È vittima del dovere il Maresciallo dei Carabinieri che interviene sul luogo di un sinistro stradale e viene aggredito da un ladro

Inutile l’opposizione proposta dal Ministero dell’Interno. Inutile il riferimento all’origine dell’intervento compiuto dall’esponente dell’Arma. Decisiva la constatazione che il militare è stato aggredito dall’uomo che aveva rubato il cavallo rimasto coinvolto in uno scontro con un veicolo.

Va riconosciuto lo status di vittima del dovere al Maresciallo dei Carabinieri che è intervenuto sul luogo dello scontro tra un veicolo e un cavallo ed è stato aggredito brutalmente da un uomo che poi si era scoperto essere il ladro dell'animale. La svolta nella battaglia legale tra un Maresciallo dei Carabinieri e il Ministero dell'Interno arriva nel maggio del 2017 quando i giudici d'Appello riconoscono lo status di vittima del dovere all'esponente dell'Arma e ciò in ragione dell' invalidità occorsagli a seguito di una aggressione subita in strada. Nello specifico, è acclarato che il Maresciallo era intervenuto sul luogo di un sinistro stradale che aveva visto coinvolti un veicolo e un cavallo e poi aveva notato un individuo – rivelatosi poi essere il ladro dell'animale – nascosto dietro i cespugli, gli si era avvicinato e quello, uscito allo scoperto, lo aveva colpiva in volto con una pietra . Per i giudici d'Appello è logico considerare il Maresciallo come vittima del dovere, in quanto egli ha subito un' invalidità permanente in conseguenza di un evento verificatosi nell'opera di contrasto alla criminalità . In Cassazione, però, la decisione di secondo grado viene fortemente contestata dal Ministero dell'Interno che tramite l'Avvocatura dello Stato sostiene non si possa ignorare che la lesione riportata dal Maresciallo dei Carabinieri era avvenuta nell'ambito di una missione che non aveva ad oggetto il contrasto alla criminalità ma l'accertamento di un sinistro stradale . A questa obiezione i giudici di terzo grado replicano ribadendo, innanzitutto, che per missioni si intendono le missioni autorizzate dall'autorità gerarchicamente o funzionalmente sopraordinata al dipendente . Questo dettaglio è fondamentale, secondo i magistrati, poiché nella vicenda presa in esame non emerge un'autorizzazione nei confronti del Maresciallo. In sostanza, non risulta che il maresciallo fosse intervenuto sul luogo del sinistro stradale su specifica autorizzazione di un suo superiore, anziché, ad esempio, essere capitato sul luogo del sinistro esercitando la normale attività di servizio . Escluso, quindi, il presupposto di fatto necessario ad integrare la missione, è logico considerare il Maresciallo come vittima del dovere . Su questo fronte i giudici ribadiscono che è fondamentale accertare che l'evento dannoso si sia verificato nel contrasto alla criminalità, senza che sia richiesto un rischio specifico ulteriore a quello insito nelle ordinarie attività istituzionali , e aggiungono che correttamente si è considerato in Appello che fosse attività di contrasto della criminalità quella volta a fronteggiare il ladro del cavallo, poi denunciato per resistenza a pubblico ufficiale e lesioni, cercando di impedirne la fuga . Tirando le somme, è corretta, sanciscono i giudici di Cassazione, la qualificazione dell'attività del Maresciallo quale attività di contrasto alla criminalità , a prescindere dalla circostanza per cui in origine, la causa di servizio consistesse nell'effettuazione di rilievi su un sinistro stradale .

Presidente Berrino – Relatore Gnani Rilevato che In riforma della pronuncia di primo grado, la Corte d'appello di Genova riconosceva lo status di vittima del dovere al maresciallo dei Carabinieri MA.Ma. in ragione dell'invalidità occorsa a seguito di una subita aggressione. In particolare, egli era intervenuto sul luogo di un sinistro stradale intervenuto tra un veicolo e un cavallo, quando, notato un individuo nascosto dietro i cespugli rivelatosi poi il ladro del cavallo , gli si avvicinava, e costui, uscito allo scoperto, cercava di disarmarlo e lo colpiva in volto con una pietra. Secondo la Corte d'appello il caso doveva rientrare nella fattispecie della L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 563, lett. a in quanto il maresciallo subì un'invalidità permanente in conseguenza di un evento verificatosi nel contrasto alla criminalità. Avverso la sentenza ricorre il Ministero dell'Interno per un motivo. MA.Ma. resiste con controricorso, illustrato da memoria. Considerato che Con l'unico motivo di ricorso, il Ministero dell'Interno deduce violazione e/o falsa applicazione della L. n. 266 del 2005, art. 1, commi 563 e 564 per avere la Corte applicato erroneamente l'art. 1, comma 563 senza considerare che la lesione era avvenuta nell'ambito di una missione che non aveva ad oggetto il contrasto alla criminalità ma l'accertamento di un sinistro stradale. La Corte avrebbe dovuto semmai indagare la sussistenza degli elementi della fattispecie di cui all'art. 1, comma 564, che contempla la lesione subita in esecuzione di una missione. Il motivo è manifestamente infondato. Ai sensi del D.P.R. n. 243 del 2006, art. 1, comma 1, lett. b , attuativo della L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 565 per missioni si intendono le missioni autorizzate dall'autorità gerarchicamente o funzionalmente sopraordinata al dipendente . Il motivo di ricorso suppone che l'attività di rilievo delle modalità del sinistro stradale fosse una missione, nonostante la nozione di missione richieda l'accertamento di una circostanza di fatto - l'autorizzazione da parte della autorità gerarchicamente sopraordinata - che non emerge dalla sentenza. Ne' il ricorso allega che, dagli atti di causa, risultava che il maresciallo fosse intervenuto sul luogo del sinistro stradale su specifica autorizzazione di un suo superiore, anziché, ad esempio, essere capitato sul luogo del sinistro esercitando la normale attività di servizio. In assenza del presupposto di fatto necessario ad integrare la missione e quindi la fattispecie della L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 564 la Corte ha rettamente applicato la diversa fattispecie del comma 563, lett. a , la quale ricorre quando l'evento dannoso si sia verificato nel contrasto ad ogni tipo di criminalità, senza che sia richiesto un rischio specifico ulteriore a quello insito nelle ordinarie attività istituzionali, necessario, invece, per le ipotesi previste dal successivo comma 564, ove è necessaria l'esistenza o il sopravvenire di circostanze o eventi straordinari v. Cass., sez. un., 10791/17 , Cass.15027/18 v. anche Cass., sez. un., 6214/22 . In particolare, la Corte territoriale ha considerato che fosse attività di contrasto della criminalità quella volta a fronteggiare il ladro del cavallo, poi denunciato per resistenza a pubblico ufficiale e lesioni, cercando di impedirne la fuga. La qualificazione dell'attività del maresciallo quale attività di contrasto alla criminalità è giuridicamente corretta, alla luce degli elementi fattuali valorizzati dalla sentenza, e prescinde dalla circostanza per cui, all'inizio, la causa di servizio consistesse nell'effettuazione di rilievi su un sinistro stradale. Conclusivamente il ricorso va respinto, con condanna di parte ricorrente alle spese di lite del presente giudizio di cassazione. Essendo soccombente un'amministrazione dello Stato non è dovuto il doppio del contributo unificato ai cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1, quater Cass., S.U., n. 9938/14 . P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso condanna parte ricorrente a rifondere le spese di lite del presente giudizio di cassazione, liquidate in Euro4000 per compensi, Euro200 per esborsi, oltre 15% per rimborso spese generali e accessori di legge, da distrarsi al procuratore antistatario.