La Corte di Cassazione, pronunciandosi sul ricorso della parte civile avverso la sentenza che dichiarava il non luogo a procedersi per intervenuta prescrizione nei confronti dell’avvocato infedele, ha ricordato come individuare correttamente il momento in cui il reato di patrocinio infedele può ritenersi perfezionato.
La Corte d'appello confermava la sentenza di non luogo a procedere emessa dal Tribunale nei confronti di un avvocato e per i reati di patrocinio infedele di cui all' art. 380 c.p. e truffa per intervenuta prescrizione maturata prima della data di citazione a giudizio. In qualità di patrocinatore, allo stesso era stato contestato di essersi reso infedele non depositando il ricorso in appello nonostante avesse ricevuto la procura alle liti dal suo cliente, mentre l'ipotesi di truffa era stata ravvisata per essersi fatto consegnare la somma di 300 Euro finalizzata al pagamento del contributo unificato , con artifici e raggiri consistiti nel consegnare al cliente copia del ricorso e nel fargli firmare suddetta procura, senza poi dar seguito al deposito dell'atto nei termini di legge. In primo grado i giudici fondavano la prescrizione sul tempus commissi delicti , ritenuto perfezionatosi il 5 marzo 2013, data di deposito di rinuncia dell'atto di appello e sulla circostanza che il decreto di citazione a giudizio veniva emesso il 1 luglio 2019, dopo il decorso del termine ordinario della prescrizione pari a 6 anni decorso il 13 marzo 2019 . In secondo grado il tempus veniva individuato nel 18 febbraio 2013, data in cui l'avvocato richiedeva alla persona offesa i 300 Euro per il contributo unificato. La parte civile ricorreva quindi in Cassazione, sostenendo che la consumazione del patrocinio infedele si sarebbe invece verificata il 9 dicembre 2013, quando il professionista lasciava decorrere inutilmente il termine per l'impugnazione. La Suprema Corte ha ritenuto tuttavia infondato il ricorso, ricordando che per il perfezionamento del patrocinio infedele si richiede una condotta del patrocinatore irrispettosa dei doveri professionali stabiliti, per fini di giustizia, a tutela della parte assistita e, in secondo luogo, un evento che implichi un nocumento agli interessi di quest'ultimo . Pertanto, poiché l'evento del reato di patrocinio infedele va identificato con il nocumento arrecato al patrocinato, è da tale data che il reato può ritenersi consumato ed è quindi da tale momento che inizia a decorrere il termine di prescrizione . E il nocumento, per poter assumere rilevanza deve essere conseguente alla violazione di doveri professionali, non potendo evidentemente essere presi in considerazione effetti pregiudizievoli derivanti da ragioni diverse, eziologicamente non dipendenti dalle suddette violazioni deontologiche . Nel caso in esame quindi, i giudici di merito hanno correttamente individuato il momento di perfezionamento del reato nella data del 5 marzo 2013 di deposito della rinuncia all'atto di appello, perché in quel momento si verificò il danno per la persona offesa. Il ricorso viene rigettato.
Presidente Fidelbo Relatore Vigna Ritenuto in fatto 1.Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Palermo ha confermato la sentenza del Tribunale di Trapani del 16 marzo 2021, che ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di R.G. in ordine ai reati di cui agli artt. 380 c.p. capo A e 640, 61 n. 11, c.p. capo B per intervenuta prescrizione maturata prima della data della citazione a giudizio 1 luglio 2019 , rigettando le richieste risarcitorie della parte civile D.V.A. . In particolare, quanto al reato di cui all' art. 380 c.p. sul quale verte il ricorso , si contesta a R. , nella sua qualità di patrocinatore, di essersi reso infedele ai suoi doveri professionali, non depositando il ricorso in sede di appello, nonostante avesse ricevuto la relativa procura alle liti da D.V.A. in relazione al procedimento civile n. 761/2007. Fatto commesso in omissis . All'imputato era, inoltre, contestato il reato di truffa, perché, inducendo in errore D.V. , circa la possibilità di proporre l'atto di ricorso in appello di cui al capo A , si procurava un ingiusto profitto facendosi consegnare dalla medesima persona offesa la somma di Euro 300,00 finalizzata al pagamento del contributo unificato. Con artifici e raggiri consistiti nel consegnare copia del ricorso in appello a D.V. e nel fare firmare la relativa procura alle liti senza poi dare materialmente seguito al deposito degli atti nei termini di legge. La pronuncia di primo grado fondava la declaratoria di prescrizione sul tempus commissi delicti in contestazione ritenuto perfezionatosi il 5 marzo 2013, data di deposito della rinuncia all'atto di appello e sulla circostanza che il decreto di citazione a giudizio era stato emesso il 1 luglio 2019, ovverosia dopo il decorso del termine ordinario della prescrizione pari a sei anni 13 marzo 2019 . La Corte d'appello, nel condividere la valutazione del Tribunale cerca la avvenuta prescrizione dei reati, ha ritenuto corretta la indicazione del tempus commissi delicti nel 18 febbraio 2013 poiché in tale data si era verificato il primo nocumento per D.V. e cioè la richiesta di corresponsione da parte di R. della somma di Euro 300,00 finalizzata al pagamento del contributo unificato e la richiesta di apporre la firma su un foglio bianco, ove asseritamente doveva apporre la procura ad appellare, che, invece, utilizzò per rinunciare all'appello. 2. Avverso la sentenza ricorre per cassazione D.V. , deducendo, la violazione di legge e il vizio di motivazione della impugnata sentenza per avere rilevato che il termine ordinario di prescrizione in relazione al contestato delitto di cui all' art. 380 c.p. era già spirato in data 18 dicembre 2019 e, dunque, in epoca antecedente l'emissione del decreto di citazione a giudizio avvenuta 11 luglio 2019 , con conseguente rigetto delle richieste risarcitorie avanzate dalla parte civile. Il reato di infedele patrocinio si è consumato nel momento in cui, dopo avere accettato l'incarico, ricevuto l'acconto di Euro 300,00 ed essersi fatto rilasciare una firma per la predisposizione della procura, il professionista fece inutilmente decorrere il termine previsto per l'impugnazione di tale provvedimento giudiziario e cioè il 9 dicembre 2013. In realtà D.V. , dopo avere ricevuto i trecento Euro, formò la procura per l'appello e predispose l'appello. Per giustificare il fatto di non avere predisposto l'appello, sulla presunta dichiarazione di rinuncia è stata indicata una data, quella del 5 marzo 2013, in cui ancora non era decorso il termine per la presentazione dell'impugnazione. La presunta dichiarazione è stata predisposta nel novembre 2017, subito dopo l'avviso di conclusioni delle indagini preliminari. Il danno si concretizzò e assunse i caratteri della irrevocabilità solo nel momento in cui spirarono i termini per l'impugnazione e, sul punto, nessuna rilevanza può avere la formazione della falsa rinuncia all'appello, in quanto temporalmente successiva. 3.11 difensore della parte civile ha depositato conclusioni scritte insistendo per l'accoglimento del ricorso. 4. Il difensore dell'imputato ha depositato conclusioni scritte, chiedendo l'inammissibilità del ricorso. 5. Il ricorso è stato trattato, ai sensi del D.L. n. 137 del 2020 art. 23, commi 8 e 9, senza l'intervento delle parti. Considerato in diritto 1.I1 ricorso è infondato. 2. Occorre osservare che costituisce principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità quello secondo il quale il delitto di cui all' art. 380, comma 1, c.p. richiede, per il suo perfezionamento, in primo luogo, una condotta del patrocinatore irrispettosa dei doveri professionali stabiliti, per fini di giustizia, a tutela della parte assistita e, in secondo luogo, un evento che implichi un nocumento agli interessi di quest'ultimo. Pertanto, poiché l'evento del reato di patrocinio infedele va identificato con il nocumento arrecato al patrocinato, è da tale data che il reato può ritenersi consumato ed è quindi da tale momento che inizia a decorrere il termine di prescrizione vedi, Sez. 2, 14/02/2019, Musmeci, Rv. 275383 . 2.1. In merito alla nozione di nocumento, è già stato osservato da parte della giurisprudenza di legittimità che lo stesso può essere costituito anche dal mancato conseguimento di vantaggi formanti oggetto di decisione assunte dal giudice nelle fasi intermedie o incidentali di una procedura Sez. 6, n. 8617 del 30/01/2020 , Bruno, Rv. 278710 - 01 Sez. 6, n. 2689 del 19/12/1995 , Forti, Rv. 204509 - 01 . Per quanto interessa nel caso in esame, è bene rimarcare anche che il nocumento, per poter assumere rilevanza, deve essere conseguente alla violazione dei doveri professionali, non potendo evidentemente essere presi in considerazione effetti pregiudizievoli derivanti da ragioni diverse, eziologicamente non dipendenti dalle suddette violazioni deontologiche. Si deve, inoltre, considerare che nell'ambito del rapporto professionale e durante lo svolgimento del procedimento giudiziario, tenuto conto delle diverse fasi in cui esso si articola, si possono individuare eventi pregiudizievoli per la parte assistita anche indipendenti dall'esito favorevole o sfavorevole del giudizio, potendo rilevare anche il mero ritardo della definizione del procedimento, o anche una semplice preclusione processuale conseguente alla scadenza di un termine che abbia reso impossibile per la parte allegare una prova a suo favore o comunque di esercitare una facoltà spettante alla stessa quale parte processuale, e potendo rientrare nella nozione di nocumento anche la c.d. perdita di chances , consistente nella perdita di una concreta occasione favorevole al conseguimento di un bene determinato o di un risultato positivo. 3. La Corte di appello ha dato corretta applicazione a tale principio di diritto, ritenendo sussistente la prescrizione intermedia. Come correttamente sostenuto dai giudici di merito, il reato in esame si è perfezionato il 5 marzo 2013, data di deposito della rinuncia all'atto di appello, perché è in quel momento che si è verificato il danno per R. , il quale, del tutto ignaro, era convinto di avere adempiuto a tutte le formalità per impugnare la sentenza di primo grado. È, quindi, del tutto irrilevante la circostanza che il termine per proporre l'impugnazione nel processo civile in cui R. difendeva D.V. sarebbe spirato il 9 dicembre 2013. 4. Al rigetto del ricorso, segue la condanna dell'imputato al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.