Compensi avvocato: la prova del conferimento del mandato può essere raggiunta tramite presunzioni?

Per la configurazione di una presunzione giuridicamente valida ai sensi degli artt. 2727 e 2729 c.c., non occorre che tra il fatto noto e quello ignoto sussista un legame di assoluta ed esclusiva necessità causale, ma è sufficiente che il fatto da provare sia desumibile dal fatto noto, in forza di una regola d’esperienza, come conseguenza meramente probabile, secondo un criterio di normalità.

Nella fattispecie esaminata, la Seconda Sezione Civile affronta il tema della prova per presunzioni nell'ambito di un procedimento avente ad oggetto la liquidazione di compensi per attività stragiudiziale prestata da un avvocato. Il caso. Il Tribunale aveva revocato il decreto ingiuntivo ottenuto da un avvocato quale compenso professionale per l' assistenza prestata nelle trattative intercorse per l'acquisto di un compendio immobiliare e per la redazione del correlato contratto preliminare, ritenendo fondata la deduzione del cliente secondo cui quest'ultimo incarico non era stato conferito. L'avvocato, quindi, decideva di appellare la sentenza, in quanto, a suo dire, l'incarico che gli era stato conferito investiva anche la redazione del preliminare, come peraltro confermato dal contenuto di tale atto, sottoscritto dall'opponente, e del quale una clausola evidenziava come il difensore fosse intervenuto nelle trattative approntando uno studio degli atti funzionale alla conclusione del contratto stesso. La Corte distrettuale accoglieva il gravame ritenendo che fosse stata offerta la prova anche del conferimento dell'incarico per la redazione del contratto preliminare e che altresì fosse pacifico e provato che il cliente avesse conferito all'avvocato l'incarico di seguirlo professionalmente in vista dell'acquisto di un complesso immobiliare, che al momento era di proprietà di altri, per effetto di una donazione compiuta dal padre, contraente del preliminare. Al fine di impedire che tale acquisto potesse essere in seguito soggetto ad azione di riduzione, essendo il donante anche contraente del preliminare coniugato, l'avvocato aveva prospettato il ricorso allo scioglimento della donazione per mutuo consenso, con conseguente retrocessione dei beni a costui. A questo punto, il cliente aveva sottoscritto il contratto preliminare, mostrando in tal modo di aderire al programma ipotizzato dall'avvocato, in quanto il contratto rientrava nel più ampio mandato conferito al fine di assicurare l'assistenza nelle trattative prodromiche all'acquisto, onde predisporre gli strumenti giuridici più idonei a conseguire il risultato auspicato. Secondo la Corte d'appello, anche dal fatto che effettivamente era intervenuto lo scioglimento della donazione, si ricavava il carattere vincolante e la non superfluità del preliminare che, insieme ad essa, si inseriva nel complessivo disegno giuridico previsto dal professionista. Da qui il ricorso per cassazione promosso dal cliente. La prova per presunzioni. Al fine di addivenire alla soluzione del caso, la Cassazione ricorda come secondo il modello di prova per presunzioni configurato dalla legge, il giudice deve seguire un procedimento logico che si articola in due momenti valutativi . Dapprima, deve valutare in maniera analitica ognuno degli elementi indiziari per scartare quelli intrinsecamente privi di rilevanza e conservare, invece, quelli che, presi singolarmente, rivestano i caratteri della precisione e della gravità successivamente, deve procedere ad una valutazione complessiva di tutti gli elementi presuntivi isolati e accertare se essi siano concordanti e se la loro combinazione sia in grado di fornire una valida prova presuntiva, che magari non potrebbe dirsi raggiunta considerando atomisticamente uno o alcuni indizi. Orbene, nel caso di specie , la Cassazione, concordemente a quanto ritenuto dalla Corte di appello, ha ravvisato che la prova del conferimento del mandato anche per la redazione del preliminare fosse desumibile, in assenza di un atto formale di incarico, non dalla sola sottoscrizione del preliminare stesso, il cui contenuto peraltro già deponeva per la conferma del conferimento di tale incarico, ma dal concatenarsi delle varie vicende assistenza per l'attività di vendita, stipula del preliminare, ed effettiva redazione di un atto di scioglimento consensuale della donazione da parte di coloro che in quel momento erano proprietari del ben oggetto della trattativa , che confermavano, quindi, in via presuntiva, che il cliente avesse fatto affidamento sull'avvocato anche per la redazione dell'atto oggetto di causa.

Presidente Di Virgilio Relatore Criscuolo Motivi in fatto ed in diritto della decisione 1. Il Tribunale di Nola con la sentenza n. 2513 dell'8 ottobre 2013, in accoglimento dell'opposizione proposta da A.F. ha revocato il decreto ingiuntivo n. 1363/2010, con il quale su richiesta dell'avvocato I.G. era stato ingiunto il pagamento a carico dell'opponente della somma di Euro 48.324,81, quale compenso professionale per l'assistenza prestata nelle trattative intercorse con A.G., A. e C., per l'acquisto di un compendio immobiliare in Omissis . Il Tribunale riteneva fondata la deduzione dell' A. secondo cui non era stato conferito alcun incarico di predisporre anche un contratto preliminare di cosa altrui, con la conseguenza che il compenso dovuto doveva esser ridotto ad Euro 2.411,00. Avverso tale sentenza ha proposto appello l'avv. I., ribadendo che l'incarico conferito dall' A. investiva anche la redazione del preliminare, come peraltro confermato anche dal contenuto di tale atto, sottoscritto dall'opponente, una cui clausola evidenziava come l'avv. I. fosse intervenuto nelle trattative, approntando uno studio degli atti funzionale alla conclusione del contratto stesso. Nella resistenza dell'appellato, la Corte d'Appello di Napoli con la sentenza n. 2 del 3 gennaio 2018 ha accolto il gravame e per l'effetto ha condannato l'opponente al pagamento della somma di Euro 13.653,70, oltre accessori, a titolo di compensi professionali. Ribadita l'appellabilità della sentenza, trattandosi di liquidazione di compensi per attività stragiudiziale, la Corte distrettuale riteneva che fosse stata offerta la prova anche del conferimento dell'incarico per la redazione del contratto preliminare. In tal senso rilevava che era pacifico e provato che l' A. avesse conferito all'avv. I. l'incarico di seguirlo professionalmente in vista dell'acquisto di un complesso immobiliare, che al momento era di proprietà di A.A. e C., per effetto della donazione ricevuta dal padre A.G Al fine di impedire che tale acquisto potesse essere potenzialmente suscettibile di aggressione con azione di riduzione, essendo il donante coniugato, l'avv. I. aveva prospettato il ricorso allo scioglimento della donazione per mutuo consenso, con retrocessione dei beni al donante, con il quale era stato appunto concluso il preliminare di vendita di cosa altrui , contratto con il quale A.G. prometteva di alienare i beni all'appellato. Questi aveva poi sottoscritto il contratto preliminare, mostrando in tal modo di aderire al programma ipotizzato dall'appellante, in quanto il contratto rientrava nel più ampio mandato conferito al fine di assicurare l'assistenza nelle trattative prodromiche all'acquisto, onde predisporre gli strumenti giuridici più idonei a conseguire il risultato auspicato. Peraltro il carattere vincolante del preliminare e la non superfluità dello stesso si ricavava anche dal fatto che effettivamente era intervenuto lo scioglimento della donazione che si inseriva nel disegno previsto dal professionista. La circostanza che poi le parti non avessero concluso la vendita non poteva indurre a negare il diritto dell'avvocato al compenso per l'attività svolta, compenso che, tenuto conto del valore dell'atto, ed in applicazione degli onorari minimi, andava quantificato in Euro 13.653,70, oltre accessori. 2. Avverso tale sentenza propone ricorso A.F. sulla base di quattro motivi. I.L. e I.C., quali eredi di I.G., deceduto nelle more del giudizio, resistono con controricorso. Il ricorrente ha depositato memorie in prossimità dell'udienza. 3. Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1703 e ss., 1362 e ss., 2230,2697,2727 e 2729 c.c. , nonché del D.L. n. 1 del 2012 e del D.M. n. 127 del 2004 , nella parte in cui la Corte d'Appello ha ritenuto che fosse stata offerta la prova del conferimento all'opposto anche dell'incarico di redigere il contratto preliminare. Pur dovendosi escludere che il conferimento di incarico per attività stragiudiziale debba avvenire con atto munito di forma scritta, si sostiene che erroneamente i giudici di appello abbiano affermato che era stato conferito il detto incarico, valorizzando la sola sottoscrizione del preliminare da parte del ricorrente. In particolare, detto contratto risultava sottoscritto anche dal promittente venditore, così che sulla base del ragionamento seguito dalla Corte di merito si sarebbe dovuto affermare che committente, e quindi tenuto al pagamento del compenso, fosse anche la controparte. Il secondo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697,2727 e 2729 c.c. , oltre che degli artt. 116 e 132 c.p.c. , nella parte in cui la sentenza ha prestato adesione alla tesi secondo cui lo I. avesse predisposto un programma negoziale, nel quale si inseriva anche la conclusione del preliminare, traendo solo da tale argomento la prova presuntiva del conferimento dell'incarico in palese violazione delle regole dettate in materia di prova per presunzioni. I motivi, che possono essere congiuntamente esaminati per la loro connessione, sono del tutto privi di fondamento. In tema di ricorso per cassazione, per dedurre la violazione dell' art. 115 c.p.c. , occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio , mentre è inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall' art. 116 c.p.c. Cass. S.U. n. 20867/2020 , secondo cui i tema di ricorso per cassazione, la doglianza circa la violazione dell' art. 116 c.p.c. è ammissibile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato - in assenza di diversa indicazione normativa - secondo il suo prudente apprezzamento , pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria come, ad esempio, valore di prova legale , oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura è ammissibile, ai sensi del novellato art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 5, solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione . Inoltre, l' art. 2729 c.c. , nel prescrivere che le presunzioni non stabilite dalla legge sono lasciate alla prudenza del giudice secondo una formula analoga a quella che si rinviene nell' art. 116 c.p.c. a proposito della valutazione delle prove dirette , impone al giudice di compiere l'inferenza logica dal fatto secondario fatto noto al fatto principale fatto ignoto sulla base di una regola d'esperienza che egli deve ricavare dal sensus communis, dalla conoscenza dell'uomo medio, dal sapere collettivo della comunità sociale in quel dato momento storico. Grazie alla regola d'esperienza adottata, è possibile per il giudice concludere che l'esistenza del fatto secondario indizio deponga, con un grado di probabilità più o meno alto, per l'esistenza del fatto principale. Lo stesso art. 2729 c.c. si cura di precisare come debba manifestarsi la prudenza del giudice, stabilendo che il decidente deve ammettere solo presunzioni che siano gravi, precise e concordanti laddove il requisito della precisione va riferito al fatto noto indizio che costituisce il punto di partenza dell'inferenza e postula che esso non sia vago ma ben determinato nella sua realtà storica il requisito della gravità va riferito al grado di probabilità della sussistenza del fatto ignoto che, sulla base della regola d'esperienza adottata, è possibile desumere dal fatto noto mentre il requisito della concordanza richiede che il fatto ignoto sia - di regola - desunto da una pluralità di indizi gravi e precisi, univocamente convergenti nella dimostrazione della sua sussistenza cfr. Sez. L, Sentenza n. 11906 del 06/08/2003, Rv. 565726 , anche se il requisito della concordanza deve ritenersi menzionato dalla legge solo per il caso di un eventuale ma non necessario concorso di più elementi presuntivi Sez. 5, Sentenza n. 17574 del 29/07/2009, Rv. 609153 . Dal modello di prova per presunzioni configurato dalla legge, risulta che il giudice deve seguire un procedimento logico che si articola in due momenti valutativi in primo luogo, occorre che il giudice valuti in maniera analitica ognuno degli elementi indiziari per scartare quelli intrinsecamente privi di rilevanza e conservare, invece, quelli che, presi singolarmente, rivestano i caratteri della precisione e della gravità, presentino cioè una positività parziale o almeno potenziale di efficacia probatoria successivamente, egli deve procedere ad una valutazione complessiva di tutti gli elementi presuntivi isolati e accertare se essi siano concordanti e se la loro combinazione sia in grado di fornire una valida prova presuntiva, che magari non potrebbe dirsi raggiunta considerando atomisticamente uno o alcuni indizi Sez. 1, Sentenza n. 19894 del 13/10/2005, Rv. 583806 . In questo secondo momento valutativo, perciò, gli indizi devono essere presi in esame e valutati dal giudice tutti insieme e gli uni per mezzo degli altri allo scopo di verificare la concordanza delle presunzioni che da essi possono desumersi c.d. convergenza del molteplice dovendosi considerare erroneo l'operato del giudice di merito il quale, al cospetto di plurimi indizi, li prenda in esame e li valuti singolarmente, per poi giungere alla conclusione che nessuno di essi assurga a dignità di prova Sez. 3, Sentenza n. 3703 del 09/03/2012 , Rv. 621641 . Secondo la giurisprudenza di questa Corte, condivisa dal Collegio, per la configurazione di una presunzione giuridicamente valida ai sensi degli artt. 2727 e 2729 c.c. , non occorre che tra il fatto noto e quello ignoto sussista un legame di assoluta ed esclusiva necessità causale, ma è sufficiente che il fatto da provare sia desumibile dal fatto noto - in forza di una regola d'esperienza - come conseguenza meramente probabile, secondo un criterio di normalità Sez. 2, Sentenza n. 22656 del 31/10/2011, Rv. 619955 in altre parole, è sufficiente che dal fatto noto sia desumibile univocamente quello ignoto, alla stregua di un giudizio di probabilità basato sull'id quod plerumque accidit in virtù di una inferenza di natura probabilistica , sicché il giudice può trarre il suo libero convincimento dall'apprezzamento discrezionale degli elementi indiziari prescelti, purché dotati dei requisiti legali della gravità, precisione e concordanza, mentre è da escludere che possa attribuirsi valore probatorio ad una presunzione fondata su dati meramente ipotetici Sez. L, Sentenza n. 2632 del 05/02/2014, Rv. 629841 . Essendo dunque la presunzione semplice affidata alla prudente valutazione del decidente art. 2729 c.c. , spetta al giudice di merito valutare la possibilità di fare ricorso a tale tipo di prova, scegliere i fatti noti da porre a base della presunzione e le regole d'esperienza - tra quelle realmente esistenti nel sapere collettivo della società - tramite le quali dedurre il fatto ignoto, valutare la ricorrenza dei requisiti di precisione, gravità e concordanza richiesti dalla legge trattandosi di apprezzamento affidato alla valutazione discrezionale del giudice di merito, esso è sottratto al sindacato di legittimità se congruamente motivato Sez. 3, Sentenza n. 8023 del 02/04/2009, Rv. 607382 Sez. L, Sentenza n. 15737 del 21/10/2003, Rv. 567551 Sez. L, Sentenza n. 11906 del 06/08/2003, Rv. 565726 da ultimo, Sez. 6 - 5, Ordinanza n. 101 del 08/01/2015, Rv. 634118 . Orbene poste tali premesse in punto di diritto, si rivela con immediatezza l'infondatezza dele censure sollevate dal ricorrente. Non è sostanzialmente contestato, essendo peraltro stato accertato anche dal giudice di primo grado, che l' A. officiò lo I. di affiancarlo, dal punto di vista legale, nelle trattative finalizzate all'acquisto di un complesso immobiliare che risultava però essere stato oggetto di donazione, e quindi in prospettiva suscettibile di aggressione con azione di riduzione, una volta intervenuto il decesso del donante. Con accertamento in fatto, che si palesa logico e privo di mende logiche, oltre che supportato da adeguata motivazione, i giudici di appello hanno ritenuto che fosse stata offerta la prova che era stato lo I. a suggerire, come rimedio per sottrarre i beni all'azione di riduzione, di procedere alla revoca della donazione per mutuo dissenso, onde far riacquistare i beni al donante, e che al fine di impegnare sin da subito quest'ultimo a trasferire il bene al ricorrente, si era individuata la possibilità di concludere un preliminare, al momento ancora di cosa altrui, così da poi assicurare la potenziale conclusione del definitivo una volta intervenuta la retrocessione dei beni al donante. Così ricostruito l'apporto in termini di consulenza da parte del professionista, la sentenza ha ritenuto che tali suggerimenti fossero stati effettivamente recepiti, oltre che in ragione del fatto che era poi in concreto intervenuto lo scioglimento della donazione, anche in considerazione dell'avvenuta sottoscrizione del preliminare da parte dell' A. che in tal modo aveva ritenuto di fare proprio il programma ipotizzato dal suo legale, reputando quindi di assecondare, con la conclusione di un contratto impegnativo sul piano obbligatorio, la scansione dei vari passaggi che gli avrebbero permesso di divenire acquirente del bene, ma senza i rischi connessi al pericolo di un'azione di restituzione da parte del futuro legittimario. Al fine poi di corroborare tale conclusione, la sentenza ha valorizzato anche la presenza nel contratto preliminare di una clausola H nella quale il professionista, intervenendo nell'atto, dichiarava, spendendo la propria qualità professionale, di avere agito quale consulente dell' A. e nella stipula dell'atto, assicurando di avere compiuto approfondite ricerche ipotecarie e circa l'esistenza di diritti di servitù, assumendo una garanzia non in relazione alle vicende dominicali, ma per gli eventuali danni che la parte avrebbe potuto subire, per effetto della negligente attività professionale, di cui si riferiva nella medesima clausola. Trattasi di previsione negoziale, che risulta evidentemente ben nota anche al ricorrente che ha sottoscritto il preliminare, che sia pur con l'assunzione di una garanzia circa il corretto adempimento degli obblighi professionali assunti nei confronti del cliente, conforta circa il fatto che parte committente era il solo A.F., di cui lo I. si dichiarava consulente, e che tale incarico si era esteso anche all'attività prodromica e funzionale alla stipula del preliminare, in vista della quale erano state svolte le dette attività di ricerca. Emerge quindi che la prova del conferimento del mandato anche per la redazione del preliminare è stata ricavata non dalla sola sottoscrizione del preliminare, il cui contenuto peraltro già depone per la conferma del conferimento di tale incarico, ma dal concatenarsi delle varie vicende assistenza per l'attività di vendita, stipula del preliminare, ed effettiva redazione di un atto di scioglimento consensuale della donazione da parte di coloro che in quel momento erano proprietari del ben oggetto della trattativa , che confermavano quindi in via presuntiva che l' A. avesse fatto affidamento sullo I. anche per la redazione dell'atto oggetto di causa. Appare quindi incensurabile la conclusione della Corte d'Appello che ha ravvisato la prova in via presuntiva, in assenza di un atto formale di incarico anche per la redazione del preliminare, dell'esistenza di siffatto incarico, palesandosi i vari elementi valorizzati in sentenza muniti dei requisiti di cui all' art. 2729 c.c. Ne' nella valutazione in ordine al diritto al compenso può influire la diversa valutazione di effettiva utilità dell'attività svolta, nella specie in ragione del sopravvenuto arenarsi della vicenda traslativa, atteso che, avuto riguardo allo stato delle trattative, quella individuata dal professionista era stata ritenuta una soluzione confacente al proprio interesse, tanto da indurre l' A. ad effettivamente sottoscrivere il preliminare. 4. Il terzo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione della disciplina in materia di sub contratto e delle norme in materia di interpretazione degli atti negoziali. In particolare, violazione degli artt. 1322,1362,1366,1372,1374,1375 c.c., nonché dell' art. 112 c.p.c. Assume il ricorrente che la sentenza ha erroneamente riscontrato un collegamento negoziale tra la conclusione del preliminare e lo scioglimento della donazione, ma si evidenzia che nel preliminare non vi era alcuna menzione dell'altruità del bene promesso in vendita. Inoltre, non vi è prova alcuna dell'esistenza di un collegamento negoziale, il che implica la violazione delle norme in tema di interpretazione del contratto. Anche tale motivo deve essere disatteso. In disparte l'assenza di riferimento alla figura del sub contratto nello sviluppo del motivo, la censura non si avvede che i giudici di merito non hanno in alcun modo ritenuto che esistesse un collegamento negoziale di carattere funzionale tra il preliminare oggetto di causa e lo scioglimento per mutuo dissenso della donazione che aveva interessato il bene al cui acquisto aveva mostrato interesse il ricorrente, ma hanno più semplicemente, attesa anche la diversità dei soggetti coinvolti nei due contratti nel preliminare non sono interessati i donatari , ritenuto che si trattasse di atti autonomamente posti in essere dai soggetti a vario titolo interessati dalle trattative, onde permettere alla fine che l' A. potesse rendersi acquirente di un compendio immobiliare, senza il rischio correlato al vittorioso esperimento dell'eventuale azione di riduzione. I contratti, quindi, sono stati valutati ai fini della decisione della controversia non già nella loro portata negoziale, ma piuttosto come elementi di fatto idonei a rivelare in via presuntiva l'esistenza di una strategia ideata dal professionista, nella quale si inserivano come autonomi tasselli i vari atti negoziali previsti, al fine di rendere possibile e sicuro il futuro acquisto del proprio cliente. Ne deriva che risulta eccentrica rispetto alla motivazione del giudice di appello la critica che involge la correttezza dell'interpretazione del contratto preliminare, il cui esame è avvenuto non già al fine di apprezzarne la portata negoziale, ma piuttosto come elemento fattuale dal quale inferire, anche in via presuntiva, l'esistenza dell'incarico professionale idoneo ad involgere anche la redazione del testo del preliminare, La critica anche in questo caso vuol sollecitare un giudizio circa l'effettiva utilità della conclusione di questo contratto che però ai fini del riconoscimento del diritto del professionista non rileva, una volta che, ed in assenza di eccezioni volte a contestare la responsabilità del professionista, emerge che la strategia ideata dallo I. è stata condivisa anche dal cliente avendo sottoscritto il preliminare. Tali considerazioni danno altresì contezza dell'insussistenza del vizio di ultra-petizione solo genericamente affermato, ma non adeguatamente illustrato. 5. Il quarto motivo di ricorso denuncia l'omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti in relazione all' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 5, non avendo la Corte distrettuale preso in esame la circostanza che nel preliminare l'avv. I. si era costituito quale garante, il che denota l'interesse del medesimo alla stipula del contratto, ma senza il conferimento di un incarico. Il motivo è infondato. Ed, invero, ove anche lo I. avesse assunto degli obblighi strettamente afferenti alla vicenda sostanziale oggetto del preliminare, ciò non inficerebbe il ragionamento del giudice di appello che ha reputato, sulla base di plurimi elementi indiziari, che l' A. avesse in realtà riconosciuto e confermato l'incarico anche per il preliminare, sottoscrivendo il relativo contratto. Ma l'assenza di decisività della circostanza si palesa ancor di più alla luce del tenore della clausola H , riportata in ricorso, che conferma come con la stessa si intendeva ribadire che il contratto era frutto dell'attività professionale dello I., che aveva, in adempimento dell'incarico, compiuto una verifica dei titoli di provenienza, assumendo una garanzia in merito alla diligente esecuzione della propria prestazione, esplicitando quali specifiche verifiche aveva compiuto, onde rassicurare il promissario acquirente circa l'assenza di situazioni difformi da quelle indicate nella clausola stessa. 5. Il ricorso va pertanto rigettato. 6. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. 7. Poiché il ricorso è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto - ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge di stabilità 2013 , che ha aggiunto il comma 1-quater del testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 - della sussistenza dei presupposti processuali dell'obbligo di versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese che liquida in complessivi Euro 2.400,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali pari al 15 % sui compensi, ed accessori di legge ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 , comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1 , comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.