Confermando l’assoggettabilità delle società in house alla disciplina fallimentare, la Cassazione ricorda che l'art. 1 l.fall., nell’escludere dall'area della concorsualità gli enti pubblici ma non le società pubbliche, esprime la scelta del legislatore di consentire l'esercizio di determinate attività a società di capitali per perseguire l'interesse pubblico, ma ciò comporta che le stesse assumano i rischi connessi alla loro insolvenza.
Il Tribunale di Roma, all'esito di un procedimento innestato da una domanda di concordato preventivo con riserva, su istanza della debitrice e con l'adesione del PM, dichiarava il fallimento di una società in house . La Corte d'appello confermava la decisione, respingendo il ricorso proposto dal MISE secondo il quale la natura di società in house sottraeva la stessa dalla fallibilità. La questione è giunta all'attenzione della Suprema Corte. Secondo la costante giurisprudenza di legittimità la società di capitali con partecipazione pubblica non muta la propria natura di soggetto di diritto privato solo perché gli enti pubblici ne posseggano le partecipazioni, in parte o anche del tutto, posto che l'identità dell'azionista non assume alcun rilievo quanto alle vicende della società, che opera nell'esercizio della propria autonomia negoziale, sul quale l'ente pubblico non può incidere mediante l'esercizio di poteri autoritativi o discrezionali . Con specifico riferimento alle società in house è stato inoltre chiarito che neanche il cd. controllo analogo , per mezzo del quale l'azionista pubblico svolge un'influenza dominante sulla società, se del caso attraverso strumenti derogatori rispetto agli ordinari meccanismi di funzionamento, incide sull'alterità soggettiva dell'ente societario nei confronti dell'amministrazione pubblica la società in house rappresenta pur sempre un centro di imputazione di rapporti e posizioni giuridiche soggettive diverso dall'ente partecipante e il regime che la governa non prevede alcuna apprezzabile deviazione rispetto alla comune disciplina privatistica delle società di capitali, nel senso che la posizione dell'ente pubblico all'interno della società è unicamente quella di socio in base al capitale conferito . Ne consegue che l'applicazione dell' ordinario regime privatistico alla società in house si riflette sulla sua fallibilità . In tal senso, l' art. 14 d.lgs. n. 175/2016 , applicato dalla Corte d'appello, esplicita, da un lato, la riconduzione delle società a partecipazione pubblica all'ordinario regime civilistico e, dall'altro, chiarisce che le società in house sono regolate dalla medesima disciplina che governa, in generale, le società partecipate v. Cass. Sez. Un. n. 24591/2016 , compresa dunque l'assoggettabilità al fallimento. In conclusione, il ricorso non può che essere dichiarato inammissibile.
Presidente Cristiano Relatore Perrino Fatti di causa Emerge dalla sentenza impugnata che il Tribunale di Roma, in esito a un procedimento innestato da una domanda di concordato preventivo con riserva, su istanza della debitrice e con l'adesione del pubblico ministero dichiarò il fallimento della s.p.a. omissis , interamente partecipata dall'ente pubblico Enit. E ciò perché ne ravvisò i caratteri d'imprenditore commerciale e ne riscontrò l'eclatante e plurimilionario stato d'insolvenza, autodenunciato dalla stessa società. La Corte d'appello di Roma ha respinto il reclamo proposto contro la sentenza dichiarativa dal Ministero dello Sviluppo Economico, calibrato sulla natura di società in house providing di più omissis , che ad avviso del reclamante ne avrebbe escluso la fallibilità. A sostegno della decisione il giudice d'appello ha fatto leva sullo ius superveniens, ossia sul D.Lgs. n. 175/16, art. 14, che espressamente afferma l'assoggettamento delle società pubbliche alle disposizioni sul concordato preventivo e sul fallimento. Contro questa sentenza propone ricorso, per ottenerne la cassazione, il Ministero dello Sviluppo Economico, al quale la s.p.a. omissis , B.A. , C.G. , L.M. e M.L. aderiscono, il fallimento della s.p.a. omissis reagisce con controricorso, mentre gli altri intimati non replicano. B.A. , C.G. , L.M. e M.L. depositano altresì memoria. Motivi della decisione 1.- Preliminarmente gli atti denominati controricorso, rispettivamente notificati da un lato da B. , L. , C. e M.L. e dall'altro da s.p.a. omissis , vanno qualificati ricorsi incidentali adesivi, in quanto si tratta di impugnazioni che perseguono il medesimo intento del ricorrente principale di rimuovere la sentenza sfavorevole e che confluiscono nell'unitario processo impugnatorio da ultimo, Cass., sez. un., n. 29862/22 . 2.- Col primo motivo del ricorso principale il Ministero lamenta la violazione o falsa applicazione dell'art. 11 delle disp. gen., nonché del D.Lgs. n. 175/16, art. 14, là dove la corte d'appello ha ritenuto applicabile il D.Lgs. n. 175/16, art. 14 in ragione della pendenza del giudizio fallimentare. La censura è inammissibile per carenza d'interesse ad agire. Ininfluente è difatti la questione, dedotta col motivo, dell'inapplicabilità ratione temporis del D.Lgs. n. 175/16, art. 14 . Per giurisprudenza costante tra varie, Cass., sez. un., Data n. pu 7799/05 n. 5346/19 n. 37951/21 la società di capitali con partecipazione pubblica non muta la propria natura di soggetto di diritto privato solo perché gli enti pubblici ne posseggano le partecipazioni, in parte o anche del tutto, posto che l'identità dell'azionista non assume alcun rilievo quanto alle vicende della società, che opera nell'esercizio della propria autonomia negoziale, sul quale l'ente pubblico non può incidere mediante l'esercizio di poteri autoritativi o discrezionali. 3.- Con specifico riguardo alle società in house, neanche il cd. controllo analogo, per mezzo del quale l'azionista pubblico svolge un'influenza dominante sulla società, se del caso attraverso strumenti derogatori rispetto agli ordinari meccanismi di funzionamento, incide sull'alterità soggettiva dell'ente societario nei confronti dell'amministrazione pubblica la società in house rappresenta pur sempre un centro di imputazione di rapporti e posizioni giuridiche soggettive diverso dall'ente partecipante e il regime che la governa non prevede alcuna apprezzabile deviazione rispetto alla comune disciplina privatistica delle società di capitali, nel senso che la posizione dell'ente pubblico all'interno della società è unicamente quella di socio in base al capitale conferito Cass. nn. 13160/2020 , 5346/2019 . È in questa veste, dunque, che l'ente pubblico può influire sul funzionamento della società, avvalendosi non di poteri pubblicistici, ma dei soli strumenti previsti dal diritto societario, da esercitare a mezzo dei membri presenti negli organi societari. 4.- L'applicazione dell'ordinario regime privatistico si riverbera sulla fallibilità. La l.fall., art. 1 esclude difatti dall'area della concorsualità gli enti pubblici, non anche le società pubbliche, di modo che la scelta del legislatore di consentire l'esercizio di determinate attività a società di capitali, e dunque di perseguire l'interesse pubblico attraverso lo strumento privatistico, in ogni caso comporta che Data lepu società assumano i rischi connessi alla loro insolvenza. Si determinerebbe altrimenti la violazione dei principi di uguaglianza e di affidamento dei soggetti che con esse entrano in rapporto e si minerebbero le regole della concorrenza, che impongono parità di trattamento tra quanti operano all'interno di uno stesso mercato con identiche forme e medesime modalità espressamente in termini, Cass. n. 22209/13 . 5.- E allora, il D.Lgs. n. 175/16, art. 14 esplicita da un lato la riconduzione delle società a partecipazione pubblica all'ordinario regime civilistico, e dall'altro che le società in house sono regolate dalla medesima disciplina che governa, in generale, le società partecipate tra varie, Cass., sez. un., n. 24591/16 , e che comprende l'assoggettabilità al fallimento tutte le società pubbliche che svolgano attività commerciale, compresa, quindi, omissis , quali che siano la composizione del loro capitale sociale, le attività in concreto esercitate, oppure le forme di controllo cui risultano effettivamente sottoposte, restano assoggettate al fallimento, al pari di ogni altro sodalizio nei cui confronti debbano trovare applicazione le norme codicistiche Cass. nn. 3196/17 e 17279/18 . 6.- Ne risulta assorbito il secondo motivo, col quale si lamenta la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 175/16, artt. 2, lett. d e lett. n , 14 e 16, là dove il giudice d'appello ha ricondotto nell'alveo delle società a partecipazione pubblica quelle in house. 7.- Il ricorso principale e quelli incidentali adesivi sono quindi inammissibili. Le spese, tuttavia, vanno compensate perché l'indirizzo illustrato si è consolidato successivamente alla proposizione del ricorso principale. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibili il ricorso principale e quelli incidentali adesivi e compensa le spese. Dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto.