi che la sopravvenienza della procedibilità a querela e, ancor prima, la procedura finalizzata all'eventuale accertamento dell'improcedibilità per mancanza di querela a seguito dell'esito negativo della informativa data alla persona offesa, possano essere ritenute idonee ad operare come una ipotesi di abolitio criminis capace di prevalere sulla inammissibilità del ricorso la sopravvenuta eventualità della improcedibilità, dovuta all'abbandono del regime di perseguimento di ufficio del reato, non opera come la richiamata ipotesi abrogativa, la quale è destinata ad essere rilevata anche in sede esecutiva, mediante la revoca della sentenza ai sensi dell' art. 673 c.p.p. E' da escludere, infatti, che il giudice dell'esecuzione possa revocare la condanna rilevando la mancata integrazione del presupposto di procedibilità, sicché, anche nel giudizio di legittimità, la mancanza di tale condizione viene comunemente trattata come una questione di fatto, non potendo incidere sull'eventuale inammissibilità del ricorso. La distinzione tra mancanza” e remissione” della querela. Le Sezioni Unite hanno poi distinto il tema della verifica dell'esistenza della condizione di procedibilità, anche a seguito di sopravvenuta procedibilità a querela del reato, da quello della remissione di querela inizialmente proposta per reati che prevedevano tale regime non officioso di procedibilità. La remissione di querela , nel determinare l'estinzione del reato, prevale su eventuali cause di inammissibilità e va rilevata e dichiarata dal giudice di legittimità. Questo in quanto la remissione della querela è un istituto di natura ibrida, differente dalle altre cause di estinzione in ragione della sua caratteristica capacità non soltanto di estinguere il diritto punitivo dello Stato, ma di paralizzare la perseguibilità stessa del reato. Da tale natura consegue la massima estensione da attribuire al termine ultimo per la sua rilevazione, e cioè fino alla condanna irrevocabile in senso formale , che dunque va rilevata anche in caso di un'eventuale presentazione di un ricorso inammissibile . I principi di diritto. In conclusione, così come affermato dalle Sezioni Unite nelle precedenti pronunce, anche nelle ipotesi di mutato regime di procedibilità previsto dalla Riforma Cartabia, deve ritenersi che la sopravvenienza della procedibilità a querela non prevale sulla inammissibilità del ricorso , poiché, a differenza dell'ipotesi di abolitio criminis , non è idonea a incidere sul c.d. giudicato sostanziale la distinzione tra l'ipotesi di mancanza” della condizione di procedibilità quale quella che consegue al mancato esercizio del diritto di parte successivo al mutato regime di procedibilità per l'intervento innovativo del legislatore e quella di remissione” della querela proposta sin dall'inizio relativamente a reati soggetti a tale regime di procedibilità non officiosa. Solo in tale ultimo caso, infatti, è possibile riscontrare l'espressa manifestazione di volontà, da parte della vittima del reato o del soggetto legittimato a proporre querela, di recedere da quella intenzione punitiva che aveva in precedenza avanzato. In conclusione, deve affermarsi che, in tema di condizioni di procedibilità, con riferimento ai reati divenuti perseguibili a querela per effetto del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 ed ai giudizi pendenti in sede di legittimità, deve escludersi che la sopravvenienza della procedibilità a querela, per effetto della novella normativa, sia idonea ad operare come un'ipotesi di abolitio criminis , capace di prevalere sulla inammissibilità del ricorso e di incidere sul c.d. giudicato sostanziale.

Presidente Sabeone – Relatore Brancaccio Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza impugnata, la Corte d'Appello di Milano ha confermato la decisione del Tribunale di Milano, emessa il 9.4.2021, con cui P.A.P. è stato condannato alla pena di mesi cinque e giorni dieci di reclusione, oltre alla multa, in relazione al reato di tentato furto aggravato ex art. 625, comma 1, n. 2 , c.p. . 2. Avverso la sentenza della Corte di merito l'imputato ha proposto ricorso per cassazione, lamentando violazione di legge in relazione alla ritenuta sussistenza della circostanza aggravante della violenza sulle cose l'imputato si è limitato a rimuovere, dalle confezioni contenti gli orologi oggetto del tentativo di furto, le placche antitaccheggio, utilizzando un dispositivo di colore nero provvisto di calamita, idoneo a rimuovere il sistema antitaccheggio senza usare alcuna violenza. 3. Il Sostituto Procuratore Generale presso la Corte di cassazione, Paola Mastroberardino, con requisitoria scritta del 16.12.2022, depositata sulla base della previsione del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, comma 8, ha chiesto che il procedimento venga sospeso per consentire alla persona offesa di essere informata della possibilità di proporre querela. 3.1. Con conclusioni scritte del 3.1.2023, il difensore di fiducia dell'imputato ha chiesto che venga pronunciata sentenza di non doversi procedere per difetto di condizione di procedibilità, in conseguenza della nuova perseguibilità a querela del reato di furto, ancorché aggravato, non essendo sopravvissuto, in sede di conversione del D.L. n. 162 del 2022 , il potere del giudice procedente di dare avviso alla persona offesa della possibilità di proporre querela, previsto in origine dal D.Lgs. n. 150 del 2022, art. 85, comma 2, sicché il termine per proporre querela di mesi tre decorre, ai sensi del citato art. 85, comma 1, D.Lgs. n. 162 del 2022, a far data dall'entrata in vigore del suddetto decreto 10.10.2022 , venendo, pertanto, a scadere proprio il 10.1.2023. Considerato in diritto 1. Il ricorso è inammissibile, per le ragioni che si indicheranno di seguito. 2. L'unico motivo di censura formulato dal difensore dell'imputato, dedicato a denunciare l'insussistenza dei presupposti per ritenere la configurabilità dell'aggravante della violenza sulle cose, in relazione alla condotta di tentato furto per cui è stato condannato, è manifestamente infondato, oltre che strutturato con argomentazioni aspecifiche, prive di reale confronto con i dati di contesto accertati all'esito dei due giudizi di merito. La tesi difensiva sostiene che l'imputato, servendosi di un dispositivo munito di calamita, idoneo a sbloccare le placche antitaccheggio poste a protezione degli involucri della merce prelevata, non abbia esercitato alcuna violenza sulla refurtiva, sicché, non essendovi stata manomissione delle placche antitaccheggio, semplicemente rimosse, ma non danneggiate, nè delle confezioni, nè tantomeno degli oggetti sottratti, si dovrebbe escludere la configurabilità dell'aggravante prevista dall' art. 625, comma 1, n. 2, c.p. , al più potendo rivelarsi la sussistenza dell'aggravante del mezzo fraudolento. Invero, la giurisprudenza di legittimità ha costantemente affermato che, in tema di furto, la circostanza aggravante della violenza sulle cose si realizza tutte le volte in cui il soggetto faccia uso di energia fisica provocando la rottura, il guasto, il danneggiamento, la trasformazione, il mutamento di destinazione della cosa altrui o il distacco di una componente essenziale ai fini della funzionalità, tali da rendere necessaria un'attività di ripristino per restituire alla res la propria funzionalità Sez. 5, n. 13431 del 25/2/2021, Pirroncello, Rv. 282974 conf., Sez. 2, n. 6046 del 1973, Rv. 124879 . E si è chiarito che detta aggravante si realizza tutte le volte in cui il soggetto, per commettere il fatto, manomette l'opera dell'uomo posta a difesa o a tutela del suo patrimonio in modo che, per riportarla ad assolvere la sua originaria funzione, sia necessaria un'attività di ripristino, cosicché essa non è configurabile ove l'energia spiegata sulla cosa, mediante la sua forzatura, non determina una manomissione ma si risolve in una semplice manipolazione che non implichi alcuna rottura, guasto, danneggiamento, trasformazione o mutamento di destinazione, per cui sia necessaria un'attività di ripristino cfr., per tutte, Sez. 5, n. 11720 del 29/11/2019, dep. 2020, Romeo, Rv. 279042 Sez. 5, n. 20476 del 17/1/2018, Sforzato, Rv. 272705 Sez. 5, n. 53984 del 26/10/2017, Amoroso, Rv. 271889 . In un caso analogo a quello all'esame del Collegio, quanto al motivo di ricorso dedotto, si registra un orientamento - per ora non consolidato e che il ricorrente critica poiché la Corte d'Appello vi ha espressamente aderito per respingere il motivo specifico proposto nell'impugnazione - secondo cui l'asportazione tramite uno strumento calamitato, simile a quelli in dotazione agli esercizi commerciali, comporta un mutamento di destinazione della placca antitaccheggio, in quanto essa, separata dall'articolo esposto in vendita, non seguendo quest'ultimo nei suoi spostamenti, non è più in grado di attivare i segnalatori acustici ai varchi di uscita e quindi di segnalare al negoziante che il bene sta per essere portato fuori dell'esercizio commerciale senza che sia stato pagato il relativo prezzo il dispositivo antitaccheggio, cioè, asportato dalla res non può più svolgere la sua funzione di difesa dal furto che aveva indotto il negoziante ad applicarlo al bene offerto in vendita, mentre, d'altro canto, per recuperarlo, si impone un'attività di ripristino consistente nella riapplicazione della placca all'indumento mediante un apposito attrezzo cfr. Sez. 5, n. 4008 del 19/12/2018, dep. 2019, n. m. . 2.1. Tanto premesso, nel caso di specie, le osservazioni difensive relative alla manomissione inoffensiva delle sole placche antitaccheggio, disancorate dalle scatole contenenti gli orologi attraverso uno strumento calamitato che avrebbe impedito qualsiasi loro danneggiamento, si rivelano manifestamente infondate e generiche, poiché non tengono conto che l'unica tesi presente nella giurisprudenza di legittimità sul tema specifico, cui ha aderito il giudice d'appello, ritiene la sussistenza dell'aggravante in ipotesi simili sotto il profilo, diverso da quello attaccato dal ricorso ma ben centrato dalla sentenza impugnata, del mutamento di destinazione delle placche antitaccheggio una volta separate dal bene in vendita, e non già della loro manomissione con danneggiamento , mutamento di destinazione che determina l'assenza di difese per il bene protetto dal dispositivo. Le censure del ricorrente si rivelano anche aspecifiche poiché non menzionano in alcun modo la presenza di un dato di fatto determinante, evincibile dalle sentenze di merito, relativo alla rottura della pellicola di rivestimento di due di dette scatole, elemento certamente riconducibile alla nozione di vera e propria manomissione della res al centro della condotta delittuosa, da cui è derivato un danneggiamento, una trasformazione, che impone un'attività di ripristino. Invero, la sentenza di primo grado e quella d'appello hanno dato atto di una ricostruzione della vicenda relativa alle modalità di commissione del tentativo di furto degli orologi Apple watch , sottratti dal ricorrente all'interno di un negozio Mediaworld di Milano, ben più precisa di quella proposta nell'atto di impugnazione. Infatti, si è in più punti argomentato, in entrambe le pronunce, riguardo ad elementi che consentono di ritenere sussistente l'aggravante della violenza sulle cose, se direttamente riflessa sugli involucri contenenti gli orologi, e non soltanto sulla placca antitaccheggio. In particolare, nella sentenza della Corte d'Appello, vi è un netto riferimento al verificarsi di una rottura una manomissione dannosa, dunque della pellicola esterna di due delle tre scatole contenenti gli orologi cfr. pag. 3 della sentenza impugnata , recuperati grazie all'intervento di un operatore della vigilanza interna dell'esercizio commerciale, il quale aveva notato il fare sospetto dell'imputato, inducendolo ad abbandonare la refurtiva in un reparto, vicino alle casse. In un successivo passaggio argomentativo, inoltre, i giudici di secondo grado danno atto di come, nel corso dell'interrogatorio di convalida, l'imputato, cercando di accreditare una condotta di desistenza volontaria, abbia egli stesso ammesso di aver rovinato le scatole contenenti gli orologi, nel tentativo di appropriarsi degli oggetti. Nella sentenza del Tribunale, coerentemente, si riporta che due delle scatole erano state forzate, mediante la rottura della pellicola che le rivestiva, confermando le ammissioni dell'imputato, riguardo all'aver rovinato gli involucri degli orologi, addirittura offrendosi di ripagare il danno. Le censure difensive sono incentrate esclusivamente sulla denuncia, generica perché fuori fuoco rispetto alla ratio decidendi, come si è già sottolineato, dell'orientamento della giurisprudenza di legittimità richiamata dalla Corte d'Appello, ma non si preoccupano di attaccare la quota motivazionale della doppia pronuncia conforme , che induce a ritenere vi sia stato un danneggiamento delle cose che ci si accingeva a sottrarre, sub specie dell'involucro che le conteneva, in modo irrimediabile senza un'attività di ripristino. Il ricorso, pertanto, sconta un'evidente, generale manifesta infondatezza delle sue ragioni, oltre che un vizio di genericità nè è stata formulata a questa Corte regolatrice alcuna obiezione riguardo al contenuto descrittivo dell'imputazione relativa a detta circostanza, peraltro formalmente strutturata attraverso il riferimento normativo esplicito, oltre che sull'evidenziazione della rimozione delle placche antitaccheggio. 3. Valutata l'inammissibilità del ricorso proposto dall'imputato, le richieste del Procuratore Generale e della difesa di dare applicazione, eventualmente con le differenti modulazioni prospettate, alla disciplina legislativa di nuovo conio, introdotta dal D.Lgs. n. 10 ottobre 2022, n. 150 art. 2, comma 1, lett. i e relativa al mutato regime di procedibilità tra l'altro per i reati di furto aggravato evidentemente anche se tentato , impongono, peraltro, ed a prescindere dalla possibilità di agire d'ufficio da parte del Collegio, la necessità di operare un inquadramento normativo e sistematico della interazione tra la disciplina dell'inammissibilità del ricorso, come delineata dalla consolidata giurisprudenza di legittimità, e gli interventi legislativi che introducano novità sul regime di procedibilità dei reati. 3.1. Il D.Lgs. n. 150 del 2002 cd. Riforma Cartabia , come si è anticipato, ha modificato la procedibilità d'ufficio di alcune fattispecie di reato sia delitti che contravvenzioni , specificamente individuate dall'art. 2 del decreto citato, strutturato in un unico, complesso comma tra queste, anche i reati di furto aggravato ex art. 625 c.p. , da sempre procedibili d'ufficio. Per effetto della novella, all'art. 624, il comma 3 è sostituito dal seguente Il delitto è punibile a querela della persona offesa. Si procede, tuttavia, d'ufficio se la persona offesa è incapace, per età o per infermità, ovvero se ricorre taluna delle circostanze di cui all'art. 625, numeri 7, salvo che il fatto sia commesso su cose esposte alla pubblica fede, e 7-bis . . In seguito alla conversione in legge del decreto legge di differimento dell'entrata in vigore della riforma - il D.L. 31 ottobre 2022, n. 162 , conv. in L. 30 dicembre 2022, n. 199 - sono stati eliminati gli oneri di informazione della persona offesa a carico della autorità giudiziaria, mutuati da precedenti, analoghe novelle L. n. 689 del 1981 e D.Lgs. n. 36 del 2018 e già previsti dall' art. 85, comma 2, del citato D.Lgs. n. 150 del 2022 , nella versione non entrata in vigore per effetto del differimento art. 6 D.L. n. 162 del 2022 . Tale disposizione è stata espunta dalla norma transitoria fissata nel citato art. 85, sicché, attualmente, la presentazione della querela per il reato già procedibile d'ufficio è un onere spontaneo della persona offesa, che manifesta così la volontà che si proceda o si continui a procedere. Secondo l'opinione anche di una parte della dottrina, la scelta legislativa di optare per l'eliminazione degli oneri di informazione sicuramente gravosi, anche per le consistenti dimensioni quantitative, in termini di numero di procedimenti interessati, dell'intervento di novella è scaturita proprio dalla prolungata vacatio legis, oltre due mesi , seguita al differimento dell'entrata in vigore della riforma, che ha consentito un periodo, in qualche modo, di assorbimento nel circuito sociale e giuridico del mutato regime di procedibilità. Sono state inserite, inoltre, nel tessuto dell' art. 85 del D.Lgs. n. 150 del 2022 , dalla citata L. n. 199 del 2022 , nuove disposizioni transitorie, che pongono un'eccezione alla regola dello spontaneo attivarsi da parte della persona offesa per manifestare la volontà di querela cfr. il nuovo testo del comma 2 dell'art. 85 cit. essendo stata stabilita, infatti, la perdita di efficacia delle misure cautelari personali in corso di esecuzione se, entro venti giorni dall'entrata in vigore del presente decreto, l'autorità giudiziaria che procede non acquisisce la querela , si è previsto un corrispondente onere di ricerca della persona offesa, ai fini della presentazione della querela, in capo all'autorità giudiziaria che può avvalersi della polizia giudiziaria a tal fine esclusivamente rispetto alle ipotesi, nelle quali, per il reato reso procedibile a querela, e per cui si procede, sia stata applicata e sia in esecuzione una misura cautelare. L'innesto operato in sede di conversione del D.L. n. 162 del 2022 ha inserito, infine, altre due ulteriori disposizioni transitorie un nuovo comma 2-bis dell' art. 85 D.Lgs. n. 150/2022 si stabilisce durante la pendenza dei termini per presentare la querela si applica l' art. 346 c.p.p. quanto alla validità degli atti compiuti in mancanza di una condizione di procedibilità un successivo comma 2-ter, ai sensi del quale per i delitti di cui agli artt. 609 bis , 612 bis e 612 ter del codice penale , commessi prima dell'entrata in vigore del presente decreto, continua a procedersi d'ufficio quando il fatto è connesso con un delitto divenuto perseguibile a querela della persona offesa in base alle disposizioni del presente decreto . 3.2. Svolta tale necessaria premessa, vi è da evidenziare come, per quel che rileva in questa sede, il fenomeno della modifica del regime di procedibilità di alcune figure di reato, sovente generato da aspirazioni di tendenziale deflazione del carico penale gravante sul sistema giudiziario nel suo complesso, non è inconsueto e, anzi, di recente, ha interessato una serie di fattispecie delittuose, la procedibilità delle quali è stata trasformata da officiosa ad iniziativa di parte e delle quali le Sezioni Unite della Corte di cassazione hanno già avuto modo di occuparsi. Come noto, infatti, in occasione dell'entrata in vigore del D.Lgs. n. 36 del 10 aprile 2018 , è stato affermato che, in tema di condizioni di procedibilità, con riferimento ai reati divenuti perseguibili a querela per effetto di discipline normative sopravvenute ed ai giudizi pendenti in sede di legittimità, l'inammissibilità del ricorso esclude che debba darsi alla persona offesa l'avviso previsto per l'eventuale esercizio del diritto di querela cfr. Sez. U, n. 40150 del 21/6/2018, Salatino, Rv. 273551 . All'esito di un'analisi della giurisprudenza di legittimità che ha costruito, nel corso degli anni, il paradigma del rapporto tra inammissibilità e giudicato sostanziale , indicando, progressivamente, le eccezioni alla regola del formarsi di quest'ultimo, invalicabile passaggio decisorio i passaggi fondamentali del percorso ermeneutico disegnato dalle Sezioni Unite si ritrovano, tra tutte, nelle sentenze Sez. U, n. 32 del 22/11/2000, dep. 2001, D L, Rv. 217266 Sez. U, n. 23428 del 22/3/2005, Bracale, Rv. 231164 Sez. U, n. 33040 del 26/2/2015, Jazouli, Rv. 264207 Sez. U, n. 46653 del 26/6/2015, Della Fazia, Rv. 265111 Sez. U, n. 47766 del 26/6/2015, Butera, Rv. 265107 Sez. U, n. 12602 del 17/12/2015, dep. 2016, Ricci, Rv. 266818 oggi, alla teoria appena esposta, si aggiunge Sez. U, n. 38809 del 31/3/2022, Miraglia, Rv. 283689 , le Sezioni Unite hanno chiarito che a deve escludersi che la sopravvenienza della procedibilità a querela e, ancor prima, la procedura finalizzata all'eventuale accertamento dell'improcedibilità per mancanza di querela a seguito dell'esito negativo della informativa data alla persona offesa secondo il meccanismo transitorio per il recupero eventuale della potestà della parte privata di richiedere l'esercizio dell'azione penale previsto dalla novella del 2018 , possano essere ritenute idonee ad operare come una ipotesi di abolitio criminis e finalizzazione all'accertamento di abolitio criminis , capace di prevalere sulla inammissibilità del ricorso b la sopravvenuta eventualità della improcedibilità, dovuta all'abbandono del regime di perseguimento di ufficio del reato, non opera come la richiamata ipotesi abrogativa, la quale è destinata ad essere rilevata anche in sede esecutiva, mediante la revoca della sentenza ai sensi dell'art. 673 cod. proc. peri. e per tale ragione - essenzialmente di economia processuale - è stata ritenuta dalla giurisprudenza apprezzabile anche in fase di cognizione ed in presenza di ricorso inammissibile. È da escludere, infatti, sottolinea la sentenza Salatino, che il giudice dell'esecuzione possa revocare la condanna rilevando la mancata integrazione del presupposto di procedibilità, sicché, anche nel giudizio di legittimità, la mancanza di tale condizione viene comunemente trattata come una questione di fatto, soggetta alle regole della autosufficienza del ricorso Sez. 6, n. 44774 del 08/10/2015, Raggi, Rv. 265343 ed ai limiti dei poteri di accertamento della Cassazione Sez. 3, n. 39188 del 14/10/2010, S., Rv. 248568 .7 Pertanto, si conclude, non può dirsi che la declaratoria di inammissibilità del ricorso sia destinata ad essere messa in crisi da una ipotetica, incondizionata necessità di verifica dello stato della condizione di procedibilità come richiesta dalla normativa all'epoca subentrata. Per giungere a tali conclusioni, la sentenza Salatino non ha mancato di osservare - su di un piano più squisitamente dogmatico - come la giurisprudenza di legittimità e la stessa dottrina abbiano accreditato la querela quale istituto da assimilare a quelli che entrano a comporre il quadro per la determinazione dell'an e del quomodo di applicazione del precetto, ai sensi dell' art. 2, comma 4, c.p. v., in tema di procedibilità d'ufficio per i reati di violenza sessuale, Sez. 5, n. 44390 del 08/06/2015, R., Rv. 265999 e Sez. 3, n. 2733 del 08/07/1997, Frualdo, Rv. 209188 in tema di procedibilità a querela introdotta per il reato di cui all' art. 642 c.p. , Sez. 2, n. 40399 del 24/09/2008, Calabrò, Rv. 241862 , giungendo per via interpretativa, quando non vi ha provveduto il legislatore con una specifica norma transitoria, alla conclusione della applicazione retroattiva dei soli mutamenti favorevoli sostituzione del regime della procedibilità di ufficio con quello della procedibilità a querela , senza, tuttavia, che possa valere la ben più pregnante regola della cedevolezza del giudicato . Le Sezioni Unite - con un'esegesi che si rivela vieppiù utile nell'esame dell'odierna novella normativa, che, come si è anticipato, attraverso l'innesto operato dalla L. n. 199 del 2022 , di conversione del D.L. n. 162 del 2022 , ha eliminato la necessità degli avvisi, da parte dell'autorità giudiziaria, alla persona offesa potenziale querelante salvo che per i procedimenti con misure cautelari personali in atto - hanno distinto, molto acutamente, il tema della verifica dell'esistenza della condizione di procedibilità, anche a seguito di sopravvenuta procedibilità a querela del reato, da quello della remissione di querela inizialmente proposta per reati che prevedevano tale regime non officioso di procedibilità, confrontandosi con le affermazioni di un'altra e importante pronuncia del massimo collegio nomofilattico Sez. U, n. 24246 del 25/02/2004, Chiasserini, Rv. 227681, sentenza incentrata sulla remissione di querela che sia intervenuta in pendenza del ricorso per cassazione e sia stata ritualmente accettata. La sentenza Salatino ha precisato che il principio cui è approdata la pronuncia Chiasserini - la remissione di querela, nel determinare l'estinzione del reato, prevale su eventuali cause di inammissibilità e va rilevata e dichiarata dal giudice di legittimità, sempre che il ricorso sia stato tempestivamente proposto - trae origine da un inquadramento della remissione della querela non tanto come istituto sostanziale, e per questo assimilabile alle altre cause di estinzione del reato, quanto istituto di natura che si potrebbe definire ibrida sulla querela quale istituto di natura mista, sostanziale e processuale , che costituisce nel contempo condizione di procedibilità e di punibilità , v., da ultimo, Sez. 2, n. 14987 del 9/1/2020, Rv. 279197 , differente dalle altre cause di estinzione in ragione della sua caratteristica capacità non soltanto di estinguere il diritto punitivo dello Stato, ma di paralizzare la perseguibilità stessa del reato. Da tale natura ed attitudine consegue la massima estensione da attribuire al termine ultimo per la sua rilevazione, secondo il disposto dell' art. 152, comma 3, c.p. , e cioè fino alla condanna irrevocabile in senso formale, che è evenienza processuale sicuramente posteriore e indipendente dal fatto in sé della presentazione di un ricorso inammissibile e utile ai fini in esame, salvo il caso della inammissibilità per tardività. La stessa sentenza Chiasserini, tuttavia, - come sottolineano le Sezioni Unite nel 2018, per centrare la propria posizione ermeneutica rispetto alla novella in esame ed operando un prezioso confronto - non manca di rilevare, significativamente, che, in caso non di remissione, ma di mancanza di una condizione di procedibilità, la problematica appare davvero non coincidente . Rimarcando tale diversità, pertanto, la sentenza Salatino evidenzia come questa si riveli ancor più nelle ipotesi per le quali - come accade anche per le modifiche apportate dal D.Lgs. n. 150 del 2022 - il confine ampliato utile alla rilevazione della remissione di querela, su un terreno che privilegia il dato cronologico fino alla condanna irrevocabile e cioè al giudicato formale su quello dei rapporti processuali validi, in linea generale, per le altre cause di non punibilità pendenza del processo in ragione della presentazione di un ricorso ammissibile, e quindi mancata formazione del giudicato sostanziale può valere per registrare gli effetti dell'esercizio extra-processuale del diritto potestativo della persona offesa a far cadere la già espressa manifestazione di volontà negoziale ma non può valere per l'espletamento di un procedimento incidentale a effetto eventuale, quale quello a tutela della persona offesa, volto a verificarne la volontà nell'ottica della presentazione della querela. Orbene, pur nella attuale, parziale diversità normativa tra la novella del 2018 e quella del 2022, derivata dall'eliminazione fatta salva l'eccezione già richiamata della necessità di dare avviso, da parte dell'autorità giudiziaria, alla persona offesa, circa il mutato regime di procedibilità, con conseguente previsione di un onere, gravante su quest'ultima, di manifestare, eventualmente, la propria volontà di proporre querela, non vi è dubbio che il nucleo centrale delle affermazioni delle Sezioni Unite Salatino rimanga valido a sia quanto all'affermazione principale secondo cui la sopravvenienza della procedibilità a querela non prevale sulla inammissibilità del ricorso, poiché, a differenza dell'ipotesi di abolitio criminis, non è idonea a incidere sul c.d. giudicato sostanziale b sia quanto alla distinzione tra l'ipotesi di mancanza della condizione di procedibilità quale quella che consegue al mancato esercizio del diritto di parte successivo al mutato regime di procedibilità per l'intervento innovativo del legislatore e quella di remissione della querela proposta sin dall'inizio relativamente a reati soggetti a tale regime di procedibilità non officiosa. Solo in tale ultimo caso, infatti, è possibile riscontrare l'espressa manifestazione di volontà, da parte della vittima del reato o del soggetto legittimato a proporre querela, di recedere da quella intenzione punitiva che aveva in precedenza avanzato. In conclusione, deve affermarsi che, in tema di condizioni di procedibilità, con riferimento ai reati divenuti perseguibili a querela per effetto del D.Lgs. n. 10 ottobre 2022, n. 150 ed ai giudizi pendenti in sede di legittimità, deve escludersi che la sopravvenienza della procedibilità a querela, per effetto della novella normativa, sia idonea ad operare come un'ipotesi di abolitio criminis, capace di prevalere sulla inammissibilità del ricorso e di incidere sul c.d. giudicato sostanziale . 4. Alla luce delle coordinate ermeneutiche sin qui tracciate deve essere risolta la fattispecie concreta sottoposta al giudizio del Collegio, posto che non risulta sia stata proposta querela. Il ricorso dell'imputato è da valutarsi, come anticipato, inammissibile poiché manifestamente infondato, oltre che in parte genericamente formulato, senza confronto effettivo con gli esiti dell'accertamento condotto dalle due sentenze di merito, conformi relativamente alla dinamica di accadimento dei fatti ascritti all'imputato ed alla configurata sussistenza dell'aggravante della violenza sulle cose, rispetto al tentativo di furto contestato. Di conseguenza, il mutato regime di procedibilità a querela del reato non determina alcuna possibilità di incidere un giudicato sostanziale che si è già formato ed i cui effetti, pur siglati dalla constatazione operata dalla decisione della Cassazione, retroagiscono al momento del mancato instaurarsi di un valido rapporto processuale. 5. All'inammissibilità del ricorso del ricorso segue, ai sensi dell' art. 616 c.p.p. , la condanna del ricorrente che lo ha proposto al pagamento delle spese processuali nonché, ravvisandosi profili di colpa relativi alla causa di inammissibilità cfr. sul punto Corte Cost. n. 186 del 2000 , al versamento, a favore della Cassa delle Ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo determinare in Euro 3.000. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.