La natura del termine per la restituzione della res traditae nel contratto estimatorio

La vicenda vede contrapposte due società a causa di un decreto ingiuntivo richiesto per il pagamento del corrispettivo per la fornitura di pubblicazioni editoriali, non avendo la società ingiunta esercitato il diritto di resa dell’invenduto nel termine di 60 giorni stabilito contrattualmente.

Il Tribunale adito in sede di opposizione confermava il decreto ingiuntivo, mentre la Corte d'Appello accoglieva l'opposizione, ritenendo che il termine per l'esercizio del diritto di resa previsto dal contratto non aveva i connotati di un termine essenziale per l'adempimento dell' accipiens e perciò preclusivo del diritto ove non tempestivamente esercitato. La questione è giunta dinanzi alla Corte di legittimità. Sul tema del contratto estimatorio di cui all' art. 1556 c.c. , al quale è riconducibile la fattispecie in esame, la giurisprudenza ha già avuto modo di affermare che elemento essenziale è la facoltà dell' accipiens di restituire la merce in via alternativa al pagamento del prezzo e non anche la fissazione di un termine per l'esercizio di tale facoltà v. Cass. civ. n. 1736/2022 Cass. civ. n. 25606/2015 . Ciò posto, se non è essenziale la fissazione del termine per via contrattuale, il termine stesso rimane un elemento indefettibile che, ove non previsto dalle parti, sarà fissato dal giudice ai sensi dell' art. 1183, comma 1, c.c. L' art. 1556 c.c. infatti chiarisce che l'obbligazione principale dell' accipiens consiste nel pagamento del presso della res traditae . Egli gode tuttavia della facoltà positivamente sancita di estinguere il contratto restituendo le cose al tradens nella loro integrità – arg. ex art. 1557 entro il termine prestabilito. Decorso l'evocato termine viene meno la suddetta facoltà, con il consequenziale consolidamento dell'anzidetta obbligazione corrispettiva . In conclusione, il Collegio, nell'accogliere il ricorso con rinvio alla Corte d'Appello, sancisce il principio secondo cui benchè non sia elemento essenziale del contratto estimatorio la fissazione di un termine per la facoltà di restituzione delle cose mobili consegnate, ove tale termine sia stabilito dalle parti esso ha natura di termine essenziale per l'esercizio della detta facoltà, dovendo tale termine essere stabilito dal giudice in mancanza di determinazione convenzionale o di usi .

Presidente Scarano – Relatore Scoditti Fatti di causa 1. B. Distribuzione s.a.s. di B.B. & C. propose innanzi al Tribunale di Firenze opposizione al decreto ingiuntivo emesso in favore di A.M.C. s.r.l. per l'importo di Euro 16.729,76 a titolo di corrispettivo per la fornitura di pubblicazioni editoriali, relative ai mesi di luglio e settembre 2003, non avendo la B. esercitato il diritto di resa dell'invenduto nel termine, stabilito nella lettera commerciale del 7 ottobre 2002, di sessanta giorni dalla distribuzione alle varie edicole. L'opponente propose altresì domanda riconvenzionale avente ad oggetto il controcredito insorgente dai resi per i mesi oggetto di contesa e per i mesi di aprile e maggio 2003. 2. Il Tribunale adito rigettò l'opposizione. 3. Avverso detta sentenza propose appello B. Distribuzione s.a.s. di B.B. & C Si costituì la parte appellata chiedendo il rigetto dell'appello. 4. Con sentenza di data 12 giugno 2018 la Corte d'appello di Firenze, in accoglimento della impugnazione, accolse l'opposizione a decreto ingiuntivo, per l'effetto revocandolo e, in accoglimento della domanda riconvenzionale, condannò A.M.C. s.r.l. al pagamento della somma di Euro 10.441,92 oltre interessi. Premise la corte territoriale, a proposito della cancellazione dal registro delle imprese della B. s.a.s. nelle more del decorso del termine per il deposito delle comparse conclusionali, che l'evento interruttivo, anche ove verificatosi, era irrilevante per non essere stato dichiarato dal procuratore costituito e che, quanto alla eccezione di avvenuta rinuncia all'azione per effetto della cancellazione della società, il difetto di legittimazione in capo ai soci della società estinta riguardava le azioni giudiziarie non intraprese prima della cancellazione, mentre nel caso di specie la domanda riconvenzionale era stata proposta prima della cancellazione dal registro delle imprese. Osservò quindi la corte territoriale che, avuto riguardo sia alla missiva di accettazione della proposta contrattuale da parte di A.M.C. del marzo 2001, sia alla successiva missiva riepilogativa delle condizioni contrattuali di cui alla lettera commerciale di A.M.C. del 7 ottobre 2002, dapprima non era stato convenuto alcun termine fra le parti per la resa dell'invenduto e seppure poi con la missiva del 7 ottobre 2002 era stato previsto un termine entro cui esercitare il diritto di resa da parte della distributrice, tale termine non aveva i connotati di un termine essenziale per l'adempimento dell'accipiens tenuto alla resa e perciò preclusivo del diritto ove non esercitato nel detto termine. Aggiunse che il contratto di fornitura di prodotti editoriali era solo per certi aspetti riconducibile allo schema del contratto estimatorio, presentando profili di tipicità propri, avuto riguardo alla natura dei beni consegnati prodotti editoriali a scadenza periodica quali riviste e giornali , alla mancanza di interesse della distributrice a trattenere il prodotto invenduto ed al rischio dell'editore di vendita di un minor numero di copie di quelle messe in stampa. Osservò ancora che, dato che per il distributore costituiva una conseguenza inevitabile la resa dell'invenduto, il termine eventualmente previsto per la resa dei prodotti invenduti non poteva avere carattere di essenzialità, sicché esso poteva rappresentare solo il termine stabilito dalle parti per la definizione dei pagamenti, in funzione quindi solo della definizione delle partite di dare e avere, perché appunto solo con la resa dell'invenduto il fornitore aveva diritto al pagamento di quanto effettivamente a lui dovuto, detratto il compenso per l'attività di distribuzione posta in essere dall'accipiens. Precisò al riguardo che, come affermato da Cass. n. 25606 del 2015 , l'essenzialità del termine non valeva per ogni contratto estimatorio, e tanto più per il contratto di distribuzione di prodotti editoriali. Aggiunse, avuto riguardo alla causa in concreto del contratto, che il distributore aveva interesse a non esercitare il diritto di resa per i prodotti editoriali invenduti, mentre d'altra parte l'editore aveva interesse ad un elevato numero di vendite del prodotto editoriale e dunque non alla resa immediata dell'invenduto, trattandosi di prodotti editoriali destinati al macero . Osservò ancora che ciò spiegava sia la circostanza che, nonostante i ripetuti solleciti, A.M.C. non provvedesse puntualmente al ritiro dell'invenduto, lasciandolo in giacenza ragione per la quale era previsto un costo di stoccaggio in favore del distributore , sia il fatto che fino al sopravvenire della missiva di A.M.C. del 7 ottobre 2002 le parti non avessero previsto alcun termine. Osservò ancora che la resa dell'invenduto non era avvenuta in tempi irragionevoli. Concluse nel senso che non spettava il diritto a pretendere per intero l'importo di cui al decreto ingiuntivo, mentre, essendo contestato da A.M.C. solo il diritto di reso, dal riconoscimento di quest'ultimo traeva origine il credito residuo in favore di B. pari a Euro 10.441,92 all'esito delle poste di dare e avere al dicembre 2003. 5. Ha proposto ricorso per cassazione A.M.C. s.r.l. in liquidazione sulla base di quattro motivi. Resiste con controricorso B.B Il Pubblico Ministero ha presentato le conclusioni scritte. E' stata presentata memoria. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo si denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 2495,2709,2909 c.c., artt. 299 e 300 c.p.c. , ai sensi dell' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 3. Osserva la parte ricorrente che a seguito della cancellazione dal registro delle imprese vi è stata rinuncia all'azione e quindi all'impugnazione, con conseguente improcedibilità dell'appello o cessazione della materia del contendere e passaggio in giudicato della sentenza di primo grado, poiché, non solo in relazione alla domanda riconvenzionale ma anche per ciò che concerne la pretesa di non pagare il dovuto per presunta resa, ricorre una mera pretesa, ovvero un diritto di credito incerto o illiquido, non iscritti nel bilancio di liquidazione finale come si evince dalla indicazione di crediti per il valore nominale di Euro 7.893 e pertanto da intendere rinunciati. 2. Con il secondo motivo si denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 2495,2709,2909,1557 c.c., artt. 75,100,112,163,299,300,306,324,641,642 e 645 c.p.c. , ai sensi dell' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 3. Osserva la parte ricorrente che vi è stata omessa pronuncia circa il difetto di legittimazione processuale e che stante la rinuncia al credito per la mancata inclusione nel bilancio finale di liquidazione non vi è stato alcun fenomeno successorio in capo al socio. 3. Il primo ed il secondo motivo, da trattare congiuntamente in quanto connessi, sono infondati. E' pur vero che, contrariamente a quanto affermato dal giudice di appello, anche le pretese già azionate in giudizio possono ritenersi rinunciate a seguito della conclusione del procedimento estintivo che si ha con la cancellazione della società dal registro delle imprese Cass. n. 29108 del 2020 , n. 19302 del 2018 e, già prima, Cass. sez. U. n. 6070 del 2013 . Diversamente però da quanto si sostiene nei motivi in esame, la remissione del debito, quale causa di estinzione delle obbligazioni, esige che la volontà abdicativa del creditore sia espressa in modo inequivoco e un comportamento tacito, pertanto, può ritenersi indice della Volontà del creditore di rinunciare al proprio credito solo se è privo di alcun'altra giustificazione razionale. I crediti di una società estinta non possono ritenersi rinunciati per il solo fatto che non siano stati evidenziati nel bilancio finale di liquidazione, a meno che tale omissione non sia accompagnata da ulteriori circostanze tali da non consentire dubbi sul fatto che l'omessa appostazione in bilancio possa fondarsi su altra causa, diversa dalla volontà della società di rinunciare al credito Cass. n. 28439 del 2020 , n. 36636 del 2021 . Si è infatti affermato che l'estinzione di una società conseguente alla sua cancellazione dal registro delle imprese, ove intervenuta nella pendenza di un giudizio dalla stessa originariamente intrapreso, non determina anche l'estinzione della pretesa azionata, salvo che il creditore abbia manifestato, anche attraverso un comportamento concludente, la volontà di rimettere il debito comunicandola al debitore e sempre che quest'ultimo non abbia dichiarato, in un congruo termine, di non volerne profittare Cass. n. 9464 del 2020 . Nel caso di cancellazione della società dal registro delle imprese non può ritenersi automaticamente rinunciato il credito controverso, atteso che la regola è la successione in favore dei soci dei residui attivi, salvo la remissione del debito ai sensi dell' art. 1236 c.c. , che deve essere allegata e provata con rigore da chi intenda farla valere, dimostrando tutti i presupposti della fattispecie, ossia la inequivoca volontà remissoria e la destinazione della dichiarazione ad uno specifico creditore Cass. n. 30075 del 2020 . Nel caso di specie il ricorrente si è limitato ad allegare la mera mancata inclusione nel bilancio finale di liquidazione che è circostanza di per sé non significativa, alla luce di quanto si è osservato, della rinuncia al credito. 4. Con il terzo motivo si denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 1206 e segg., artt. 1326,1372,1460,1498 c.c., L. n. 192 del 1992, art. 9, art. 111 Cost. , artt. 112,132,167,633,634,645 c.p.c., ai sensi dell' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 3. Osserva la parte ricorrente che l'accipiens si libera dall'obbligazione contratta con la consegna della merce solo ove la restituisca entro il termine stabilito nella specie, contrariamente a quanto affermato dal giudice di appello, la merce non è stata restituita e che sul punto la motivazione è apparente. Aggiunge che vi sono quaranta giudicati, rilevanti come prova, che riconoscono, quanto ai rapporti fra A.M.C. e i distributori, l'esistenza del termine decadenziale per l'esercizio del diritto di resa e che non è vero che Cass. n. 25606 del 2015 affermi che non è necessario un termine nel contratto estimatorio poiché afferma solo che non è essenziale che il termine sia preventivamente stabilito, ma una volta stabilito, esso opera con il carattere della decadenzialità. Osserva ancora che non è previsto un obbligo a carico di A.M.C. di ritiro del reso, né tanto meno un costo per lo stoccaggio, e che il giudice di appello ha omesso di pronunciare sull'eccezione di inadempimento sollevata ai sensi. dell' art. 1460 c.c. , proposta in primo grado e riproposta in appello. 5. Con il quarto motivo si denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 1556,1557,1558,1326,1343,1344,1350 c.c., L. n. 192 del 1998, art. 9 ,artt. 2909 e 2697 c.c., artt. 1498,1510 e 1182 c.c. , ai sensi dell' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 3. Osserva la parte ricorrente, premesso che il rapporto era regolato non dalla missiva del 30 marzo 2001 ma da quella del 7 ottobre 2022, che il diritto di resà nel contratto estimatorio può essere esercitato alla sola condizione che l'accipiens lo eserciti entro il termine stabilito, circostanza la cui prova incombe sul medesimo accipiens, mentre unico onere probatorio del tradens è quello della consegna. Aggiunge che vi è stata contestazione in ordine alla domanda riconvenzionale. 6. Il terzo ed il quarto motivo, da trattare congiuntamente in quanto connessi, sono fondati. E' costante nella giurisprudenza di questa Corte l'affermazione che elemento essenziale del contratto estimatorio di cui all' art. 1556 c.c. , è la facoltà dell'accipiens di restituire la merce in via alternativa al pagamento del prezzo e non anche la fissazione di un termine per l'esercizio di tale facoltà Cass. n. 1780 del 1963 n. 1780, n. 89 del 1969, n. 3985 del 1978, n. 2235 del 1979 , n. 2137 del 1982 , n. 11504 del 1991 , n. 25606 del 2015 , n. 1736 del 2022 . Come ben si intende, inessenziale è la fissazione del termine per via contrattuale, ma non il termine in sé il quale, ove non fissato dalle parti, deve essere stabilito dal giudice ai sensi dell' art. 1183 c.c. , comma 1 Cass. n. 2235 del 1979 . Come affermato proprio da Cass. n. 25606 del 2015 , richiamata dalla corte territoriale, secondo Cass. 4 gennaio 1974, n. 9, la precisazione del termine non è essenziale, ma lo stesso è ugualmente necessario per l'esecuzione del contratto. Nell'ipotesi che non sia stato individuato alcun termine, né questo sia stabilito dagli usi, la legge - che, in linea di massima, non richiede che il tempo dell'adempimento sia fissato nel contratto - prevede all' art. 1183 c.c. , il modo di determinare il tempo in cui la prestazione deve essere eseguita . L' art. 1556 c.c. , chiarisce che l'obbligazione principale dell'accipiens consiste nel pagamento del prezzo delle res traditae. Egli gode tuttavia della facoltà positivamente sancita di estinguere il contratto restituendo le cose al tradens nella loro integrità - arg. ex art. 1557 entro il termine prestabilito. Decorso l'evocato termine viene meno la suddetta facoltà, con il consequenziale consolidamento dell'anzidetta obbligazione corrispettiva. In pratica, il tradens mantiene la proprietà delle merci finché il consegnatario non le abbia alienate, o - in assenza del negozio dispositivo esterno - fino a quando non acquisti egli stesso il ius in re pagando l'aestimatio. Si intende da tale quadro che il termine è essenziale ai fini dell'esecuzione del contratto, ciò che non è essenziale è che sia fissato dalle parti. Ove però le parti abbiano stabilito il termine entro cui il consegnatario debba restituire la cosa, tale termine non può non essere qualificato come di decadenza quanto all'esercizio della facoltà di restituzione, per cui, nel caso di inutile decorso del termine, il consegnatario resta obbligato a pagare il prezzo. Il giudice del merito ha accertato che è stato previsto un termine entro cui esercitare il diritto di resa, ma lo ha qualificato come non essenziale ai fini della restituzione della merce. In tal modo ha violato la regola di diritto che vuole che per la restituzione delle cose nel contratto estimatorio un termine debba essere stabilito, anche se non è essenziale che siano le parti a stabilirlo, potendo il giudice fissarlo ai sensi dell'art. 1183. Peraltro assumere, come fa il giudice d'appello, che il termine fissato dalle parti costituisca il termine per l'adempimento dell'obbligazione di pagamento del prezzo e non per la restituzione delle cose non dovrebbe condurre a conseguenze pratiche diverse perché, essendo subordinata l'obbligazione del prezzo alla mancata restituzione, si intende che intanto il prezzo è dovuto in quanto le cose non sono state restituite e se la prestazione del prezzo è dovuta alla scadenza di un certo termine, vuol dire che entro quel termine le cose dovevano essere restituite. In pratica, alla luce della ricostruzione del giudice del merito, la scadenza del termine di pagamento del prezzo coincide con quello di restituzione delle cose alla scadenza del termine il consegnatario può optare per la restituzione o il pagamento del prezzo. Anche seguendo tale filo di ragionamento non è conforme a diritto il dispositivo in termini di revoca del decreto ingiuntivo. Va in conclusione enunciato il seguente principio di diritto benché non sia elemento essenziale del contratto estimatorio la fissazione di un termine per la facoltà di restituzione delle cose mobili consegnate, ove tale termine sia stabilito dalle parti esso ha natura di termine essenziale per l'esercizio della detta facoltà, dovendo tale termine essere stabilito dal giudice in mancanza di determinazione convenzionale o di usi . L'accoglimento dei motivi in relazione alla questione dell'essenzialità del termine per la restituzione delle cose determina l'assorbimento delle ulteriori censure contenute nei motivi medesimi. P.Q.M. accoglie il terzo e il quarto motivo nei limiti di quanto in motivazione, rigettando primo e secondo motivo del ricorso cassa la sentenza in relazione ai motivi accolti rinvia alla Corte di appello di Firenze in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.