Lo spray urticante è considerabile un’arma idonea ad aggravare il reato di rapina?

Respinta la tesi difensiva mirata a ridimensionare l’episodio e a catalogarlo come mero furto con strappo. Impossibile, secondo i giudici, ipotizzare una legittima detenzione dello spray al peperoncino utilizzato dal rapinatore per mandare in confusione la vittima.

Condanna più severa per il rapinatore che mette a segno il colpo utilizzando uno spray urticante per mandare in confusione la sua preda. Legittimo, difatti, secondo i giudici, sostenere che egli abbia fatto uso di una vera e propria arma. Scenario della vicenda è la provincia di Brescia. Lì un uomo aggredisce una persona, la colpisce con un pugno, le spruzza in faccia uno spray al peperoncino e, approfittando del disorientamento causatole, riesce a strapparle una collana. I dettagli dell'episodio sono inequivocabili per i giudici di merito, i quali, perciò, sanciscono, sia in primo che in secondo grado, la condanna dell'uomo sotto processo per i giudici è logico parlare di rapina aggravata dall'uso di un'arma , ossia lo spray urticante. In Appello la pena viene fissata in due anni e otto mesi di reclusione e 600 euro di multa. Per il legale che rappresenta l'uomo sotto processo, però, la pronuncia di secondo grado va messa in discussione. Ciò per due ragioni in primo luogo, va escluso, secondo il legale, il reato di rapina , poiché non vi è prova di un nesso di causalità fra la violenza esercitata dall'uomo nei confronti della cosa – e non della vittima – e l' impossessamento della collanina , e, comunque, anche a voler accettare la ricostruzione dei fatti operata, la condotta in esame va inquadrata nella fattispecie di percosse o lesioni personali e di furto con strappo in secondo luogo, va esclusa, secondo il legale, la circostanza aggravante dell'uso di un'arma, in quanto lo spray al peperoncino è strumento di difesa legale . Per i giudici di Cassazione, però, le obiezioni proposte dal legale che rappresenta l'uomo sotto processo non hanno un solido fondamento. In particolare, la difesa ha enfatizzato la circostanza che l'uomo sotto accusa strappò la collanina alla vittima con un' azione non originariamente programmata ma solo a seguito di un'azione violenta scaturita per altre ragioni , osservano i giudici, e tale tesi è stata, in sostanza, recepita nella decisione della Corte d'appello, poiché i giudici di secondo grado hanno messo nero su bianco che nel corso dell'azione e approfittando del momentaneo obnubilamento cagionato alla persona aggredita proprio con l'utilizzo dello spray, l'uomo le ha poi sottratto la collana che repentinamente si è messo in tasca . Ma tale circostanza non esclude la sussistenza del delitto di rapina , configurabile anche in presenza del cosiddetto dolo concomitante o sopravvenuto , in quanto la coscienza e la volontà del soggetto, dovendo cadere sulla funzione e sulla efficacia della minaccia o della violenza, sono strumentali rispetto all'impossessamento e non devono necessariamente preesistere all'inizio dell'attività integratrice dal reato, ma possono insorgere anche in un secondo momento , chiariscono i giudici. Impossibile, poi, parlare di mero furto con strappo , poiché l'uomo, prima di impossessarsi della collana, colpì la persona offesa con un pugno e le spruzzò lo spray urticante Inevitabile il riferimento al principio secondo cui il furto con strappo non è mai configurabile in tutte le ipotesi in cui la violenza, comunque indirizzata, sia stata esercitata per vincere la resistenza della persona offesa, giacché in tal caso è la violenza stessa – e non lo strappo – a costituire il mezzo attraverso cui si realizza la sottrazione . Per chiudere il cerchio, infine, i giudici respingono l'ipotesi che si possa parlare di legittima detenzione di uno spray urticante . A questo proposito, difatti, a contare è l'uso che fu fatto dello spray , uso caratterizzato da una palese finalità di aggressione alla persona legittimo, quindi, concludono i giudici, classificare come arma lo spray utilizzato dal rapinatore .

Presidente Rago – Relatore Messini D'Agostini Ritenuto in fatto 1. La Corte di appello di Brescia, con sentenza del 23 marzo 2021, in parziale riforma della decisione del primo giudice emessa ad esito del giudizio abbreviato, confermata la colpevolezza di P.S. per il reato di rapina aggravata, riconosceva le già concesse attenuanti generiche prevalenti sull'aggravante dell'uso dell'arma e rideterminava la pena in due anni e otto mesi di reclusione e 600 Euro di multa. 2. Ha proposto ricorso P.S., a mezzo del proprio difensore, chiedendo l'annullamento della sentenza in ragione di tre motivi. 2.1. Violazione della legge penale in relazione alla ritenuta sussistenza del reato di rapina in assenza di alcun nesso di causalità fra la violenza esercitata dall'imputato nei confronti della res e non della vittima e l'impossessamento della collanina. Anche a voler accettare la ricostruzione dei fatti operata nei precedenti gradi di giudizio, la condotta ascritta al ricorrente avrebbe dovuto essere più correttamente inquadrata nella fattispecie di percosse o lesioni personali e di furto con strappo. 2.2. Violazione della legge penale in relazione alla ritenuta sussistenza della circostanza aggravante dell'uso dell'arma, in quanto lo spray al peperoncino è strumento di difesa legale se rispetta le caratteristiche indicate nel decreto ministeriale 12 maggio 2021, n. 103. 2. 3 . Violazione della legge penale e contraddittorietà della motivazione in ordine alla diminuzione espressa non nella massima estensione a seguito del riconoscimento della prevalenza delle attenuanti generiche sulla suddetta aggravante. Considerato in diritto 1. Il ricorso è inammissibile perché proposto con motivi manifestamente infondati. 2. Il tema della qualificazione giuridica è stato introdotto per la prima volta in sede di legittimità, considerato che con l'atto di appello, sulla base di una ricostruzione alternativa dei fatti, contrastante con quella della persona offesa, ritenuta attendibile dal primo giudice, la difesa aveva chiesto l'assoluzione dell'imputato sostenendo la sussistenza della scriminante della legittima difesa. La deduzione, tuttavia, può essere valutata ex art. 609 c.p.p. , comma 2, in quanto, oltre all'interesse del ricorrente alla riqualificazione giuridica in fattispecie di reato meno gravi, l'esame della stessa non richiede da parte di questa Corte accertamenti in fatto, essendo ormai pacifica la ricostruzione della vicenda come effettuata da entrambi i giudici di merito con puntuale motivazione, non più oggetto di censura in proposito v. Sez. 2, n. 17235 del 17/01/2018, Tucci, Rv. 272651 Sez. 1, n. 13387 del 16/05/2013, dep. 2014, Rossi, Rv. 259730 Sez. 5, n. 8432 del 10/01/2007, Gualtieri . La deduzione, però, è priva di fondamento. La difesa ha enfatizzato la circostanza che l'imputato strappò la collanina alla vittima con un'azione non originariamente programmata ma solo a seguito di un'azione violenza scaturita per altre ragioni, tesi nella sostanza recepita nella sentenza impugnata nel corso dell'azione e approfittando del momentaneo obnubilamento cagionato all'aggredito proprio con l'utilizzo dello spray l'imputato gli ha poi sottratto la collana che repentinamente si è messo in tasca . Tale circostanza, però, non esclude la sussistenza nella fattispecie del delitto di rapina, configurabile anche in presenza del cosiddetto dolo concomitante o sopravvenuto, in quanto la coscienza e volontà del soggetto attivo, dovendo cadere sulla funzione e sulla efficacia della minaccia o della violenza, strumentali rispetto all'impossessamento, non devono necessariamente preesistere all'inizio dell'attività integratrice dal reato, ma possono insorgere anche in un secondo momento Sez. 2, n. 3116 del 12/01/2016, Paolicchi, Rv. 265644 Sez. 2, n. 4667 del 09/10/1987, dep. 1988, Del Percio, Rv. 178144 Sez. 1, n. 10097 del 09/01/1974, Acquaviva, Rv. 128864 . Va poi radicalmente escluso che nella fattispecie sia ravvisabile il meno grave reato previsto dall' art. 624-bis c.p. , comma 2, considerato che, nella ricostruzione dei giudici di merito, prima di impossessarsi della collana, P. colpì la persona offesa con un pugno e gli spruzzò lo spray urticante il furto con strappo non è mai configurabile in tutte le ipotesi in cui la violenza, comunque indirizzata , sia stata esercitata per vincere la resistenza della parte offesa, giacché in tal caso sarebbe la violenza stessa - e non lo strappo a costituire il mezzo attraverso il quale si realizza la sottrazione, determinando automaticamente il refluire del fatto nello schema tipico del delitto di rapina Sez. 2, n. 2553 del 19/12/2014, dep. 2015, Bocchetti, Rv. 262281 in senso conforme v., ad es., Sez. 2, n. 16899 del 21/02/2019, Melegari, Rv. 276558 Sez. 2, n. 41464 del 11/11/2010, P., Rv. 248751 Sez. 2, n. 34206 del 03/10/2006, Vaccaro, Rv. 234776 da ultimo cfr. Sez. 2, n. 1736 del 11/01/2022, Berruto Donnini, non mass. . 3. Il motivo inerente alla sussistenza della circostanza aggravante non era stato proposto con l'appello secondo il diritto vivente, alla luce di quanto disposto dall' art. 609 c.p.p. , comma 2, non possono essere dedotte con il ricorso per cassazione questioni sulle quali il giudice di appello abbia correttamente omesso di pronunciare perché non devolute alla sua cognizione, ad eccezione di quelle rilevabili di ufficio in ogni stato e grado del giudizio e di quelle che non sarebbe stato possibile proporre in precedenza Sez. 2, n. 34044 del 20/11/2020, Tocco, Rv. 280306 Sez. 3, n. 27256 del 23/07/2020, Martorana, Rv. 279903 Sez. 3, n. 57116 del 29/09/2017, B., Rv. 271869 Sez. 2, n. 29707 del 08/03/2017, Galdi, Rv. 270316 Sez. 2, n. 8890 del 31/01/2017, Li Vigni, Rv. 269368 . In ogni caso risulta evidente che nel caso in esame non si trattava della legittima detenzione dello spray urticante ammesso che esso rispettasse le indicazioni di cui al decreto ministeriale 12 maggio 2021, n. 103 e che vi fosse un giustificato motivo per portarlo in luogo pubblico , bensì dell'uso che di esso ne fu fatto, con finalità di aggressione alla persona, sì da poterlo classificare come arma, ai fini dell'applicazione dell'aggravante prevista dall' art. 628 c.p. , comma 3, n. 1 al pari di un'arma giocattolo, di una siringa, di un mattarello o di un randello di legno, per citare alcuni fra i casi più frequenti che si rinvengono nella giurisprudenza di legittimità. 4. Non è ravvisabile, infine, alcuna violazione di legge o contraddittorietà della motivazione in ordine alla decisione della Corte di appello di riconoscere la prevalenza e non solo l'equivalenza, come il primo giudice fra le attenuanti generiche e la suddetta aggravante senza operare, tuttavia, la riduzione di pena nella massima misura possibile in ragione di un comportamento post factum non indicativo di resipiscenza la valutazione sul punto è incensurabile in sede di legittimità. 5. All'inammissibilità dell'impugnazione proposta segue, ai sensi dell' art. 616 c.p.p. , la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della Cassa delle Ammende della somma di Euro tremila, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.