Nel caso in cui il procedimento di fallimento riguardi un soggetto deceduto, l’erede, ancorché non sia imprenditore e non sia subentrato nell’impresa del de cuius, deve essere convocato avanti al tribunale competente alla dichiarazione di fallimento.
Con ricorso di fallimento in estensione, il curatore del fallimento di una farmacia rilevava la natura societaria dell'attività e il suolo dei soci illimitatamente responsabili dei soggetti che avevano di fatto gestito, controllato, finanziato e diretto l'attività d'impresa. In particolare, il prestanome al quale risultava intestata la società individuale aveva infatti seguito le direttive di uno dei soci occulti fino alla sua morte, quando erano dunque subentrati gli altri due soggetti. Il Tribunale ha rigettato la domanda della curatela, sottolineando in particolare l'improcedibilità del ricorso nei confronti del socio deceduto per mancanza della prova della notifica agli eredi. La decisione è stata però ribaltata in appello, dove è stata ritenuta non necessaria, nel procedimento prefallimentare, la notifica del ricorso agli eredi del fallendo deceduto. La pronuncia è stata impugnata in Cassazione. Nell'accogliere il ricorso con rinvio, il Collegio afferma il principio di diritto secondo cui «Nel caso in cui il procedimento di fallimento riguardi un soggetto deceduto, l'erede di questo, ancorché non sia imprenditore e non sia subentrato nell'impresa del de cuius, deve essere convocato avanti al tribunale competente alla dichiarazione di fallimento, nel rispetto del principio del contraddittorio enunciato, in termini generali, dall'articolo 15, comma 2, della l. fall., come sostituito dall'articolo 13 d.lgs. numero 5/2006 e dall'articolo 2, comma 4, d.lgs. numero 169/2007 tale norma, infatti, rende il detto erede il naturale contraddittore della parte istante con riferimento a una domanda che, per essere diretta alla pronuncia di fallimento dell'imprenditore defunto, è idonea a spiegare effetto nei confronti del successore di questo».
Presidente Nazzicone – Relatore Falabella Fatti di causa 1. - Con ricorso di fallimento in estensione, il curatore del fallimento di T.G. ha dedotto che, dopo la declaratoria del fallimento dell'impresa individuale denominata Farmacia omissis del Dott. T.G. , era emersa la natura societaria, di fatto ed occulta, dell'impresa in questione ed il ruolo di soci illimitatamente responsabili di D.F.G. , almeno fino al suo decesso, DE.FA.GI. , D.F.M. e C.A. , i quali avevano gestito, controllato, finanziato e diretto l'attività di impresa intestata al predetto T. , che risultava essere un mero prestanome. Secondo la curatela fallimentare, lo stesso T. aveva seguito le direttive impartite da D.F.G. - il quale non aveva i requisiti soggettivi prescritti dalla legge per l'esercizio dell'attività farmaceutica - e, dopo la morte dello stesso, da D.F.M. e C.A. . Il Tribunale di Napoli, con decreto del 18 luglio 2018, ha disatteso la domanda della curatela ha affermato, tra l'altro, l'improcedibilità del ricorso nei confronti di DE.FA.GI. e C.A. in quanto già falliti, e nei confronti di D.F.G. , in quanto lo stesso risultava essere deceduto nel 2010 e non vi era prova che il ricorso fosse stato notificato agli eredi nella predetta qualità. 2. - Il provvedimento è stato oggetto di reclamo e la Corte di appello di Napoli, con decreto del 7 giugno 2019, ha accolto l'impugnazione. Ha ritenuto non necessaria, nel procedimento prefallimentare, la notifica del ricorso agli eredi del fallendo deceduto e osservato, inoltre, che alla declaratoria di fallimento in estensione non ostasse il decesso di D.F.G. a tale proposito ha reputato non applicabile il limite annuale di fallibilità previsto dalla l. fall. , articolo 10 agli imprenditori individuali e collettivi non iscritti nel registro delle imprese, affermando che nei confronti dei medesimi la procedura concorsuale potesse essere aperta senza limiti di tempo. 3. - Le successive, consequenziali, sentenze dichiarative di fallimento emesse dal Tribunale di Napoli a seguito della rimessione d'ufficio operato dalla Corte di appello, giusta la l. fall., articolo 22, comma 4, sono state fatte oggetto di reclamo da parte di C.R. , quale erede di D.F.G. . La Corte di appello di Napoli ha quindi pronunciato, in data 15 maggio 2020, sentenza con cui l'impugnazione è stata respinta. 4. - È quest'ultimo provvedimento ad essere oggetto del presente giudizio di cassazione, il quale è stato introdotto da un ricorso proposto dalla nominata C. . I motivi di impugnazione sono due. Resiste con controricorso il fallimento di T.G. , esteso alla nominata società di fatto e a D.F.G. . Sono state depositate memorie. Ragioni della decisione 1. - Col primo motivo è lamentata la violazione della Cost., articolo 24 e 111, letti in combinato disposto con gli articolo 11 e 15 l. fall La censura investe la sentenza impugnata nella parte in cui ha escluso la nullità della sentenza dichiarativa di fallimento in estensione di D.F.G. , nonostante essa istante non fosse stata convocata nel giudizio nella qualità di erede. Ad avviso dell'odierna istanza, infatti, la Corte di appello avrebbe impropriamente ritenuto che, nel caso di dichiarazione di fallimento dell'imprenditore entro l'anno dalla morte, l'audizione dell'erede in sede di istruttoria prefallimentare non sia obbligatoria. Assume chi impugna che l'affermazione si porrebbe in contrasto con la l. fall., articolo 15, il quale prevede l'obbligatorietà dell'audizione del debitore. Col secondo mezzo è dedotta la violazione della l. fall., articolo 147, nel combinato disposto della l. fall., articolo 10 e 11. Si contesta l'assunto della Corte di appello secondo cui il limite temporale di un anno dalla cessazione dell'attività ai fini della dichiarazione di fallimento non si applicherebbe alle società occulte, ovvero ai soci occulti o imprenditori individuali irregolari, senza che siano ammesse altre forme di conoscenza della cessazione dell'attività, anche per morte del socio, diverse dalla iscrizione nel registro delle imprese. Si sostiene che nei confronti dell'imprenditore occulto opera senz'altro il termine annuale dalla cessazione dell'attività, ai fini della dichiarazione di fallimento, e che, tuttavia, tale cessazione deve essere portata a conoscenza dei terzi con mezzi idonei allo scopo. È spiegato che nella fattispecie la prova della conoscenza del decesso del de cuius da parte dei terzi era stata esaurientemente fornita. 2. - Il primo motivo appare fondato. La Corte di appello, nel disattendere il motivo di reclamo con cui era stata denunciata la nullità delle due sentenze dichiarative di fallimento in estensione per la mancata notifica del decreto della Corte di appello agli eredi dei soci in ispecie del defunto D.F.G. della società di fatto, ha richiamato il principio espresso da Cass. 21 marzo 2013, numero 7181, secondo cui, nel caso di dichiarazione di fallimento dell'imprenditore entro l'anno dalla morte non è obbligatoria, ai sensi della l. fall., articolo 10, l'audizione dell'erede nella fase istruttoria anteriore alla dichiarazione di fallimento, atteso che nessuno degli accertamenti rimessi al tribunale incide in modo immediato e diretto sulla sua posizione ovvero gli reca un pregiudizio eliminabile solo attraverso la partecipazione all'istruttoria prefallimentare, dovendosi ritenere l'audizione dell'erede necessaria solo quando anch'egli sia imprenditore commerciale o lo diventi in seguito alla prosecuzione dell'impresa ereditaria. Tale pronuncia si pone sul solco della giurisprudenza di questa Corte seguita alle note pronunce di declaratoria di incostituzionalità delle norme che non prevedevano l'obbligo del tribunale di disporre la comparizione personale dell'imprenditore sentenza numero 141 del 1970 e dei soci illimitatamente responsabili nei cui confronti produce effetto la sentenza che dichiara il fallimento della società con soci a responsabilità illimitata sentenza numero 110 del 1972 . Sul punto, Cass. 25 maggio 1993, numero 5869 ebbe a rilevare che alla declaratoria di illegittimità costituzionale si era prevenuti in base alla considerazione che la sentenza dichiarativa di fallimento incide profondamente nella sfera giuridica soggettiva del fallito con danni morali e materiali di estrema gravità e talora irreparabili sicché a rimediare a siffatte evenienze non era sufficiente l'opposizione alla sentenza dichiarativa di fallimento, necessario essendo invece, ai fini di un adeguato svolgimento del diritto di difesa, che l'imprenditore, attraverso il meccanismo della preventiva audizione, fosse posto in condizione di contrastare, anche in confronto dei creditori istanti e con l'ausilio eventuale di difensori, la veridicità dell'asserito stato di dissesto e la di lui assoggettabilità alla esecuzione fallimentare. La Corte, nella circostanza, negò che questo principio dovesse trovare applicazione anche nel caso di fallimento dell'imprenditore defunto escluse, in altri termini, che, in caso di morte del fallendo, dovessero essere sentiti i suoi eredi. Rilevò, al riguardo, che, nella fase prefallimentare i poteri di indagine del tribunale erano preordinati all'accertamento dello stato di dissesto e all'assoggettabilità dell'imprenditore all'esecuzione concorsuale, oltre che alla verifica del presupposto dell'intervenuta morte dell'imprenditore entro l'anno ritenne che nessuno di questi accertamenti incidesse in modo diretto ed immediato sulla posizione dell'erede, nè recasse ad esso un pregiudizio eliminabile soltanto attraverso la sua partecipazione all'istruttoria prefallimentare, donde l'insussistenza dell'obbligo della sua preventiva audizione. Ebbe peraltro a sottolineare come l'opposto principio valesse nel caso in cui l'erede fosse a sua volta imprenditore o lo fosse divenuto in seguito alla prosecuzione dell'impresa ereditaria ma è questo un profilo che non interessa la presente controversia, essendo pacifico che l'odierna ricorrente non abbia assunto la detta qualità. Un punto critico di questo ordine di considerazioni risiede in ciò se gli eredi possono avere un interesse affinché non sia dichiarato il fallimento del de cuius e tale interesse può risiedere sia in ragioni meramente morali, afferenti alla tutela del buon nome dell'imprenditore scomparso, sia in ragioni strettamente patrimoniali consistenti nell'evitare che le loro aspettative vengano pregiudicate attraverso l'assoggettamento dei beni ereditari al soddisfacimento concorsuale dei creditori dello stesso imprenditore defunto - come riconosciuto dalla stessa Cass. 25 maggio 1993, numero 5869 -, può ipotizzarsi che anche l'erede dell'imprenditore fallito abbia un interesse giuridicamente rilevante a partecipare al procedimento prefallimentare e ad essere quindi convocato. Può cioè credersi che valga, per il detto soggetto, il medesimo principio, affermato da Corte Cost. numero 141 del 1970 con riguardo all'imprenditore fallito, secondo cui il diritto di difesa non è assicurato dal contraddittorio differito alla fase di impugnazione, visto che alla sentenza dichiarativa di fallimento l'ordinamento attribuisce efficacia immediatamente esecutiva e tali effetti si determinano anche nei confronti dell'erede dell'imprenditore defunto , Rileva, poi, un altro dato. Il principio enunciato da Cass. 25 maggio 1993, numero 5869 ribadito da Cass. 9 marzo 2000, numero 2674, Cass. 7 febbraio 2006, numero 2594, oltre che dalla cit. Cass. 21 marzo 2013, numero 7181 è stato reso avendo riguardo alla disciplina anteriore alla riforma della legge fallimentare. Nella versione modificata prima dal D.Lgs. numero 5 del 2006, articolo 13 e poi dal lgs. numero 169/2007, articolo 2, comma 4, la l. fall. , articolo 15 contempla un procedimento il quale è ispirato al principio del contraddittorio. Se è vero che l'articolo 15, comma 2, prevede la convocazione del debitore oltre che dei creditori istanti, e in cui interviene il pubblico ministero che ha assunto l'iniziativa per la dichiarazione di fallimento , non si vede per quale ragione, una volta ammessa la fallibilità dell'imprenditore defunto, la previsione del contraddittorio non debba trovare attuazione nei confronti dell'erede del fallendo soggetto che - si è visto - risente un pregiudizio dalla dichiarazione di fallimento i cui effetti, a mente della l. fall., articolo 16, ultimo comma, nel testo attualmente in vigore, modificato dal D.Lgs. numero 5 del 2006, articolo 14 e dal D.Lgs. numero 169/2007, articolo 2, comma 5, si producono dalla pubblicazione della relativa sentenza . Va in definitiva valorizzata la portata della riforma evidenziando, al contempo - e il rilievo è stato pure espresso in dottrina - come gli eredi dell'imprenditore fallito subentrino proprio in quel patrimonio che, a seguito dell'accertamento da eseguirsi in sede prefallimentare, vuole assoggettarsi al concorso patrimonio rispetto al quale essi non avrebbero più alcun potere di disposizione e amministrazione a seguito della dichiarazione di fallimento, giusta la l. fall., articolo 42. 3. - Il motivo in esame va quindi accolto. Ciò determina l'assorbimento del secondo mezzo, la cassazione della sentenza impugnata e il rinvio della causa al Tribunale di Napoli, a norma dell'articolo 383, comma 3, c.p.c Il Giudice del rinvio dovrà conformarsi al seguente principio di diritto Nel caso in cui il procedimento di fallimento riguardi un soggetto deceduto, l'erede di questo, ancorché non sia imprenditore e non sia subentrato nell'impresa del de cuius, deve essere convocato avanti al tribunale competente alla dichiarazione di fallimento, nel rispetto del principio del contraddittorio enunciato, in termini generali, dalla l. fall., articolo 15, comma 2, come sostituito dalla D.Lgs. numero 5 del 2006, articolo 13 e dal D.Lgs. numero 169 del 2007, articolo 2, comma 4 tale norma, infatti, rende il detto erede il naturale contraddittore della parte istante con riferimento a una domanda che, per essere diretta alla pronuncia di fallimento dell'imprenditore defunto, è idonea a spiegare effetto nei confronti del successore di questo . Al Tribunale è rimessa la decisione sulle spese processuali. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo e dichiara assorbito il secondo cassa la sentenza impugnata con rinvio della causa al Tribunale di Napoli che, in diversa composizione, statuirà pure sulle spese del giudizio di legittimità.