Avvocati: il decreto di liquidazione del compenso professionale può avere efficacia di giudicato esterno?

Protagonisti della vicenda in esame sono un avvocato e la sua cliente. Il professionista ha rappresentato e difeso la donna nel giudizio civile promosso dalla sorella, innanzi al Tribunale di Taranto, avente ad oggetto l’azione di manutenzione del possesso spiegata dall’attrice in relazione alle molestie derivanti dalla chiusura, ad opera della germana, del tratto iniziale di un tratturo comune.

Successivamente la cliente revocava il mandato conferito all'avvocato , invitandolo a rivolgersi al Tribunale per la liquidazione dei suoi compensi ai sensi della legge sul patrocinio a spese dello Stato beneficio a cui costei era stata ammessa . Non risultando, però, presso la Segreteria del COA Taranto la documentazione necessaria alla liquidazione a spese dello Stato, l'avvocato istante evocava in giudizio la signora, chiedendo la liquidazione di quanto a lui spettante. Il Tribunale dichiarava inammissibile la pretesa. La Corte d'appello accoglieva, invece, l'impugnazione da parte del professionista. La cliente ricorre, quindi, in Cassazione deducendo, tra i vari motivi, la nullità della decisione in questione, per aver attribuito al decreto emesso dal Tribunale di Taranto in data 11 febbraio 2015 efficacia di giudicato. La doglianza è fondata. La Corte d'appello avrebbe errato nel ritenere che il decreto faccia stato abbia cioè la forza del giudicato esterno nel giudizio promosso dall'avvocato per la condanna al pagamento del compenso professionale tanto circa l'accertata insussistenza del diritto della cliente ad ottenere il patrocinio a spese dello Stato quanto circa lo statuito obbligo della stessa di compensare il proprio difensore di fiducia, , nella misura di euro 6.832,50 . La Corte territoriale non ha considerato che il decreto in questione è stato emesso in esito ad un procedimento, sull'istanza di liquidazione del compenso professionale a carico dello Stato secondo la disciplina del gratuito patrocinio, che ha visto la presenza di una sola parte l'avv. che ha presentato l'istanza di liquidazione senza la partecipazione della parte che era stata rappresentata e difesa in giudizio dal medesimo avvocato. Per tutti questi motivi, ne consegue l'accoglimento del ricorso in oggetto.

Presidente Di Virgilio Relatore Giusti Fatti di causa 1. - L'avvocato D.G.M. ha rappresentato e difeso la signora Z.V. nel giudizio civile promosso dalla sorella, Z.M., innanzi al Tribunale di Taranto, Sezione distaccata di Martina Franca, avente ad oggetto l'azione di manutenzione del possesso spiegata dall'attrice in relazione alle molestie derivanti dalla chiusura, ad opera della germana, del tratto iniziale di un tratturo comune. La convenuta, ammessa al patrocinio a spese dello Stato, era stata dapprima assistita in giudizio dall'avvocato Maria D'Arcangelo. Con ordinanza provvisoria del 21 dicembre 2004, l'adito Tribunale aveva accolto l'istanza di manutenzione disponendo per il prosieguo del giudizio donde la convenuta si era determinata a revocare il mandato inizialmente conferito all'avvocato D'Arcangelo, incaricando in sua sostituzione l'avvocato D.G In esito all'istruttoria espletata ed alle difese svolte dalle parti, il Tribunale ha rigettato la pretesa attorea, condannando per l'effetto Z.M. al rimborso delle spese processuali in favore della sorella. Con missiva del 17 aprile 2010, Z.V. revocava il mandato a suo tempo conferito all'avv. D.G., invitandolo a rivolgersi al Tribunale per la liquidazione dei suoi compensi ai sensi della legge sul patrocinio a spese dello Stato. A tal fine, in data 16 giugno 2010, l'avv. D.G. chiedeva all'Ordine degli avvocati di Taranto il rilascio di copia della delibera di ammissione della signora Z. al patrocinio a spese dello Stato e della comunicazione di costei di sostituzione del precedente difensore avv. D'Arcangelo con esso istante. Tuttavia, gli veniva rilasciata copia solo della prima e non della seconda, non risultando la comunicazione di sostituzione del precedente difensore esistente agli atti . Con istanza del 9 novembre 2010, l'avv. D.G. chiedeva al Tribunale di Taranto, sezione distaccata di Martina Franca, la liquidazione delle spese e competenze a carico dello Stato per l'assistenza della signora Z Con successivo decreto il Giudice unico, rilevato che dagli atti del fascicolo non risultava che la beneficiaria avesse tempestivamente e nell'ambito del procedimento presso il Consiglio dell'ordine relativo alle spese del patrocinio revocato l'avv. D'Arcangelo e nominato l'avv. D.G., invitava ad integrare la richiesta con la relativa documentazione. Non risultando ancora presso la Segreteria dell'Ordine degli Avvocati di Taranto, nuovamente consultata dall'avv. D.G., la rituale e tempestiva documentazione necessaria alla liquidazione a spese dello Stato, l'avvocato istante evocava in giudizio la signora Z. dinanzi al Tribunale di Taranto, chiedendo nei confronti di costei la liquidazione di quanto a lui spettante ai sensi degli artt. 28 e ss. della L. n. 794 del 1942 . L'adito Tribunale dichiarava la pretesa inammissibile, stante l'ammissione della Z. al patrocinio a spese dello Stato. 2. - Successivamente, con ricorso ex art. 702-bis c.p.c. , l'avv. D.G. ha adito il Tribunale di Taranto, Sezione distaccata di Martina Franca, per ottenere la condanna della Z. al pagamento della somma di Euro 6.832,50, di cui Euro 45,50 per rimborso delle spese anticipate, Euro 1.915,00 per diritti ed Euro 4.872,00 per onorario, ovvero delle diverse somme ritenute dovute, oltre agli accessori di legge. In questa sede, la Z., costituitasi in giudizio eccependo la nullità della domanda, ha depositato copia della sua pratica di patrocinio a spese dello Stato. 2. - Il giudice unico adito ex art. 702-bis c.p.c. , disattendendo l'istanza di rinvio proposta dal D.G. in attesa delle determinazioni del Tribunale nella procedura di liquidazione a carico dello Stato, ha rigettato la domanda, condannando l'attore al rimborso delle spese processuali in favore della resistente. 3. - L'avv. D.G. ha spiegato appello ai sensi dell' art. 702-quater c.p.c. avverso la citata decisione. 4. - Con sentenza n. 398/2017, resa pubblica mediante deposito in cancelleria in data 11 dicembre 2017, la Corte d'appello di Lecce, Sezione distaccata di Taranto, ha accolto l'impugnazione proposta e condannato, per l'effetto, la Z. al pagamento in favore dell'appellante della somma pari ad Euro 6.803,50, per compensi e spese relativi al giudizio patrocinato a spese della stessa, nonché al rimborso in favore dell'appellante delle spese del doppio grado. In particolare, la Corte territoriale ha ritenuto ammissibile la produzione in appello del decreto emesso dal Tribunale di Taranto in data 11 febbraio 2015. Ciò in quanto si trattava di documento successivo alla decisione impugnata e, comunque, rilevante ai fini del decidere, data la sua natura di provvedimento emesso da un'A.G., sulla medesima questione del contendere e fra le medesime parti , relativo all'accertata insussistenza del diritto della Z. ad ottenere il patrocinio a spese dello Stato, quanto circa lo statuito obbligo di compensare il proprio difensore di fiducia nella misura di Euro 6.832,50. 5. - Per la cassazione della sentenza della Corte d'appello di Lecce, Sezione distaccata di Taranto, Z.V. ha proposto ricorso, con atto notificato il 30 gennaio 2018 e depositato il 14 febbraio 2018, sulla base di cinque motivi. 6. - L'avv. D.G. ha resistito con controricorso. 7. - Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ex art. 380-bis.1 c.p.c. Ragioni della decisione 1. - Preliminarmente, va disattesa l'eccezione di improcedibilità del ricorso per difetto di attestazione di conformità della copia analogica della sentenza impugnata. Nella specie, all'atto del tempestivo deposito del ricorso introduttivo, venne prodotta la copia della sentenza che l'avv. D.G.M. aveva notificato a mezzo pec alla signora Z.V., presso l'avv. Francesco Fornaro, difensore della stessa nel giudizio di appello. Il controricorrente, nel costituirsi in giudizio, non ha disconosciuto la conformità della copia depositata all'originale, ma ha eccepito che la copia della sentenza impugnata, prodotta dalla ricorrente, era priva della attestazione di conformità. Inoltre, in data 6 aprile 2021, la ricorrente ha provveduto al deposito di copia analogica della decisione ritualmente autenticata. Deve, pertanto, essere fatta applicazione del principio secondo cui il deposito in cancelleria, nel termine di venti giorni dall'ultima notificazione, di copia analogica della decisione impugnata - redatta in formato elettronico e sottoscritta digitalmente, e necessariamente inserita nel fascicolo informatico -, priva di attestazione di conformità del difensore ex art. 16-bis, comma 9-bis, del D.L. n. 179 del 2012 , convertito dalla L. n. 221 del 2012 , oppure con attestazione priva di sottoscrizione autografa, non determina l'improcedibilità del ricorso per cassazione laddove il controricorrente o uno dei controricorrenti , nel costituirsi anche tardivamente , depositi a sua volta copia analogica della decisione ritualmente autenticata, ovvero non disconosca la conformità della copia informale all'originale nell'ipotesi in cui, invece, la controparte o una delle controparti sia rimasta soltanto intimata, ovvero abbia effettuato il suddetto disconoscimento, per evitare di incorrere nella dichiarazione di improcedibilità il ricorrente ha l'onere di depositare l'asseverazione di conformità all'originale della copia analogica, entro l'udienza di discussione o l'adunanza in camera di consiglio Cass., Sez. Un., 25 marzo 2019, n. 8312 . 2. - Con il primo motivo nullità della sentenza per difetto di motivazione, in violazione dell' art. 111 Cost. e dell'art. 132 c.p.c., nonché per violazione dell' art. 702-quater c.p.c. , in relazione all' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 4 la ricorrente censura il capo motivazionale che ha ritenuto ammissibile la produzione, in sede di appello ex art. 702-quater c.p.c. , del decreto emesso dal Tribunale di Taranto in data 11 febbraio 2015. La motivazione sarebbe inesistente in quanto non fornirebbe una effettiva giustificazione della ricorrenza, nella specie, del caso fortuito che avrebbe impedito l'allegazione in primo grado del documento, né, tantomeno, della sua indispensabilità ai fini del decidere. 2.1. - La censura è infondata. Nel procedimento sommario di cognizione, in appello sono ammessi nuovi documenti, ai sensi dell' art. 702-quater c.p.c. , quando il collegio li ritiene indispensabili ai fini della decisione, ovvero la parte dimostra di non aver potuto proporli nel corso del procedimento di primo grado per causa ad essa non imputabile. In alternativa alla valutazione di indispensabilità, l' art. 702-quater c.p.c. consente l'ammissione di nuovi documenti che la parte non abbia potuto produrre nel giudizio di primo grado per causa ad essa non imputabile. Correttamente, pertanto, la Corte di Lecce ha ritenuto ammissibile la produzione del decreto emesso dal Tribunale di Taranto in data 11 febbraio 2015, trattandosi di documento sopravvenuto, in quanto emanato in epoca successiva alla pronuncia, il 22 gennaio 2014, della ordinanza decisoria conclusiva del giudizio di primo grado. 3. - Il secondo motivo nullità della sentenza per violazione del combinato disposto di cui agli artt. 112 e 324 c.p.c. , degli artt. 2907 e 2909 c.c. e dell'art. 111 Cost., in relazione all' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 4 , deduce la nullità della decisione impugnata per aver attribuito al decreto emesso dal Tribunale di Taranto in data 11 febbraio 2015 efficacia di giudicato. Ad avviso della ricorrente, il decreto de quo, giacché pronunciato dal Giudice nell'ambito del procedimento di cui all' art. 82 del D.P.R. n. 115 del 2002 , non avrebbe attitudine ad assumere valore di regiudicata, in quanto provvedimento di volontaria giurisdizione, adottato in assenza di contraddittorio tra le parti, e quindi avente natura rebus sic stantibus. Sicché, la Corte distrettuale sarebbe incorsa nella violazione dell' art. 112 c.p.c. , là dove avrebbe omesso di pronunciare sulle domande e sulle eccezioni delle parti, limitandosi a basare il proprio convincimento sull'accertamento contenuto nel decreto. 3.1. - Il motivo è scrutinabile nel merito. Devono infatti essere disattese le eccezioni di inammissibilità sollevate dal controricorrente quella per difetto di autosufficienza, giacché, riportando la sentenza impugnata il contenuto del decreto del Tribunale di Taranto in data 11 febbraio 2015, non vi era l'onere, per la ricorrente, di provvedere ad una ridondante trascrizione quella relativa ad una ipotizzata contraddittorietà del motivo per avere la Z. allegato gli elementi conducenti alla infondatezza della sua pretesa di conseguire il patrocinio a spese dello Stato in relazione alle attività svolte dall'avv. D.G.M. , non incidendo il profilo dedotto sulla specificità e sulla chiarezza della articolata doglianza. La censura sollevata con il motivo è fondata. Con il decreto in data 11 febbraio 2015, il Giudice unico del Tribunale di Taranto ha esaminato l'istanza di liquidazione del compenso, presentata dall'Avv. D.G. per l'attività difensiva svolta a favore di Z.V., e l'ha rigettata. Il Tribunale ha escluso che l'attività svolta dall'Avv. D.G. possa essere compensata ai sensi della disciplina sul gratuito patrocinio, mancando un provvedimento autorizzativo, in favore della Z., ad avvalersi per il gratuito patrocinio comunque ammesso dell'opera professionale dell'Avv. D.G Con lo stesso provvedimento di rigetto dell'istanza di liquidazione, il Tribunale ha rilevato che la Z. è obbligata a compensare il proprio difensore di fiducia. Tanto premesso, ha errato la Corte d'appello, con la sentenza qui impugnata, a ritenere che il decreto faccia stato - abbia cioè la forza del giudicato esterno - nel giudizio promosso dall'avv. D.G. contro la Z. per la condanna al pagamento del compenso professionale tanto circa l'accertata insussistenza del diritto della Z. ad ottenere il patrocinio a spese dello Stato quanto circa lo statuito obbligo della stessa di compensare il proprio difensore di fiducia, avv. D.G., nella misura di Euro 6.832,50 . L'errore della Corte leccese risiede nel non avere considerato che il decreto in questione è stato emesso in esito ad un procedimento, sull'istanza di liquidazione del compenso professionale a carico dello Stato secondo la disciplina del gratuito patrocinio, che ha visto la presenza di una sola parte - l'avv. D.G. che ha presentato l'istanza di liquidazione -, senza la partecipazione della parte che era stata rappresentata e difesa in giudizio dal medesimo avvocato. Essendo il decreto stato emesso nell'ambito di un procedimento non svoltosi nel contraddittorio con la cliente dell'avv. D.G., il giudice del gravame non avrebbe potuto farne discendere, nel suo giudizio, un effetto preclusivo. Ne' coglie nel segno la difesa del controricorrente là dove sottolinea la natura decisoria e giurisdizionale del decreto che decide in merito alla liquidazione un conto e', infatti, la natura decisoria del provvedimento, non suscettibile di revoca da parte dell'autorità giudiziaria che lo ha emesso altro che esso faccia stato nei confronti di un soggetto che non è stato parte del relativo procedimento. 4. - Per effetto dell'accoglimento del secondo mezzo resta assorbito l'esame degli ulteriori motivi a del terzo motivo omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti, in relazione all' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 5 , con cui si lamenta l'omesso esame dei documenti, pur ritualmente prodotti in giudizio dalla resistente, relativi all'ammissione della ricorrente al patrocinio a spese dello Stato e alla revoca del mandato in un primo tempo conferito all'avv. D'Arcangelo, poi attribuito all'avv. D.G. b del quarto motivo violazione e falsa applicazione del disposto di cui agli artt. 78,79,80,81,82,112 del D.P.R. n. 115 del 2002, in relazione all' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 3 , prospettato sul rilievo che le comunicazioni all'Ordine degli avvocati sarebbero onere di competenza del difensore e non del cittadino non abbiente ammesso al patrocinio a spese dello Stato c del quinto motivo violazione dell'art. 12 preleggi, in relazione all' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 3 , con cui si censura, in via subordinata, l'erronea interpretazione del giudicato, con riferimento alla motivazione del decreto del Tribunale di Taranto dell'11 febbraio 2015. 5. - Per effetto dell'accoglimento del secondo motivo, la sentenza impugnata è cassata. La causa è rinviata alla Corte d'appello di Lecce, che la deciderà in diversa composizione. Il giudice del rinvio provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. accoglie il secondo motivo, rigetta il primo e dichiara assorbiti i restanti cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d'appello di Lecce, in diversa composizione. Così deciso in Roma, il 13 febbraio 2023. Depositato in Cancelleria il 10 marzo 2023