In relazione alle intercettazioni disposte in procedimenti iscritti in data anteriore al 31 agosto 2020, data di entrata in vigore delle modifiche apportate all’articolo 270 c.p.p., per effetto del d.l. numero 161/2019, conv. in l.numero 7/2020, non è applicabile la nuova disciplina che ne consente l’utilizzabilità nei procedimenti per i reati di cui all’articolo 266 c.p.p., con conseguente applicazione dei principi di diritto affermati dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, nella sentenza numero 51/2019, Cavallo, secondo cui è necessario che sussista una connessione tra i procedimenti, ai sensi dell’articolo 12 c.p.p.
L'inutilizzabilità delle intercettazioni disposte in altri procedimenti, prive dei requisiti di cui all'articolo 270 c.p.p., non si estende ai diversi atti di indagine che ne siano conseguiti. La Corte di Cassazione è stata chiamata a pronunciarsi in merito ad una duplice questione, relativa, da un lato, alla disciplina applicabile ratione temporis ai procedimenti iscritti in data anteriore all'entrata in vigore del d.l. numero 161/2019, conv. in l. 7/2020, il 30 agosto 2020, con particolare riferimento alla possibilità di utilizzare le conversazioni e comunicazioni oggetto di intercettazioni autorizzate in diverso procedimento la seconda relativa agli effetti dell'inutilizzabilità delle predette intercettazioni sui successivi atti di indagine che abbiano ricevuto impulso dalle risultanze delle stesse. La vicenda trae origine dai ricorsi per cassazione proposti dagli indagati avverso il provvedimento di parziale rigetto del Tribunale del riesame, emesso sul presupposto, ritenuto dai ricorrenti erroneo, della utilizzabilità delle intercettazioni disposte in diverso procedimento, iscritto in data anteriore all'entrata in vigore della riforma del 2019, fuori dei casi di connessione ex articolo 12 c.p.p.Più nello specifico, nel caso di specie, il procedimento era stato stralciato da un precedente procedimento, anteriore alla data del 30 agosto 2020, e iscritto in un diverso circondario, in data successiva all'entrata in vigore della riforma. Secondo i ricorrenti, la successiva iscrizione da parte della Procura cui gli atti sono stati trasmessi, non consentirebbe di ritenere applicabile la nuova disciplina delle intercettazioni, trattandosi di un procedimento derivato da quello originario, iscritto in data antecedente all'entrata in vigore della riforma. Ne conseguirebbe l'applicazione dell'articolo 270 c.p.p. nella sua previgente formulazione, che non consentiva di utilizzare le intercettazioni autorizzate in altri procedimenti, se non nei casi in cui risultino indispensabili per l'accertamento di reati per cui sia previsto l'arresto obbligatorio in flagranza di reato, nonché – secondo quanto affermato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, in sentenza 28 novembre 2019, numero 51, Cavallo – nei procedimenti ad essi connessi ai sensi dell'articolo 12 c.p.p. La Corte di Cassazione, nell'accogliere le doglianze delle difese, ha precisato che il criterio legislativo in forza del quale è possibile fare applicazione della nuova disciplina dettata dall'articolo 270 c.p.p., a seguito della riforma del 2019, è quello dell'iscrizione del procedimento che, ove antecedente al 30 agosto 2020, è soggetto alla previgente disciplina. Quest'ultima non prevedeva la possibilità di utilizzare le intercettazioni autorizzate in altri procedimenti nei casi in cui risultino indispensabili per l'accertamento dei reati di cui all'articolo 266, comma 1, c.p.p. oltre che dei reati per cui è previsto l'arresto obbligatorio in flagranza di reato. Ricostruita nel dettaglio l'evoluzione della normativa in materia di intercettazioni, dunque, la Corte evidenzia che, per tali procedimenti, iscritti in data anteriore all'entrata in vigore della riforma, è necessario accertare che, tra i fatti oggetto dei diversi procedimenti, sussista, sul piano sostanziale, una ragione di connessioneex articolo 12 c.p.p. è pertanto necessario che sussistano gli elementi costitutivi del reato continuato o del concorso formale, ovvero che i fatti risultino commessi gli uni al fine di commettere gli altri. Fuori da tali ipotesi – e dei casi in cui le intercettazioni risultino indispensabili per l'accertamento di reati per cui è previsto l'arresto obbligatorio in flagranza di reato – non sarà dunque possibile l'utilizzo delle intercettazioni autorizzate in altro procedimento, quand'anche relativo a fatti di cui all'articolo 266, comma 1, c.p.p. La Corte, affrontando la seconda questione, precisa tuttavia che l'inutilizzabilità delle intercettazioni autorizzate in altro procedimento non si estende agli atti di indagine e alle relative risultanze che ne siano derivate, in assenza di una espressa e tassativa previsione di legge in tal senso e stante la differenza ontologica tra la nullità e l'inutilizzabilità, tale per cui deve escludersi una inutilizzabilità derivata fuori dei casi previsti dalla legge.
Presidente Fidelbo – Relatore Silvestri Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale di Napoli in sede di riesame ha sostituito la misura cautelare degli arresti domiciliari con quella del divieto di dimora nei riguardi di D.I.M., ritenuto gravemente indiziato, nella qualità di Sindaco del comune di Pago Veiano, dei reati di corruzione propria e turbata libertà degli incanti. Si procede per due fatti corruttivi commessi in concorso con l'imprenditore edile F.M. e con la mediazione dell'architetto P.L.R. finalizzati a turbare due gare di appalto D.I. avrebbe assunto il ruolo di corrotto e di corruttore di uno o più componenti della commissione di gara. 2. Sono stati proposti due ricorsi per cassazione. 2.1. Con il primo, a firma dell'avv. V.R., sono stati articolati tre motivi. Si premette in punto di fatto che l'indagine avrebbe avuto origine nell'ambito di un procedimento iscritto dalla Procura di Santa Maria Capua a Vetere nel 2018 nei confronti di Giannicola F. per la fattispecie di cui all'articolo 356 c.p. RGNR 11315/2018 il fatto per cui si procedeva avrebbe riguardato le pubbliche forniture compiute dalla società Giemme Ambiente s.r.l., il cui amministratore sarebbe stato F.G., in relazione ad una appalto ricevuto da un altro Comune. In tale procedimento venivano autorizzate captazioni sulle utenze dello stesso F.G. e di M.D.L. da tali intercettazioni, si argomenta, emergeva che il reale amministratore della società fosse F.M. soggetto coinvolto nei fatti per cui si procede-, la cui utenza dunque veniva sottoposta successivamente ad intercettazione veniva inoltre disposta intercettazione ambientale anche dell'autovettura del stesso e, dal 11.10.2019, anche intercettazioni tra presenti attraverso captatore informatico. A seguito della emersione di un rapporto di frequentazione tra F.M. e il ricorrente veniva disposto il 23.7.2019 RIT 1364/19 l'intercettazione delle conversazioni sulla utenza telefonica di questi. Il contenuto del decreto di cui si riporta un passo della motivazione avrebbe fatto riferimento alla esistenza di stretti rapporti tra lo stesso F. e D.I., alla organizzazione di un appuntamento con un soggetto non identificato su sollecitazione del sindaco , alla esistenza di interessi di verosimile natura illecita, come sembra desumersi dalle anomali modalità che caratterizzano l'organizzazione dell'incontro, interessi probabilmente riconducibili all'attività svolta da F. nel settore dei rifiuti . Aggiunge il ricorrente che D.I. fu successivamente iscritto nel registro degli indagati il 23.9.2019 il Pubblico Ministero presso la Procura del Tribunale di Santa Maria Capua a Vetere dispose il 24.3.2021 lo stralcio dal procedimento numero 1364/2018 delle posizioni degli odierni indagati e il 31.3.2021 la trasmissione degli atti per i fatti per cui si procede alla Procura di Benevento che poi aveva chiesto ed ottenuto la misura cautelare in esame. 2.1.1. Sulla base di tale presupposti con il primo motivo si deduce violazione di legge processuale e vizio di motivazione. Il tema attiene alla utilizzabilità del contenuto delle intercettazioni disposte, il cui regime normativo è individuato in quello previgente all'entrata in vigore del D.L. 30 dicembre 2019, numero 161 convertito nella L. 28 febbraio 2020, numero 7 che, si assume, troverebbe applicazione solo in relazione ai procedimenti iscritti successivamente al 31.8.2020. Nel caso di specie, si evidenzia, se è vero che il procedimento derivato , cioè quello per il quale si procede, è stato iscritto a Benevento successivamente al 31.8.2020, la disciplina applicabile sarebbe nondimeno quella precedente, in ragione del fatto che le intercettazioni furono eseguite nell'ambito del diverso procedimento originario per il quale si procedeva a Santa Maria Capua a Vetere prima del 31.8.2020. In tale contesto si sostiene che la misura in corso sarebbe fondata esclusivamente sulla base delle intercettazioni compiute nel procedimento originario Rit 1383/2019 e Rit 1489/2019 lo stralcio sarebbe stato compiuto solo in relazione ai reati contestati a D.I. e non anche per quello originario e ciò significherebbe che, secondo la stessa Procura di Santa Maria Capua a Vetere, non vi sarebbe stata connessione tra i diversi reati le intercettazioni sarebbero inutilizzabili alla luce dei principi affermati dalle Sezioni unite con la sentenza Cavallo . I decreti autorizzativi sarebbero stati emessi facendo riferimento ai fatti relativi al reato di cui all'articolo 356 c.p. che poi si sarebbero arricchiti di particolari relativi alle vicende del Comune di Pago Veiano . Nella specie non vi sarebbe connessione tra il reato, commesso nell'anno 2017, per il quale le captazioni furono disposte e quelli per cui si procede, commessi tra fine 2019 e inizio 2020. L'ordinanza impugnata sarebbe errata per avere ritenuto il Tribunale connessi i fatti in quanto compiuti nell'ambito di attività illecite riconducibili all'imprenditore F. Tribunale avrebbe errato nel ritenere sussistente una connessione oggettiva tra i reati, costituita dal fatto che entrambi i fatti riguarderebbero la materia degli appalti, e soggettiva, seppur parziale. Sostiene in particolare il ricorrente che il Tribunale avrebbe fatto riferimento, al fine di ritenere sussistente la connessione tra i reati, all'ipotesi di cui all'articolo 12 c.p.p., lett. b che, tuttavia, nel caso di specie, non sarebbe configurabile, non potendosi affermare che al momento in cui furono commessi i primi reato anche i successivi fossero stato programmati quantomeno nelle loro linee essenziali. Si aggiunge che i decreti di proroga o di nuova autorizzazione che pure conterrebbero riferimenti ai rapporti tra D.I., F. e P. sarebbero stati adottati sempre e solo su elementi raccolti in un procedimento diverso, e, dunque, in violazione di quanto disposto dall'articolo 270 c.p.p. . 2.1.2. Con il secondo motivo si deduce vizio di motivazione quanto al giudizio di gravità indiziaria per i fatti di corruzione e si fa riferimento all'annullamento del titolo cautelare da parte del Tribunale del riesame nei riguardi del coimputato P D.I., corrotto e corruttore di componenti della commissione di gara, si sarebbe avvalso, quanto al secondo fatto corruttivo, di P. che avrebbe tenuto i rapporti con in componenti delle commissioni. Il Tribunale ha annullato il titolo cautelare per P. assumendo non esserci la prova della sua partecipazione all'accordo corruttivo ciò ha sostenuto sulla base del contenuto della intercettazione del 19.2.2020 Rit 1489/2020 relativa alla conversazione, tenuta presso un determinato ristorante, da cui sarebbe emerso solo un contrasto tra F. e P. sulla quantificazione del compenso per l'attività espletata da questi. Ritiene il ricorrente che proprio il ridimensionamento del contenuto di quella conversazione avrebbe rilievo per la definizione del quadro generale indiziario anche nei confronti del ricorrente e che l'intera ricostruzione fattuale sarebbe diversa senza l'opera di intermediazione di P Sul punto la motivazione sarebbe viziata. 2.1.3. Con il terzo motivo si lamenta violazione di legge e vizio di motivazione quanto alle ritenute esigenze cautelari e, in particolare, al pericolo di recidiva. L'indagato sarebbe stato sospeso dal Prefetto dalla carica di sindaco e si sottolinea come il D.Lgs. numero 235 del 2012, articolo 11 non preveda la cessazione della sospensione della carica in questione nella ipotesi di revoca della misura cautelare. Dunque, il pericolo di recidiva non sarebbe attuale e non si sarebbe nemmeno tenuto conto del tempo trascorso dai fatti L'ordinanza impugnata sul punto sarebbe silente. 2.2. Ha proposto ricorso per cassazione anche l'avv. Renato Pecoraro articolando un unico motivo con cui si riprende e si sviluppa il tema della utilizzabilità delle conversazioni intercettate di cui si è detto. Si evidenzia in punto di fatto che il 23.9.2019 la Procura di Santa Maria Capua a Vetere aveva proceduto alla iscrizione del ricorrente per i reati di cui agli articolo 319 e 356 c.p. commessi in Omissis il 31.1.2020 l'indagato veniva iscritto anche per il reato di cui all'articolo 353 c.p. sempre nel procedimento originario il 19.2.2020 si procedeva ad un aggiornamento delle iscrizioni disponendo la iscrizione per i reati di cui agli articolo 319 e 353, commessi in Omissis il 24.3.2021 veniva disposta la separazione dei procedimenti le intercettazioni venivano autorizzate il 12.6.2019 con decreto 1055/2019 in relazione alla vicenda riguardante F.G. e gli sviluppi di dette intercettazioni facevano emergere nuove ipotesi di reato che determinavano la iscrizione per i fatti per i quali si procede. Sulla base di tali dati si riprende il tema della connessione tra i reati e si sottolinea come sarebbero diversi il luogo di commissione, il tempo e i soggetti coinvolti la tesi difensiva è che, nel caso di specie, sarebbe al più configurabile un collegamento tra i fatti ma non una connessione, di cui non sarebbe stato specificato alcunché né in relazione alla lett. b e neppure per quella di cui all'articolo 12 c.p.p., lett. c . In tale contesto si riprendono e si sviluppano ulteriormente gli argomenti già affrontati. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato. 2. Quanto al tema della inutilizzabilità delle captazioni è necessario chiarire quale sia il quadro normativo a cui nella specie debba farsi riferimento. Il D.L. 30 dicembre 2019, numero 161, convertito con modificazioni dalla L. numero 7 del 2020, ha modificato l'articolo 270 c.p.p., comma 1, stabilendo che i risultati delle intercettazioni non possono essere utilizzati in procedimenti diversi da quelli nei quali sono stati disposti, salvo che risultino rilevanti e indispensabili per l'accertamento dei delitti per i quali è obbligatorio l'arresto in flagranza e dei reati di cui all'articolo 266, comma 1 . Con il decreto in questione si è modificato anche l'articolo 270 c.p.p., comma 1-bis, stabilendo che i risultati delle intercettazioni tra presenti operate con captatore informatico su dispositivo elettronico portatile possono essere utilizzati anche per la prova di reati diversi da quelli per i quali è stato emesso il decreto di autorizzazione, sempre che si tratti di risultati indispensabili per l'accertamento di uno dei delitti indicati dall'articolo 266 c.p.p., comma 2-bis. Con il D.Lgs. 29 dicembre 2017, numero 216 ed il citato decreto L. 30 dicembre 2019, numero 161, a sua volta modificato in sede di conversione dalla L. 8 febbraio 2020, numero 7, sono state apportate numerose modifiche alle norme del codice di procedura penale, la cui operatività è stata differita a seguito delle numerose proroghe del termine di entrata in vigore della disciplina complessiva delle intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, che era stato in origine fissato dal D.Lgs. 29 dicembre 2017, numero 216, articolo 9, comma 1, ovvero dal primo intervento di riforma della materia facendo riferimento alle operazioni di intercettazioni relative a provvedimenti autorizzativi emessi dopo il centottantesimo giorno successivo alla 26 gennaio 2018. Con il D.L. numero 161 del 2019, la data di decorrenza della nuova disciplina in precedenza indicata al 31 dicembre 2019, e riferita all'emissione dei provvedimenti autorizzativi, è stata posticipata ai procedimenti penali iscritti dopo il 29 febbraio 2020 . Con detto intervento legislativo, oltre ad introdurre ulteriori modifiche alle norme del codice di procedura penale tra cui anche quella prevista dall'articolo 270 c.p.p. già novellate con efficacia differita dal primo D.L. numero 216 del 2017 è stato modificato anche il riferimento temporale dell'entrata in vigore correlato non più all'emissione del provvedimento autorizzativo ma alla data di iscrizione del procedimento. Anche per le modifiche delle norme già modificate, l'entrata in vigore era stata ovviamente già differita alla stessa data del 29 febbraio 2020 dalla disposizione di cui al cit. D.L. numero 161 del 2019, articolo 2, comma 8. Con la legge di conversione L. numero 7 del 2020 le parole 29 febbraio 2020 sono state sostituite con quelle 30 aprile 2020 con il D.L. 30 aprile 2020, numero 28, convertito con modificazioni nella L. 25 giugno 2020, numero 70, è stata introdotta l'ultima proroga, con il nuovo termine riferito ai procedimenti penali iscritti dopo il 31 agosto 2020 . Dunque, la nuova disciplina delle intercettazioni, come dettata dal D.Lgs. numero 216 del 2017 e rimodulata dal D.L. numero 161 del 2019, è entrata in vigore solo dopo quest'ultimo intervento di proroga, ad esclusione della modifica apportata dal D.Lgs. numero 216 del 2017, articolo 6 in vigore ed efficace fin dal 26 gennaio 2018 e che aveva già esteso la disciplina speciale prevista dal D.L. numero 152 del 1991, articolo 13 in materia di intercettazioni per i reati di criminalità organizzata anche ai procedimenti per i delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione, e senza considerare a le modifiche ulteriori apportate dalla L. 9 gennaio 2019, numero 3 cd. spazzacorrotti , che ha abrogato del D.Lgs. numero 216 del 2017, citato articolo 6, il comma 2 che escludeva l'uso del captatore per realizzare intercettazioni nei luoghi indicati dall'articolo 614 c.p. in mancanza del fondato motivo che ivi fosse in corso l'attività criminosa b le disposizioni di cui al D.L. 30 dicembre 2019, numero 161, articolo 2, comma 6 convertito, con modificazioni, dalla L. 28 febbraio 2020, numero 7, che sono state oggetto di una diversificata entrata in vigore, perché di immediata applicazione, per effetto di quanto disposto con il D.L. 30 aprile 2020, numero 28 entrato in vigore l'01/05/2020 , e che riguardano la definizione dei termini e modalità di deposito degli atti e dei provvedimenti relativi alle intercettazioni esclusivamente in forma telematica, rimessa ad un decreto del Ministero della Giustizia. 3. Con riferimento all'articolo 270 c.p.p., e più specificamente al tema delle modifiche apportate al comma 1 di detto articolo in sede di conversione dalla L. numero 7 del 2020, che hanno sostanzialmente ampliato l'ambito della deroga al divieto di utilizzabilità delle intercettazioni disposte in altro procedimento, aggiungendo all'accertamento dei delitti per i quali è obbligatorio l'arresto in flagranza anche l'accertamento dei reati di cui all'articolo 266 c.p.c., comma 1, la Corte di cassazione ha già chiarito in maniera condivisibile che la disciplina sopravvenuta non è applicabile alle intercettazioni disposte ed autorizzate, come nel caso di specie, prima della data del 31 agosto 2020. In particolare, si è fatto correttamente notare come il riferimento alla data di iscrizione del procedimento assolva alla funzione di delimitare l'ambito di applicazione della nuova disciplina e dunque di escludere che essa trovi applicazione per le autorizzazioni che, sebbene siano state disposte successivamente a tale data, sono relative a procedimenti iscritti in epoca antecedente ad essa. Rispetto alle intercettazioni disposte con provvedimenti autorizzativi anteriori al 31 agosto 2020, la nuova disciplina, e quindi anche dell'articolo 270 c.p.p., nuovo testo comma 1 non è applicabile, essendo evidente che per tali provvedimenti l'epoca di iscrizione del procedimento è necessariamente anteriore, essendo l'iscrizione del procedimento un adempimento che precede tutti gli atti che si sviluppano al suo interno. Si è in particolare chiarito che le intercettazioni eseguite nella vigenza della precedente disciplina, e quindi disposte nei limiti ed alle condizioni stabilite dalle norme di legge vigenti al momento della loro autorizzazione, non possono mutare regime normativo per effetto di sviluppi procedimentali successivi, derivanti dalla decisione di separare dall'originario procedimento alcune posizioni ovvero alcuni reati con conseguente trasmissione degli atti da un ufficio di Procura ad un altro, per ragioni di competenza territoriale e/o funzionale Cfr., Sez. 6, numero 47235 del 17/11/2021, Ierardi, non massimata . Sulla base di tali principi, il regime normativo a cui fare riferimento è quello preesistente alle modifiche descritte apportate all'articolo 270 c.p.p., essendo state eseguite le captazioni sulla base di provvedimenti autorizzativi, e quindi sulla base di notizie di reato, precedenti alla data del 31 agosto 2020, non potendo assumere rilievo la circostanza che, per effetto degli sviluppi del procedimento, a seguito della decisione della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Santa Maria Capua a Vetere di disporre lo stralcio dal processo originario di una serie di notizie di reato con conseguente trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica di Benevento, questa abbuia provveduto ad iscrivere le notizie di reato relative ai fatti per cui si procede dopo la data del 31 agosto 2020. 4. Dunque, al fine della verifica della utilizzabilità delle captazioni è necessario fare riferimento alla disciplina previgente e ai principi fissati dalle Sezioni unite della Corte non la sentenza numero 51 del 28/11/2019, dep. 2020, Cavallo, che, come è noto, hanno stabilito che in tema di intercettazioni, il divieto di cui all'articolo 270 c.p.p. di utilizzazione dei risultati delle captazioni in procedimenti diversi da quelli per i quali le stesse siano state autorizzate salvo che risultino indispensabili per l'accertamento di delitti per i quali è obbligatorio l'arresto in flagranza non opera con riferimento agli esiti relativi ai soli reati che risultino connessi, ex articolo 12 c.p.p., a quelli in relazione ai quali l'autorizzazione era stata ab origine disposta, sempreché rientrino nei limiti di ammissibilità previsti dall'articolo 266 c.p.p. . Si è spiegato che la connessione ex articolo 12 c.p.p. riguarda i procedimenti tra i quali esiste una relazione in virtù della quale la regiudicanda oggetto di ciascuno viene, anche in parte, a coincidere con quella oggetto degli altri si tratta di ipotesi che il nuovo codice di rito pone a base di un criterio attributivo della competenza autonomo e originario ex plurimis, Sez. U, numero 27343 del 28/02/2013, Taricco, Rv. 255345 . Secondo le Sezioni unite il carattere originario della connessione ex articolo 12 c.p.p. rende ragione del rilievo dottrinale secondo cui essa è un riflesso della connessione sostanziale dei reati con specifico riferimento al caso di connessione di cui alla lett. c dell'articolo 12 cit., in particolare, si è rilevato come esso si fondi su un legame oggettivo tra due o più reati Sez. U, numero 53390 del 26/10/2017, Patroni Griffi, Rv. 271223 , un legame, dunque, indipendente dalla vicenda procedimentale analoga connessione sostanziale prima ancora che processuale sussiste in presenza, oltre che di un concorso formale di reati, di un reato continuato lett. b , in considerazione del requisito del medesimo disegno criminoso, per la cui integrazione è necessario che, al momento della commissione del primo reato della serie, i successivi fossero stati realmente già0i programmati almeno nelle loro linee essenziali Sez. U, numero 28659 del 18/05/2017, Gargiulo, Rv. 270074 . In caso di imputazioni connesse ex 12 c.p.p., dunque, il procedimento relativo al reato per il quale l'autorizzazione è stata espressamente concessa non può considerarsi diverso rispetto a quello relativo al reato accertato in forza dei risultati dell'intercettazione. La parziale coincidenza della regiudicanda oggetto dei procedimenti connessi e, dunque, il legame sostanziale e non meramente processuale tra i diversi fatti-reato consente di ricondurre ai fatti costituenti reato per i quali in concreto si procede Corte Cost., sent. numero 366 del 1991 , di cui al provvedime'nto autorizzatorio dell'intercettazione, anche quelli oggetto delle imputazioni connesse accertati attraverso i risultati della stessa intercettazione il legame sostanziale tra essi, infatti, esclude che l'autorizzazione del giudice assuma la fisionomia di un' autorizzazione in bianco . Soluzione, questa, che, d'altra parte, rc-~tejattiene alle ipotesi in cui, rispetto al fatto-reato per cui sono state autorizzate le intercettazioni, emergano fatti reato diversi . Ne deriva che, al fine di stabilire se il diverso reato sia connesso rispetto a quello autorizzato, si deve avere riguardo all'oggetto della regiudicanda, nel senso che deve esserci una parziale coincidenza della regiudicanda e, dunque, un legame sostanziale e non meramente processuale tra i diversi fatti. In particolare, la connessione di cui all'articolo 12 c.p.p., lett. b sussiste se sussiste il requisito del medesimo disegno criminoso, per la cui integrazione è necessario che, al momento della commissione del primo reato della serie, i successivi fossero stati realmente già programmati almeno nelle loro linee essenziali . 5. Il Tribunale non ha fatto corretta applicazione dei principi indicati. Dall'ordinanza impugnata emerge testualmente che, secondo il Tribunale, le captazioni sarebbero utilizzabili perché i fatti oggetto del odierno procedimento pur emersi nell'ambito dell'attività captativa disposta per altro titolo di reato articolo 356 c.p. vicenda, comunque, attinente a gara di appalto sarebbero con i primi oggettivamente e soggettivamente connessi vertendosi nell'ambito di attività illecite riconducibili all'imprenditore F.M., anche in contatto, per finalità correlate alle sue società, con rappresentanti della pubblica amministrazione, nel settore degli appalti così testualmente il Tribunale a pag. 3 della ordinanza impugnata . Si tratta di una motivazione obiettivamente viziata. Al di là del riferimento a non meglio identificate connessioni oggettive o soggettive tra il reato per il quale le captazioni furono disposte e quelli per i quali si procede, il Tribunale avrebbe dovuto in concreto verificare la parziale coincidenza tra le diverse regiudicande, la connessione sostanziale tra i reati, e, dunque, la sussistenza dei presupposti previsti dall'articolo 12 c.p.p., lett. b e c . In particolare, ove avesse voluto fare riferimento all'articolo 12 c.p.p., lett. b il Tribunale avrebbe dovuto verificare se, al momento in cui F. decise di compiere il primo reato, avesse già ideato nelle sue linee essenziali i reati per i quali si procede, che, peraltro, sarebbero stati commessi in un altro luogo e con un soggetto diverso. Non diversamente il Tribunale, nel caso in cui avesse voluto fare riferimento all'articolo 12 c.p.p., lett. c , avrebbe dovuto verificare la sussistenza di un legame sostanziale, oggettivo tra i reati, cioè di un legame strutturale fra gli stessi, non potendo certo considerarsi tale la mera circostanza del tutto irrilevante che tutti i fatti sarebbero maturati in funzione della aggiudicazione o della esecuzione di contratti di appalto peraltro avvenute in luoghi e tra soggetti diversi. Su tali decisivi punti la ordinanza è silente e deve essere annullata il Tribunale, in sede di rinvio, applicherà i principi indicati e verificherà se ed in che termini i reati per il quale le captazioni furono autorizzate nel corso del tempo siano connessi, nel senso indicato, a quelli per i quali si procede. 6. Sotto altro profilo, il Tribunale, ove ritenga che non sia configurabile, in tutto in parte, la connessione indicata, deve verificare in concreto quali siano le intercettazioni non utilizzabili e quale sia la loro incidenza rispetto al ragionamento probatorio sotteso al giudizio relativo alla gravità indiziaria, cioè la loro incidenza e decisività rispetto all'ordinanza genetica. Al fine di individuare le captazioni inutilizzabili, gli assunti difensivi non sono condivisibili nella loro portata perché paiono muovere da un presupposto fondante, e cioè che tutte le intercettazioni disposte nel corso del procedimento sarebbero viziate per propagazione della inutilizzabilità di quelle originarie, cioè di quelle disposte per il reato di cui all'articolo 356 c.p Un assunto a cui la difesa sembra fare riferimento in modo totalizzante senza precisare se, in un dato momento, furono disposte captazioni anche per i reati per cui si procede, ancorché sulla base del contenuto di conversazioni disposte per un reato non connesso. Si tratta di un assunto che deve essere verificato. Il tema è quello della c.d. inutilizzabilità derivata. L'affermazione giurisprudenziale consolidata è quella per cui, in materia di inutilizzabilità non opera il principio, previsto per le nullità, della trasmissibilità del vizio agli atti consecutivi a quello dichiarato nullo per tutte, Sez. 6, numero 9009 del 04/02/2020, Rella, Rv. 278563 Sez. 5, numero 441114 del 10/10/2019, Giaimo, Rv. 277432 . Si tratta di un principio spesso collegato a quello secondo il quale in tema di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, ciascun decreto autorizzativo è dotato di autonomia e può ricevere impulso da qualsiasi notizia di reato, ancorché desunta da precedenti intercettazioni probatoriamente inutilizzabili ne consegue che il vizio di cui sia affetto l'originario decreto intercettativo non si comunica automaticamente a quelli successivi correttamente adottati, e che pertanto non è inutilizzabile la prova che non sarebbe stata scoperta senza l'utilizzazione della prova inutilizzabile Sez. 6, numero 3027, del 20/10/2015, Ferminio, Rv. 266496 . La Corte costituzionale, con la sentenza numero 332 del 27/09/2001, ha ritenuto inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 191 c.p.p., sollevata per contrasto con l'articolo 24 Cost., nella parte in cui consente l'utilizzazione di prove che derivino, non solo in via diretta, ma anche in via mediata da un atto posto in essere in violazione di divieti, ed in particolare l'utilizzazione del risultato di una perquisizione nulla . La Corte ha chiarito come a la soluzione prospettata dal giudice remittente avrebbe finito per trasferire nella disciplina della inutilizzabilità un concetto di vizio derivato che il sistema regola esclusivamente in relazione al tema delle nullità l'accoglimento del quesito avrebbe comportato l'esercizio di opzioni che l'ordinamento riserva esclusivamente al legislatore, in una tematica, per di più che quale quella dei rapporti di correlazione o dipendenza tra gli atti probatori ammette, già sul piano logico, un'ampia varietà di possibili configurazioni e alternative b quelli della nullità e inutilizzabilità siano fenomeni tutt'altro che sovrapponibili , così da non potersi trasferire nella disciplina della inutilizzabilità un concetto di vizio derivato che il sistema regola esclusivamente in relazione al tema della nullità . In termini non diversi la Corte costituzionale si è espressa con la sentenza numero 219 del 2019. La Corte, ricostruiti il senso e la portata della inutilizzabilità, ha affermato che l'istituto della inutilizzabilità ha una vita totalmente autonoma rispetto al regime ed alla stessa natura giuridica delle nullità anche detta patologia risponde al pari delle nullità ai paradigmi della tassatività e legalità, dal momento che è soltanto la legge a stabilire quali siano e come si atteggino i diversi divieti probatori è lo stesso sistema normativo ad avallare la conclusione secondo la quale, per la inutilizzabilità che scaturisce dalla violazione di un divieto probatorio, non possa trovare applicazione un principio di inutilizzabilità derivata , sulla falsariga di quanto è previsto invece, nel campo delle nullità, dall'articolo 185 c.p.p., comma 1. In particolare, la Corte ha chiarito che derivando il divieto probatorio e la conseguente sanzione della inutilizzabilità da una espressa previsione della legge, qualsiasi estensione di tale regime ad atti diversi da quelli cui si riferisce il divieto non potrebbe che essere frutto di una, altrettanto espressa, previsione legislativa. Del resto, è ricorrente in giurisprudenza l'affermazione secondo la quale tale principio, valido per le nullità, non si applica in materia di inutilizzabilità, riguardando quest'ultima solo le prove illegittimamente acquisite e non quelle la cui acquisizione sia avvenuta in modo autonomo e nelle forme consentite ex plurimis, Corte di cassazione, sezione sesta penale, sentenza 12 settembre 2018-4 febbraio 2019, numero 5457 così la Corte costituzionale . La inesistenza di un generale principio di inutilizzabilità derivata degli atti è confermata anche dall'articolo 202 c.p.p., che inibisce all'autorità giudiziaria l'utilizzazione, anche indiretta, delle notizie coperte dal segreto di Stato significativo è che in relazione a tale norma, diversamente dalle altre, la Corte costituzionale abbia chiarito che tale divieto riguarda l'utilizzazione degli atti e dei documenti coperti da segreto sia in via diretta, ai fini cioè di fondare su di essi l'esercizio dell'azione penale, sia in via indiretta, per trarne spunto ai fini di ulteriori atti di indagine, le cui eventuali risultanze sarebbero a loro volta viziate dall'illegittimità della loro origine Corte Cost. numero 110 del 1998 . Acutamente si è osservato in dottrina che la Corte, con riferimento all'articolo 202 c.p.p., inibisce l'utilizzazione delle conoscenze coperte da segreto, non solo ai fini delle determinazioni sull'esercizio dell'azione penale e di una qualsiasi decisione giurisdizionale, ma anche a fini investigativi. La Corte costituzionale distingue dunque un'utilizzazione probatoria, in funzione della decisione sul fatto oggetto della imputazione, e un'utilizzazione c.d. euristica, strumentale alla funzione investigativa o istruttoria, delle informazioni coperte da segreto. Quello previsto dall'articolo 202 c.p.p. è un divieto più ampio che non attiene solo alla funzione probatoria delle informazioni illegittimamente acquisite. La prova inutilizzabile rimane tale essa e', salvi i casi specifici previsti dalla legge articolo 202 c.p.p. , tuttavia utilizzabile in chiave euristica, cioè strumentale alla funzione investigativa o istruttoria. Se la prova inutilizzabile non risulti destinata a giustificare in maniera costitutiva una qualche decisione o determinazione, la sua inutilizzabilità, pur persistente e rilevabile in ogni stato e grado del procedimento articolo 191, comma 2 , rimane senza ulteriori conseguenze, anche se le informazioni che possano trarsene vengano implicitamente impiegate per l'ammissione e la ricerca di altre valide prove ciò che ne è preclusa, si osserva testualmente, è come già affermato dalla Corte di cassazione proprio con la sentenza richiamata dalla Corte costituzionale Sez. 6, numero 5457 del 12/09/2018, dep. 2019, Cosentino, Rv. 275029 solo l'utilizzazione a sostegno di una decisione o determinazione sul fatto controverso, a meno che non si tratti di informazioni di cui è preclusa qualsiasi utilizzazione, che ne comporti anche solo una comunicazione o diffusione. 7. Nel caso di specie, il ricorrente sembra sovrapporre i due profili di cui si è detto inutilizzabilità probatoria ed utilizzabilità ai soli ulteriori fini investigativi di un atto di indagine probatoriamente inutilizzabile e conseguentemente non distingue alcunché. Ne discende che il Tribunale, come detto, dovrà verificare se vi siano decreti autorizzativi delle intercettazioni disposte presso il Tribunale di Santa Maria Capua a Vetere per i reati per i quali si procede ovvero se tutti i decreti facciano riferimento ad altri reati. Nel caso in cui vi siano decreti autorizzativi delle captazioni per i reati per cui si procede, il giudizio sulla gravità indiziaria dovrà essere formulato tenendo conto che detti decreti sono utilizzabili anche nel caso in cui siano stati disposti sulla base di intercettazioni probatoriamente inutilizzabili. All'esito di tale operazione, il Tribunale formulerà un nuovo giudizio sulla gravità indiziaria. 8. Non diversamente, il Tribunale verificherà eventualmente se sussistano esigenze cautelari e, in particolare, il rischio di recidiva. Sul tema, a fronte dell'elemento segnalato dal ricorrente, e cioè la intervenuta sospensione di D.I.M. dalla carica si Sindaco da parte del Prefetto di Benevento, la motivazione, di per sé sincopata, è obbiettivamente silente. I residui motivi sono assorbiti. PQM Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Napoli competente ai sensi dell'articolo 309 c.p.p., comma 7.