Segnala un falso omicidio a un passante, che chiama la Polizia: condannato per procurato allarme

Irrilevante il fatto che l’annuncio del falso omicidio sia arrivato alle autorità e alle forze dell’ordine attraverso una terza persona. I giudici chiariscono che il reato di procurato allarme presso l’autorità si concretizza anche quando l’annuncio di un disastro, di un infortunio o di un pericolo inesistente è mediato, cioè non effettuato direttamente alle forze dell’ordine, bensì a un privato, ma comunque idoneo a provocare la reazione delle autorità.

Segnalare a una persona un omicidio in realtà mai verificatosi e dare così il la a una reazione a catena che culmina nell’inutile allerta delle forze dell’ordine vale una condanna per procurato allarme presso l’autorità. Scenario dell’assurdo episodio, verificatosi nell’estate del 2018, è la città di Perugia. Lì, lungo una strada cittadina, un uomo segnala a un passante l’avvenuta consumazione del delitto di omicidio in realtà mai avvenuto, si scoprirà poi in danno di un suo amico all’interno di un appartamento sito nella zona della stazione ferroviaria, suscitando così allarme ingiustificato presso l’autorità e presso persone agenti di Polizia, per la precisione che esercitano un pubblico servizio. Ricostruiti i fatti, i giudici di merito ritengono legittima la condanna dell’uomo sotto processo, colpevole, in sostanza, del reato di procurato allarme presso l’autorità e sanzionato con una pena consistente in 300 Euro di ammenda. Col ricorso in Cassazione, però, l’avvocato che difende l’uomo sotto accusa sostiene che in realtà il procurato allarme non sia addebitabile al suo cliente. A questo proposito, difatti, il legale sottolinea che il suo cliente si era limitato a riferire a un passante che era stato commesso un omicidio, in realtà mai avvenuto e che era stato il passante a chiamare la Polizia con conseguente allerta delle forze dell’ordine. Questi dettagli, però, non possono rendere non punibile la condotta tenuta dall’uomo sotto processo, ribattono i giudici di Cassazione. Questa posizione dei magistrati è poggiata sul principio secondo cui il reato di procurato allarme presso l’autorità è configurabile anche nel caso in cui l’annuncio di un disastro, di un infortunio o di un pericolo inesistente sia mediato , cioè non effettuato direttamente alle forze dell’ordine, ma ad un privato, purché, per l’apparente serietà del suo contenuto, esso risulti idoneo a provocare allarme nelle autorità, determinandone l’intervento anche d’ufficio , proprio come avvenuto nel caso verificatosi a Perugia. La ratio della norma va ravvisata, osservano i magistrati, nell’interesse dello Stato all’ ordine pubblico , che si vuole garantire contro tutti i falsi allarmi che distolgono l’autorità costituita dalle ordinarie incombenze. A tal fine va evidenziato che se il disastro è costituito da qualsivoglia evento dannoso di non comune gravità incidente su una pluralità di soggetti e tale da esporre a pericolo un numero indeterminato di persone , allora l’infortunio è integrato dall’evento dannoso concernente una o più persone che, senza avere i caratteri di gravità e diffusibilità propri del disastro, determini tuttavia un intervento delle autorità di polizia giudiziaria , ossia, in questo caso, la Squadra Mobile e la Polizia municipale di Perugia . Di conseguenza, tenuto conto dell’interesse protetto dal codice penale e costituito dalla tutela dell’ordine pubblico contro i falsi allarmi , il reato di procurato allarme presso l’autorità è configurabile anche allorché l’infortunio annunziato sia stato artificiosamente costruito, stante l’equivalenza tra infortunio falso e infortunio inesistente , precisano i giudici. Tirando le somme, gli elementi probatori a disposizione sono univocamente indicativi della coscienza e della volontà dell’uomo sotto processo di annunciare la avvenuta consumazione di un inesistente omicidio . E così egli ha procurato allarme presso le autorità, le quali, avuto riguardo al contenuto della falsa informazione e al contesto temporale in cui essa era stata fornita, erano intervenute immediatamente al fine di rintracciare il cadavere . Per chiudere, infine, i magistrati chiariscono che ricorre ugualmente il reato di procurato allarme presso l’autorità qualora l’annuncio di un disastro, di un infortunio o di un pericolo inesistente sia mediato, cioè non effettuato direttamente alle forze dell’ordine, bensì a un privato e, tuttavia, per l’apparente serietà del suo contenuto, risulti idoneo a provocare allarme nelle autorità e a determinare l’intervento d’ufficio delle stesse autorità .

Presidente Boni Relatore Poscia Ritenuto in fatto 1.Con la sentenza in epigrafe il Tribunale di Perugia - a seguito di opposizione a decreto penale - ha dichiarato C.D.E. colpevole del reato ascrittogli e lo ha condannato alla pena di Euro 300 di ammenda, oltre al pagamento delle spese processuali. 1.1. Il predetto era imputato del reato di cui all' art. 658 c.p. , perché segnalando falsamente ai passanti ed alla polizia l'avvenuta consumazione del delitto di omicidio in danno di un suo amico all'interno dell'appartamento sito in omissis , accertato come inesistente, suscitava l'allarme presso l'autorità e persone che esercitano un pubblico servizio. Fatto commesso in omissis . 1.2. In particolare, il Tribunale ha ritenuto provata la sussistenza del reato contestato inoltre, ha dichiarato infondata l'eccezione preliminare rispetto alla irregolarità della notifica del decreto penale di condanna opposto dall'imputato così come/ ha respinto la richiesta di rinvio avanzata dal difensore il quale aveva osservato che alla udienza del 21 dicembre 2021 data di emissione della sentenza non era stata prevista la discussione del procedimento. 2. Avverso la predetta sentenza l'imputato, per mezzo dell'avv. L.P. quale sostituto processuale del difensore di ufficio avv. G.L., propone ricorso per cassazione affidato a tre motivi, di seguito riprodotti nei limiti di cui all' art. 173 disp. att. c.p.p. . 2.1. Con il primo lamenta, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. c ed e , c.p.p., la nullità della sentenza impugnata per inosservanza ed erronea applicazione della legge processuale e per vizio di motivazione con riferimento alla violazione del diritto di difesa determinata dalla irregolarità della notifica del decreto penale di condanna. 2.2. Con il secondo denuncia, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. c ed e , c.p.p., la nullità della sentenza impugnata per erronea applicazione della legge processuale e per vizio di motivazione con riferimento alla violazione del diritto di difesa dell'imputato rispetto al mancato rinvio della udienza del 21 dicembre 2021, per la quale non era stata prevista la discussione. 2.3. Con il terzo deduce, ai sensi dell' art. 606, comma 1, lett. c ed e , c.p.p. , l'inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di inutilizzabilità e manifesta illogicità della motivazione in relazione alla fattispecie criminosa prevista e punita dalla contravvenzione di cui all' art. 658 c.p. , per avere ritenuto sussistente la contravvenzione contestata pur in assenza dei presupposti oggettivi della condotta richiesti per il suo perfezionamento. 3. Il ricorrente ha depositato memoria contenente le proprie conclusioni, con la quale ha insistito per l'accoglimento del ricorso ed ha confutato le conclusioni della pubblica accusa. Considerato in diritto 1. Preliminarmente si osserva che il ricorso in cassazione può essere proposto, come avvenuto nel caso di specie, da un avvocato iscritto nell'albo speciale della Corte di cassazione, nominato quale sostituto dal difensore dell'imputato che invece non sia cassazionista in senso conforme Cass. Sez. U., Sentenza n. 40517 del 28/4/2016 , Rv. 267627, Taysir . Ciò posto, il ricorso è infondato e, pertanto, deve essere respinto. 2. Anzitutto il primo motivo risulta privo del requisito di specificità poiché esso non si confronta in alcun modo con la motivazione della sentenza impugnata che aveva, tra l'altro, rilevato che la questione della irregolarità della notifica del decreto penale di condanna non era stata sollevata con l'opposizione inoltre, il ricorrente - nel rispetto del principio di autosufficienza del ricorso - non ha nemmeno allegato alla impugnazione l'atto di opposizione al decreto penale al fine della verifica della deduzione della irregolarità della notifica. 3. Infondato è anche il secondo motivo poiché è il giudice, nell'esercizio dei suoi poteri, a valutare quando l'istruttoria è completata ed a stabilire, quindi, quando il processo deve essere deciso inoltre, non vi è stata alcuna violazione del diritto di difesa poiché risulta, dal verbale, che il difensore era presente alla udienza nella quale il procedimento è stata deciso e che ha rassegnato le sue conclusioni. 4. Il terzo motivo è inammissibile poiché con esso il ricorrente tende ad una diversa valutazione degli elementi di merito, che come è noto non è ammessa in sede di legittimità. In ogni caso, il Tribunale di Perugia, con motivazione adeguata e non contraddittoria, ha ritenuto dimostrata la responsabilità dell'imputato poiché egli aveva riferito ad un passante tale B.A. il quale, a sua volta, aveva chiamato la polizia che era stato commesso un omicidio in realtà mai avvenuto e che, a seguito di ciò, erano state allertate le forze dell'ordine per il procurato allarme. Al riguardo va ricordato che il reato di procurato allarme presso l'Autorità di cui all' art. 658 c.p. è configurabile anche nel caso in cui l'annuncio di un disastro, di un infortunio o di un pericolo inesistente sia mediato , cioè non effettuato direttamente alle forze dell'ordine, ma ad un privato, purché, per l'apparente serietà del suo contenuto, risulti idoneo a provocare allarme nelle Autorità, determinandone l'intervento anche d'ufficio, come avvenuto nel caso di specie. Infatti, la ratio della norma incriminatrice va ravvisata nell'interesse dello Stato all'ordine pubblico, che si vuole garantire contro tutti i falsi allarmi, che distolgono l'autorità costituita dalle ordinarie incombenze. A tal fine, va evidenziato che se il disastro è costituito da qualsivoglia evento dannoso di non comune gravità incidente su una pluralità di soggetti e tale da esporre a pericolo un numero indeterminato di persone, l'infortunio è integrato dall'evento dannoso concernente una o più persone che, senza avere i caratteri di gravità e diffusibilità propri del disastro, determini tuttavia un intervento delle autorità di polizia giudiziaria nel caso di specie la Squadra Mobile e la polizia municipale di [ ] . Tenuto conto dell'interesse protetto dall' art. 658 c.p. , costituito dalla tutela dell'ordine pubblico contro i falsi allarmi, il reato in esame è configurabile anche allorché l'infortunio annunziato sia stato artificiosamente costruito, stante l'equivalenza tra infortunio falso e infortunio inesistente Sez. 2, n. 23440 del 23/04/2007 , Zappia, non massimata . Con riguardo agli elementi costitutivi della condotta incriminata del reato in questione, va ribadito che il ricorrente, postulando la contraddittorietà e l'illogicità della motivazione, chiede la rilettura del quadro probatorio e, con esso, il sostanziale riesame nel merito, che, tuttavia, è inammissibile in sede d'indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione, allorquando la struttura razionale della sentenza impugnata abbia - come nella specie - una sua chiara e puntuale coerenza argomentativa e sia saldamente ancorata, nel rispetto delle regole della logica, alle risultanze del quadro probatorio. Gli elementi processuali acquisiti, infatti, sono univocamente indicativi della coscienza e volontà del ricorrente che, peraltro, non la contesta in maniera specifica di annunciare la avvenuta consumazione di un inesistente omicidio egli, in questo modo, ha procurato allarme presso le autorità, le quali, avuto riguardo al contenuto della falsa informazione e al contesto temporale in cui la stessa era stata fornita, erano intervenute immediatamente, al fine di rintracciare il cadavere Sez. 1, n. 11752 del 28/02/2012 , A. Ben Ahmen, non massimata . Deve quindi ribadirsi che ricorre ugualmente il reato in esame, qualora l'annuncio di un disastro, di un infortunio o di un pericolo inesistente sia mediato , cioè non effettuato direttamente alle forze dell'ordine, bensì a un privato e, tuttavia, per l'apparente serietà del suo contenuto, risulti idoneo a provocare allarme, nelle autorità e determinare l'intervento d'ufficio delle medesime. Sez. 1, Sentenza n. 26897 del 09/02/2018 , Rv. 273363 - 01 . 5. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ai sensi dell' art. 616 c.p.p. . P. Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.