Maltratta la moglie, legittimo il divieto di avvicinamento

Confermato il provvedimento adottato dal Tribunale a tutela della donna. Privo di significato il fatto che quest’ultima non sia stata completamente remissiva nei confronti del marito e abbia avuto, anzi, una reazione, concretizzatasi nel chiedere a un investigatore privato di pedinare il consorte e nel chiedere il divorzio.

Legittimo, a tutela della donna, il divieto di avvicinamento – a meno di 500 metri –, con annesso braccialetto elettronico , imposto all'uomo accusato di avere maltrattato per lungo tempo la moglie. Sufficienti i gravi indizi di colpevolezza a carico dell'uomo. Irrilevante, osservano i giudici, il fatto che la donna abbia avuto una reazione, concretizzatasi prima nell'assumere un investigatore privato per far pedinare il marito e scoprirne eventuali tradimenti e poi nel chiedere il divorzio. Concordi Gip e Tribunale via libera al provvedimento di applicazione all'uomo della misura cautelare del divieto di avvicinamento alla moglie, con una distanza di almeno 500 metri, ed applicazione del braccialetto elettronico , a fronte dell'accusa di maltrattamenti in famiglia . Per il legale che rappresenta l'uomo, però, va messa in discussione la linea seguita in Tribunale. Egli pone in rilievo, in questa ottica, che da un lato i fatti contestati si erano esauriti in uno schiaffo nel 2022 e in una presa al collo della donna nel 2020 , e, dall'altro, i soggetti sentiti nel corso dell'indagine i figli della coppia, il genero e la nuora non avevano descritto alcun maltrattamento, avendo escluso di avere assistito allo schiaffo – così il figlio della coppia – , schiaffo che non aveva, difatti, causato lesioni, non rilevate nell'annotazione della polizia immediatamente intervenuta sul posto. E anche il fratello della donna e la cognata non avevano visto episodi di violenza fisica o verbale, come dichiarato in sede di indagini difensive , aggiunge il legale. Per il difensore, però, è centrale soprattutto un dato la moglie del suo cliente non aveva mai avuto un comportamento remissivo e timoroso nei confronti del consorte, visto che aveva assoldato un investigatore privato per comprovarne una risalente relazione extraconiugale e aveva chiesto il divorzio . In ultima battuta, infine, il legale mette in dubbio le esigenze cautelari che hanno portato all'adozione della misura cautelare – sproporzionata, secondo il legale –, stante l'assenza del rischio di recidiva, visto che già da maggio 2022 l'uomo, incensurato, aveva lasciato la casa coniugale e aveva interrotto qualsiasi rapporto con la moglie, come confermato anche dai tre figli della coppia, né aveva mai effettuato alcun appostamento presso l'abitazione della donna, mancando video o fotografie a conferma . Dalla Cassazione ribattono sottolineando i gravi indizi di colpevolezza a carico dell'uomo. In questa ottica vengono richiamate le dichiarazioni della persona offesa , delle figlie e dei loro fidanzati, dichiarazioni che hanno consentito di accertare che l'uomo, definito da tutti violento ed irascibile, ha usato da sempre nei confronti della moglie, anche approfittando della fragilità di lei, condotte umilianti e sopraffattorie, sotto il profilo fisico e psicologico, con schiaffi, tentativi di strangolamento, spintonamenti, minacce di morte , tanto da avere obbligato i figli ad intervenire per salvare la madre dalle gravi e continuative violenze che ella non aveva, negli anni, mai voluto denunciare . Irrilevante, in chiave difensiva, il richiamo alle dichiarazioni del figlio della coppia, in quanto egli ha testualmente riferito in passato mio padre è sempre stato molto sgarbato con mia madre e, in alcune occasioni, con lei violento fisicamente … Lui, spesso incurante dello stato in cui riversa mia mamma, la umiliava dando la colpa di quanto stava accadendo in famiglia non seguendo la terapia. Posso affermare che lui, con il suo atteggiamento, è stato dannoso a livello psicologico nei confronti di mamma” e poi ha confermato di avere assistito al tentativo di strangolamento della madre da parte del padre, bloccato proprio dal suo intervento . In sostanza, a prescindere dai due episodi finali più eclatanti , risalenti al 2020 e al 2022, è inequivocabile, secondo i giudici, il comportamento tenuto dall'uomo, comportamento descritto come abitudine familiare , con ciò intendendo una sistematica modalità relazionale sopraffattoria ed umiliante nei confronti della moglie . Priva di logica, poi, la sottolineatura, da parte della difesa della assenza di un comportamento remissivo e timoroso nei confronti del marito da parte della donna che aveva assunto un investigatore privato per comprovare una risalente relazione extraconiugale del coniuge e poi aveva chiesto il divorzio . A questo proposito, i giudici di Cassazione spiegano che il provvedimento del Tribunale fonda, correttamente, l'accertamento dei gravi indizi di colpevolezza sulla condotta dell'uomo e non sul dato soggettivo della reazione della donna . Anche perché richiedere alla persona offesa del reato di maltrattamenti di tenere comportamenti di passività, soggezione, docilità e accondiscendenza e, dunque, di non reazione alle condotte umilianti e violente subite, al di là del non essere richiesto dalla norma e dell'imporre di non difendersi proprio rispetto ad un reato che lede un diritto umano, quale il diritto alla vita e all'integrità fisica e psichica, inverte l'oggetto dell'accertamento che viene illogicamente spostato dalla condotta dell'autore, di piegare la persona offesa proprio attraverso i maltrattamenti, all'eventuale condotta della vittima, condotta che è del tutto irrilevante . E la difesa arriva al paradosso , sottolineano i giudici, di attribuire rilievo scriminante al diritto inalienabile e personalissimo della persona offesa di chiedere il divorzio dall'uomo delle cui violenze è vittima e di acquisire prove utili all'eventuale addebito . Per chiudere il cerchio, infine, i giudici ritengono palesi le esigenze cautelari che hanno portato all'applicazione nei confronti dell'uomo della misura cautelare del divieto di avvicinamento – con applicazione del braccialetto elettronico – alla moglie . In sostanza, ragionando in una logica di massima protezione della persona offesa , è doveroso tenere presente che l'uomo è incapace di autocontrollo ed è indifferente allo stato di vulnerabilità della moglie . E in questa prospettiva la mera assenza di convivenza della coppia e lo stato di incensuratezza dell'uomo non escludono affatto il pericolo di reiterazione del reato ai danni della donna.

Presidente Criscuolo – Relatrice Di Nicola Travaglini Ritenuto in fatto 1. Con l'ordinanza sopra indicata il Tribunale di Palermo, adito ai sensi dell' art. 309 c.p.p. , confermava il provvedimento del Giudice per le indagini preliminari di applicazione della misura cautelare del divieto di avvicinamento di A.V. alla moglie, P.R.M. , con una distanza di almeno 500 metri ed applicazione del braccialetto elettronico, per il delitto di maltrattamenti, con condotta perdurante. 2. Avverso tale ordinanza ha presentato ricorso l'indagato, con atto sottoscritto dal suo difensore, articolando i motivi enunciati nei limiti strettamente necessari alla motivazione ex art. 173, comma 1, disp. att. coord. c.p.p. . 2.1. Con il primo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento ai gravi indizi di colpevolezza e alla qualificazione giuridica ai sensi dell' art. 572 c.p. in quanto, da un lato i fatti contestati si erano esauriti in uno schiaffo nel 2022 e in una presa al collo della donna nel 2020 dall'altro i soggetti escussi nel corso dell'indagine i figli della coppia, il genero e la nuora non avevano descritto alcun maltrattamento, avendo escluso di avere assistito allo schiaffo così il figlio A.A. che, infatti, non aveva causato lesioni non rilevate nell'annotazione della polizia immediatamente intervenuta. Anche il fratello della persona offesa e la cognata, Al.Ap. , non avevano visto episodi di violenza fisica o verbale, come dichiarato in sede di indagini difensive. Inoltre, la stessa P. non aveva mai avuto un comportamento remissivo e timoroso nei confronti del marito visto che aveva assoldato un investigatore privato, per comprovarne una risalente relazione extraconiugale, e aveva chiesto il divorzio. 2.2. Il ricorso censura il provvedimento impugnato anche con riferimento alle esigenze cautelari e alla sproporzione della misura applicata stante l'assenza del rischio di recidiva visto che già da maggio 2022 il ricorrente, incensurato, aveva lasciato la casa coniugale e interrotto qualsiasi rapporto con P. , come confermato anche dai tre figli della coppia, nè aveva mai effettuato alcun appostamento presso l'abitazione della donna, mancando video o fotografie a conferma. 3. Il giudizio di cassazione si è svolto a trattazione scritta, ai sensi dell' art. 23, comma 8, D.L. n. 137 del 2020 , convertito dalla L. n. 176 del 2020 , in mancanza di richiesta nei termini di discussione orale. Considerato in diritto 1.Il ricorso è inammissibile. 2. I primo motivo di ricorso, sui gravi indizi di colpevolezza, è generico. 2.1. Premesso che il controllo di questa Corte concerne soltanto il rispetto dei canoni della logica e dei principi di diritto che governano l'apprezzamento delle risultanze, l'ordinanza impugnata supera detto vaglio attraverso una ricostruzione, approfondita e immune da censure, delle ragioni del suo convincimento, riportando le dichiarazioni della persona offesa, P.R.M. , delle figlie e dei fidanzati di queste. Alla luce di questi elementi è stato accertato che A. , definito da tutti uomo violento ed irascibile, avesse usato da sempre nei confronti della moglie, anche approfittando della sua fragilità, condotte umilianti e sopraffattorie, sotto il profilo fisico e psicologico, con schiaffi, tentativi di strangolamento, spintonamenti, minacce di morte, tanto da avere imposto ai figli di intervenire per salvarla da gravi e continuative violenze che la donna negli anni non aveva mai voluto denunciare. Anche il richiamo del ricorso alle dichiarazioni del figlio della coppia, A.A. , è errato ed incompleto in quanto questi, come risulta dall'ordinanza impugnata, al di là se avesse assistito al singolo schiaffo o se questo fosse stato visibile alla polizia intervenuta, aveva testualmente riferito in passato mio padre è sempre stato molto sgarbato con mia madre e in alcune occasioni con lei violento fisicamente Lui spesso incurante dello stato in cui riversa mia mamma, la umiliava dando la colpa di quanto stava accadendo in famiglia non seguendo la terapia, posso affermare che lui con il suo atteggiamento contrastante è stato dannoso a livello psicologico nei confronti di mamma , confermando peraltro di avere assistito al tentativo di strangolamento del padre bloccato proprio dal suo intervento. In questa cornice, a fronte del tentativo difensivo di parcellizzare le violenze ai soli due episodi finali più eclatanti, risalenti al 2020 e al 2022, senza menzionare quelle psicologiche, il Tribunale ha correttamente offerto una lettura complessiva del comportamento tenuto dal A. , descritto come abitudine familiare , con ciò intendendo una sistematica modalità relazionale sopraffattoria ed umiliante nei confronti della persona offesa, manifestatasi con condotte che, in linea con l'indirizzo esegetico seguito in materia da questa Suprema Corte, integrano il delitto di maltrattamenti. L'ordinanza del Tribunale di Palermo, nel rigettare correttamente il riesame di A. , ha ritenuto ininfluenti le dichiarazioni del fratello della persona offesa e della cognata, secondo cui la coppia appariva serena, in quanto soggetti non conviventi che, rispetto ad un delitto, quale la violenza domestica che si consuma in un contesto chiuso come, appunto, l'ambito familiare, non possono escluderne la verificazione. 2.2. Infine, il ricorso mostra di non conoscere la struttura del reato di maltrattamenti allorché censura il provvedimento per non avere tenuto conto dell'assenza di un comportamento remissivo e timoroso nei confronti del marito da parte della persona offesa in quanto questa aveva assunto un investigatore privato, per comprovarne una risalente relazione extraconiugale, e aveva chiesto il divorzio. Invero, il provvedimento impugnato fonda, correttamente, l'accertamento dei gravi indizi di colpevolezza sulla condotta dell'indagato e non sul dato soggettivo, estraneo alla fattispecie, della reazione di chi lo subisce. Richiedere alla persona offesa del reato di maltrattamenti di tenere comportamenti di passività, soggezione, docilità e accondiscendenza e, dunque, di non reazione alle condotte umilianti e violente, aldilà del non essere richiesto dalla norma e dall'imporre di non difendersi proprio rispetto ad un reato che lede un diritto umano, quale il diritto alla vita e all'integrità fisica e psichica, inverte l'oggetto dell'accertamento che viene illogicamente spostato dalla condotta dell'autore, di piegare la persona offesa proprio attraverso i maltrattamenti, all'eventuale condotta della vittima che è del tutto irrilevante Sez. 6, n. 809 del 17/10/2022, dep. 2023, V., non mass. Sez.6, n. 30340 del 08/07/2022, S., non mass. Sez. 6, n. 19847 del 22/04/2022, M., non mass. Sez. 3, n. 12026 del 24/01/2020 M., Rv. 278968 . Infine, nella specie, per escludere il reato, il ricorso arriva al paradosso di attribuire rilievo scriminante al diritto inalienabile e personalissimo della persona offesa di chiedere il divorzio dall'uomo delle cui violenze è vittima e di acquisire prove utili all'eventuale addebito. 3. Il secondo motivo di ricorso, concernente le esigenze cautelari, è manifestamente infondato oltre che generico. L'ordinanza, con motivazione congrua e completa, priva di lacune o illogicità, ha confermato l'applicazione della misura di cui all' art. 282-ter c.p.p. , con il necessario presidio del braccialetto elettronico in una logica di massima protezione della persona offesa, rilevando che A. è incapace di autocontrollo ed indifferente allo stato di vulnerabilità della moglie, sostenuto da una pervicace volontà di reiterazione del delitto proprio alla luce delle modalità del fatto. Il provvedimento, dunque, fonda correttamente la valutazione di adeguatezza della misura cautelare sul comportamento dell'indagato, sulla sua personalità, sulla gravità del fatto e sul rischio di recidiva Sez. 6, n. 29688 del 06/06/2022, P., non mass. Sez. 3, n. 209 del 17/09/2020, M., Rv.281047 , come richiesto dall' art. 274 c.p.p. , anziché sulla mera assenza di convivenza e sul suo stato di incensuratezza che, in sé, non escludono affatto il pericolo di reiterazione. Con riguardo, infine, all'assenza di appostamenti presso l'abitazione della donna, per assenza di video o fotografie che lo comprovino, è di tutta che si tratta di un dato del tutto irrilevante, trattandosi del doveroso rispetto della misura cautelare la cui violazione ne determinerebbe non solo l'aggravamento, ma anche la consumazione del delitto previsto dall' art. 387-bis c.p. . 4. Alla stregua di tali rilievi il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e il ricorrente va condannato, ai sensi dell' art. 616 c.p.p. , al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che si stima equo fissare nella misura indicata in dispositivo. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.